Omnis Israel salvabitur


di Don Curzio Nitoglia

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Conversione degli Ebrei


La caduta degli Ebrei che rifiutarono il Messia, dev’essere per un noi 1°) un motivo di dolore, poiché rinnegarono Gesù Cristo, ma al tempo stesso anche 2°) un motivo di speranza, non quanto alla loro caduta in se stessa ma, quanto al fatto che essa «è divenuta un’occasione di salvezza per noi pagani» (Rom., XI, 11) (1).

Infatti, gli Ebrei sono «caduti nell’accecamento, ma solo sino a che la moltitudine delle Genti entri nella Chiesa» (XI, 25), poi anch’essi si convertiranno.

Tuttavia, non è solo il Nuovo Testamento (con san Paolo) che descrive il Messia in maniera tale che è impossibile non vedere in Lui Gesù Cristo. Infatti, il Salmo LIV (v. 13 e 15) scrive che il Messia sarebbe stato tradito da uno dei suoi più intimi discepoli. Inoltre, il Messia sarebbe stato venduto per la somma di trenta denari, non uno di più non uno di meno (Zach., XI, 12), che tale somma sarebbe stata portata nel Tempio di Zorobabele - ricostruito dopo la cattività babilonese - e sarebbe stata poi data a un operaio che lavorava l’argilla, da cui si sarebbe comprato un campo con i trenta denari (Zach., XI, 13).

La loro conversione comporterà un loro spiegamento di zelo apostolico per riparare 1°) i danni che essi stessi hanno fatto, dal rifiuto di Gesù sino alla vigilia della Parusia; come pure 2°) quelli che “la grande apostasia” (II Tess., II, 1-3) dei pagani apporterà al mondo verso la fine dei tempi.

Nella Lezione IV al capitolo XI (vv. 25-32) l’Angelico - commentando l’Epistola ai Romani (XI, 11-24) - mostra e sottolinea come l’Apostolo parli della “caduta di alcuni Giudei, ossia solo di una parte d’Israele e non di tutto Israele in modo universale e pone un termine dell’accecamento o indurimento di Israele che ha abbandonato Dio e la fede, scrivendo ‘finché entri nella fede la pienezza dei Gentili’, ossia quando fosse fondata la Chiesa in mezzo a tutte le Genti e totalmente terminerà l’indurimento dei Giudei.
Il finché può essere inteso in due modi: in primis indicherebbe la causa dell’accecamento dei Giudei, ossia Dio permise che essi fossero accecati affinché entrasse nella Chiesa di Dio la pienezza delle Genti. In secondo luogo può designare il termine o la fine temporale, in quanto il peccato d’infedeltà o la cecità dei Giudei sarebbe durata sino a quando la pienezza dei Gentili sarebbe entrata nella fede. Ora, l’Apostolo si accorda a questo secondo punto allorché dice che ‘tutto Israele sarà salvo’ quando la pienezza dei Gentili sarà entrata nell’ Alleanza con Dio e con la frase ‘tutto Israele’ vuol significare tutti gli Israeliti in modo universale e non solo alcuni in modo particolare” (n. 918).

“Ecco la grande verità rivelata a San Paolo: la conversione futura in massa dei Giudei al Cristianesimo, che avverrà dopo la conversione dei Gentili e all’approssimarsi della fine del mondo.
L’Apostolo svela questo mistero affinché i Gentili non s’insuperbiscano, quasi siano stati chiamati per loro merito e non disprezzino i Giudei come totalmente e per sempre indegni di salvezza. Infatti, non solo ‘un resto’ degli Israeliti si son convertiti, ma anche l’accecamento della gran parte di quelli che si sono induriti e son rimasti nell’infedeltà non durerà sempre, però solo sino a che la totalità dei Pagani sia entrata nella Chiesa. Quindi, Dio ha chiamato Israele alla fede; l’incredulità di quella parte che si è indurita, ha occasionato la conversione dei Gentili e - a suo tempo - la conversione dei Pagani sarà seguita dalla conversione in massa dei Giudei” (p. 146).

Quanto detto riguardo alla futura conversione di Israele, manifesta che ora, dopo il deicidio, Israele è “nemico di Cristo quanto al Vangelo” poiché Israele combatte la dottrina del Vangelo (n. 922).

Tuttavia, Israele è “carissimo a Dio per i padri”, cioè quanto alla Vecchia Elezione e al Vecchio Patto fatto con i Patriarchi, ma ciò non deve essere compreso come se i meriti procurati dai padri fossero causa di elezione eterna per i figli; infatti, l’Apostolo non dice che i meriti dei padri sono sufficienti alla salvezza dei figli, i quali invece hanno rifiutato Gesù e hanno perso la fede. Tuttavia ‘sono carissimi a Dio per i padri’, il che “non va compreso come se fossero causa di eterna elezione per i figli, bensì in quanto Dio dall’eternità elesse gratuitamente i padri, ma non dice ciò come se i meriti dei padri fossero sufficienti alla salvezza dei figli” (n. 923).

Verso la fine del mondo verrà il Redentore e “toglierà l’empietà da Giacobbe” per mostrare la facilità della conversione dei Giudei alla fine del mondo, data l’onnipotenza divina (n. 919).
Ora, “dicendo che i loro peccati saranno tolti rende manifesto che adesso (dopo il deicidio e prima della Parusia) sono nemici di Cristo ‘quanto al Vangelo’, ossia quanto alla dottrina evangelica che essi combattono” (n. 923).
Infatti, “i Giudei, sebbene un tempo siano stati cari a Dio, a motivo dei padri, ossia dei Patriarchi; ora non lo sono più a motivo dell’inimicizia che esercitano contro il Vangelo, ma ciò non vuol dire che saranno impediti di essere convertiti in futuro, se torneranno a Cristo” (n. 923).
Infatti, “i doni di Dio sono senza ripensamento”; ossia, Dio non si pente di ciò che ha fatto, ma siccome ora i Giudei si oppongono a Cristo e al Vangelo, Dio non li ama più come per il passato.
Non è Dio che cambia giudizio, Egli non abbandona se prima non è abbandonato (n. 926).

Padre Sales riassume: “Dio promette che contrarrà con gli Israeliti una nuova alleanza, con la quale conferirà loro, il Suo Spirito, la Sua dottrina e la Sua grazia, togliendo o perdonando il loro peccato d’infedeltà del quale si saranno pentiti.
Infatti, ora i Giudei considerati in quanto rigettano il Vangelo, sono nemici o in odio a Dio, e quindi da lui severamente puniti ed esclusi dal regno messianico, ma non bisogna dimenticare che per riguardo ai loro padri o all’elezione primitiva essi furono chiamati cronologicamente per primi e i Patriarchi, dai quali discendono, erano molto amati da Dio. Perciò un giorno, quando si pentiranno del loro peccato, Dio avrà misericordia di loro e si convertiranno in massa alla fede in Cristo.
Quindi, benché per la sua infedeltà Israele ora è rigettato, un domani si convertirà in massa, tornando a Cristo. I Pagani devono ricordarsi che una volta anche loro erano disobbedienti al vero Dio e ora hanno conseguito misericordia. Così i Giudei ora non credono, ma a motivo della conversione dei Pagani a Cristo si sentono provocati a emulazione e così vicini alla fine del mondo conseguiranno perdono e misericordia. L’Apostolo vuol persuadere i Gentili e gli Ebrei convertiti di non rimproverarsi reciprocamente il loro precedente stato” (M. SALES, Le Lettere degli Apostoli, S. PAOLO, Epistola ai Romani, cap. XI, II ed., 2016, Effedieffe, Proceno di Viterbo, p. 146).

Quindi “non si disperi della salvezza futura dei Giudei a causa del fatto che ora non si pentono ancora del loro peccato” (n. 927).
Infatti, in futuro “tutto Israele sarà salvato, sebbene ora sia nemico; come anche i Gentili una volta non credevano ed erano senza Dio, ma ora hanno conseguito misericordia. ‘Dio ha rinchiuso tutti nell’infedeltà per far a tutti misericordia’. Dio ha voluto che la sua misericordia avesse luogo su tutti ed ha permesso che tutto il genere umano (Pagani e Giudei) fosse rinchiuso nell’incredulità, come in una catena di errori” (nn. 931-932).

“Qui si parla del popolo di Israele nel senso reale e non già nel senso spirituale. Similmente la totalità, di cui parla l’Apostolo è una pienezza morale e non totale, assoluta o matematica. Da ciò si deduce che la fine del mondo non verrà prima che i popoli dei Gentili e il popolo giudaico si siano convertiti al Vangelo” (M. SALES, p. 146).

Perciò, dobbiamo desiderare con fervore la loro conversione a Cristo, poiché essa (con l’aiuto divino) è l’unico rimedio proporzionato ai mali che la Chiesa dovrà subire verso la fine del mondo e specialmente con l’apparizione dell’Anticristo (II Tess., II, 1-12).

Infatti, la loro conversione non sarà soltanto per il loro vantaggio, ma anche per quello dei Gentili; effettivamente, in san Paolo è rivelato: «Se la caduta dei Giudei è stata la ricchezza del mondo [avendo favorito la conversione dei Pagani, ndr] e se essendosi ridotti a un piccolo numero [di Ebrei fedeli a Cristo, ndr], sono stati la ricchezza dei Gentili [avendone favorita la conversione, ndr], quanto maggiormente la loro pienezza [la loro conversione totale, ndr] li arricchirà ancor di più!» (Rom., XI, 12 e 15).

Il ruolo dei Giudei nell’economia della salvezza è particolare, ma occorre far attenzione a non esagerarlo, il che ci porterebbe a giudaizzare; né a disprezzarlo, il che ci farebbe scivolare verso l’antisemitismo razziale.

Infatti, 1°) contro l’errore giudaizzante, la fede c’insegna che il Messia è stato promesso a tutto il genere umano e non solo agli Ebrei (Gen., XXII, 18; XXIV, 4; XXVIII, 14).
Inoltre, la Vecchia Alleanza doveva finire con la venuta del Messia e cedere il posto alla Nuova ed Eterna Alleanza nel Sangue di Gesù Cristo. Della Vecchia Alleanza sarebbe rimasta in piedi solo la Legge morale divina/naturale (i Dieci Comandamenti), mentre la Legge cerimoniale sarebbe stata abrogata, poiché essa prefigurava il Messia e quindi, alla sua venuta, sarebbe stata abolita (S. Th., I, q. 98 - 105).   

Invece, 2°) contro l’errore antisemita, la Rivelazione c’insegna che non bisogna pensare che l’Antica Alleanza fosse intrinsecamente malvagia ma, essa è soltanto imperfetta e poi è stata perfezionata dalla Nuova Alleanza (S. Th., I, q. 106 - 108) (2). 

L’Abate Giuseppe Ricciotti scrive: “Se, buttate via la prima e la più antica parte della Bibbia (Antico Testamento), non avete nessun diritto di conservare la sua seconda parte (Nuovo Testamento). Contentatevi, allora, di rimanere con Lutero, indubbiamente ariano, ma rinunciate a Gesù Cristo, indubbiamente ebreo” (3). 

Il cardinal Michael von Faulhaber, arcivescovo di Monaco nel suo libro “Giudaismo, Cristianesimo, Germanesimo” scrisse che occorre fare una distinzione fra il popolo d’Israele anteriore alla morte di Cristo e quello posteriore alla sua morte.

“Dopo la vocazione di Abramo e prima della morte di Cristo, il popolo d’Israele fu il depositario della Rivelazione. Lo Spirito di Dio suscitò e illuminò degli uomini, i quali per mezzo della Legge mosaica, dettero ordinamento alla vita religiosa e civile (4).

Dopo la morte di Cristo, Israele fu licenziato dal servizio della Rivelazione. I figli di quel popolo non avevano riconosciuto l’ora della visita divina; avevano rinnegato e rigettato l’Unto del Signore, l’avevano condotto fuori della città e l’avevano confitto in croce. Allora cadde il patto tra il Signore e il suo popolo. In secondo luogo, dobbiamo distinguere tra le Scritture dall’Antico Testamento e gli scritti talmudici del giudaismo posteriore [l’A. Testamento è buono ma imperfetto ed è perfezionato dal Nuovo Testamento; mentre il Talmud è cattivo ed essenzialmente anticristiano e anti/mosaico, ndr]. In terzo luogo, dobbiamo fare una distinzione, anche internamente alla Bibbia dell’A. Testamento, tra ciò che ebbe un valore transitorio e ciò che doveva avere un valore eterno” (5).

Innanzi tutto - il porporato tedesco ricorda - che i cristiani non mettono l’A. Testamento e il Nuovo sullo stesso piano. Il N.T. deve essere messo al posto d’onore; tuttavia, bisogna tener ben fermo che anche l’A.T. è ispirato da Dio. “Ma, il Cristianesimo, per aver ricevuto le Antiche scritture non è diventato affatto una religione giudaica, poiché questi libri non sono stati composti dai giudei, bensì sono stati ispirati dallo Spirito di Dio e perciò sono parola di Dio. L’alienazione dei giudei di oggi non deve essere estesa ai libri del giudaismo precristiano” (6).

Inoltre, con Cristo non conta più la parentela di sangue ma quella della fede; quindi, non importa se Cristo è etnicamente ariano o giudeo. È importante sapere se Cristo è spiritualmente ‘cristiano’ e che noi siam diventati membra di Cristo mediante il battesimo e la fede vivificata dalla carità.  S. Paolo scrive: “In Cristo Gesù non ha alcun valore né il giudaismo in sé, né il non/giudaismo, bensì soltanto la nuova creatura” (Gal., VI, 15).

Dio promise all’umanità intera il Redentore e non ai soli Ebrei. Questa promessa fu fatta innanzitutto ad Adamo e fu conservata tramite la Tradizione orale nella posterità da Set sino a Noè. Tuttavia, al tempo di Abramo iniziò a essere dimenticata dagli uomini. Allora, Dio scelse un uomo di nome Abramo, e lo rese (tramite Isacco e Giacobbe) il padre di un popolo che conservasse puro e inalterato il Deposito della Rivelazione sulla promessa del Messia, che era stata fatta a tutta l’umanità e non solo agli Ebrei.

Tuttavia, siccome, la maggior parte degli uomini aveva perso la fede nel Messia venturo, allora il Signore scelse il popolo ebraico per conservare pura la fede e la speranza del Messia. Inoltre, gli Ebrei erano chiamati a essere i depositari del culto esterno verso il Signore Jaweh e, inoltre, avrebbero fornito i primi Ministri della Nuova ed Eterna Alleanza.

Nonostante ciò, purtroppo, il popolo che Dio aveva “una volta scelto per Sé” (Ex., XIX, 5) come suo araldo, deviò dalla sua vocazione e missione: mantenere la vera nozione del Messia e farlo conoscere a tutto il mondo.

Israele iniziò a vedere il Messia come solo per sé; invece di aspettare la liberazione dal peccato, iniziò a desiderare quella dal nemico umano e terreno che lo dominava (Roma, ai tempi di Gesù); invece dei beni eterni, iniziò a desiderare quelli terreni.

Insomma, il Messia sarebbe stato inviato loro e a loro soltanto per assoggettare tutta la terra, per ottenere la ricchezza, il benessere e il potere in questo mondo. Quando, nel 63 a. C., Roma occupò la Palestina, Israele aumentò l’intensità del desiderio di un Messia militante e conquistatore che avrebbe cacciato i Romani dalla Terra Santa.

Ora, tutto ciò è il ribaltamento delle promesse divine. Infatti, Giacobbe predisse, al contrario, che alla venuta del Messia lo “scettro di David” e il “legislatore” avrebbero abbandonato la nazione ebraica (Gen., XLIX, 10). Inoltre, Daniele (IX, 26-27) aveva profetizzato che il popolo ebreo avrebbe rigettato il Messia e lo avrebbe messo a morte e che, come punizione di quest’omicidio, Gerusalemme e il Tempio sarebbero stati distrutti.

Insomma, il Messia non è venuto soltanto per gli Ebrei. Infatti, il Signore dice al Messia: «Io ti ho stabilito per essere la luce delle Nazioni pagane e la salvezza che invio sino alle estremità della terra» (Is., XLIX, 6); perciò, Aggeo (II, 8) rivela che il Messia è chiamato “il Desiderato da tutte le Nazioni”, proprio come era il “Desiderato degli Ebrei” (Malch., III, 1). Infine, Giacobbe e David dicono che le Nazioni pagane l’obbediranno e l’adoreranno (Gen., XLIX, 10; Ps., LXXI, 11). 

Il piano del Signore era quello, di fare degli Ebrei e dei pagani un solo popolo di Dio. Tuttavia, la questione centrale che intendiamo abbordare in quest’articolo è quella della futura conversione d’Israele a Cristo. Essa è stata rivelata in san Paolo e anche nell’Antico Testamento.

Anche Isaia (LIX, 20-21), Osea (III, 5), Ezechiele (XXXVII, 11-28) e Zaccaria (XII, 10), insegnano che dopo aver rigettato e ucciso il Messia, i Giudei sarebbero stati abbandonati da Dio; tuttavia, negli “ultimi tempi” essi avrebbero riconosciuto il Messia Gesù di Nazareth e avrebbero, contemplato, con cuore contrito, il Signore che avevano trafitto e che - dopo la loro conversione - sarebbe stato di nuovo il loro Dio.

La maggior parte della nazione ebraica ha persistito nell’incredulità verso il Messia Gesù di Nazareth. Ora, questa sua sciagura è stata un’occasione di salvezza per i Gentili, che si son convertiti all’unico vero Dio e al Messia e sono entrati in massa nella Chiesa assieme ai pochi Ebrei che avevano creduto in Gesù, formando assieme il Corpo Mistico che è la Chiesa, di cui Gesù è la “pietra d’angolo” (Efes., XI, 20).

Questo nuovo ordine di cose si chiama Nuova ed Eterna Alleanza. Essa è, come la Vecchia alleanza, un patto bilaterale tra Dio e gli uomini, in cui il Signore dichiara la sua volontà di essere servito mentre gli uomini s’obbligano a credere ciò che Dio ha rivelato e a osservare la Legge che Dio impone loro. Il patto sarà scisso solo, se gli uomini lo romperanno per primi, com’è successo nella Vecchia Alleanza, quando ci fu il rifiuto e l’uccisione del Messia.

La Vecchia Alleanza era buona, ma imperfetta; innanzitutto, perché riguardava solo Israele; secondo poi, perché mostrava soltanto ciò che si doveva fare e ciò che non si doveva fare, mentre la Nuova Alleanza dà pure la forza per fare il bene ed evitare il male.

Il peccato di deicidio del popolo “una volta eletto” e poi riprovato iniziò, pian piano, dal meno grave al più grave. Infatti, esso non riconobbe la sua impotenza a fare il bene da se stesso senza il soccorso di Dio (Exod., XIX, 8); poi, ebbe la sciocca presunzione di farsi simile a Dio nel deserto quando eresse una statua idolatrica rappresentante un vitello d’oro cui prestò culto come se fosse una divinità ma, forgiata da essi stessi (Exod., XXXII, 4-8). Fu allora che Dio dette a essi un assaggio di ciò che sarebbe arrivato in maniera stabile sùbito dopo il Calvario. Infatti, nel deserto ruppe l’Alleanza con il popolo che aveva fatto uscire dall’Egitto, spingendo Mosè a spaccare le tavole in cui aveva inciso la Legge che Dio aveva rivelato e dato al suo popolo. In concomitanza, dopo aver vagato quarant’anni nel deserto, Mosè annunciò al popolo fedifrago una Nuova Alleanza, che Dio un giorno avrebbe stretto con chi gli sarebbe stato fedele e non più col solo Israele (Deut., XVIII, 15-19). Il principio di questo modo d’agire di Dio è quello evidenziato da sant’Agostino, secondo cui “Deus non deserit nisi prius deseratur / Dio abbandona, solo dopo essere stato abbandonato”.

Ora, siccome il popolo ebreo si era corretto dall’errore del vitello d’oro, Dio lo riaccolse; mentre esso avrebbe commesso un crimine di cui si sarebbe pentito solo alla fine dei tempi: il deicidio; allora il Signore ruppe definitivamente la Vecchia Alleanza e la rimpiazzò con una Nuova ed Eterna, che avrebbe gravato (Ezech., XI, 19) nel cuore di carne dell’uomo nuovo (docile a fare la volontà di Dio) e non sulle tavole di pietra (il cuore duro come un sasso degli israeliti, che spesso si rivoltarono contro il Signore).

La Rivelazione divina c’insegna che gli Ebrei rigettarono il Messia e apostatarono mentre i pagani lo accolsero e si convertirono.  Perciò, Dio accolse i secondi nella Sua Chiesa e rigettò i primi, i quali avevano consentito loro stessi a portare questo terribile castigo del loro crimine, non solo su di sé ma anche su quelli dei loro figli che, come loro, sarebbero stati increduli nei confronti del Messia (Mt., XXVII, 25).

I Gentili, sotto il nome di Cristiani, come aveva predetto Isaia (LXV, 15) sono diventati il nuovo popolo di Dio, hanno rimpiazzato la maggior parte degli Ebrei (tranne una piccola reliquia rimasta fedele) e hanno toccato le vette della santità di vita.

Tuttavia, Dio è riuscito a trarre un gran vantaggio anche dall’accecamento degli Ebrei. Infatti, essi per ora portano nelle loro mani le profezie che annunciano che il Messia è Gesù Cristo. Inoltre, verso la fine dei tempi, si convinceranno che i loro padri s’erano accecati riguardo al Messia e si convertiranno a Gesù, allorché “la pienezza delle nazioni sia entrata nella Chiesa” (Rom., XI, 25).

Ecco perché il tema della conversione degli Ebrei a Cristo è tanto importante, poiché essa (con l’aiuto divino) è l’unico rimedio ai mali che la Chiesa dovrà subire verso la fine del mondo e specialmente con l’apparizione dell’Anticristo.

Da tutto ciò ne segue pure che il popolo “una volta eletto” del Vecchio Testamento è stato rimpiazzato nella Nuova Alleanza dalla Chiesa di Cristo, aderendo alla quale si fa parte del gregge di Gesù. Essa è la Nuova Arca di Noè, che abbraccia - a partire dalla morte di Gesù - tutti i tempi e tutti i luoghi. Essa è iniziata, in maniera ancora imperfetta, nella Vecchia Alleanza, con i Patriarchi e i Profeti. Tutti, son chiamati a farne parte e tutti vi entreranno prima della fine del mondo.

Gesù Cristo è la roccia che unisce, come “pietra d’angolo”, il mosaismo e il Cristianesimo, Ebrei e pagani divenuti Cristiani. Tuttavia, nonostante tutte le grazie che Dio ha concesso a Israele, questo non ha voluto riconoscere l’ora della sua visita. Gesù fu “segno di contraddizione”, e solo un piccolo gruppo di Apostoli e di altri discepoli lo seguì, mentre la maggior parte del popolo si allontanò dal Messia. Gesù prese commiato, seppur con dolore, dall’Antico Patto, infranto da Israele, e ne instituì uno - Nuovo ed Eterno - con i pagani e la “reliquia” d’Israele rimastagli fedele, aspettando la conversione di tutto Israele verso la Parusia.

Perciò, possiamo e dobbiamo pregare con la Chiesa che il Venerdì Santo dice: “Preghiamo anche per i Giudei infedeli, affinché il Signore tolga il velo dai loro cuori e anch’essi riconoscano Gesù Cristo, Signore nostro. […]. Dio onnipotente, […] esaudisci le preghiere che Ti rivolgiamo per questo popolo accecato, affinché riconoscendo la luce della tua verità, che è Cristo, siano strappati alle loro tenebre. Per lo stesso nostro Signore Gesù Cristo”.


Conclusione

Sebbene la maggior parte del popolo d’Israele dopo il deicidio non sia in amicizia con Dio, ma abbia apostatato dalla fede; tuttavia, non per questo le promesse divine fatte ai Patriarchi restano senza il loro compimento. Infatti, queste promesse non vanno riferite agli Israeliti nel senso materiale e biologico del termine, ossia ai discendenti carnali dei Patriarchi; ma nel senso spirituale, ossia a coloro che credono alla Rivelazione divina prima nell’Antico Testamento e poi nel Nuovo Testamento; cioè, per tutti coloro che abbracciano la vera fede nel Dio unico, trascendente, trinitario e nel Verbo Incarnato, sia che essi provengano materialmente e biologicamente dal Paganesimo o dal Giudaismo.

Coloro che Dio chiama a salvezza li chiama per Sua pura grazia gratuita e misericordia; coloro che rigetta, li rigetta per un atto di giustizia, ossia per il loro peccato di incredulità.
Così ora (dopo il deicidio) il Signore chiama molti Gentili alla salvezza messianica per pura grazia e misericordia, e respinge molti Giudei per giustizia, essendo Cristo diventato per loro una “pietra d’inciampo”.
L’esclusione d’Israele dall’Alleanza con Dio è dovuta alla incredulità del popolo “una volta eletto” e non a una mancanza di bontà da parte di Dio. Il Vangelo è stato annunziato prima a Israele e se Israele non ha creduto, la colpa della sua incredulità è tutta sua e non del Signore, ma da ciò non si può concludere che tutto Israele sarà per sempre riprovato. I Giudei non sono riprovati totalmente né per sempre: si convertiranno in massa prima della fine del mondo e un “piccolo resto”, una “reliquia” di veri Israeliti secondo lo spirito si è convertita, si converte e si convertirà a Cristo in tutte le ere della Nuova ed Eterna Alleanza.

I Giudei hanno apostatato da Dio crocifiggendo Cristo e perseguitando gli Apostoli. I Gentili si son convertiti. Ma, nel tempo presente assistiamo all’apostasia anche dei Gentili da Cristo e dalla Sua Chiesa. Le nazioni una volta cristiane non lo sono più, le loro leggi sono oramai contrarie alla legge divina e naturale; la fede è rimasta solo in “un piccolo resto” o “una reliquia” di Gentili. I Giudei non si stanno convertendo, anzi colmano la misura dei loro peccati. La fine del mondo non è ancora vicina perché i Giudei non danno segni di conversione in massa a Cristo.

Che cosa dire? Dio ha rinchiuso tutti (Pagani e Giudei) nell’incredulità per fare a tutti, misericordia. Noi Gentili convertiti al Cristianesimo non dobbiamo e non possiamo (data la nostra triste situazione attuale e generale, tranne l’eccezione di “una piccola reliquia”) eccedere, disprezzando e gonfiandoci contro i Giudei. Non dobbiamo neppure venir meno aderendo al sofisma del “giudeo-cristianesimo”. Perché i Giudei tuttora perseverano nel loro indurimento contro Cristo e il Vangelo e si convertiranno in massa (secondo le Scritture) solo verso la fine del mondo. Il Giudaismo attuale è in totale opposizione al Cristianesimo.

Il problema ebraico è essenzialmente un problema teologico, che comporta la vocazione primitiva degli Ebrei (dai Patriarchi sino all’Avvento di Cristo) e la loro apostasia (dal deicidio sino alla vigilia della fine del mondo). Tuttavia, esso ha anche delle conseguenze politiche, sociali, economiche, data la preponderanza che il Giudaismo ha conquistato a partire dalla scristianizzazione del mondo (Umanesimo e Rinascimento) e che con la fondazione dello Stato d’Israele ha toccato il suo culmine. Occorre sempre distinguere un aspetto dall’altro e vederli tutti alla luce della fede e della Rivelazione per non errare per eccesso (anti-semitismo biologico) o per difetto (filo-giudaismo teologico).

Siamo alla vigilia di qualcosa di terribile e di grande: la giustizia e la misericordia di Dio stanno per esercitarsi potentemente su tutto il mondo moderno, che sta affrontando i sussulti della sua estrema agonia. L’apostasia dei Giudei portò alla distruzione della Giudea (70-135 d. C.). L’apostasia dei Gentili ci porterà a qualcosa di analogo. Infatti, le nazioni non possono essere punite come i singoli uomini con l’inferno eterno nell’aldilà e quindi devono essere corrette nella vita terrena (S. Agostino).

La fede cristiana ci deve tenere lontani dall’attuale perfidia giudaica, ma non ci deve portare a desiderare la distruzione totale e definitiva dei Giudei. San Paolo ci ha insegnato che non tutto Israele e non per sempre sarà nemico del Vangelo come oggi lo è. La “piccola reliquia” d’Israeliti convertiti al Vangelo di Cristo ha permesso a Gesù di fare dei due popoli (ebraico e pagano) una sola cosa come il costruttore (Dio), mediante una pietra d’angolo (Cristo), fa di due muri (Ebrei e Pagani) una sola casa (Chiesa). Occorre saper distinguere tempi e quantità nel portare un giudizio complessivo sulla teologia della storia, che abbraccia il Vecchio e il Nuovo Testamento.     


NOTE

1 - Nella redazione di quest’articolo mi son basato soprattutto su san Tommaso d’Aquino e sul libro di padre Pierre Thomas Laberthonie (7 febbraio 1708 – 15 gennaio 1774), titolato Petit Cathéchisme utile aux Juifs et aux Chrétiens, Paris, Desaint, 1777, ristampa Strasburgo, Trifolium, 2024.
2 - La Legge di Mosè era buona ma imperfetta (S. Th., I-II, q. 98, a. 1). La Legge Antica, benché fosse imperfetta, proveniva da Dio, e non dal principio del male (a. 2). La Legge Antica fu data mediante gli angeli, poiché a Dio soltanto era riservato di dare direttamente la Legge perfetta (a. 3). La Legge Antica doveva essere data soltanto al popolo ebreo, perché conveniva che quel popolo da cui doveva nascere Cristo, si distinguesse per santità (a. 4). La Legge di Mosè conteneva anche precetti morali per la santificazione del popolo, che si riannodavano ai dieci Comandamenti (q. 99, a. 2). La Legge mosaica conteneva anche precetti cerimoniali, che indirizzavano l'uomo a Dio, col culto dovutogli (a. 3). La Legge Antica conteneva inoltre i precetti giudiziali o sociali, riguardanti l'amministrazione della giustizia per mettere gli uomini in buona relazione tra loro e con Dio (a. 4). La Legge Antica conteneva minacce e promesse di bene temporale per indurre quegli uomini imperfetti a osservarla (a. 6). I precetti della Legge Antica non potevano giustificare (q. 100, a. 12). I precetti cerimoniali della Legge Antica erano figurativi di Cristo, ossia erano ombre dell'immagine che abbiamo qui in terra della vita eterna, che è la realtà (q. 101, a. 27). Le cerimonie della Legge Antica purificavano per loro virtù propria solo dalle immondezze corporali; ma dal peccato purificavano solo grazie alla virtù di Cristo, come professioni implicite di Fede in Gesù Cristo (q. 103, a. 2). Le cerimonie dell'Antica Legge cessarono di aver valore alla morte di Cristo, con cui cessò l'Antica Legge (a. 3). L'abrogazione della Legge Antica fu uno dei gravi problemi che la chiesa di Gesù, appena nata, dovette risolvere (a. 3). Le cerimonie della Legge mosaica, se cessarono con la morte di Cristo, tuttavia furono conservate per qualche tempo, come dopo morte si conserva per un po' di tempo un cadavere; ma in sé non si possono conservare senza peccato mortale, poiché rappresentando Cristo venturo, sarebbero una confessione di fede falsa, in Cristo non ancora venuto ma da venire (a. 4). I precetti della legge sociale erano direttamente ordinati a stabilire la giustizia; indirettamente però erano figurativi, perché tutto lo stato del popolo ebreo era preparazione di Cristo (q. 104, a. 2). I precetti socio-giudiziali, siccome erano figurativi di Cristo, cessarono di aver vigore alla venuta del Verbo in ciò che avevano di figurativo del Cristo (a. 3).
3 - G. RICCIOTTI, introduzione a MICHAEL VON FAULHABER, Giudaismo, Cristianesimo, Germanismo, Brescia, Morcelliana, 1934, p. 15 e 18.
4 - Le prediche del cardinale, raccolte nel libro citato sopra, si occupano soltanto di Israele mosaico vetero/testamentario degli antichi tempi e non d’Israele post-cristiano, contemporaneo e talmudico.
5 - M. VON  FAULHABER, cit., pp. 25-31.
6 - Ibidem, pp. 41



 
Aprile 2024
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