San Francesco d’Assisi e l’Islam



Articolo pubblicato sul sito francese della Fraternità San pio X - La_Porte_Latine



Nel settembre 1219, nel corso della quinta crociata in Egitto, a Damiette, San Francesco d’Assisi, dopo un po’ di tempo passato con l’armata dei crociati, andò incontro al sultano
Ayyoubide Malik al-Kamil. L’avvenimento è inizialmente menzionato dal vescovo Jacques de Vitry, presente sul posto e favorevole al nascente Ordine dei Francescani. Francesco predicò per diversi giorni prima di ritornare con l’armata franca. Dopo lo sfortunato insuccesso della crociata, lo stesso autore, verso il 1225, dà un racconto più dettagliato. Per lui si trattava di dare un esempio di predicazione con la dolcezza, che non è incompatibile con la crociata.

Dopo la morte di San Francesco d’Assisi, nel 1228, il primo racconto scritto in vista della sua canonizzazione da Tommaso da Celano riporta che il fondatore dell’ordine francescano cercava il martirio per mano degli infedeli o la conversione del sultano, ma che Dio gli aveva riservato un’altra grazia: le stimmate ad immagine di Cristo.
Le cronache posteriori forniscono delle informazioni complementari. A partire da questi preziosi documenti, San Bonaventura scrisse, verso il 1260, la biografia ufficiale del fondatore dell’Ordine: la leggenda maggiore. Egli riportò le gesta e le dichiarazioni Francesco davanti al sultano.

Racconto di San Bonaventura



San Francesco d'Assisi predica Gesù Cristo al sultano Malik Al-Kamil


Andati oltre, trovarono le guardie avanzate dei Saraceni, che, come lupi, corsero contro di loro e catturarono brutalmente i servi di Dio e li trattarono crudelmente, e dopo averli ricoperti di insulti e colpi, li misero in catene. Infine, dopo averli maltrattati e afflitti in ogni maniera, per disposizione della divina Provvidenza li condussero al sultano, secondo la volontà del santo. Quando il sultano chiese loro chi li aveva mandati e quale fosse lo scopo del loro viaggio, Francesco rispose senza paura:
Non vengo da parte di un uomo, ma di Dio Altissimo, per mostrare a voi e al vostro popolo la via della salvezza e per annunciarvi il Vangelo di verità”.


In seguito, egli predicò al sultano Dio in tre Persone e Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini, con un tale coraggio, una tale forza e un tale ardore che in lui si compiva chiaramente questa promessa del Signore: Io metterò nella vostra bocca delle parole ed una saggezza alle quali i vostri nemici non potranno resistere e non potranno controbattere.
In effetti, il sultano, vedendo lo zelo mirabile e la virtù del servo di Dio, l’ascoltava volentieri e lo spronava a prolungare il suo soggiorno accanto a lui; ma Francesco, ispirato dall’alto, gli disse:

Se volete convertirvi a Gesù Cristo, voi e il vostro popolo, io rimarrò molto volentieri con voi. Ma se voi esitate ad abbandonare la legge di Maometto per la fede nel Salvatore, fate accendere un gran fuoco: io l’attraverserò con i vostri preti e voi potrete giudicare qual è la credenza più certa e più santa e che merita l’adesione dei vostri cuori”.

“Io non penso – rispose il sultano – che qualcuno dei nostri preti, per difendere la sua fede, acconsenta ad esporsi al fuoco o a subire qualche altro genere di tormenti”.
In effetti, egli aveva visto uno dei suoi preti, uomo di zelo e già in età avanzata, che ascoltando la proposta di Francesco era andato via.
Allora il santo aggiunse:
Se mi promettete, voi e il vostro popolo, di abbracciare la fede di Gesù Cristo, nel caso che io uscirò sano e salvo da in mezzo alle fiamme, io attraverserò il fuoco da solo. Se il fuoco mi farà sentire i suoi morsi infuocati, attribuiteli ai miei peccati; ma se la potenza del Signore mi proteggerà, voi dovrete riconoscere che Cristo è la virtù e la saggezza di Dio, che Egli è il vero Dio e il Salvatore di tutti gli uomini”.

Il sultano rispose che non osava accettare una tale proposta per timore che il suo popolo si sollevasse. Tuttavia, gli offrì dei doni considerevoli e costosi.
L’uomo di Dio, pieno di disprezzo per le cose di questo mondo e avido solamente della salvezza delle anime, disprezzò il tutto come il fango. Ma questo rifiuto, che mostrava
come egli fosse un perfetto disprezzatore delle cose di questo mondo, gli guadagnò ancora di più l’affetto del sultano; e quantunque questi non volesse o non osasse abbracciare la fede cristiana, supplicò il santo di accettare i suoi doni per distribuirli per la sua salvezza ai poveri cristiani o alle chiese.
Francesco, che aveva in orrore il portare il fardello delle ricchezze e non vedendo alcun sentimento di pietà nell’animo del sultano, non acconsentì in alcun modo a ciò che questi gli proponeva. In seguito, rendendosi conto che non aveva alcun successo in quella nazione e non poteva ottenere quello che desiderava, avvertito  da una rivelazione del Cielo, ritornò in Europa.


Deformazione conciliare



Dopo il Vaticano II non si predica più Cristo, ma si cerca una pace illusoria senza di Lui


Islamofilo e orientalista celebre, Louis Massignon (1883-1962) di dedicò a trasformare San Francesco d’Assisi, facendone l’apostolo della pace e dell’incontro con l’Islam. Secondo lui, il santo avrebbe abbandonato la via guerriera per la via del dialogo.
Questa divenne la posizione ordinaria della Chiesa, in linea con il concilio Vaticano II e a disprezzo di una attitudine multisecolare di predicazione delle verità evangeliche.
Ormai, non bisogna più convertire, ma dialogare, per giungere ad una vaga fraternità umana. Finito lo spirito missionario, finito Cristo come sola via di salvezza; il Vaticano II rompe con 2000 anni di Chiesa e lascia intendere che la fede in Gesù Cristo sarebbe facoltativa.

La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. […] Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno.
Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.
(Concilio Vaticano II, dichiarazione Nostra Aetate, n° 3)-


Il Papa Giovanni Paolo II ha fatto di San Francesco il padre dell’ecumenismo, organizzando uno scandaloso incontro sincretista ad Assisi fino al 1986. Benedetto XVI, nei suoi scritti ha insistito a più riprese sul fatto che San Francesco avrebbe rigettato la via guerriera delle crociate per intraprendere la via della pace; cosa che è chiaramente un tentativo di recupero interessato, poiché San Francesco, lungi dal condannare le crociate, ha incontrato il sultano per favorirle.



Papa Francesco firma un documento sulla fraternità umana con l'imam della al-Azhar, Ahmad A-Tayeb. Proprio il contraio di quello che faceva San Francesco d'Assisi


Papa Francesco non ha assolutamente alcuno scrupolo ad inventare, al servizio della dottrina conciliare della «fraternità senza Gesù Cristo», un San Francesco immaginario molto diverso da quello reale e storico descritto da San Bonaventura. Egli ha osato affermare di questo santo, nella sua enciclica “Fratelli tutti”:

C’è un episodio della sua vita che ci mostra il suo cuore senza confini, capace di andare al di là delle distanze dovute all’origine, alla nazionalità, al colore o alla religione. È la sua visita al Sultano Malik-al-Kamil in Egitto, visita che comportò per lui un grande sforzo a motivo della sua povertà, delle poche risorse che possedeva, della lontananza e della differenza di lingua, cultura e religione. Tale viaggio, in quel momento storico segnato dalle crociate, dimostrava ancora di più la grandezza dell’amore che voleva vivere, desideroso di abbracciare tutti. La fedeltà al suo Signore era proporzionale al suo amore per i fratelli e le sorelle. Senza ignorare le difficoltà e i pericoli, San Francesco andò a incontrare il Sultano col medesimo atteggiamento che esigeva dai suoi discepoli: che, senza negare la propria identità, trovandosi «tra i saraceni o altri infedeli […], non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio». In quel contesto era una richiesta straordinaria. Ci colpisce come, ottocento anni fa, Francesco raccomandasse di evitare ogni forma di aggressione o contesa e anche di vivere un’umile e fraterna “sottomissione”, pure nei confronti di coloro che non condividevano la loro fede. […]
In questo modo è stato un padre fecondo che ha suscitato il sogno di una società fraterna, perché «solo l’uomo che accetta di avvicinarsi alle altre persone nel loro stesso movimento, non per trattenerle nel proprio, ma per aiutarle a essere maggiormente sé stesse, si fa realmente padre».In quel mondo pieno di torri di guardia e di mura difensive, le città vivevano guerre sanguinose tra famiglie potenti, mentre crescevano le zone miserabili delle periferie escluse. Là Francesco ricevette dentro di sé la vera pace, si liberò da ogni desiderio di dominio sugli altri, si fece uno degli ultimi e cercò di vivere in armonia con tutti. A lui si deve la motivazione di queste pagine.

Ognuno potrà facilmente comparare questa prosa filantropica col racconto missionario scritto da San Bonaventura quasi otto secoli fa.





gennaio 2021
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