Papa Francesco al Colosseo:
discorso insulso e a tratti blasfemo


di Belvecchio






Il 7 ottobre 2021 si è svolto l’annunciato incontro super-ecumenico al Colosseo, in corrispondenza con il 35° anniversario dell’incontro interreligioso di Assisi promosso e diretto da Giovanni Paolo II  il 27 ottobre 1986.

Quest’anno non sono stati invitati solo i capi delle comunità sedicenti religiose, ma anche politici e capi di Stato, nello spirito che anima la mania di grandezza del Papa regnante.
Quello che stupisce è la leggerezza con cui partecipano a incontri come questi i capi religiosi che dovrebbero essere convinti di rappresentare una credenza nel vero e che invece dimostrano solo di rappresentare una credenza in un’informe e vacua religiosità che non ha alcunché di vero ed ha una sicura connotazione di falso.
Ora, che la quasi totalità delle sedicenti religioni siano false è un fatto risaputo, ma allora a che titolo ad esse si accomuna l’unica vera religione cattolica, che per di più si fa promotrice di tali assembramenti? La risposta inevitabile è che gli attuali capi della religione cattolica non credono in essa, ma solo a se stessi.
Non è un caso che a promuovere l’incontro-anniversario di quest’anno è stata la comunità Sant’Egidio, una organizzazione che rientra nell’ambito cattolico, ma che realizza iniziative che contrastano con ogni aspetto della dottrina cattolica.

L’incontro si è concluso con l’intervento di Papa Francesco, che ha voluto precisare lo scopo dell’incontro stesso.

«Perché i popoli siano fratelli, la preghiera deve salire incessante al Cielo e una parola non può smettere di risuonare in terra: pace. San Giovanni Paolo II sognò un cammino comune dei credenti, che si snodasse da quell’evento verso il futuro. Cari amici, siamo in questo cammino, ciascuno con la propria identità religiosa, per coltivare la pace in nome di Dio, riconoscendoci fratelli».


Ora, non v’è dubbio che esiste un solo ed unico Dio e che è solo nel suo nome che si può invocare la pace, ma occorre aver chiaro che l’unico vero Dio è quello che ci è stato rivelato da Nostro Signore Gesù Cristo, che per la salvezza delle anime ha voluto dare inizio alla Chiesa cattolica romana.
In questo incontro, però, erano presenti personaggi che non credono e perfino rifiutano Gesù Cristo, così che è quantomeno astruso pretendere che tutti costoro si riconoscano “fratelli”. I fratelli sono coloro che hanno un solo padre, non coloro che si rifanno ad un generico Dio che è tale solo per il termine comunemente usato da tutti. Cosa ha infatti in comune il dio nominale dei miscredenti con il vero Dio dei cattolici? 

Affermare che si cammina insieme “ciascuno con la propria identità religiosa” è come affermare che si cammina insieme mentre ognuno segue un proprio personale cammino. Il che è assurdo sia per logica sia per buon senso. Cosa sarebbe questa conclamata “identità religiosa” se non il riconoscimento che ognuno coltiva una soggettiva religiosità che misconosce l’oggettiva religione che collega l’uomo a Dio? In tali condizioni è inevitabile che non si possa coltivare una pace comune, soprattutto “in nome di Dio”.

Ma cos’è questa pace che si dice di voler coltivare? Se fosse una vera pace dovrebbe basarsi sul riconoscimento comune dell’unico vero Dio, ma qui si parla di pace come assenza di guerra, di pace umana, di pace che prescinde dal suo fondamento soprannaturale e come tale irraggiungibile. Non c’è mai stata pace umana dalla nascita dell’uomo e da dopo la sua caduta, ne testimoniano Caino e Abele.
L’unica pace in terra perseguibile è quella declamata dagli Angeli: “pace in terra agli uomini di buona volontà»; dove la buona volontà richiesta è la volontà retta, quella che ha in vista l’unico vero Dio; e nel caso in questione non si tratta di questo. Quale pace dunque?




E Francesco insiste aggravando la questione:
«Negli anni è cresciuta la condivisione e sono maturate storie di dialogo tra mondi religiosi diversi, che hanno ispirato percorsi di pace».

Ora, non solo in questi anni non si è vista la detta pace, ma neanche si sono visti i “percorsi di pace”, seguiti sia dai consessi politici internazionali sia dai “mondi religiosi diversi”; ed è logico, poiché gli uni e gli altri sono solo la stessa cosa. Senza contare che parlare di “mondi religiosi diversi” significa parlare quanto meno di visioni del mondo diverse in cui alberga una diversa visione della pace umana.
Forse senza rendersene conto, Francesco si limita a parlare di “percorsi di pace”, che significano tentativi di pace; ma senza un unico “mondo religioso” in cui convergono tutti le dichiarate “identità religiose” diverse, non è possibile parlare neanche di “percorsi di pace”… senza la conversione di tutti all’unico vero Dio e senza l’appartenenza di tutti all’unica vera religione che è la cattolica, ogni parlare è vano e ogni proposito è destinato a fallire in partenza.

Eppure, in questi “incontri”, compreso questo di cui parliamo, non si sente mai parlare di conversione e di unica appartenenza, si sentono solo frasi fatte e luoghi comuni, con i quali non si va da nessuna parte, né insieme né separati.

Trattato il tema della pace, Francesco passa poi a trattare, sempre malamente, un altro tema a lui caro: la cosiddetta “cura del creato”.
Diciamo subito che questa preoccupazione per il creato è una delle idee fisse del mondo moderno, lo stesso che strumentalizza quel creato che dice poi di voler curare. Una mezza bufala, insomma, fatta propria da Francesco in maniera altrettanto strumentale.
Ora, c’è un solo Ente in grado di prendersi cura del creato, e questo Ente è Dio, che ha delegato l’uomo a svolgere questo compito in Suo nome. L’uomo lontano da Dio non può prendersi cura del creato, può solo usarlo in funzione meramente umana e cioè in funzione dei suoi bisogni materiali. Ma il presupposto è sempre l’unico e vero Dio e in questo caso siamo allo stesso punto di prima: senza essere al servizio dell’unico vero Dio i diversi uomini non riusciranno mai a prendersi cura del creato nel Suo nome.
Ma Francesco dà prova di non conoscere questo concetto elementare.

«…il sogno della pace oggi si coniuga con un altro, il sogno della terra futura. È l’impegno per la cura del creato, per la casa comune che lasceremo ai giovani. Le religioni, coltivando un atteggiamento contemplativo e non predatorio, sono chiamate a porsi in ascolto dei gemiti della madre terra, che subisce violenza».

Che dire delle “religioni che sono chiamate a porsi in ascolto dei gemiti della terra”?
Viene in mente solo una concezione della religione il cui fine è la terra e non il Cielo. Una religione che non si preoccupa di curare in terra il destino futuro dell’anima dell’uomo, ma si preoccupa di far star bene l’uomo su questa terra, come se questi non dovesse morire mai e non si dovesse curare- del destino ultraterreno della sua anima immortale.

Certo è che non è questo il compito della religione, tanto più che esistono non pochi organismi che dicono di avere a cuore il benessere terreno dell’uomo.
Eppure Francesco, mischiando il sacro col profano, ha dedicato perfino una enciclica alla “cura del creato”; e non perde mai occasione per ricordare questo suo chiodo fisso, trascurando di ricordare che il vero compito dell’uomo è quello di aver cura della sua anima.
Ma a Francesco sta a cuore l’anima dell’uomo? Sembra proprio di no. E dobbiamo far notare che Francesco è l’ultimo dei Papi conciliari che hanno dimostrato di non aver cura dell’anima, ma solo del corpo. Prova ne è questo anniversario del primo incontro interreligioso di Assisi; anche allora, in maniera evidente, si vide un papa che parlava di pace umana e trascurava l’anima dell’uomo; per di più permettendo ogni blasfemia perfino dentro le chiese di Assisi e sui loro altari maggiori.
Con questo, Francesco non è scusato, perché resta il fatto che il compito di un Papa è di confermare i fedeli nella fede, è di convertire i miscredenti e non invitarli a “percorsi comuni” mantenendo la loro “identità religiosa”, cioè la loro assenza di vera religione.









ottobre 2021

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