La Spagna cattolica di fronte alla libertà religiosa


Articolo di Don Benoît Espinasse, FSSPX



Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X

La Porte Latine






Firma del concordato fra Chiesa e Stato spagnolo



Già professore di Diritto Canonico, il vescovo, oggi emerito, di Digione, Mons. Minnerath, ha esposto in un libro pubblicato nel 2012 un’analisi esatta di una situazione esemplare relativa alla libertà religiosa: quella della Spagna: situazione esemplare nel senso che nel corso di una quindicina d’anni fece passare la Spagna da Stato cattolico che in qualche modo reprimeva le altre religioni, a Stato neutro. Questo processo ebbe inizio con le decisioni del concilio Vaticano II: «E’ indubbiamente in Spagna che la Dichiarazione Dignitatis humanae ha avuto le ripercussioni più spettacolari». «La Spagna offre l’esempio più brusco di una completa mutazione in alcuni anni» (1).


La situazione prima della Dignitatis Humanae

Nel 1965, la Spagna era uno dei due soli paesi confessionali in cui le leggi costituzionali contenevano delle restrizioni legali alla libertà dei culti non cattolici, peraltro conformemente con ciò che esigeva il Diritto Pubblico Ecclesiastico. A fianco della religione ufficiale dello Stato, gli altri culti erano solo tollerati. Il Fuero de los Espagnoles, Legge fondamentale dello Stato adottata il 17 luglio 1945, autorizzava solo l’esercizio privato di questi culti, proibendo ogni azione di propaganda (2).

Alla base di questa legislazione vi era il riconoscimento dei doveri verso Dio da parte della società in quanto tale. In un messaggio alle Cortes, Franco ricordava, non solo che il concordato del 1953 rendeva giustizia alla tradizione secolare della Spagna, ma riconosceva anche la Legge divina, al cui rispetto sono tenute tutte le persone e la stessa nazione.
Mons. Minnerath commenta: «affermazione centrale che si direbbe tratta da un manuale di Diritto Pubblico Ecclesiastico». «Niente sembra più giustificato dell’affermazione del cardinale Ottaviani, secondo la quale il concordato del 1953 “est huius generis concordatorum in tota Ecclesiae historia perfectissimum”» (3), è il più perfetto di tutta la storia della Chiesa.


I primi adattamenti in seguito al concilio Vaticano II

Di fronte ad una legislazione che attuava i princípi del Vaticano II, il nostro eminente canonista non può che constatare: «All’indomani della promulgazione della Dichiarazione conciliare, il Diritto Pubblico spagnolo si trovava dunque in contraddizione con i nuovi orientamenti della Chiesa. Ora, in un’altra Legge fondamentale, quella del 1958, la Spagna dichiarava di ispirarsi per la sua legislazione alla dottrina della Chiesa cattolica (4). Per restare coerente con tale norma costituzionale superiore, la Spagna adottò, il 10 gennaio 1967, una nuova legge organica dello Stato, ratificata con un referendum, che modificava le disposizioni del paragrafo 20 dell’articolo 6 del Fuero del 1945, che adesso stipula che «lo Stato assumerà la protezione della libertà religiosa, che sarà garantita da una tutela giuridica efficace che salvaguarda sia la morale sia l’ordine pubblico» (5).
In tal modo si aveva campo libero per una revisione globale della legislazione anteriore. Cosa che avvenne nello stesso anno con la legge del 27 giugno 1967 che regolamentava «l’esercizio del diritto civile alla libertà religiosa» (6). Tale legge riconosceva il diritto alla libertà religiosa «fondata sulla dignità della persona umana» e le assicurava «l’immunità da ogni costrizione nell’esercizio di questo diritto» (Art. 1).
Le confessioni non cattoliche erano invitate a formare delle associazioni, rette da loro Statuti, alle quali era riconosciuta la personalità giuridica (Art. 3, § 14). Ormai esse potevano praticare liberamente il culto pubblico (Art. 21). Esse avevano anche la facoltà di creare dei centri per l’insegnamento dei loro adepti e la formazione dei loro ministri, se il loro numero lo giustificava (Art. 29, § 30) (7).


Le misure successive

La legge del 1967 manteneva uno Stato confessionale. Questo elemento sparirà nelle leggi successive, susseguitesi nel modo seguente.
L’iniziativa venne dallo Stato spagnolo che consultò la Chiesa. I vescovi diedero il loro parere con un documento ufficiale del 1973: «La Chiesa e la comunità politica».
Ecco come Mons. Minnerath riassume l’evento: «La cosa più importante, agli occhi dei vescovi, è che la legge sulla libertà religiosa continui ad essere applicata. Si percepisce anche una sfumata riluttanza a mantenere la confessionalità», i vescovi paventano il rischio di una mancanza di coerenza: «proclamarsi Stato cattolico» è «votare una legge che autorizza l’aborto».
Un giurista spagnolo «riassume così il pensiero della maggioranza dei vescovi, interpreti del Concilio: “la tesi è mantenere la libertà religiosa; l’ipotesi è la confessionalità dello Stato. Cioè, la Chiesa chiede la libertà religiosa per sé e per gli altri gruppi religiosi; essa ammette che possano esserci delle situazioni speciali creaste dalla storia e dalla sociologia, ma che non considera desiderabili, e ancor meno come ideali, anche se è essa ad essere privilegiata» (8).
Non ci si stupirà del seguito degli avvenimenti.

Una serie di accordi viene firmata fra la Santa Sede e lo Stato spagnolo per sostituire il concordato del 1953. L’accordo del 1976 «si presenta come una volontà di adattamento ai profondi cambiamenti intervenuti, non solo nell’insegnamento della Chiesa, ma anche nella legislazione spagnola». Si fa esplicito riferimento alla necessità di adeguarsi alla novità introdotta dal Concilio: «considerando che il concilio Vaticano II ha stabilito come princípi fondamentali a cui devono conformarsi le relazioni tra la comunità politica e la Chiesa, sia la mutua indipendenza delle due parti, nel loro ordine specifico, sia una sana collaborazione tra di esse, ha affermato la libertà religiosa come diritto della persona umana, diritto che deve essere riconosciuto nella organizzazione giuridica della società … [la Santa Sede e il governo spagnolo] ritengono necessario rivedere il concordato del 1953» (9).
Il concordato del 1953 definiva la Chiesa come «società perfetta, con tutto quello che la nozione implica nel Diritto Pubblico Ecclesiastico»; nell’accordo firmato nel 1979 «la prima cosa che colpisce è che la relazione Chiesa-Stato non sembra più porsi su un piano di parità giuridica. Lo spostamento è unilaterale. Lo Stato non dichiara più esplicitamente che la Chiesa ha la qualità di una società sovrana, le «riconosce» solo il diritto di esercitare la sua missione, senza che appaia chiaramente se si tratta di un riconoscimento costitutivo o dichiarativo» (10).

Nel frattempo, la Costituzione del 1978 «non contiene più alcuna traccia di religione di Stato, né di speciale protezione alla religione della maggioranza degli Spagnoli. Nell’articolo dedicato al diritto alla libertà religiosa, la Chiesa cattolica vi è nominata solo una volta, a fianco delle altre confessioni religiose. (…) la nuova Costituzione istituiva in Spagna «lo Stato di diritto», incompetente dal punto di vista religioso» (11). Non ci fu alcuna opposizione fondamentale dei vescovi, nonostante nel rapporto fra la Chiesa e lo Stato vi era «una rivoluzione copernicana rispetto alla Spagna del 1953» (12).

Nel 1980, una legge organica sulla libertà religiosa abroga e sostituisce quella del giugno 1967, per adattarsi alla nuova Costituzione. «Questo testo legislativo è in piena coerenza con la neutralità religiosa dello Stato rispettoso del diritto fondamentale delle persone e delle associazioni alla libertà religiosa. (…) Nulla in questo testo fa pensare che la Spagna è stata sempre e rimane a stragrande maggioranza cattolica. Si parla solo in modo anonimo di “Chiese, confessioni e comunità religiose”, libere di professare le loro “credenze” nei limiti del rispetto dell’ordine pubblico». Esse possono operare in Spagna «a condizione di chiedere di essere iscritte nel Registro pubblico creato appositamente dal Ministero della Giustizia» (13).

La sintesi di questa evoluzione iniziata col documento conciliare è edificante: «Si può misurare il cammino percorso. Fino al 1967 la Spagna era uno Stato confessionale cattolico che praticava la “tolleranza” degli altri culti. Nel 1967, essa rinunciava ad ogni discriminazione giuridica dei non cattolici, continuando ad essere uno Stato confessionale. Dopo la Costituzione del 1978, lo Stato non si dichiara più legato ad alcun culto né menziona più la posizione particolare che la religione cattolica occupa nell’identità della nazione. Infine, nel 1980, la Chiesa cattolica è quasi pregata di andarsi a iscrivere su un registro, a fianco di qualsiasi setta, per avere il diritto ad una esistenza legale» (14).

La Dichiarazione conciliare Dignitatis humanae fu dunque accolta da tutte le parti interessate per attuare concretamente il Diritto Pubblico Ecclesiastico (Santa Sede, vescovi, Stato) come una novità radicale che richiedeva una completa revisione delle loro relazioni. «Dal diritto comune riconosciuto dallo Stato, la Chiesa si trova ridotta al pari di tutte le religioni; con una empietà indicibile, la Chiesa si trova sullo stesso piano dell’eresia, della perfidia e dell’idolatria».

E’ contro questa apostasia legale della società che si levò Mons. Lefebvre (15).


NOTE

1 - MINNERATH, L’Eglise catholique face aux Etats, Cerf, 2012, p. 184 et 231.
2 - Fuero de los Espanoles, 17 luglio 1945, art. 66, § 1 : «La professione e la pratica della Religione cattolica, che è quella dello Stato spagnolo, godrà della protezione ufficiale». § 2 : «Nessuno sarà disturbato per le sue credenze religiose, né per l’esercizio privato del suo culto. Non saranno permesse altre cerimonie religiose né altre manifestazioni esteriori che non siano della Religione cattolica» (Peaslee, III, p. 282). Va ricordato che nel 1945, come successivamente, le confessioni non cattoliche in Spagna rappresentavano solo una piccola minoranza dei residenti. Secondo le statistiche del 1965, solo trentacinquemila Spagnoli non erano cattolici battezzati. Cfr. Guia de la Iglesia en Espana, Madrid, 1965-1966.
3 – MINNERATH, Ibidem, p. 145.
4 - Loi des principes du Mouvement national, Principe II: « La Nazione spagnola considera come un marchio d’onore il suo attaccamento alla Legge di Dio, secondo la dottrina della Santa Chiesa cattolica, apostolica e romana, unica vera e inseparabile fede della coscienza nazionale, che ispira la sua legislazione».
5 – Legge organica dello Stato, 10 gennaio 1967.
6 - Ley [Legge] 44/1967, del 28 giugno 1967. MINNERATH, ibidem, p. 185.
7 – Cfr. Dignitatis Humanae 4: «A tali gruppi, pertanto, posto che le giuste esigenze dell’ordine pubblico non siano violate, deve essere riconosciuto il diritto di essere immuni da ogni misura coercitiva nel reggersi secondo norme proprie, nel prestare alla suprema divinità il culto pubblico, nell’aiutare i propri membri ad esercitare la vita religiosa, nel sostenerli con il proprio insegnamento e nel promuovere quelle istituzioni nelle quali i loro membri cooperino gli uni con gli altri ad informare la vita secondo i principi della propria religione. (…) I gruppi religiosi hanno anche il diritto di non essere impediti di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede, a voce e per scritto. Però, nel diffondere la fede religiosa e nell'introdurre pratiche religiose, si deve evitare ogni modo di procedere in cui ci siano spinte coercitive o sollecitazioni disoneste o stimoli meno retti, specialmente nei confronti di persone prive di cultura o senza risorse: un tale modo di agire va considerato come abuso del proprio diritto e come lesione del diritto altrui.
Inoltre la libertà religiosa comporta pure che i gruppi religiosi non siano impediti di manifestare liberamente la virtù singolare della propria dottrina nell’ordinare la società e nel vivificare ogni umana attività. Infine, nel carattere sociale della natura umana e della stessa religione si fonda il diritto in virtù del quale gli esseri umani, mossi dalla propria convinzione religiosa, possano liberamente riunirsi e dar vita ad associazioni educative, culturali, caritative e sociali».
Con principi come questi, non si capisce perché si debbano porre restrizioni alla possibilità dei Salafiti che vivono in Europa di scegliere il loro imam, di farlo venire dal Medio Oriente, di costruire minareti, di insegnare la sharia, di organizzare preghiere per strada, di prendere il controllo di club sportivi... - se non per motivi di ordine pubblico. Questo è il Vaticano II all’opera.
8 - MINNERATH, Ibidem. p. 235–236.
9 – Testo in AAS 68 (1976), p. 509–512.
10 - MINNERATH, Ibidem. p. 192. Il concordato del 1953 definiva la Chiesa come «società perfetta».
11 – MINNERATH, Ibidem, p. 190.
12 - MINNERATH, Ibidem, p. 191. «Le riserve dei vescovi verteranno su due punti particolari: i diritti all’educazione religiosa non erano sufficientemente garantiti e si apriva la porta al divorzio civile. In più, l’aborto non era espressamente condannato».
13 – MINNERATH, Ibidem, pp. 193-194.
14 – MINNERATH, Ibidem, p. 194.
15 - Mons. Lefebvre, Lo hanno detronizzato, Albano Laziale, Edizioni Piane [Ils l’ont découronné, ed. Fideliter, 1987, p. 207].








 
febbraio 2024
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