Eugenio Zolli:
 
Il rabbino capo di Roma convertito al cattolicesimo



di Belvecchio


Il 17 settembre 1881, da una benestante famiglia ebraica di origine polacca, nacque a Brody, in Galizia, nell’Impero Austro-ungarico, Israel Anton Zoller.
La famiglia fu costretta a rivedere il suo tenore di vita in seguito alla confisca della fabbrica del padre da parte della Russia zarista che aveva annesso la Galizia.

In seguito alla nuova situazione, nel 1904, all’età di 23 anni, Zoller si trasferì a Vienna e quando, nel 1918, Trieste passò all’Italia decise di trasferirvisi. Nel 1920 divenne rabbino capo di Trieste e sposò Emma Majonica, da cui ebbe la figlia Myriam. Intanto iniziò ad insegnare lingua e letteratura ebraica all’Università di Padova.
L’avvento del Fascismo costrinse Zoller, nel 1933, a cambiare il cognome nel più italianeggiante Zolli, mantenendo il nome di Israel. Il 31 luglio dello stesso anno, dopo aver ottenuto la cittadinanza italiana, si iscrisse al Partito Nazionale Fascista.
Nel 1938, in seguito all’emanazione delle leggi razziali, perse la cattedra di insegnamento all’Università di Padova, così si trasferì a Roma, dove, nel 1940, divenne rabbino capo.




Il rabbino Israel Zoller


Sulla base dei suoi studi, nel 1938 pubblicò Il Nazareno, un saggio dedicato interamente alla figura di Gesù.

Quando era ancora rabbino capo di Roma, occupata dalle truppe tedesche a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943, Zolli si adoperò alacremente per garantire la sicurezza degli ebrei romani, nascondendoli o trasferendoli in zone meno pericolose.
Il 27 settembre 1943 il colonnello delle SS Herbert Kappler, capo dei servizi di polizia nella Roma occupata, pretese dalla comunità ebraica romana la consegna di 50 chilogrammi d’oro in 24 ore, minacciando la deportazione in Germania in caso di inadempienza. In un tempo tanto breve, la comunità ebraica riuscì a trovarne solo 35. Zolli si recò da Pio XII per chiedere aiuto. Il Papa diede disposizione che fossero consegnati i 15 kg mancanti, cosa che però non si rese necessaria, perché la deportazione degli Ebrei della capitale avvenne comunque per disposizione dei comandi tedeschi.
Terminata l’occupazione delle truppe tedesche, l’azione venne ricordata in una solenne celebrazione nel Tempio Maggiore ebraico di Roma nel luglio del 1944, cerimonia che fu radiotrasmessa, per esprimere pubblicamente la riconoscenza della comunità ebraica a Pio XII, per l’aiuto dato loro durante la persecuzione nazista.
L’incontro con Pio XII sarebbe stato determinante per la futura conversione. Zolli ritenne Papa Pacelli così importante per il suo cammino spirituale che, al momento di ricevere il battesimo cattolico scelse il nome di Eugenio Pio.






Nella sua biografia [Eugenio Zolli, Prima dell’alba. Autobiografia autorizzata, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004], Zolli ricorda le occasioni grazie alle quali si era accostato al cristianesimo.
Egli frequentava degli amici cattolici, con uno dei quali, Stanislao, si incontrava settimanalmente per studiare. Nella stanza dell’amico era appeso alla parete un crocifisso «in legno semplice, con vicino un ramoscello d’ulivo». La vita della famiglia che lo ospitava e la bontà premurosa di essa lasciò un segno indelebile nel giovane Israel.
Quella esperienza lo indusse ad accostarsi ai Vangeli, e questo gli permise di prendere familiarità con Gesù.

Egli racconta che nel 1917 «ero in casa solo soletto e scrivevo uno dei soliti articoli per la solita Lehrerstimme. Credevo di essere tanto lontano da me stesso. A un tratto misi la penna sul tavolo senza rendermi conto del perché di questa interruzione del lavoro e, come rapito, cominciai a invocare il nome di Gesù… Gesù era entrato nella mia vita interiore come un dolce ospite, invocato e bene accolto. L’amore per Gesù non doveva significare rinnegare l’ebraismo né abbracciare il cristianesimo. Né negazione, né affermazione a carattere ufficiale. […] La Comunità israelitica e la Chiesa rappresentavano per me vita religiosa, ciascuna per conto suo, organizzata, mentre io mi sentivo ebreo, perché naturaliter ebreo, e amavo naturaliter Gesù Cristo. In questo mio amore per Gesù non dovevano entrare per nulla né l’ebraismo, né il cristianesimo. Io al cospetto di Gesù e Gesù in me».







La biografa ebrea di Zolli, Judith Cabaud, nel suo libro Il Rabbino che si arrese a Cristo [Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2002] racconta che nel settembre del 1944, durante la celebrazione dello Yom Kippur in sinagoga, Zolli ebbe una visione di Gesù[6], in seguito alla quale, il 13 settembre 1945, si convertì al cattolicesimo.
Anche la moglie e la figlia si convertirono: Emma aggiunse al proprio nome quello di Maria, mentre la conversione e il successivo battesimo di Myriam giunsero un anno più tardi.

Da notare che la Cabaud, alcuni anni più tardi, si convertì anche lei al cattolicesimo.

Zolli ricorda così l’esperienza del giorno dello Yom Kippur:
«Il giorno era vicino alla fine, e io ero solo in mezzo ad una grande moltitudine di persone. Cominciai a sentire come se una nebbia s’insinuasse nella mia anima. Essa divenne sempre più fitta, finché persi completamente il contatto con le persone e le cose che mi stavano attorno. (...) Mi sentivo lontanissimo dal rito e lasciai che gli altri continuassero per loro conto a recitare le preghiere e a cantare. Non avvertivo né gioia né dolore; ero privo di pensieri e di sensazioni. Il cuore era come morto nel petto... E proprio allora vidi con gli occhi della mente un prato che si estendeva verso l’alto, luccicante d’erba ma senza fiori. In questo prato vidi Gesù Cristo vestito d’un mantello bianco, e dietro il suo capo il cielo azzurro. Provai la più grande pace interiore...

«Circa un’ora dopo, mia moglie, mia figlia e io eravamo finalmente a casa per la cena. Quando fui stanco mi ritirai nella mia camera da letto. La porta della stanza di mia figlia era chiusa. Ad un tratto mia moglie mi disse: “Oggi mentre stavamo davanti all’arca della Torah mi è parso come se un’immagine bianca di Gesù ti mettesse le mani sul capo nell’atto di benedirti”. Fui sbalordito ma rimasi calmissimo, e finsi di non aver capito. Mia moglie allora mi ripeté ciò che aveva detto, parola per parola. In quello stesso momento udimmo la nostra figlia minore, Myriam, che chiamava da lontano: “Papà!”. Andai nella sua stanza. “Che c’è?” le domandai. “Stavate parlando di Gesù Cristo” rispose. “Sai, papà, ho sognato che vedevo un Gesù altissimo, ma non ricordo che cosa succedeva dopo”.

«Fu pochi giorni dopo questi fatti che mi dimisi dal mio posto nella comunità israelitica e mi rivolsi ad un umile prete per farmi istruire. Ci fu un intervallo di alcune settimane, dopo di che, il 13 febbraio, ricevetti il sacramento del Battesimo ed entrai a far parte della Chiesa cattolica, Corpo Mistico di Gesù Cristo».




Eugenio Zolli convertitosi al cattolicesimo


Israel Zolli venne battezzato, insieme alla moglie Emma, il 13 febbraio 1945 nella cappella attigua alla sagrestia della Basilica di Santa Maria degli Angeli, e scelse il nome di Eugenio Pio, in onore di Papa Eugenio Pacelli, Pio XII, che Zolli teneva in grande considerazione per l’aiuto che questi aveva dato agli Ebrei perseguitati dai nazisti.
La moglie aggiunse al suo nome il nome di Maria.
Il Battesimo fu amministrato da S. E. Mons. Traglia in forma strettamente privata.

Ritornato nella sua abitazione, Zolli fu improvvisamente svegliato durante la notte da una telefonata del corrispondente di un’agenzia stampa americana: “Si dice che oggi lei è stato battezzato. Se non è vero, voglia smentire la notizia. Se è vero, domattina sarà pubblicata sui giornali”.
Zolli, meravigliato e stupito per quella inaspettata telefonata, semplicemente rispose che non poteva smentire la notizia. E la mattina seguente i giornali a Roma, in America e in altre nazioni pubblicarono la singolare notizia del Gran Rabbino di Roma che era diventato cattolico.

La famiglia Zolli, che abitava nelle vicinanze della sinagoga, da quel giorno non ebbe più pace. Si susseguivano le telefonate da parte degli antichi correligionari, piene di insulti e di minacce... Non mancarono alcuni che cercarono di gettare fango sulla persona di Zolli... era urgente un trasferimento... la moglie e la figlia furono ospitate in un convento di suore e Zolli fu accolto nell’Università Gregoriana.

Qualche giorno dopo, nella cappella della Gregoriana, Zolli ricevette con la moglie il sacramento della Cresima, che venne amministrata dall’ex Vescovo di Trieste Mons. Fogar, che aveva conosciuto al tempo della sua permanenza in città. Il padre Dezza, S. J., amministrò ai due coniugi la prima Comunione.
Pochi giorni dopo ebbe luogo l’udienza privata con Pio XII.

Durante la sua permanenza alla Gregoriana, Zolli ricevette numerose visite di amici e nemici; fra gli altri, alcuni Ebrei americani, che fecero pressione per un suo ritorno all’Ebraismo, offrendogli qualunque somma egli desiderasse.
Zolli rifiutò.

Si racconta che un giovane israelita aveva fatto una telefonata anonima a casa di Zolli, augurando ad ogni membro della famiglia una tomba con la sua croce. Zolli rispose: «Disse San Paolo: “Se viviamo, viviamo per il Signore (Domino vivimus); se moriamo, moriamo per il Signore (Domino morimur), sia dunque che noi viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore (Domini sumus)” (Cfr. Rom 14, 8).

Da questo episodio, Zolli prese spunto per lasciare scritto: «rivolgo a chi vorrà occuparsi
un giorno pietosamente della mia sepoltura di voler collocare sulla mia tomba una semplice croce con la scritta: “Domino morimur - Domini sumus”; e poi in fondo il mio nome e cognome.

Sofferente di cuore e vicino ai 75 anni, le sue forze andavano scemando sempre più.
Si spense serenamente, il 2 marzo 1956 (primo venerdì del mese) alle 14,30, accompagnato da una ferma fiducia nella misericordia del Signore. Le sue ultime parole, dopo aver ricevuto il Viatico, furono: «Spero che il Signore mi perdonerà i miei peccati. Per il resto mi affido a Lui».

Eugenio Zolli riposa nel cimitero del Verano a Roma.









 
febbraio 2024
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