La virtù della disobbedienza

del Prof. Juan Carlos Essandón Valdés


Pubblicato sul sito messicano Non Possumus
tratto dalla rivista   n° 74, luglio 1982








Potrebbe sembrare che nel titolo di questo articolo si sia insinuato un errore di battitura. Perché chi non sa che la virtù dell’obbedienza si oppone al vizio della disobbedienza? Si può disobbedire? No, mai. E tuttavia. . .

C'è un ma molto serio in questa affermazione, un ma che dovrebbe essere scritto con la lettera maiuscola: Nostro Signore Gesù Cristo, esempio in tutti gli atti della sua vita . . . ha disobbedito; cioè, ci ha dato un esempio della pratica della virtù della disobbedienza.

È o non è disobbedienza che un ragazzo di dodici anni scappi da casa e si nasconda per tre giorni in modo che i suoi genitori non possano trovarlo? Si può dire che Gesù semplicemente non chiese il permesso di rimanere a Gerusalemme, così che i suoi genitori lo cercarono con ansia ma non lo trovarono (cfr. Lc. II, 41-50). Ma ogni bambino di dodici anni sa perfettamente che deve chiedere il permesso, ancor più la Sapienza Infinita che abitava in Lui. Si può ancora insistere e sostenere che Gesù ha fatto questo per mettere alla prova i suoi genitori e per purificarli nel loro amore per Lui. Ben detto, ma non poteva usare un mezzo illecito, e qui sembra che l’abbia usato; quindi si deve dire che è illecito disobbedire, e quindi c’è una virtù che dovrebbe essere chiamata così: la virtù della disobbedienza.

Il dialogo genitori-Figlio alla fine della narrazione ci spiega tutto.

Maria riprende il Figlio, con tutta la delicatezza con cui si può riprendere il Messia:
«Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».
Maria sapeva perfettamente che Gesù non ignorava come e quanto lo avessero cercato e quanto grande fosse il loro dolore, ma voleva conoscere il motivo del comportamento di suo Figlio. Questi risponde: «Perché mi cercavate?
Gesù esige sempre più perfezione dai suoi prediletti nel suo amore per loro. Vuole persino che i suoi prediletti amino le loro imperfezioni perché, attraverso di esse, eserciterà la sua misericordia e perdonerà le loro colpe.
Continua il Redentore: «… Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?»
Con questo, Gesù ci dà la chiave di tutta la sua legittima disubbidienza: quella che obbedisce ad una autorità superiore.

Ogni autorità umana, e in questo mondo lo sono tutte, compresa l’ecclesiastica, ricevono il loro potere da Dio nostro Signore e Creatore. Così che l’obbedienza a tali autorità implica un limite oltre il quale si cade nel vizio del servilismo, che si oppone a quella che abbiamo iperbolicamente chiamata la virtù della disobbedienza. Perché, come dice San Pietro: “Dobbiamo obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti 5, 29).

Gesù spiega la sua azione proprio con questa dottrina: doveva occuparsi delle cose di Suo Padre, quindi doveva disobbedire ai suoi genitori legali. In altre parole, strettamente parlando, non esiste alcuna virtù della disobbedienza, ma ci sono casi in cui si deve disobbedire all’autorità inferiore per obbedire a quella superiore.

Il problema sta nel sapere quando questa dottrina può essere applicata e quando no. Perché quando si tratta di adempiere i doveri pubblici, o di essere chiamati al servizio militare, quanti vorrebbero scoprire di dover praticare questa virtù! Ma nessuno di noi ha ricevuto, né riceverà, un ordine da Dio Padre che ci obblighi a disobbedire alle autorità legittimamente costituite, sia civili sia ecclesiastiche, che del resto obbediscono alla stessa dottrina. Quindi non possiamo contare su un’ispirazione interiore per farlo, e la famosa obiezione di coscienza non ha alcun valore oggettivo.

Allora, quella che abbiamo chiamato la virtù della disobbedienza non arriva a nulla? Certamente no. Il servilismo, come è stato chiamato dai grandi moralisti, è ancora un vizio e, come tale, deve essere evitato se vogliamo salvare la nostra anima. E possiamo cadere nel servilismo davanti a qualsiasi autorità.

Tutti sappiamo che San Tommaso d’Aquino è il Dottore la cui dottrina è stata maggiormente raccomandata dal magistero pontificio negli ultimi secoli. Ebbene, egli dice che i religiosi, che hanno il voto di obbedienza, come sappiamo, non devono obbedire al loro superiore in quegli ordini che sono contrari alla legge di Dio o alla regola dell’Ordine. Ma il Santo va oltre ed estende lo stesso criterio ai vescovi (prelati) (3. S. Th. II - II q. 104 a. 4-5-6). I vescovi sono il mezzo, il ponte (pontefice), tra Dio e l’uomo; così sembra che dobbiamo sempre obbedire loro, per evitare che il ponte venga tagliato e non si possa raggiungere Dio. San Tommaso risponde che essi sono anche istruiti dalla legge naturale e dalla Rivelazione, quindi devono essere fedeli ad esse, e se lo sono, allora sono veramente dei ponti tra Dio e l’uomo. altrimenti cessano di esserlo. Come tutti sanno, ogni autorità ha la sua sfera di potere delimitata dalla legge: se si allontana da essa, non ha alcun potere, il che ci autorizza a disobbedirle.

Riassumendo. L’obbedienza vale sempre e non ammette eccezioni quando si tratta di obbedire a Dio. Se si tratta di qualsiasi altra autorità, pubblica o privata, civile o religiosa, il vizio del servilismo deve essere evitato, quindi l’obbedienza trova un limite; o come direbbe Aristotele, consisterà in un giusto mezzo. Questo limite può essere determinato in base a due fattori:
(a) L’ordine deve rientrare nella giurisdizione di chi lo dà: un’autorità che si spinge troppo oltre cessa di essere un’autorità.
b) Che non si opponga a un ordine di un’autorità superiore. Dio, l’autorità superiore a tutti, con la sua legge determina immediatamente quale ordine la viola e, quindi, non deve essere obbedita.

Il primo punto crediamo non necessiti di ulteriori spiegazioni, in quanto dipenderà da ciò che la legge determina come il campo di attribuzioni proprio di ogni autorità. Questo è di solito chiaro nella legislazione stessa e sarà sufficiente fare riferimento ad essa.

Il secondo punto richiede ulteriori spiegazioni. Guardiamo il caso più semplice, che serve da modello per qualsiasi altro. Non possiamo obbedire a un sindaco che agisce contro un ordine emesso dal Ministero dell’Interno, né a un prete che agisce contro le decisioni episcopali, perché ogni autorità subordinata è governata da ciò che ordina l’autorità superiore. Arriviamo così a due autorità supreme, ognuna delle quali non riconosce un’autorità superiore al proprio ordine: il capo dello Stato e il Sommo Pontefice. Non avranno dunque alcun limite?

La legge di Dio è vincolante per tutti. Nessuno sfugge al suo dominio, compreso il Papa. Pertanto, qualsiasi comando proveniente da un’autorità umana che si opponga alla legge divina deve essere disobbedito. Ancora una volta Gesù ci dà l’esempio. Possiamo consultare Mt. XV, 1-9 o Mc. XVI, 5-12, ecc., in cui Gesù dice di obbedire ai farisei e agli scribi, autorità in Israele, ma di non fare come loro e di guardarsi dalle loro dottrine, oltre ad accusarli di inventare leggi contrarie alla legge di Dio e a difendere certe disobbedienze commesse dai loro discepoli, perché gli ordini e le tradizioni delle autorità di quel tempo esulavano dal senso della legge mosaica.

In altre parole, se un superiore mi ordina di compiere un atto peccaminoso, e so che non c’è una ragione giustificabile, devo disobbedirgli. Anche tale disobbedienza mi sembra estendersi a quegli atti che potrebbero essere giustificati in se stessi, ma che comporteranno, come conseguenza diretta, atti contrari alla legge morale o alla santa religione, o provocheranno uno scandalo che è mio dovere evitare.

In alcuni paesi, al di sopra del capo dello Stato c’è la costituzione scritta, e c’è persino un tribunale che può annullare una legge in quanto contraria ad essa. Nella Chiesa, al di sopra del Sommo Pontefice c’è la Tradizione, perciò Suarez non esita ad accusare il Papa di scisma se osa abolire tutte le cerimonie ecclesiastiche affermate dalla tradizione apostolica, e cita a suo sostegno il cardinale Gaetano e Torquemada (De Caritate disp. 12, sec. I n° 2).

L’obbedienza non è cieca né propria dei robot: è umana, è intelligente e libera. E ogni uomo istruito e colto è capace di giudicare la condotta del suo Presidente alla luce della costituzione politica della nazione e della legge morale, così come di giudicare l’atteggiamento del suo vescovo alla luce delle Sacre Scritture e della Tradizione.

Ogni autorità può comandare nella misura in cui si sottomette all’autorità da cui dipende. E qualsiasi soggetto ha il diritto di invocare un’autorità superiore per negare la sua obbedienza. Il punto è importante e delicato. È in gioco la nostra salvezza eterna.



luglio 2021

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