E se, invece del clima, salvassimo l’uomo?


di Matteo Donadoni


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana








Mentre attendiamo di sapere se il padrone di santa Marta farà la Pasqua vegana, dobbiamo sciropparci la marcia per la terra o come diavolo si chiama la manifestazione organizzata in ogni città su spinta emotiva data dalla ragazzina con le trecce, che invece di andare a scuola per studiare bene la storia dell’Europa, fa passare il messaggio che sia più importante essere ignoranti, ma ignoranti impegnati a contrastare il cambiamento climatico.

La cosa che ferisce di più di questa patetica messinscena è che vengano indottrinati gli studenti su un argomento palesemente specioso. E che loro non siano abbastanza svegli da dire “no” (c’è da sperare che sotto sotto sia predominante la voglia di marinare, sentimento di gran lunga più sano di quello ecologista).
Anche da queste cose si capisce il fallimento di un sistema scolastico.
Infatti, da quando esiste il pianeta il clima cambia, non può che essere altrimenti, si chiama equilibrio dinamico ed è tipico di un ecosistema. Il clima cambia e pretendere di fermare questo fenomeno è un’idiozia antiscientifica che riporta la società allo sciamanesimo tribale del neolitico, sarebbe come pretendere di far smettere di piovere mutando i comportamenti sociali.
Questi cortei sono il corrispettivo moderno della danza della pioggia tribale. Per di più, tutto l’impianto teoretico in questione viene formulato sul falso assioma che sia l’inquinamento a generare il cambiamento climatico, fatto tutt’ora indimostrato e forse indimostrabile.

Poniamo il continente europeo. Non nego che la temperatura si stia gradualmente alzando, ma il fenomeno non è altro che il naturale ritorno a temperature antecedenti la mini-glaciazione del Medioevo (principi della termodinamica?). In sostanza il clima ritorna a livelli simili al periodo dell’Impero Romano, quando per esempio in Gran Bretagna si produceva uva e olio. Ma le ragazzine con la verità in tasca non lo sanno, hanno saltato l’ora di storia in favore di sterili proteste contro mulini a vento immaginari.
Si alza la temperatura di un grado? Meglio.

Altra cosa veramente triste è che venga utilizzata una bambina malata come carne da cannone per portare avanti politiche assurde come questa. E dietro a lei tutti i nostri figli, tutti potenziali proiettili da gettare nel carnaio progressista.
Ora, tralasciando il fatto che la ragazzina provenga da una famiglia potente e che sia finanziata da lobby potentissime – sappiate che vostra figlia potrà anche incatenarsi a un cactus, ma non avrà mai la stessa visibilità mediatica – ammettiamo che la trovata è tanto geniale, quanto cinica: Greta Thunberg ha la sindrome di Asperger e dice che il mondo è in fiamme. Ergo chi non è d’accordo non è altro che un bieco retrogrado talmente viscido e di un livello moralmente tanto basso da prendersela con una bambina malata. Di fronte a ciò ognuno di noi non può che ammutolire. Dico, non vorrete far piangere una bambina disturbata da morbo con eziologia ignota!?

E qui torniamo alla lancinante situazione in cui tutto il mondo concorre a mettere i bambini oggi. I bambini sono le vittime sacrificali della nuova ideologia umanitarista: vengono abortiti, fatti a pezzi, usati per fabbricare porcherie, vengono abusati in ogni modo, violentati dai sacerdoti che dovrebbero mostrare loro la via della santità e della salvezza, vengono venduti come cani a omosessuali egoisti, manipolati mentalmente per gli scopi economico-politici di adulti senza scrupoli, tutti sacrificati sull’altare del male. Il nuovo Tofet.

Il tofet (o tophet) era un santuario fenicio-punico a cielo aperto, consistente in un’area consacrata dove venivano deposti ritualmente i resti incinerati dei sacrifici infantili. Il cruento rito pagano, mlk/Moloch, è citato in vari passi biblici, nel Secondo Libro dei Re, in Isaia, in Ezechiele e in Geremia, per esempio:
«Perché i figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno posto i loro abomini nel tempio che prende il nome da me, per contaminarlo. Hanno costruito l’altare di Tofet, nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le figlie, cosa che io non ho mai comandato e che non mi è mai venuta in mente. Perciò verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn, ma valle della Strage. Allora si seppellirà in Tofet, perché non ci sarà altro luogo. I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell’aria e alle bestie selvatiche e nessuno li scaccerà» (Gr 7,30-33).

«Così farò – dice il Signore – riguardo a questo luogo e ai suoi abitanti, rendendo questa città come Tofet. Le case di Gerusalemme e le case dei re di Giuda saranno impure come il luogo di Tofet; cioè tutte le case, sui tetti delle quali essi bruciavano incenso a tutta la milizia del cielo e facevano libazioni ad altri dèi» (Gr 19,12-13).

«Allora io diedi loro perfino statuti non buoni e leggi per le quali non potevano vivere. Feci sì che si contaminassero nelle loro offerte facendo passare per il fuoco ogni loro primogenito, per atterrirli, perché riconoscessero che io sono il Signore» (Ezechiele 20,25-26).

Ma abbiamo diversi riscontri nelle cronache dei grandi nemici dei Punici, Greci e Romani, che ebbero sempre orrore di questa pratica satanica, iscritta immediatamente nella categoria dell’aberrazione nefasta (nefas).

Poco conosciuta, la tragedia euripidea Le Fenicie, in particolare i passi relativi al sacrificio del figlio di Creonte, tratta del tema. La vicenda è ambientata a Tebe, dove il re Creonte riceve un terribile oracolo: in cambio della salvezza della città egli dovrà lasciar sacrificare il proprio figlio Meneceo. Il padre, da bravo Greco, lo supplica di fuggire per sottrarsi all’oracolo, ma egli sceglie di immolarsi per la patria. A parte la significativa ambientazione tebana (lontano da Atene certe cose), l’immolazione di chi si sacrifica per evitare una catastrofe nazionale, quindi per il bene di tutti, il tipo di morte, aggiunto alla presenza delle donne del coro, le “fenicie” appunto di Cartagine, tradirebbero l’intento di fornire un modello ideologico desunto abbastanza fedelmente da ciò che circolava intorno alle pratiche sacrificali cruente delle genti fenicie e puniche. Appare fuori di dubbio la communis opinio greca dell’epoca.

Ma il passo più famoso sul sacrificio dei bambini è quello di Clitarco di Alessandria (III secolo a.C.), tramandatoci da varie fonti:
«Afferma Clitarco che i Fenici, ma soprattutto i Cartaginesi, che onorano Kronos, allorché cercano di ottenere qualcosa di importante, giurano di offrire in sacrificio al dio uno dei loro figli, qualora ottengano ciò che desiderano»(Clitarco, fr. 9 Jacoby, FrGrHist II B, n. 137).

Segue poi la spiegazione orribile riguardo la nostra espressione “riso sardonico”:
«V’è infatti presso di loro un Kronos bronzeo posto in piedi, con le mani protese, le palme levate verso l’alto, sopra un braciere di bronzo, che arde il bambino. Quando il corpo è avvolto dalle fiamme, le membra si stirano e la bocca appare contratta come in chi ride, fino a che il bambino scivola nel braciere in un estremo spasmo. È per questo che tale riso largo è detto “sardonico”, dato che essi muoiono ridendo. Σαίρειν significa infatti “contrarre la bocca e sbadigliare”».

Per quanto riguarda i Romani, lo scrittore latino Ennio (III-II secolo a.C.) riferisce lapidariamente che i Cartaginesi erano soliti sacrificare bambini agli dei, senza specificare nel dettaglio l’identità dei destinatari del rito: «Poeni suos soliti dis sacrificare puellos» (Cfr. 221 Vahlen).

Esiste poi un frammento di Varrone (II-I secolo a.C.) riportato da sant’Agostino in un passo del De civitate Dei (VII, 26), il quale riferisce ancora tale usanza, aggiungendovi che i Romani non hanno mai accettato la pratica.

Ne tratta più volte e più dettagliatamente lo storico Diodoro Siculo, che parla dell’uso ancestrale dei Cartaginesi di sacrificare a Kronos (il corrispettivo greco del fenicio Baal-Hammon, che, a differenza di quello greco, divoratore dei propri figli, istituisce una precisa pratica sacrificale – e che in fin dei conti è Satana) i figli delle famiglie più in vista, un obbligo che sarebbe stato nel tempo aggirato dai nobili grazie all’acquisto di bambini da famiglie povere, da usare come vittime ed evitare così di far morire i propri figli.

«Rimproverarono a se stessi d’essersi alienati (il favore di) Kronos, dato che a lui avevano un tempo offerto i figli dei cittadini più autorevoli, ma in seguito avevano dismesso tale usanza acquistando in segreto dei bambini allevati per essere offerti in sacrificio. Ricerche svolte portarono a scoprire che tali bambini erano bambini sostituiti. Prendendo cognizione di questo, vedendo poi che i nemici avevano posto il campo sotto le loro mura, essi furono colti da un terrore superstizioso per avere dismesso le pratiche religiose dei padri. Ansiosi di riscattare la trascuratezza, effettuarono allora un pubblico sacrificio di 200 bambini, presi dalle più nobili famiglie; altri ancora, invece, implicati in false accuse, si offrirono spontaneamente e non erano in numero inferiore a 300» (XX 14,1-7).

Fatto confermato anche da Plutarco
«… del tutto consapevoli e consci essi offrivano i loro figli e quelli che ne erano privi, acquistavano i figli dei poveri come fossero agnelli o uccellini, mentre la madre senza piangere ed emettere un gemito era li presente; se gemeva o piangeva, perdeva il guadagno della vendita, mentre il bambino finiva ugualmente sacrificato; davanti alla statua poi tutto lo spazio era invaso dal suono dei flauti e dei tamburi perché le grida non si udissero»  (De superst. 17lC-D).

Secondo Dionigi di Alicarnasso e Curzio Rufo i sacrifici continuarono fino alla distruzione di Cartagine, nel 146 a.C.

Sia Roma sia l’Ellade vissero con sdegno il fatalismo tenebroso dei Punici, sacrificatori di bambini col loro insaziabile rito di morte, Moloch (tofèt) offrendo al maligno l’intera possibilità vitale dei fanciulli immolati, pasto poderoso per questo demone antropofago. Plutarco ricorda anche di come Gelone di Siracusa, l’eroico vincitore di Imera nel 480 a.C, sconfitti i Cartaginesi, avrebbe imposto loro di cessare i sacrifici di bambini a Crono.

Servirebbe un nuovo Gelone, o un nuovo Scipione, quello Scipio di cui tanto si riempiono la bocca gli Italiani prima delle partite di calcio, per fermare questa follia.
A partire dalla scuola. Un docente che abbia spronato i propri alunni a scioperare, non li ha spinti all’utilizzo autonomo dell’intelligenza critica, ma, al contrario, li ha spinti a ridicolizzarsi nella fiumana di protesta zombificata che abbiamo visto nelle nostre città.
La mia collega (per altro favorevole, quindi fonte attendibile) che ha assistito alla scena, dato che il corteo è passato proprio sotto le finestre dei suoi uffici, ha riferito che erano belli, verdi e “profumavano di erba”. Facile dedurre che non fosse profumo di erba medica. Nichilismo, svuotamento di valori per sostituirli con ciarpame, e droghe. Bel sistema scolastico.

Dato che il problema dell’inquinamento è intimamente legato all’attività antropica, qualunque essa sia, da quando Adamo fu cacciato dall’Eden, il fine ultimo di questa ideologia ecologista è la distruzione dell’uomo, considerato un virus, un male in sé, e soprattutto un male per il mondo, il pianeta, o Gea come lo chiamano certuni, che, in sintesi, starebbe molto più in salute senza il verme umano.
Non è forse, oltre che il rifiuto in toto della Parola di Dio, il peccato di Satana?
Nel frattempo, la bambina dalle treccine, già orrendamente manipolata, viene perfino candidata per Nobel per la Pace, capirai, se l’hanno dato a Obama.
Noi proponiamo, invece, Catone il Censore. Nobel per la PAX alla carriera.

Eppure, avrebbe ben altro di cui preoccuparsi la piccola Greta, perché nel suo Paese, gli stupri sono aumentati del 1400% negli ultimi 15 anni, non è difficile arguirne il motivo, dovrebbe manifestare per il diritto naturale delle donne svedesi a non essere stuprate. Invece parla in modo mitopoietico del suo mondo che va a fuoco (in Svezia), una realtà più immaginaria che altro. Dovrebbero avvisarla che ha molte più probabilità di essere stuprata prima di raggiungere la maggiore età, piuttosto che morire di sete nell’incipiente deserto lappone.

La stessa cosa andrebbe spiegata ai nostri figli, che si sono sporcati il viso di verde (utilizzando sostanze probabilmente inquinanti), hanno fatto cartelloni con bombolette spry (superinquinanti) e postato foto (con smartphone sicuramente inquinanti), per un’allucinazione collettiva.
L’inquinamento è certamente un problema e va affrontato, ma non è causa dei cambiamenti climatici, che sono eventi naturali.
Come spiegano questi signori l’ultima glaciazione, altrimenti? 10.000 anni fa non esistevano industrie. Il pericolo non è il clima, l’uomo si è adattato a vivere in qualsiasi area climatica del pianeta, dal deserto al polo nord, il pericolo è il ritorno ai sacrifici umani tramite il ricorso a un’ecodittatura malthusiana, all’uso degli innocenti come capro espiatorio globale per le stupidaggini e le scempiaggini degli adulti.

E il nostro cuore si spacca al pensiero di aver distrutto Cartagine, con immenso prezzo di sangue dei nostri padri, per nulla. Quindi, concludendo «ceterum censeo Carthaginem esse delendam» («Infine credo che Cartagine debba essere distrutta»).




marzo 2019

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