BUFALA! [sulla Divina Commedia]

SVELATO DOPO PIỦ DI 7OO ANNI
IL CODICE MATEMATICO (NASCOSTO)
DELLA DIVINA COMMEDIA





di Luciano Pranzetti






Struttura Theocentrica della Divina Commedia




Ringraziamo il collega Livio Spinelli per averci inviato, tramite FB, con il titolo sopra riportato, la notizia secondo la quale, grazie al lavoro degli scrittori, i coniugi Rita Monaldi e Francesco Sorti, e allo studio di due scienziati – Università di Pisa (Paolo Ferragina, prof. di algoritmi) e del CNR (Andrea Esuli) – è stato, finalmente, scoperto il ‘’significato nascosto’’ della Divina Commedia.
Per farla breve: tràttasi dell’argomento che sviluppa l’esegesi numerologica in circolazione da oltre un secolo e perciò, figuriamoci se si possa parlare di novità.
Noi – per opportuna aggiunta – ne abbiamo fatto tema, in chiave confutatoria, durante una conferenza, tenuta presso la sede di un’associazione giovanile romana, nel lontano 20 dicembre 1996.

Il servizio comincia con una domanda che la nostra discrezione ci induce a ritenerla ‘meramente ‘oziosa’, e cioè, questa: “perché Dante ha voluto nascondere nella Divina Commedia. un significato religioso?”

NASCONDERE? E quando mai se l’incipit “Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura/ché la diritta via era smarrita” è una aperta dichiarazione di volontà tesa al religioso, allo spirituale?
E quando mai se gli inizi delle cantiche Purgatorio e Paradiso aprono scenarii di altissima spiritualità, come ho dimostrato nella mia trilogia di esegesi dantiana LA DIVINA COMMEDIA TRA SACRA SCRITTURA, PATRISTICA, SCOLASTICA?

Con sicura probabilità, il professor Esuli, con tale sua accorata domanda, fa intendere d’aver sempre avuto, della Divina Commedia, l’idea che fosse una zingarata, una descrizione avventurosa da gitanti presi e compresi davanti a una colazione sull’erba.

Ora, se questa è la misura iniziale della serietà con cui si manifestano ‘’sommozzatori dell’occulto, Ferragina, Esuli, Nembrini, Monaldi e Sorti, ci chiediamo a quali conclusioni chiuderanno il séguito della loro ricerca e dimostrazione dell’esistenza di una Divina Commedia “matematica”.
 E, difatti, proseguendo, noi, nello spoglio del messaggio, siamo informati essere il 17esimo canto del Purgatorio, il “cuore centrale” (?!) della Divina Commedia, dove Dante affronta, e spiega, i temi dell’amore e del libero arbitrio.
A dire il vero, se per cuore s’intende il sentimento, la pietà, la misericordia e, come rammentano gli ‘’esploratori’’ del segreto, l’amore, allora il centro dovrebbe essere la chiusa del Par. XXXIII, 145, dove il Poeta, dopo la visione beatifica della SS Trinità, destandosi dal misterioso sogno, ne sigilla la conclusione con un mirabile endecasillabo: “L’Amor che move il sole e l’altre stelle”. 
Lo stesso ragionamento potremmo condurlo sul libero arbitrio di cui Beatrice, in Par. IV, fornisce al suo fedele, per tutti i 142 versi, le spiegazioni sulla volontà assoluta e relativa e sull’amore.
E ancora: tipico di chi desidera far colpo per sue fortunose scoperte – e abbiam visto di quale rarità – è l’uso—o l’abuso -- di termini “chiave” che sono, all’atto pratico, ovvii e superflui ché, difatti, scrivere di un “cuore centrale” equivale ad ammetterne uno periferico. Ma sicuri di far colpo con tale accostamento, vada per il “cuore centrale” bischera espressione!

Noi, avvertito il tema della centralità, ne faremo argomento di questa prima ricognizione.

Ed infatti, costoro hanno “scoperto” la centralità del canto XVII – magnifica impresa! - in riferimento al poema dacché, tolto il canto I Inferno, inteso quale introduzione all’intera opera composta, come è noto, da 100 canti, ne restano 99, per cui, il 17esimo fa da cerniera che tale risulta dal seguente calcolo: inferno 33 + purgatorio 16 = 49 // 16 (dal 18esimo al 33esimo purgatorio) + paradiso 33 = 49, dimostrando la centralità del XVII. Beh? dove sta la scoperta del significato occulto?
Ammettendo l’intero complesso dei 100 canti, quale difficoltà si sarebbe avuta a prendere, per dato sicuro, essere centrale lo snodo che apre e chiude i due 50 canti?
Ad essere precisi, e convincenti, ci sarebbe da calcolare il verso centrale di tutto il poema. Ma ai “dantisti” di c. s. ciò non interessa. Poiché, questo è argomento radiale e dalla sua “centralità”, ne verrebbe, unitamente al pensiero ivi contenuto, qualcosa di illuminante, ci assumiamo noi l’onere di trovarlo.
Ed allora diamoci da fare.

Considerato che i versi dell’Inferno, tolti i 136 del1° canto, sono 4.684, quelli del purgatorio 4.755 e del paradiso 4.758, abbiamo un totale di 14.197 versi i quali, dispari essendo, quello centrale divide il blocco in due quantità pari a 7.098 + 1 che, poste a fronte, secondo il seguente modulo 7.098 + 1 + 7.098, dànno 14.197, quale sarà il verso centrale di tutto il poema? Domanda legittima perché, svelato anche questo mistero, con allegata la conoscenza del contenuto, potremo rimanere sbalorditi sia dalla matematica mente dantiana, sia dal fiuto investigativo dei suddetti ‘’’sommozzatori dell’occulto’’.
Vediamo allora:
accertato essere, il XVII, il canto centrale del poema e verificato il numero dei versi presenti nei primi 49 canti – escluso il primo dell’inferno, stimato come introduzione – si procede calcolando la posizione numerica che occupa il verso centrale. Nessun algoritmo ma un semplice metodo empirico ci dà la posizione del verso n. 7.098 + 1 = 7.099. Dato per certo il numero complessivo dell’inferno – escluso il primo! – essere 4.684, si aggiungono i numeri dei versi di ogni singolo canto, dei primi 17 del purgatorio – 2411 -- in modo che, per il primo versante, fatto questo lavoro, si arriva a determinare e ad indicare il verso centrale essere il n. 4 del canto XVIII (!!) e il risultato dell’operazione 4.684 + 2.411 + 4 = 7.099 è comprovato dal calcolo del secondo versante – 2.431 – che, così composto, dà qual risultato: 4.758 + 2431 = 7.099.

Qualcuno domanderà per quale ragione non è un verso del centrale canto XVII. Rispondiamo; per il semplice motivo che il primo versante -- 4.684 + 2411= 7.095 – ha bisogno di ulteriori 4 versi per ottenere la metà + 1, vale a dire 7.099 per cui, esaurita la scorta dei primi 17 canti del Purgatorio, sarà necessario attingere al successivo, cioè al XVIII secondo il seguente calcolo → 7.095 + 4 = 7.099.
A leggerlo non pare che sia di così elevato magistero con quanto esprime nel dire: “E io, cui nova sete ancor frugava”.
Abbiamo, così scoperto che due sono gli “umbilici mundi” Una scoperta epocale con un cuore centrale e uno periferico.

Povero Dante, lui che, per diretta confessione dirà di questo suo poema sacro “al quale ha posto mano e cielo e terra/sì che m’ha fatto per più anni macro” (Par. XXV, 2-3), ve lo immaginate, trascorrere notti insonni, tra digiuni e freddi, alla cerca di simmetrie occulte, di oscuri ambulacri espressivi, di algoritmi metrici, di rapporti matematici tra una cantica e l’altra, di sigle enigmistiche e di una numerologia asfissiante, e solamente per un gusto sottile e acido di far penare i futuri esegeti, i dragomanni, i chiosatori pedanti, i sommozzatori dell’occulto? 

Un ultimo passaggio                      
Il séguito del messaggio fa cenno a delle croci numeriche ma senza svilupparne “l’algoritmo” con il qual termine si vuol considerare il Poema sacro – tendente al religioso! – un testo di negromantica, kabalistica, numerologica, enigmistica erudizione ma, attenti! Segreta, nascosta, occulta.

Abbiam cercato, in questa ardita escursione nel nulla, alcun esempio di procedura matematica trovando solamente una sequenza di numeri inseriti in modo da formare una croce al cui interno i numeri 7 -- 10 --13 sono collocati in modo da dare, tanto in orizzontale che in verticale, la somma equivalente a 33. Con siffatto metodo non è escluso che qualche dantenauta non incoroni la nostra maggior Musa, come il “profeta-padre” del cruciverba. Ci mancherebbe questa, l‘ultima, dopo essere stato definito il “profeta del COVID19”.

Che il “sacrato poema” presenti delle curiosità varie – aritmetica, geometria, ottica, gemmologia, astronomia, botanica, giochi verbali, ecc. – non stupisce dacché è noto, essere, oltre che un testo di spiritualità e di teologia, anche uno strumento didattico, connotazione che porta, comunque e sempre a una finalità spirituale e religiosa. CATTOLICA.
 
Noi, per il momento facciam sosta, riservandoci di entrare nella questione numerologica – di cui abbiamo il testo della conferenza, ben 8 pagine – fra pochi giorni dacché intendiamo ridurre a dimensione ragionevole il documento predetto, per una migliore, più chiara e meno macchinosa  esposizione del contenuto.


Postilla:
ci è d’obbligo ritenere i coniugi Rita Monaldi e Francesco Sorti – nostri stimati conoscenti, romanzieri di altissimo profilo – essere stati lusingati, da buontemponi cantafavole, per l’incombenza loro offerta, di tradurre in prosa scelta il ciarpame, riferito a una cerca esoterica in merito al segreto contenuto nella Divina Commedia. Sarebbe, per noi, sommo spiacere se il testo venisse pubblicato – cosa che, purtroppo, avverrà – perché non taceremo per la pregiata considerazione che nutriamo per loro, ma risponderemo, riga per riga, e in tono anche severo perché, come si dice “Amicus Plato, sed magis amica Veritas”.





 
marzo 2024
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