LA SECONDA SCOLASTICA,
LA FILOSOFIA  POLITICA
E
L’ ECCLESIOLOGIA




di Don Curzio Nitoglia

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La seconda scolastica del Cinquecento spagnolo

Nel Cinquecento, soprattutto in Spagna, rifiorì il tomismo e dette nascita alla seconda scolastica grazie a un grande impegno dell’Ordine dei Domenicani e dei Gesuiti (1).

Il tomismo cinquecentesco dette nuovi contributi e approfondimenti, alla luce della filosofia e teologia perenne di san Tommaso d’Aquino, specialmente quanto alla dottrina politica ed ecclesiologica per rispondere alle obiezioni (razionaliste) degli umanisti e (esageratamente soprannaturaliste con un conseguente disprezzo della natura) dei luterani, i quali avevano ribaltato la concezione aristotelico/tomistica della politica e quella patristico/scolastica sulla natura della Chiesa di Cristo.


Umanesimo rinascimentale e luteranesimo

Il naturalismo umanistico/rinascimentale e il nominalismo luterano avevano prodotto una dottrina nuova ed erronea sia quanto alla natura della Società civile (filosofia politica), sia quanto alla natura della Società religiosa, ossia la Chiesa (teologia ecclesiologica).

Il nominalismo ritiene che i concetti universali e la natura o essenza reale non hanno nessuna realtà oggettiva fuori della mente  pensante; l’unica realtà extra-mentale è la cosa singolare, l’individuo: “nulla oltre l’individuo” è l’assioma che riassume e definisce il nominalismo.

In breve, gli universali logici (nomi) e ontologici (essenze o nature) sono soltanto “pure voci”, senza consistenza ontologica né logica, di cui ci serviamo per indicare gli individui reali, che si assomigliano tra di loro (2).

L’individualismo del nominalismo di Occam († 1349) applicato alla teologia sulla Chiesa produce una dottrina ecclesiologica protestantica e modernistica. La seconda scolastica si trovò, così, a confutare errori di natura politica, teologica (ecclesiologica e sacramentaria) che affondavano le radici in maniera remota già nel donatismo del IV secolo.

I tomisti del Cinquecento, basandosi sulla dottrina dell’Aquinate, seppero rispondere alle apparentemente “nuove” obiezioni, in realtà vecchie di circa 1000 anni, e apportarono un nuovo arricchimento alla dottrina cattolica riguardo ai Sacramenti, alla Chiesa e alla politica.

Il cardine dell’ecclesiologia occamista è che i fedeli sono il primo soggetto della verità salvifica e non la Chiesa gerarchica (Dialogus, I, 5, 29; ivi, I, 1, 4; Octo quaestiones, VII, 117; Opus nonaginta dierum, c. 6).
Come si vede, il “Sinodo della sinodalità” (2023) con la sua “Chiesa all’incontrario” non ha inventato nulla di nuovo.

Questo principio è la conseguenza logica del soggettivismo individualista di Occam. Come non vi sono nature ed essenze, ma solo individui; così non vi è una Chiesa gerarchica e giuridicamente strutturata, ma vi sono i singoli fedeli e neppure uno Stato.

“La Chiesa di Occam ha la sua realtà negli individui credenti che la compongono. Questa teoria ecclesiologica è perfettamente in linea con i princìpi fondamentali della filosofia occamista tutta incentrata sul singolare, sull’individuo e fortemente allergica verso tutto ciò che è comune: l’universale, il necessario. […]. L’esigenza delle varie strutture, inclusa quella del suo Capo visibile, il Papa, viene fortemente ridimensionata” (B. Mondin, cit., p. 494).

Invece, secondo Aristotele e la scolastica soltanto nella Società civile o politica e non da solo, individualisticamente o isolatamente, l’uomo perviene alla realizzazione piena e perfetta delle sue potenzialità. Onde l’uomo è “animale socievole per natura” (3).


La Chiesa pneumatica dei soli santi

Il luteranesimo rifiutava la Tradizione divino/apostolica come fonte della divina Rivelazione e si basava sulla sola Scrittura, interpretata soggettivisticamente e non più alla luce della lettura dei Padri ecclesiastici. A partire da ciò  il protestantesimo faceva della Chiesa una società puramente spirituale, una “congregazione di veri fedeli o santi” e rifiutava l’elemento sociale, universale, giuridico, visibile e gerarchico della Chiesa di Cristo.

Tale errore fu confutato dal padre domenicano spagnolo professore di teologia all’Università di Salamanca, Francisco de Vitoria (1485-1546), secondo cui Lutero faceva “risiedere in ogni vero fedele o santo il potere della Chiesa” (4)  (soggettivismo e individualismo religioso).

Un altro campione della seconda scolastica fu il gesuita italiano, professore al Collegio Romano di Roma poi Università Gregoriana, S. Roberto Bellarmino (1542-1621), secondo il quale “i luterani hanno reso la Chiesa invisibile” (5).

La Chiesa invece, ribatte la seconda scolastica (in piena continuità con la S. Scrittura, la Tradizione, la Patristica e la prima scolastica), è un’istituzione visibile, gerarchica e giuridica, fondata da Dio, finalizzata al Paradiso e fornita anche di mezzi soprannaturali (Sacramenti) per aiutare i fedeli a cogliere il loro fine ultimo. Essa ha un elemento divino (origine, fine e mezzi) e uno umano (gerarchia e fedeli). La gerarchia della Chiesa deve giungere da Cristo e arrivare sino alla fine del mondo in una successione mai interrotta. Quindi, l’antichità della Chiesa risalente a Cristo e a Pietro, la sua sussistenza ininterrotta, la sua visibilità, le sue dimensioni universali e non limitate a una singola nazione (chiese nazionali, luterano/germanica, anglicana e gallicana) o peggio ancora al singolo individuo, la successione apostolica dei Vescovi sotto il Papa sono elementi essenziali alla natura della Chiesa di Cristo che non potranno mai venire meno.

Bellarmino (6) e Suarez (7) e Vitoria (8) insistono molto sul fatto che la Chiesa deve avere ininterrottamente un’autorità gerarchica, posta sotto il comando del Papa, che possa legiferare, giudicare ed obbligare. Infatti, il potere legislativo, giudiziario e coercitivo è essenziale per condurre le anime in Paradiso ed esso deve risiedere nella Chiesa fondata su Pietro e i suoi successori, come Cristo ha voluto (9). 


L’anarchia civile

Se - come dicono i luterani - il peccato originale ha veramente distrutto la natura umana, la sua capacità conoscitiva e il libero arbitrio; allora, l’uomo non può conoscere la verità, la natura delle cose e la legge naturale inscritta nel suo intelletto.

Inoltre, non è più individualmente libero difronte al vizio, da cui è invincibilmente attratto, e - politicamente - davanti all’anarchia, dalla quale è immancabilmente vinto.

La politica umana, secondo i luterani, è intrinsecamente perversa, quindi non può erigere un governo, su basi razionali o filosofiche, capace di costruire una Società civile che si uniformi alla legge naturale, la quale non è conoscibile naturalmente. Infatti, come la natura dell’individuo è corrotta totalmente, così la Società civile non può edificarsi naturalmente, ma deve essere istituita solo da Dio e soprannaturalmente.

I Dottori scolastici del Cinquecento di fronte all’eresia luterana che rendeva la Chiesa invisibile e puramente spirituale facevano un’analogia 1°) con la Persona divina di Cristo sussistente in due nature: una divina e l’altra umana e 2°) con la Società civile. Quindi, confutavano sia l’eresia ecclesiologica protestantica (come i Padri del V secolo avevano confutato l’eresia monofisita, che attribuiva a Gesù una sola natura divina), sia l’errore politico naturalista degli umanisti e di Machiavelli. Infatti, come Gesù è vero Dio e vero uomo, come l’uomo è composto di anima e di corpo (se fosse solo anima sarebbe un fantasma, se fosse solo corpo sarebbe un cadavere); così lo Stato ha una natura visibile, giuridica e gerarchica, la Chiesa inoltre ha pure una realtà spirituale, soprannaturale e invisibile. Certamente il corpo e l’elemento visibile devono essere subordinati a quello spirituale, come il meno perfetto al più perfetto, ma hanno la loro reale sussistenza, che non deve essere negata. Secondo i luterani, invece, ogni potere politico deve essere soprannaturalmente predestinato e fondato direttamente da Dio, la natura umana essendo totalmente corrotta. 

San Roberto Bellarmino scriveva: “La vera Chiesa di Cristo non è solo un’entità invisibile composta da anime in grazia, ma è una società giuridica, gerarchica e visibile analogamente al regno di Francia o alla repubblica di Venezia. Certamente la Chiesa ha un fine, un principio e dei mezzi soprannaturali per aiutare i fedeli a conseguire il Paradiso, ma anche i regni temporali devono essere ordinati ad aiutare la Chiesa alla salvezza delle anime, facendo leggi conformi a quella naturale e divina. Essendo la Chiesa, un corpo visibile e assieme mistico deve esser diretta da un capo visibile in terra (Papa) e invisibile in cielo (Cristo)” (10). Parimenti lo Stato deve avere un capo che possa far leggi conformi a quella naturale per governare i sudditi e garantire loro il benessere comune temporale, subordinatamente a quello spirituale. 

Se così non fosse “i piedi potrebbero dire alla testa noi non abbiamo bisogno di te” (11).
La conseguenza logica del luteranesimo teologico è l’anarchia e la rivoluzione cruenta in campo politico. I Dottori del Cinquecento furono lucidi e logici “profeti” dacché di lì a pochi anni scoppiò la guerra dei contadini in Germania, dopo 150 anni circa scoppiarono le due rivoluzioni inglesi e dopo altri cento anni grossomodo quella francese, seguita dopo un secolo da quella bolscevica. Infatti, in logica, a partire da certe premesse non si può non giungere a certe conclusioni.  Il luteranesimo teologico è padre dell’anarchismo, del liberismo individualista, della rivolta e della sovversione in campo politico. “Dietro i sofismi filosofici vengono le eresie teologiche e dopo le eresie è il turno del boia” (Donoso Cortès). Ogni rivoluzione sociale è preceduta da un’eresia e questa da un errore filosofico.


Altre conseguenze sociali del soggettivismo luterano

Un’altra conclusione in campo sociale e politico di questa eresia sulla grazia è quella secondo cui gli ordini di un governante non santo non sono vincolanti e possono essere non obbediti; Vangelo e potere politico sarebbero inevitabilmente in disaccordo poiché il potere politico è intrinsecamente perverso, come la natura umana è distrutta dal peccato originale. Vitoria (12), Soto (13) e Suarez (14) ed anche il domenicano card. Tommaso de Vio detto Cajetanus (15), affrontano questi errori e li confutano, facendoli risalire all’Umanesimo riproposto nella seconda metà del XVI secolo da Erasmo da Rotterdam in maniera meno radicale che da Lutero. Secondo tali dottrine la Chiesa e il Trono sarebbero vacanti di autorità umana e ripieni solo di grazia e santità, ma ciò porterebbe all’anarchia sociale e religiosa, poiché l’uomo è fatto di anima e di corpo, d’intelletto e sensi, non vede la grazia e la santità, che son note solo a Dio, e ha bisogno di un’autorità visibile cui obbedire per essere governato nelle cose temporali (Stato) e spirituali (Chiesa).

L’anarchia civile, secondo i tomisti del Cinquecento, è figlia della dottrina teologica luterana della Chiesa come comunità dei soli santi; dunque, dal luteranesimo nascerebbe immancabilmente la rivoluzione sociale, come realmente avvenne in Inghilterra (1648, 1688) e in Francia (1789).


Lo schiavismo

Lo schiavismo e la colonizzazione selvaggia erano anch’essi una conseguenza di tali dottrine luterane. Il loro ideatore fu Juan Ginés de Sepulveda (1490-1573) (16), che aveva studiato diritto e lettere antiche in Bologna. Secondo lui gli indigeni delle Americhe, non avendo la fede e la santità, potevano essere ridotti in schiavitù, in quanto senza la grazia non avevano neppure una natura integra e quindi non potevano governare se stessi poiché più simili alle bestie che agli uomini. Come si vede egli si rifà all’eresia luterana secondo cui qualsiasi vera Società (civile e spirituale) deve essere fondata sulla santità.

Naturalmente i tomisti del Cinquecento confutarono anche questa dottrina alla luce degli insegnamenti sulla grazia, la giustificazione e la Chiesa come venivano affrontati, proprio allora, dal Concilio di Trento (1545-1563) (17).


La legge naturale è conoscibile dalla ragione umana


Gli scolastici cinquecenteschi insistono molto sulla dottrina tomistica secondo cui la ragione umana è rimasta integra sebbene ferita. Quindi, non solo il singolo uomo può conoscere la natura delle cose e la legge naturale, ma può fondare delle Società imperfette (famiglia) e perfette (Stato) fondate sulla legge naturale e strumenti utili per conseguire il fine temporale subordinatamente a quello spirituale, poiché Dio ha creato l’uomo e lo ha sopraelevato all’ordine soprannaturale e quindi non si può disgiungere la natura dalla grazia, anzi, - riprendendo l’Aquinate - “la grazia non distrugge la natura, ma la presuppone e la perfeziona” (S. Th., I, q. 1, a. 8, ad 2).

Insomma, il potere politico non necessariamente deve essere infuso soprannaturalmente da Dio per essere legittimo poiché la natura non è intrinsecamente perversa, come vorrebbero i luterani. Quindi, la società politica o civile non deve essere instaurata solo direttamente e soprannaturalmente da Dio.  Francisco de Vitoria esclude categoricamente che “la vera e legittima sovranità politica deve essere basata sempre sulla grazia” (18) e accomuna tale dottrina all’eresia proto-luterana di Wyclif e Hus.


Conclusione

Se ci si basa anche solamente sul buon senso o la retta ragione naturale si può facilmente capire quanto sia falso il sistema filosofico naturalistico dell’umanesimo e la dottrina esageratamente soprannaturalistica luterana, che sono i due  opposti errori (per eccesso e per difetto) i quali si adagiano come due burroni a destra e a sinistra di una vetta (la retta ragione elevata a filosofia da Aristotele e san Tommaso d’Aquino, secondo cui “la grazia non distrugge la natura, ma la presuppone e la perfeziona” (19)).

Secondo il luteranesimo la natura umana è totalmente corrotta. Quindi, l’uomo non ha le capacità raziocinative per conoscere la verità e la natura delle cose, inoltre la volontà è stata talmente erosa che l’uomo ha perso la libertà.

Ma, se osserviamo i fatti che riguardano la vita raziocinativa e la libera volontà umana dobbiamo asserire che l’intelletto umano conosce la natura delle cose e che la volontà è libera di fare il bene o il male. Infatti, se nego la possibilità di raggiungere la verità o di conoscere la realtà oggettiva che mi circonda, non posso avere nessuna certezza e debbo dubitare di tutto, ma nel momento in cui dubito di tutto non dubito della mia affermazione secondo cui bisogna dubitare, la quale per me è una certezza. Invece, se fossi coerente dovrei dubitare anche che io dubiti. Quindi la certezza di dover dubitare è in contraddizione con lo scetticismo. L’esperienza dei fatti mi fa constatare, per esempio, che so con certezza che un “triangolo ha tre angoli e un quadrato quattro e che il triangolo non è un quadrato”. Questo è un fatto è un principio primo per sé evidente che non è possibile negare. Contro il fatto non vale nessuna argomentazione che lo nega (20). Per quanto riguarda la libertà l’esperienza mi fa constatare che quando voglio un oggetto (un gelato, un libro, una bicicletta…) sono cosciente di non essere necessitato da esso (posso benissimo non volerli o non prenderli o non usarli anche se mi piacciono). Inoltre, ho la coscienza e la constato con certezza che, pur se mi piace di più il vino, posso scegliere l’acqua.

La conseguenza socio/politica di questi errori è la negazione della bontà di ogni Società umana (famiglia /Stato) e della natura anche gerarchica della Chiesa. La radice di questo errore va ricercata nel nominalismo individualista secondo il quale non esistono essenze e nature ma solo individui. Ora l’individualismo porta a propugnare la rivolta contro ogni autorità, non solo quella statale, ma anche umana e divina per arrivare all’autonomia assoluta dell’individuo. La sua natura è l’autonomia dell’individuo e la  società senza autorità umana e divina. Esso fa dell’individuo l’Assoluto, del mezzo il fine e della creatura il Creatore. Ma, l’individualismo nominalista è contraddetto dagli stessi filosofi soggettivisti e idealisti almeno nella vita pratica. Essi in teoria propugnano l’idealismo o il soggettivismo individualista della conoscenza e dell’etica, ma in pratica agiscono, e quindi pensano, da realisti.

Conoscere significa apprendere qualcosa come un oggetto il quale sta davanti a me indipendentemente dal mio pensiero (ob-jacet). Non sono io  che produco col mio pensiero questo oggetto che giace (jacet) davanti (ob) a me. Ora “l’azione segue l’essere e il modo di agire segue il modo d’essere”. Quindi conosco e agisco in base ad una realtà e leggi oggettive.

Ogni uomo normale si rende conto che non è il suo pensiero a produrre la realtà e la morale, ma si tratta di una realtà e di una regola morale già costituita in se stessa prima che egli la conosca.

Quindi lo Stato, essendo un insieme di famiglie che si uniscono e formano un villaggio e poi più villaggi formano una Civitas o una Polis, è conforme alla natura umana, che è fatta per vivere socialmente in unione con gli altri (famiglia, villaggio e Stato). Infatti l’uomo da solo non riuscirebbe a conseguire il suo fine temporale o naturale, ma ha bisogno della Società.


Per quanto riguarda la Chiesa non basta il buon senso naturale per respingere l’errore luterano, ma occorre la divina Rivelazione per capire qual è la natura della Religione fondata da Cristo. Qualsiasi persona che abbia un minimo di istruzione religiosa (Catechismo e lettura del Vangelo) sa che Gesù paragona la Chiesa ad un “ovile” e ad un “gregge” ben visibile, fatto di pecore, di agnelli e di pastore in carne ed ossa con tanto di recinto (Lc., XII, 32; Gv., X, 1); ad una “città sul monte” fatta di case e ben visibile da tutti (Mt., V, 14); ad un “albero sui cui si posano gli uccelli” fatto di radici, tronco, rami e fronde (Mc., IV, 30).

Questo errore nell’era moderna ha conosciuto due rami diversi e contrari, ma che si ricongiungono come le due facce di una stessa medaglia: il naturalismo machiavellico, che non tiene conto dell’aldilà, e il soprannaturalismo luterano, il quale reputa intrinsecamente perverso tutto ciò che è naturale.

La seconda scolastica, come “un nano sulle spalle di un  gigante” (S. Tommaso d’Aquino e la prima scolastica), è riuscita a scorgere,  a confutare questi errori, che già erano stati avanzati dal donatismo nel IV secolo, e a prevedere le loro conseguenze catastrofiche in maniera filosofico/teologica scientifica (il buon senso eretto a scienza filosofica, innalzato dalla luce della fede a scienza teologica).

Oggi quando gli errori della modernità (XV-XIX secolo) sono giunti al parossismo nichilistico della post-modernità (XX secolo) si può e si deve tornare a San Tommaso come nel Cinquecento la seconda scolastica grazie all’Aquinate poté operare la vera controriforma  e restaurare gli individui, la società e la Chiesa.

Dalla restaurazione della metafisica e del realismo della conoscenza dipende anche la restaurazione della morale naturale, della filosofia politica ed economica, le quali ci aiutano ad essere veramente uomini, intelligenti e liberi e ci impediscono di farci travolgere dalla marea montante della sovversione neoliberistica e nichilistica, le quali rendono l’uomo simile al bruto, schiavo e determinato dai suoi istinti più bassi.


NOTE

1 - Anche se quest’ultimi, seguendo Suarez, in metafisica si sono allontanati dal tomismo genuino, negando la distinzione reale di essere ed essenza.
2 - G. Occam, In Ium Sent., 2, 4; In IIum Sent., 5; Quodl., V, 14; In Ium Sent., 2, 8.
3 - Id., Politica, lib. I, 1253a.
4 - F. de Vitoria, De potestate Ecclesiae, Madrid, 1933-1936, vol. II, p. 129.
5 - R. Bellarmino, De Conciliis, in Opera Omnia, Parigi, 1870-1874, vol. II, pp. 314-344.
6 - De Conciliis, II, pp. 345, 370-386.
7 - De legibus ac de legislatore, I, p. 320.
8 - De potestate Papae et Concilii, II, pp. 227 e 277.
9 - F. Suarez, De legibus ac de legislatore, I, pp. 299-300.
10 - De potestate Pape et Concilii, II, pp. 317-318.
11 - F. de Vitoria, De potestate Ecclesiae, p. 132. Già nell’antichità pagana Tito Livio scriveva: “Una volta le membra dell’uomo, costatando che lo stomaco se ne stava ozioso, ruppero gli accordi con lui e cospirarono dicendo che le mani non avrebbero portato cibo alla bocca, né che la bocca lo accettasse, né che i denti lo masticassero a dovere. Ma mentre cercavano di domare lo stomaco, s’indebolirono anche loro stesse, e il corpo intero deperì. Di qui si vede come il compito dello stomaco non è quello di un pigro, ma che esso distribuisce il cibo a tutti gli altri organi. Fu così che le varie membra del corpo tornarono in amicizia tra loro e con lo stomaco. Così Senato e Popolo, come se fossero un unico corpo, deperiscono con la discordia, mentre con la concordia restano in buona salute” (Ab Urbe condita, II, 32). Inoltre San Paolo rivela: «Molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Né l’occhio può dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi […]. Anzi quelle membra che sembrano più umili sono le più necessarie. […]. Dio ha composto il corpo affinché non vi fosse disunione in esso, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tute le membra soffrono insieme; e se un membro sta bene, tutte le altre gioiscono con lui» (1 Cor., XII, 4-20).
12 - De potestate civili, cit., II, p. 186.
13 - Libri decem de justitia et jure, folio 247b.
14 - De justitia et jure libri sex, p. 1870 e 1876. 
15 - De comparata auctoritate Papae et Concilii, Lione, 1541.
16 - Cfr. G. Jarlot, Les idées politiques de Suarez et le pouvoir absolu, in «Archives de Philosophie», n. 18, 1949, p. 71 ss. ; Q. Skinner, Le origini del pensiero politico moderno, Bologna, Il Mulino, 2 voll., 1989.
17 - Parimenti, nel V secolo, papa Stefano I e s. Agostino d’Ippona confutarono l’eresia donatista, la quale sosteneva che 1°) la Chiesa è la Società dei soli santi e che 2°) i Sacramenti amministrati dai peccatori o dagli eretici sono invalidi, gettando così i fedeli nell’anarchia e nel soggettivismo sacramentale ed ecclesiologico (dubbio teologico metodico, ripreso in filosofia da Cartesio circa 1000 anni dopo). Inoltre il donatismo sosteneva che 3°) ogni potere politico è malvagio e non può mai collaborare, neppure in subordinazione, con la Chiesa che è fatta di soli Santi.
18 - De Indiis recenter inventis, in Relecciones, cit., p. 292.
19 - S. Th., I, q. 1, a. 8, ad 2.
20 - Aristotele, circa 300 anni prima di Cristo, scriveva a proposito di coloro che negano l’evidenza: “Eraclito dice di negare il principio di non contraddizione, ma allora perché va a Megara e non se ne sta tranquillo a casa pensando di camminare? E perché non si getta nel pozzo, ma si guarda bene dal farlo proprio come se pensasse che cadere non è lo stesso che non cadere?” (Metafisica, IV, 4, 1008 b). Onde “lo scettico coerente dovrebbe chiudersi nel mutismo assoluto, perché parlare vuol dire avere ed esprimere certezze. Quindi Cratilo finì col tacere e muoveva solamente il dito” (Aristotele, Metafisica, IV, 5, 1010 a). In breve ogni uomo fuori della discussione filosofica è immancabilmente realista e per l’idealista nell’atto di filosofare vale sempre ciò che scriveva Aristotele riguardo ai sofisti del suo tempo: “non si crede a tutto ciò che si dice” (Metafisica, IV, 3, 1005 b). Infatti lo scettico Pirrone “per coerenza si sforzava di non badare ai precipizi, ma, assalito da un cane, si impaurì, ben distinguendo un cane da un agnello” (Diogene Laerzio, Raccolta delle vite e delle dottrine dei filosofi, IX, 2). Poi Aristotele concludeva: “È ridicolo andare in cerca di ragioni contro chi, rifiutando il valore della ragione, non vuol ragionare” (Aristotele, Metafisica, IV, 4).




 
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