Benedetto XVI e
Assisi III

articolo di Jean Madiran
pubblicato sul giornale francese Present,
n° 7451 dell'11 ottobre 2011


riportato in francese da: tradinew.blogspot.com

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Il prossimo 27 ottobre si dovrebbe svolgere “Assisi III” con la partecipazione di Benedetto XVI, con l’annunciata intenzione di commemorare “Assisi I” svoltosi il 27 ottobre1986 su invito di Giovanni Paolo II.
Con l’avvicinarsi di questo evento è senza dubbio opportuno ri-leggere il frammento di una lettera privata di Benedetto XVI al pastore luterano Peter Beyerhaus, che è stato suo collega a Tübingen e che è rimasto suo amico:

«Comprendo molto bene la tua preoccupazione a riguardo della mia partecipazione all’incontro di Assisi. Ma questa commemorazione deve essere celebrata in ogni caso e, dopo tutto, mi è sembrato che fosse meglio andarci personalmente per cercare con questo di fare tutto il possibile per determinarne il significato. Tuttavia, io farò di tutto perché sia impossibile una interpretazione sincretista dell’evento e perché sia certo che io crederò e confesserò ciò che ho richiamato all’attenzione della Chiesa nella Dichiarazione Dominus Iesus».

L’esistenza di questa lettera e una parte del suo contenuto sono note pubblicamente nella sostanza fin dal mese di aprile. Il frammento citato è apparso un po’ dappertutto dall’inizio di ottobre con delle traduzioni letteralmente diverse, ma concordanti. Esso non è stato oggetto di alcuna smentita.

Ne deriva che non è stato Benedetto XVI a prendere l’iniziativa di questa commemorazione e che probabilmente egli ha esitato a parteciparvi. Ne deriva altresì che Benedetto XVI ci andrà per cercare di controllarne il significato. Cosa che non è sicuro che sarà possibile. Nondimeno, la sua convinzione personale rimane e rimarrà sempre quella che ha espresso nella Dominus Iesus: cioè che solo la Chiesa detiene le parole e i sacramenti di salvezza.

Questa indiscrezione del destinatario della lettera la si può supporre provocata dal mittente.
Essa fa inevitabilmente pensare ad una indiscrezione analoga provocata o comunque accettata da Paolo VI.
In piena tormenta dell’esplosione liturgica, il Cardinale Gut, allora Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, dichiarava alla rivista diocesana di Linz, in Austria:
«… molti preti hanno fatto ciò che hanno voluto. Queste iniziative [liturgiche] prese senza autorizzazione, molto spesso non era più possibile arrestarle, poiché la cosa si era diffusa ovunque. Nella sua grande bontà e saggezza, il Santo Padre ha allora ceduto, spesso suo malgrado».

Questa dichiarazione non è stata mai smentita, né rettificata. Essa fugura in La Documentation Catholique del16 novembre 1969.

Questi due indizi sono lungi dall’essere i soli, dal 1958, a suggerire che la Santa Sede subisce enormi pressioni interne ed esterne, talmente presenti e radicate da poter esercitare il ricatto di scompigli più grandi, così da ottenere che si “ceda spesso”.
Si intuisce l’esistenza di una lobby molto potente nella Chiesa e nel mondo, che diffonde dappertutto le stesse rivendicazioni: più l’una o l’altra o tutte e quattro insieme: fine del celibato dei preti, ordinazione delle donne, matrimonio omosessuale, elezione popolare dei vescovi. Questa minaccia permanente di una rivolta aperta potrebbe essere proprio la spiegazione principale delle esitazioni, delle incoerenze, degli insuccessi e perfino dei sabotaggi non superati all’interno della Chiesa.

Quando si ha il pesante privilegio di aver vissuto attivamente la storia religiosa degli ultimi ottant’anni [Jean Madiran ha già compiuto 81 anni], non se ne ha la prova, se ne ha l’evidenza. Tuttavia, la roccia inattaccabile della Chiesa consiste nella parola di Dio e nella pratica dei Sacramenti, sotto la luce del Magistero quanto questo non omette di essere chiaramente quello che è.

Nell’agitarsi delle discussioni ecclesiastiche suscitate dall’avvicinarsi di “Assisi III”, la scorsa settimana sono rimasto colpito da una deplorazione apparsa sul blog sempre appassionante di don Guillaume de Tanoüarn:

«È un peccato che non vi siano degli incontri regolari tra i preti tradizionalisti delle diverse cappelle. Sarebbe un vero strumento di scambio tra confratelli preti. Non perché gli uni sentano parlare gli altri, ma per ascoltarsi gli uni gli altri».

Mi chiedo cosa possano pensarne i miei fratelli laici. Forse un giorno o l’altro ritornerò sull’argomento.

Jean Madiran




ottobre 2011

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