Che fa il nesci, Eminenza? o non l’ha letto?

ovvero

l'incredibile Müller


Articolo di Belvecchio






Domenica scorsa, 8 gennaio, la rete televisiva Tgcom24 ha intrattenuto il Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, il Card. Gerhard Ludwig Müller.

Riferendosi alla questione dei “dubia” presentati dai cardinali Burke, Meisner, Brandmüller e Caffarra su alcuni paragrafi dell’Amoris Laetitia, ecco come se n’è venuto fuori il “custode della dottrina cattolica”:

«Ognuno, soprattutto i cardinali della Chiesa Romana, hanno il diritto di scrivere una lettera al Papa. Mi sono stupito perché questa però è diventata pubblica, costringendo quasi il Papa a dire sì o no. Questo non mi piace. Anche una possibile correzione fraterna del Papa, “mi sembra molto lontana, non è possibile in questo momento perché non si tratta di un pericolo per la fede come San Tommaso ha detto.»

«Siamo molto lontani da una correzione e dico che è un danno per la Chiesa discutere di queste cose pubblicamente. Amoris Laetitia è molto chiara nella sua dottrina e possiamo interpretare tutta la dottrina di Gesù sul matrimonio, tutta la dottrina della Chiesa in 2000 anni di storia. Papa Francesco chiede di discernere la situazione di queste persone che vivono un’unione non regolare, cioè non secondo la dottrina della Chiesa sul matrimonio, e chiede di aiutare queste persone a trovare un cammino per una nuova integrazione nella Chiesa secondo le condizioni dei sacramenti, del messaggio cristiano sul matrimonio. Ma io non vedo alcuna contrapposizione: da un lato abbiamo la dottrina chiara sul matrimonio, dall’altro l’obbligo della Chiesa di preoccuparsi di queste persone in difficoltà.»

Evidentemente il prelato tedesco, conterraneo di Hegel, è aduso a considerare le contrapposizioni e le contraddizioni dei semplici termini dialettici che, per ciò stesso, sono in via di automatica composizione… quindi non riesce a cogliere alcun problema nei “bubia” avanzati dai suoi confratelli porporati.

Stupisce, però, il suo stupore per la pubblicazione della lettera che i suoi confratelli avevano inviato a Francesco e a lui.  Tale pubblicazione, dice, a lui non piace, come se ogni cosa per essere corretta debba prima piacere a lui.

Fa proprio il finto tonto, Müller, perché fa finta di dimenticare quella lettera, che “i cardinali hanno il diritto di scrivere” non è stata degnata di una risposta, né da Francesco né da lui stesso, che pure avrebbe avuto, almeno lui, il dovere di riscontrare se non altro per cortesia o, se Francesco non glielo avesse permesso, semplicemente per accusarne ricevuta e magari rimandare la risposta.
E invece niente, come se la lettera non fosse stata mai scritta, salvo “stupirsi” se i suoi confratelli si vedono costretti, dall’ingiustificato silenzio, a renderla, non pubblica – che sembrerebbe suonare male – ma nota ai tutti i fedeli cattolici, come è loro diritto e com’è dovere di ogni buon pastore d’anime. 

Müller immagina che il rendere nota ai fedeli la lettera significherebbe costringere “quasi il Papa a dire sì o no”.
Ma sig. cardinale, semmai significa indurre Lei e Francesco a fare il vostro dovere, dando una qualche risposta, non a noi che siamo nessuno, ma a quattro Principi delle Chiesa che hanno delle perplessità sulla correttezza dottrinale delle dichiarazioni di Francesco contenute nella sua “esortazione apostolica”; che, se di esortazione si tratta, incita esattamente i vescovi e i cardinali a farla propria. E come possono farla propria costoro se hanno le suddette perplessità e le hanno non solo per loro stessi, ma perché hanno a cuore la salvezza delle anime?

Il fatto è che Müller, oltre a fare il finto tonto, è anche un po’ confuso circa il modo in cui si insegna la dottrina nella Chiesa cattolica. Non si può dire che “è un danno per la Chiesa discutere di queste cose pubblicamente” proprio quando lui e i suoi colleghi, con in testa Francesco, si sono preoccupati, prima del Sinodo, di sottoporre le questioni dottrinali relative al matrimonio che si sarebbero dibattute in quel consesso, a tutti e a chiunque, col metodo dei questionari, per di più, adducendo motivi di democratica partecipazione.
Ma ecco che i suoi confratelli recherebbero un danno alla Chiesa nel rendere note ai fedeli le loro perplessità.
Il Card. Müller o fa il nesci o non ha neanche degnato di uno sguardo la lettera dei quattro cardinali, diversamente non parlerebbe così o secomunque lo fa, è perché prova a rimescolare le carte sperando che gli esca l’asso vincente.

E il fatto che lascia pensare che non abbia letto la lettera o, se l’ha letta, l’ha subito cestinata come insignificante, è che se ne esce dicendo: “Anche una possibile correzione fraterna del Papa, mi sembra molto lontana, non è possibile in questo momento perché non si tratta di un pericolo per la fede come San Tommaso ha detto”.

Non è questa la sede per ricordare su cosa si basano i “dubia” dei quattro cardinali… che si vada a leggere la lettera, il Card. Müller; ma di certo tali “dubia” non sono relativi al numero eccessivo o limitato di virgole contenute nell’Amoris Laetitia, quanto al pericolo per la fede costituito da tanti passi che è da mesi che sono sulla bocca di tutti e sulla penna di decine e decine di critici più o meno indignati, che hanno parlato del documento come di qualcosa di “pericoloso”, “molto preoccupante”, “molto problematico”, “un grande errore” “in contraddizione con la Familiaris Consortio” ecc.

Ma il Card. Müller fa il nesci e cerca di far credere, per primo a se stesso, che “non si tratta di un pericolo per la fede”. Di cosa si tratta allora? Forse degli attacchi di arteriosclerosi che affliggerebbero i quattro cardinali, aggravati da un’irrefrenabile grafomania?

Il Card. Müller sembra fare di tutto per apparire non credibile, perfino offrendosi ad uno studio televisivo per ivi sciorinare inesattezze con colpevole leggerezza.
Ma ecco che da poco credibile si compiace di diventare perfino incredibile, di stupire, di dar prova del suo hegelismo galoppante.

Amoris Laetitia è molto chiara nella sua dottrina … io non vedo alcuna contrapposizione: da un lato abbiamo la dottrina chiara sul matrimonio, dall’altro l’obbligo della Chiesa di preoccuparsi di queste persone in difficoltà ”.

Davvero incredibile! Al punto che quasi nessuno sembra aver capito alcunché di questa “gioia dell’amore” di papa Francesco… e prima di tutti Francesco stesso, visto che ha confermato ai vescovi argentini che la corretta interpretazione di questa sua “gioia dell’amore” consisterebbe nel violare la dottrina della Chiesa e l’insegnamento di Nostro Signore: amministrando la Santa Comunione ai pubblici peccatori.

E a questo punto, è proprio il Card. Müller che sembra non aver capito alcunché, non tanto della “gioia dell’amore” di Francesco, quanto dell’insegnamento della Chiesa sulla dottrina del matrimonio. Questa infatti si è sempre preoccupata dei fedeli in difficoltà, non c’era certo bisogno che arrivasse fresco fresco Francesco dopo duemila anni, ed è proprio perché se ne è preoccupata che, per il bene della loro anima non ha amministrato loro la Santa Comunione mentre si trovavano in stato di peccato, per impedire, come dice San Paolo, che mangiassero la loro condanna all’eterna perdizione.
Müller e Francesco, invece, non si curano delle anime di questi fedeli e preoccupati solo del loro benessere materiale, nonché di acquisire il consenso degli uomini e del mondo, credono di essere furbi e scaltri invitando i fedeli in difficoltà ad assumere la Santa Comunione, facendosi forti del fatto che sarebbero: il primo il custode della dottrina e il secondo il Papa.

Abbiamo il sospetto, e vorremmo davvero sbagliarci, che il Card. Müller sia convinto che i cattolici siano in gran parte incapaci di intendere e di volere, talmente stupidi da potersi lasciare incantare dalle sue incredibili affermazioni, nonostante l’evidenza contraria e la sollevazione universale contro l’Amoris Laetitia, di cui la lettera dei quattro cardinali è solo un piccolo tassello che, dopo questa intervista, sembra destinato di certo a rimanere inevaso sia da lui sia da Francesco, il cui cervello, come diceva bene il Giusti, “in tutt’altre faccende affaccendato, 
a questa roba è morto e sotterrato.” 





gennaio 2017
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