Capitolo Generale
della Fraternità San Pio X

Un curioso appello


di Belvecchio


In vista del prossimo Capitolo Generale della Fraternità San Pio X, che si terrà ad Ecône dall’11 al 21 luglio prossimo, il servizio informazione della stessa Fraternità ha pubblicato una Lettera del Rettore del seminario San Tommaso d’Aquino negli Stati Uniti, Don Yves le Roux.





In questa lettera, il Rettore lancia un appello ai sacerdoti e ai fedeli perché assumano un comportamento corretto in vista di tale importante evento: «Allorché la crisi cerca di trascinarci nel suo vortice, dobbiamo in effetti guardare in alto ricorrendo ai principi e soprattutto rispettando la suprema regola della paternità, chiave di volta di ogni società. È vivendo come figli, radicandoci nella paternità divina che lavoreremo, sacerdoti e fedeli, ciascuno al suo posto, alla fedeltà della Fraternità San Pio X alla sua vocazione

Il Rettore si appella quindi al principio della paternità, che è prima di tutto paternità divina e poi paternità terrena, in questo caso paternità spirituale che coincide con il rispetto dei Superiori e con la sottomissione ad essi: «chiave di volta di ogni società».

E questo richiamo primario, il Rettore lo accompagna col monito che « se si osserva il vento di panico che ha potuto cogliere certi di noi negli ultimi mesi, sembrerebbe che si voglia installare la tentazione all’eccesso alla vigilia del nuovo Capitolo elettivo della nostra Fraternità religiosa. Ognuno dà la sua opinione, abbozza i suoi piani, pronostica, critica a tutto andare, urla harri sull’asino: non sarebbe il momento di tornare ad un po’ di ragione? Questo eccesso porta la firma demoniaca dello spirito egualitario uscito dalla Rivoluzione, dove ognuno si erge ad autorità sovrana. Questa crisi di autorità è in realtà solo il rifiuto feroce di ogni paternità e in particolare della Paternità divina. È anche il rifiuto del necessario radicamento dell’uomo, essere dipendente e sottomesso per natura.»

Insomma, il Rettore si appella alla sottomissione e all’obbedienza, virtù primarie che devono coltivare i sacerdoti ed anche i fedeli; mentre scongiura che «pretendere che la Fraternità San Pio X, nata dalla crisi progressista, debba agire in funzione dell’evoluzione di quest’ultima, sarebbe un grave e funesto errore» perché «la Fraternità San Pio X non può essere ridotta alla sua lotta essenziale e necessaria contro gli errori del tempo presente. Se la crisi fosse divenuta per disgrazia l’unica ragione della sua esistenza, la Fraternità San Pio X sarebbe scomparsa in breve tempo, senza aver lavorato per l’instaurazione del Regno di Cristo attraverso la santità dei sacerdoti. Perché tale è l’essenza della vita di questa Fraternità Sacerdotale: l’immolazione dei suoi sacerdoti alla gloria di Dio Padre sull’altare della Santa Messa. Regnavit a ligno Deus, Dio regna dalla Croce, come ci ricorda il Vexilla Regis.»

Leggendo la lettera, la prima cosa che si nota è la totale assenza del motivo vero per cui Mons. Lefebvre fondò la Fraternità: la difesa della dottrina tradizionale, la difesa della Fede messa in discussione dall’autorità romana con lo strumento devastante dei documenti del Vaticano II. E’ fuori dubbio che Mons. Lefebvre fosse convinto che questo obiettivo lo si potesse raggiungere preparando dei sacerdoti che si immolassero «alla gloria di Dio Padre sull’altare della Santa Messa», ma è ugualmente fuori dubbio che Mons. Lefebvre operò violando volutamente quello che il Rettore chiama il “principio di paternità”: disobbedendo al Papa, perché la cosa più importante per un fedele cattolico, chierico o laico che sia, è la difesa della dottrina e della Fede, a costo di disobbedire ai Superiori e incorrere perfino nella scomunica, come decise di fare Mons. Lefebvre.
Questa lacuna clamorosa svela la vera natura di questa lettera, volta a far credere che l’ubbidienza e la sottomissione ai Superiori sarebbe il fattore primario che dovrebbe reggere il comportamento dei sacerdoti e dei fedeli della Fraternità.
Ritroviamo qui la stessa impostazione con cui l’autorità romana impose al mondo cattolico le riforme della liturgia e degli Ordini religiosi insieme con i nuovi devastanti insegnamenti sulla libertà religiosa, sull’ecumenismo e sulla collegialità episcopale. Tutte cose a cui Mons. Lefebvre si oppose con tutte le sue forze, non per rinchiudere la ragione d’essere della Fraternità nella crisi incalzante, ma perché essa respirasse e si nutrisse dell’aria soprannaturale della verità e della fedeltà all’insegnamento di Nostro Signore.

Per parafrasare lo stesso Rettore, si potrebbe dire, a ragione, che se per disgrazia l’unica ragione dello svolgimento del Capitolo Generale fosse l’ubbidienza e la sottomissione ai Superiori, la Fraternità San Pio X scomparirebbe in breve tempo, senza essersi battuta fino in fondo, al pari di Mons. Lefebvre, per il trionfo della verità e per la fedeltà a Nostro Signore; e questo lo si può fare solo riconoscendo che, crisi o non crisi, le autorità romane continuano a devastare la barca che il Signore ha affidato a Pietro, da cui deriva che non è possibile anche solo pensare di “riconciliarsi” con tali autorità, senza che prima queste non dimostrino chiaramente – non ai sacerdoti e ai fedeli della Fraternità, ma al mondo – che hanno abbandonato la strada della demolizione della Fede per intraprendere la strada dell’instaurazione del Regno di Cristo, come ebbe modo di ripetere senza posa Mons. Lefebvre.

E in questa ottica, se i sacerdoti e i fedeli della Fraternità si rendono conto – non per la presunzione di giudicare, ma per la semplice constatazione dei fatti – che i loro Superiori vogliono deflettere da questa unica strada percorribile, ecco che sono obbligati a rifiutare la sottomissione e a disubbidire, esattamente come fece Mons. Lefebvre nei confronti del Papa, che non era certo il semplice Superiore della Fraternità.

Se il Rettore è convinto che la sottomissione e l’ubbidienza ai Superiori vengono prima della Verità e della Fede, perché bisogna rispettare «la suprema regola della paternità, chiave di volta di ogni società», c’è da pensare che nel suo seminario si insegni tanta sottomissione e tanta ubbidienza e si trascuri di insegnare e di praticare la Verità e la Fede. In tali condizioni, davvero la Fraternità San Pio X finirà con l’andare incontro alla sua sparizione.

Per concludere sentiamo il dovere di ricordare a tutti, laici e chierici, e soprattutto ai Capitolari che si riuniranno a luglio, che la ragion d’essere della Fraternità San Pio X non è la Fraternità San Pio X con le sue strutture e le sue gerarchie, ma è il suo continuare ad essere il bastione della Tradizione, per la difesa della Fede e per la salvezza delle anime.
A nessun Superiore può essere permesso di sostenere che il bene della Fraternità consisterebbe nella sottomissione all’autorità romana. La Fraternità non ha bisogno né di riconoscimenti né di regolarizzazioni canoniche; la Fraternità, congregazione del tutto cattolica, troverà naturalmente la sua giusta collocazione nell’ufficialità  della Chiesa quando l’autorità romana smetterà di combatterla e di volerla ridurre all’obbedienza del concilio Vaticano II, e questo proprio perché questa stessa autorità opererà finalmente in sintonia con la Fraternità: prima la Verità e la Fede e solo dopo l’ubbidienza e la sottomissione.


Preghiamo perché il Signore illumini e guidi i Capitolari e permetta loro di decidere per il mantenimento della Fraternità così come la volle Mons. Lefebvre.






giugno 2018
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI