João Paulo II: o beato, o superhomem e o místico

Giovanni Paolo II,
il beato, il superuomo e il mistico

di
Padre João Batista de Almeida Prado Ferraz Costa

 
(vedi l'originale in portoghese)

La grancassa pubblicitaria, il frastuono mediatico, il gran successo d’affari intorno alla beatificazione di Giovanni Paolo II non riescono a nascondere il fatto che una considerevole parte di cattolici (tra i pochi che ancora mantengono integra la fede e la sana dottrina) è sconcertata dalla elevazione alla gloria degli altari di un papa che nel corso del suo lungo pontificato non ha tenuto in debito conto la bimillenaria tradizione della Chiesa, cambiando completamente il modo d’agire della Chiesa, principalmente in ciò che riguarda il rapporto con le false religioni.

Come ha bene osservato un giovane cattolico, la prima cosa che ci scandalizza nella beatificazione di Giovanni Paolo II è che nei corridoi del Vaticano la pressione della sinagoga contro la beatificazione del grande Papa Pio XII ha trovato più credito dei solidi argomenti teologici avanzati da tanti cattolici contro la beatificazione di Giovanni Paolo II, un papa che ha scioccato i fedeli con gesti come il bacio del Corano e il ricevimento del segno degli adoratori di Shiva per mano di una sacerdotessa indiana. Effettivamente questi due pesi e due misure adottati dall’alta burocrazia vaticana, erede della politica di Giovanni Paolo II, lasciano senza parole.

Oltre alle argomentazioni di ordine teologico contro la beatificazione di Giovanni Paolo II, vi sono state delle manifestazioni di grave disagio da parte di cattolici che si sono sentiti offesi da diversi comportamenti del neo beato. Non solo la reazione dei cubani, ma anche quella dei cattolici della Slesia che nel secolo scorso sono stati deportati, con la devastazione delle loro case e l’espropriazione dei loro beni, dai comunisti polacchi. Si è trattato di uno dei più grandi crimini della storia del XX secolo. In occasione della sua visita nella regione, Giovanni Paolo II, che amava i discorsi di pentimento per i “peccati storici”, non disse una parola a riguardo.

Tuttavia, bisogna riconoscere che Giovanni Paolo II dimostrava tanta disinvoltura, tanta sicurezza nei suoi atti, da rivelarsi come una personalità singolare che merita un accurato esame da parte di tutti coloro che si interessano alla vita dei grandi personaggi della storia.

Giovanni Paolo II mi ha sempre ricordato due ideali di uomini tratteggiati da due pensatori moderni: il superuomo di Nietzsche e il mistico dal cuore aperto di Bergson.

In realtà, contrariamente a quanto pensano in molti, Nietzsche, pur essendo un nemico del cristianesimo, non era un nichilista. Vero è che voleva distruggere il cristianesimo, responsabile secondo lui dell’ascesa delle mediocrità, per dar vita ad una nuova aristocrazia che tramite il superuomo realizzasse una cultura superiore, ma chiedeva una nuova scala di valori forgiata dall’uomo forte. Non propugnava la negazione dei valori come il disgustoso Jean-Paul Sartre. Per esempio, Nietzsche non era un difensore del libertinaggio, Sartre sì, come ha ben dimostrato con la sua orribile vita privata.

Ebbene, Giovanni Paolo II per un verso assomiglia molto al superuomo di Nietzsche, col suo promuovere la religione dell’uomo e con l’aver conseguito una sintesi tra l’umanesimo ateo moderno e la Chiesa riformata dal Vaticano II. Oggi la Chiesa, in dialogo con tutte le correnti ideologiche e religiose dell’umanità, ha come principale preoccupazione il bene dell’uomo, tanto che Giovanni Paolo II ha potuto dire che “l’uomo è la via della Chiesa”.

In realtà, solo un superuomo carismatico come Giovanni Paolo II poteva realizzare un tale mutamento di valori e di mentalità. Prima, i cattolici mantenevano fermo e senza compromessi il convincimento che la loro religione fosse l’unica vera e che l’osservanza del decalogo fosse necessaria per la salvezza delle anime. Oggi, la maggioranza dei cattolici pensa che ciò che conta è fraternizzare con le altre religioni per la difesa dei diritti umani e combattere l’omofobia; senza che si parli più dell’anima, concetto metafisico completamente dimenticato e ormai obsoleto.

Per altro verso, Giovanni Paolo II somiglia molto al mistico della teoria di Henri Bergson sulla morale aperta e la religione dinamica. Come sappiamo, Bergson diceva che i grandi mistici, non solo cattolici e giudei del Vecchio Testamento, ma anche pagani, sono stati i protagonisti delle grandi trasformazioni dell’umanità.

Infatti, quella religione statica e chiusa della Contro-Riforma, che anatemizzava con il Sillabo tutta la modernità,
è stata soppiantata, grazie alla mistica di Giovanni Paolo II, da una religione aperta e dinamica a servizio dell’umanità. Il che fa sì che Giovanni Paolo II si possa comparare al mistico di Bergson.

Ma questo dinamismo della nuova religione aperta e in evoluzione non ricorda solo la filosofia dello slancio vitale di Bergson, essa contiene innegabilmente anche elementi del pensiero esoterico di Theilard de Chardin, autore apprezzato dal neo beato. Infatti oggi vediamo come la Chiesa, grazie all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, stia promuovendo l’unità del genere umano in direzione di un più alto livello, del punto omega di de Chardin, dove tutto e tutti sarebbero uniti in una sintesi di puro amore!

Qualcuno potrebbe obiettare – ed io lo concederei volentieri – che il Papa Giovanni Paolo II era un uomo piissimo, sincero devoto della Madonna, araldo dei valori cattolici della famiglia e instancabile difensore della vita contro la cultura della morte e il fango dell’immoralità della società moderna. Tutto questo è vero e giustamente viene ricordato dal suo successore. Certo, tutto questo ha un merito al cospetto di Dio e per la storia della Chiesa, ma è necessario sapere qual è stato il suo lascito più importante. Sfortunatamente io sono convinto che non sarà questa la sua eredità. Se lo fosse, di certo la sua beatificazione non avrebbe una tale risonanza. Egli è più celebrato come un superuomo o come un mistico riformatore dell’umanità.

Ne consegue che di fronte ad una beatificazione così strepitosa e controversa e nella prospettiva di una molto probabile imminente canonizzazione di Giovanni Paolo II, si imponga ai cattolici il dovere di interrogarsi sul valore di tale giudizio della Chiesa.

Credo che il teologo Bernard Bartmann sia molto chiaro nella delucidazione di questo problema.
Trascrivo quindi dei passi della sua Teologia Dogmatica che trattano della questione.

«La questione dell’infallibilità della canonizzazione dei santi può considerarsi storica e teologica. I primi santi, oltre agli Apostoli e ai Profeti, furono i Martiri, i cui nomi venivano scritti dai vescovi nell’elenco ufficiale di quelli riconosciuti dalla Chiesa. L’inserimento veniva fatto dopo un ponderato giudizio sulla precedente vita del martire, senza il quale non si accettava nessuno. A proposito dei primi tre secoli, il protestante H. Achelis osserva che i vescovi esercitavano un controllo severo e ricusavano i falsi martiri. Più tardi, ai santi martiri si aggiunsero i santi “confessori”: Antonio, Paolo, Atanasio, Efrem, Martino di Tour. Era più facile constatare la realtà del martirio che la santità dei confessori: per questi ultimi, il popolo prendeva parte al giudizio, ma al vescovo spettava la decisione ultima per ammetterli negli elenchi.
(...)
«Dall’inizio dell’anno 1000, la Chiesa cercò a poco a poco di regolare il culto dei santi con formule fisse, ma l’obiettivo venne raggiunto definitivamente solo nel 1600. Nell’epoca post tridentina sorse la questione teologica. Al tempo del Concilio di Trento, Tommaso Badia (1483-1547), Maestro dei Sacri Palazzi, sostenne contro Ambrogio Catarino, che la Chiesa, nell’onorare i santi, poteva cadere in errore. Egli affermava che si deve credere nella gloria dei santi in generale e non nella gloria di ogni santo in particolare. Sosteneva poi che era corretto distinguere tra “credere ex pietate” e “credere ex necessitate fidei”. Nelle canonizzazioni, la Chiesa non può assumere per base la Rivelazione, ma solo le testimonianze umane relative alla vita e ai miracoli, testimonianze da esaminare sempre con gran rigore. Oggi, la quasi totalità dei teologi considera infallibile questo giudizio della Chiesa, ma la tesi dell’infallibilità della Chiesa, in questo caso, si valuta in maniera diversa. Pesch dice che alcuni la ritengono una “pia sentenza”, mentre altri, come Benedetto XIV, ritengono che sia “di fede”.
(…)
«Le difficoltà da risolvere sono le seguenti: prima di tutto non è assolutamente chiaro se la Chiesa voglia definire il fatto che il santo abbia raggiunto la visione di Dio. (…) Infine si deve aggiungere – ed è la principale difficoltà – che senza una rivelazione divina non è possibile arrivare ad una certezza di fede sullo stato di grazia di un’anima (Trid. S. 6 c. 12, Dz. 805). Al che si aggiunge che la Chiesa, dopo la morte dell’ultimo Apostolo, non riceve più alcuna Rivelazione pubblica. Certo, nella Rivelazione chiusa con gli Apostoli incontriamo la promessa generale della vita eterna per gli eletti: tuttavia non la si attribuisce in modo definitivo a nessuna persona particolare onorata come santa dalla Chiesa. La predestinazione è un mistero imperscrutabile. La Chiesa, nell’indagine sulla vita dei santi, non si appoggia sulla testimonianza divina, ma solo sulle informazioni umane e sugli elementi naturali che possono essere sempre soggettivi. Dio può testimoniare a favore dei santi per mezzo dei miracoli. Però anche questi, come la stessa canonizzazione, non hanno una relazione intima e diretta con le verità rivelate. Si aggiunga che questi miracoli possono essere riconosciuti solo da coloro che vi credono, per essi non è obbligatoria la fede. L’antica controversia se fosse possibile provare un dogma con un miracolo notorio nella Chiesa venne risolta negativamente.
(…)
«Scheid, trattando dell’infallibilità del Papa nella canonizzazione dei santi, scrive: “La difficoltà del problema sta nel trovare una prova veramente soddisfacente di questa infallibilità di cui si afferma l’esistenza. La canonizzazione tocca il limite estremo del campo delle decisioni infallibili. Per questo non è facile stabilire, in maniera chiara e probatoria, se essa, in tutta la sua estensione, rientra nell’ambito dell’infallibilità della Chiesa”.
(…)
«In ogni caso, gli atti della canonizzazione possono essere accettati per fede generale ecclesiastica e non per fede divina. (…) Se nel numero dei santi incontriamo qualche “falso” santo, come Barlaam e Josafat, il culto che viene loro reso si dirige a Dio. Come si può onorare un re per mezzo di uno pseudo-ambasciatore, così si può onorare Dio per il tramite di uno pseudo-santo» (1).

Per finire, devo dire che scrivendo queste righe so di correre il rischio di essere tacciato da antipatico e presuntuoso, ma lo faccio per adempiere ad un dovere di coscienza, nella speranza che la Chiesa, riscoprendo il cammino della sua autentica tradizione, condanni l’ecumenismo filantropico massonico, combatta per il Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, torni a fecondare la società civile con la costituzione di solide famiglie e si possa celebrare tutto quello che ha fatto di buono il Papa Giovanni Paolo II, mentre tutto quello che ha fatto di cattivo venga dimenticato e affidato alla misericordia divina, di cui tutti abbiamo somma necessità.

Annapolis (Brasile), 2 maggio 2011.
Solennità di San Giuseppe Artigiano


(1) Bernard Bartmann, Teologia Dogmatica, v. 1, p. 68-70, Paulinas, 1962. – (In italiano: Manuale di teologia dogmatica, 3 voll., Alba, Ediz. Paoline, 1949, 1952, 1956, 1962).


versione in portoghese


João Paulo II: o beato, o super-homem e o místico


Pe. João Batista de A. Prado Ferraz Costa

O  estrondo publicitário, o espalhafato midiático, o grande sucesso de marketing em torno da beatificação de João Paulo II não conseguem esconder a realidade de que uma considerável parcela de católicos (entre os poucos que ainda conservam íntegra a fé e a sã doutrina) está perplexa ante a elevação à glória dos altares de um papa que, durante o seu longo pontificado, não levou em devida conta a tradição bimilenar da Igreja, mudando completamente  o modo de agir da Igreja, principalmente no que concerne à sua relação  com as religiões falsas.

A primeira coisa que nos escandaliza na beatificação de João Paulo II, como bem observou um jovem católico, é que a pressão da sinagoga contra a beatificação do grande Papa Pio XII teve mais força nos corredores do Vaticano do que os argumentos teológicos sólidos de tantos católicos contra a beatificação de João Paulo II, um papa que chocou os fiéis com atitudes como o beijo do Corão, o sinal dos adoradores da deusa Shiva que recebeu de uma sacerdotisa indiana.  Realmente, esses dois pesos e duas medidas adotados pela alta burocracia vaticana, herdeira das benesses de João Paulo II, são de pasmar.

Além dos argumentos de ordem teológica contra a beatificação de João Paulo II, há graves manifestações de desconcerto da parte de católicos que se julgam afrontados por várias atitudes do neo beato. Houve reação não só  dos cubanos mas também de católicos da Silésia, que foram no século passado deportados e tiveram suas casas invadidas e seus bens esbulhados pelos comunistas polacos. Trata-se de um dos maiores crimes da história do século XX. Por ocasião de sua visita àquela região, João Paulo II, que gostava de fazer discursos em reparação dos “pecados históricos”, não disse uma palavra sequer.

Todavia, cumpre reconhecer que João Paulo II demonstrava tanta desenvoltura, tanta segurança em seus atos, que constituía uma personalidade singular que merece acurado exame da parte de todas as pessoas que tenham interesse pela vida dos grandes personagens da história.

A mim João Paulo II sempre me fez lembrar dois ideais de homens traçados por dois pensadores modernos: o super-homem de Nietzsche e o místico de alma aberta, de  Bergson.

Com efeito, ao contrário do que pensa muita gente, Nietzsche, embora fosse um inimigo do cristianismo, não era um niilista. É verdade que queria destruir o cristianismo, responsável pela ascensão da escoria, para dar lugar a uma nova aristocracia que, por meio do super-homem, produzisse uma cultura superior. Mas queria uma nova tábua de valores cunhada pelo homem forte. Não queria a negação de valores como o asqueroso Jean- Paul Sartre. Por exemplo, Nietzsche não era um defensor da libertinagem; Sartre, sim;  em sua medonha vida privada bem o demonstrou.

Pois bem. João Paulo II, por um lado, assemelha-se muito ao super-homem de Nietzsche por ter promovido a religião do homem, por ter conseguido uma síntese entre o humanismo ateu moderno e a Igreja reformada pelo Vaticano II. Hoje, a Igreja, em diálogo com todas as correntes ideológicas e religiosas da humanidade, tem como preocupação  maior o bem do homem, tanto assim que disse João Paulo II “o homem é o caminho da Igreja.”

Realmente, só um super-homem carismático como João Paulo II poderia ter realizado tal transmutação de valores e mentalidades. Antes, os católicos eram rígidos e intransigentes em sua convicção de que sua religião era a única verdadeira e a observância do decálogo era necessária para a salvação das almas. Hoje, a maioria dos católicos acha que o importante é a confraternização entre as religiões para a defesa dos direitos humanos e combate da homofobia. E não se fala mais em alma, conceito metafísico completamente esquecido e embolorado.

Por outro lado, João Paulo II assemelha-se muito ao místico da teoria de Henri Bergson sobre a moral e a religião abertas. Como se sabe, Bergson dizia que os grandes místicos, não só os católicos e judeus do Antigo Testamento, mas também os pagãos, são os protagonistas das grandes transformações da humanidade.

Efetivamente, aquela religião estática e fechada da Contra-Reforma, que anatematizava com o syllabus toda modernidade, foi suplantada, graças à mística de João Paulo II, por uma religião aberta e dinâmica a serviço da humanidade. Daí ser ele comparável ao místico de Bergson.

Mas esse dinamismo de nova religião aberta e em evolução lembra não só a filosofia do élan vital de Bergson. Encerra, outrossim, inegavelmente, elementos do pensamento esotérico de Teilhard de Chardin, autor apreciado pelo novo beato. De fato, hoje vemos a Igreja, por meio do ecumenismo e diálogo inter-religioso, promovendo a unidade do gênero humano em direção a um patamar superior, o ponto ômega de Chardin, onde tudo e todos estariam unidos em uma síntese de puro amor!

Alguém poderia objetar – e eu concederia de bom grado – o papa João Paulo II era um homem piíssimo, devoto sincero de Nossa Senhora,  arauto dos valores familiares católicos e denodado defensor da vida contra a cultura da morte e a lama da imoralidade da sociedade moderna. Tudo isso é verdade e o distingue com razão do seu sucessor. Certamente, tudo isso tem mérito diante de Deus e da história da Igreja. Mas resta saber qual foi seu legado maior. Infelizmente, estou convencido de que não será esse o seu legado. Se fosse, com certeza sua beatificação não teria tamanha repercussão. É muito mais festejado como um super-homem ou como um místico reformador da humanidade.

De modo que, diante de uma beatificação tão estrepitosa e controvertida e na expectativa de uma muito provável  canonização de João Paulo II em breve impõe-se aos católicos a questão do valor de tal juízo da Igreja.

Creio que o teólogo Bernardo Bartmann é muito feliz na elucidação deste problema. Transcrevo a seguir trechos de sua Teologia Dogmática que explanam o tema.

“A questão da infalibilidade na canonização dos santos, pode-se considerar histórica e teologicamente. Os primeiros santos foram, além dos Apóstolos e Profetas, os mártires, cujos nomes eram escritos pelos bispos no elenco oficial dos reconhecidos pela Igreja. A inserção era feita depois de juízo maduro, acerca da vida anterior do mártir e não se aceitava qualquer um. A propósito dos três primeiros séculos, o protestante H. Achelis observa que os bispos exerciam um controle severo e recusavam os falsos mártires. Mais tarde, aos santos mártires acrescentaram-se os santos “confessores”: Antonio, Paulo, Atanásio, Efrém, Martinho de Tours. Era mais fácil constatar a realidade do martírio, do que a santidade dos confessores: para estes, o povo tomava parte no julgamento, mas ao bispo competia, em última instância, admiti-los nos catálogos.
(…)
Ao dealbar do ano 1000, a Igreja procurou, mediante fórmulas fixas, regular, pouco a pouco, o culto dos santos, mas só o conseguiu de modo definitivo em 1600. Na época pós-tridentina, surgiu a questão teológica. No tempo do Concílio de Trento, Tomás Badia (1483-1547), mestre dos Sacros Palácios, sustentou contra Ambrósio Catarino que a Igreja, ao honrar os santos, podia cair em erro. Afirmava dever crer-se na glória dos santos em geral, não porém na gloria de cada um em particular; afirmava, pois, que era preciso distinguir entre credere ex pietate e credere ex necessitate fidei. Nas canonizações, a Igreja não pode tomar por base a revelação, mas somente os testemunhos humanos, concernentes à vida e aos milagres, testemunhos sempre examinados com grande rigor. A quase totalidade dos teólogos, hoje, considera infalível esse juízo da Igreja mas a tese da infalibilidade da Igreja neste caso é julgada diversamente. Pesch diz que alguns a têm por uma “pia sententia”, ao passo que para outros, entre os quais Bento XIV, é de fé.
(…)
As dificuldades a se resolverem são as seguintes: antes de tudo, não está absolutamente claro se a Igreja quer definir o fato de que o santo em questão tenha chegado à visão de Deus. (...) Enfim – a principal dificuldade -  deve-se acrescentar  que é impossível, sem uma revelação divina, chegar a uma certeza de fé sobre o estado de graça de uma alma (Trid. S. 6, c. 12, Denz. 805). Acrescente-se que a Igreja, depois da morte dos Apóstolos, não recebe mais nenhuma revelação. A predestinação é um mistério imperscrutável. A Igreja, nas indagações sobre a vida dos santos, baseia-se não sobre testemunho divino, mas tão somente sobre informações humanas e elementos naturais que podem sempre ser subjetivos. Deus pode testemunhar em prol dos santos por meio de milagres. Mas também estes, como a mesma canonização, não têm relação íntima e direta com as verdades reveladas. Acrescente-se que esses milagres só podem reconhecidos por quem neles crê, mas essa fé não é obrigatória. A velha controvérsia sobre se é possível provar um dogma com um milagre que é notório na Igreja foi resolvida negativamente.
(…)
Sheid, tratando da infalibilidade do papa na canonização dos santos, escreve: “A dificuldade do problema está em se encontrar uma prova verdadeiramente satisfatória desta infalibilidade, cuja existência se afirma. (...) Não é por isso fácil estabelecer, de modo claro e probativo, que ela, em toda a sua extensão, entre também no âmbito da infalibilidade da Igreja.”

(…)
Em todo caso, os atos da canonização só podem ser aceitos por fé geral eclesiástica e não por fé divina. (...) Se no número dos santos encontramos algum “falso” santo, como Barlaam e Josafat, o culto relativo que lhes é prestado vai a Deus. Como um rei pode ser honrado num pseudo-embaixador, assim, Deus, num pseudo-santo. ” (1)

Para remate, desejaria dizer que sei que corro o risco de ser tachado como antipático e presunçoso escrevendo estas linhas. Mas faço-o como o cumprimento de um dever de consciência, na esperança de que a Igreja, redescobrindo o caminho de sua tradição autêntica, condene o ecumenismo filantrópico maçônico, combata pelo Reinado Social de Nosso Senhor Jesus Cristo, volte a fecundar a sociedade civil pela constituição de sólidas famílias e tudo aquilo de bom que o papa João Paulo II fez possa ser celebrado e o que houve de mau esquecido e  confiado à misericórdia divina, da qual todos temos suma necessidade.

Anápolis, 2 de maio de 2011.
Solenidade de São José Operário


(1) Bernardo Bartmann, Teologia Dogmatica, v. 1, p, 68-70, Paulinas, 1962.






maggio 2011

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