IL SECOLO OSCURO DELLA CHIESA



Articolo di Petrus, pubblicato su SI SI NO NO, ANNO L N° 3 - 15 febbraio 2024

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INTRODUZIONE 

La Chiesa ha attraversato molte epoche di crisi e ne è sempre uscita miracolosamente perché divinamente assistita.

La nostra Fede ci insegna che il Papa è il Vicario in terra di Gesù Cristo. Egli è la Pietra sulla quale Cristo ha costruito la sua Chiesa e contro la quale “le porte degli inferi non prevarranno”.

Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è un mistero che si definisce come “Unione Ipostatica”; tale mistero ci disorienta spesso durante la sua vita e specialmente durante la sua Passione, quando la sua “Natura divina si nascondeva e lasciava trasparire solo quella umana, che soffriva terribilmente” (sant’Ignazio da Loyola) ed era “più simile a un verme che a un uomo” (Isaia). Gli Apostoli stessi si scandalizzarono, smarrirono lo spirito di Fede e rinnegarono Gesù, non riuscendo a capire e ammettere che il Messia potesse essere apparentemente sconfitto e umiliato.

La Chiesa è Cristo che essa continua su questa terra, dopo la Sua Ascensione in Cielo, nel corso della storia. Anch’essa ha un duplice elemento: 1°) quello divino (il principio che l’ha fondata, ossia Cristo e il fine cui tende, vale a dire il Cielo e Dio visto “faccia a faccia”) e 2°) quello umano (le membra di cui è composta, i semplici fedeli e la gerarchia).

Nel corso della storia della Chiesa vi sono pagine gloriose e pagine poco belle, altre addirittura brutte. Se non avessimo la virtù teologale della Fede nella sua origine divina e nella protezione di cui l’ammanta Gesù “ogni giorno, sino alla fine del mondo”, rischieremmo di scandalizzarci e perdere proprio la Fede, “senza la quale è impossibile piacere a Dio” (san Paolo).

Il Papa è un uomo, ma è assistito da Dio infallibilmente però solo a certe specifiche condizioni, che non tolgono o aggiungono nulla alla sua natura umana debole e caduca. San Pietro stesso rinnegò Gesù non una ma ben tre volte (“non conosco quest’uomo”). Onde, per quanto riguarda Gesù, la Chiesa e il Papa, occorre sempre aver presente il loro duplice elemento: umano e dunque “deficiente”, divino e quindi “impeccabile”. Se si vede solo il primo, si cade nel razionalismo naturalista e si rinnega la Fede teologale, se si fa caso solo al secondo si scivola verso un pneumatismo cataro/ protestantico (la Chiesa dei soli santi), che porta egualmente alla rovina (“ogni eccesso è un difetto”).

Alcuni di fronte ai periodi bui della Chiesa gridano allo scandalo e ritengono che essa sia finita (1). Ora, 2000 anni or sono, i Giudei ritenendo che anche Gesù fosse finito fecero rotolare una pietra tombale sul S. Sepolcro e vi misero dei soldati a guardia, ma la pietra fu rovesciata dagli Angeli quando Gesù risuscitò da morte e vinse il male tramite la sua apparente sconfitta in croce. Il cristianesimo è la religione della vittoria tramite la perdita anche, e soprattutto, della propria vita. Quindi, non c’è pietra tombale che tenga. La storia dovrebbe avercelo insegnato: la Chiesa è cresciuta e si è rafforzata proprio quando sembrava annientata. Le gaffe, e, peggio ancora, gli errori degli uomini di Chiesa, specialmente del clero e della Gerarchia, sono la prova provata della sua indefettibilità.

Certamente noi cristiani siamo “papisti”, dacché Cristo la Sua unica vera Chiesa l’ha fondata su Pietro e i suoi successori (i Papi) e ci distinguiamo dai protestanti e da tutte le sette eretiche o scismatiche, le quali non ritengono  Pietro come loro principio e fondamento con un vero primato di giurisdizione. Ciò, tuttavia, senza negare i fatti “poco belli” che i Papi possono aver commesso come uomini o dottori privati o le ambiguità ed errori che possono sussistere nell’insegnamento non normativo - e quindi non infallibilmente assistito - del Papa. Non occorre, perciò, cambiar religione o Chiesa, davanti allo sfacelo spirituale che si è abbattuto contro l’ambiente cattolico.

Chi pretende di sapere tutto di tutto e di avere la certezza e l’evidenza di come stiano realmente le cose, erra; specialmente in una situazione d’oscurità e d’incertezza come l’attuale, che non ha avuto eguali in tutta la storia della Chiesa. Ogni risposta (anche la mia) e “soluzione” o “tentativo” sono parziali ed hanno le loro ombre e chiaroscuri. Solo la Chiesa gerarchica potrà dirci la parola definitiva. Quindi, “si non vis errare, noli velle scrutare” (s. Agostino).

L’attuale crisi conciliare e postconciliare è un “mistero tremendo”. Ora il mistero è oltre la ragione umana, la sorpassa ma non è contro di essa. Dunque, “cerchiamo di rendere certa la nostra elezione, mediante le nostre buone opere” (san Pietro). Ossia di fare ciò che la Chiesa ha sempre fatto (san Vincenzo da Lerino, “Commonitorium”, cap. III), rifiutando le novità che ci hanno portato a tale stato di confusione dommatica, morale e liturgica.


IL X SECOLO DETTO IL “SECOLO OSCURO” DELLA CHIESA

La storia della Chiesa ci offre molti esempi da studiare, che ci aiutano a risolvere il problema dell’ora presente, che agita le acque che lambiscono l’ambiente ecclesiale specialmente dal Concilio Vaticano II in poi.  Il più eclatante è il cosiddetto “secolo di bronzo”.

Il X secolo viene definito dagli storici il “secolo oscuro o ferreo della Chiesa” (2) ed è per questo motivo che “qualcuno preferirebbe stendere un manto di dimenticanza su questi oscuri Pontificati, nascondendoli in un pietoso silenzio” (3).

Vorrei farlo anch’io, ma la situazione attuale creatasi con la crisi neo-modernista nella Chiesa mi spinge ad affrontare obtorto collo questo secolo con uno scopo apologetico ben preciso: quello di trarne una lezione morale per noi, che viviamo in un periodo di crisi nella Chiesa, analogo a quello del “secolo ferreo”. Infatti, in entrambi questi periodi vi sono dei Papi che non hanno la volontà di fare il bene della Chiesa 1°) perché puri signori temporali, che cercano solo il bene della propria casata o 2°) perché modernisti, che vorrebbero cambiare la natura della Chiesa.  

Studiamo, quindi, assieme questo “secolo di bronzo” della Chiesa non per denigrarla, ma affinché non commettiamo anche noi gli stessi errori che furono commessi allora: 1°) l’adulazione e il servilismo di chi obbedisce a ordini illeciti, che possono esser dati anche dall’Autorità ecclesiastica (si pensi al caso di papa Formoso le cui Ordinazioni sacre vennero ritenute, senza dubbi positivi, invalide per circa un trentennio da alcuni Pontefici) (4); 2°) l’annullare un Papa, come fecero allora le élites nobiliari romane, che deponevano un Papa e ne eleggevano un altro. 

«In questioni teologiche difficili e non definite, occorre dare il proprio parere con umiltà e pace, conformandosi all’istruzione e capacità degli ascoltatori, insistendo maggiormente sulla pratica della Chiesa, esortando a seguire i buoni costumi; invece di lasciarsi coinvolgere da controversie che non hanno una conclusione certa e che sono quindi pericolose sia per chi le spiega e sia per chi le ascolta» (S. Ignazio da Loyola, Obras Completas, Madrid, BAC, 1982, pp. 289-290).

Perciò, in questi casi di crisi bisogna limitarsi a credere e fare ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e fatto (san Vincenzo da Lerino, Commonitorium, III, 5), evitando le novità, le anomalie, le bizzarrie, le mancanze di ricerca del bene comune della Chiesa (5), che possono eccezionalmente infiltrarsi nella gerarchia ecclesiastica, anche al suo sommo Vertice.

Gesù vuole che la Sua Chiesa sia governata da Pietro e dai suoi successori “ogni giorno sino alla fine del mondo”, con una catena apostolica mai interrotta (successione apostolica o Apostolicità della Chiesa).

Ora, la Chiesa è stata istituita per tutti ed è alla portata di tutti i fedeli. Quindi, anche la valutazione dei suoi elementi costitutivi (per esempio, la legittimità del Papa eletto) deve essere fatta in base ad un criterio accessibile a tutti e non riservato a una élite di persone (filosofi/teologi), essendo la Chiesa una Società soprannaturale fondata da Cristo per la salvezza eterna di tutti gli uomini, di tutte le razze, le età e le condizioni sociali, assistita da Lui “tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20).

Filosoficamente l’accettazione de facto di un tiranno temporale che si è impossessato del potere equivale alla convalidazione o sanazione in radice che lo rende legittimo governante; così - teologicamente - il Papa dubbio, se accettato dalla Chiesa, diventa Papa indubitato: “L’accettazione pacifica di un Papa da parte di tutta la Chiesa è il segno e l’effetto infallibile di un’elezione e di un pontificato validi” (6).  

Infine, la Tesi del Papato materiale e non formale - per deficienza di volere oggettivamente il bene comune della Chiesa - la si trova già nel XIV secolo in  Corrado di Gelnhausen un teologo conciliarista tedesco dell’Università di Parigi nella sua Epistula concordiae indirizzata al re di Francia nel maggio del 1380. Il teologo parigino apporta una sottile distinzione quanto al Papato scrivendo che il Papa “può non essere Papa totalmente, in caso di morte; oppure non essere Papa che parzialmente, cioè perdendo la grazia, sebbene il Papato non muoia: istud caput (Papa) potest quandoque simpliciter non esse, scilicet per mortem; quandoque secundum quid, scilicet a gratia deficiendo, licet papatus non moriatur” (Epistula concordiae, c. III). Come si vede questa teoria è l’anticipazione del Papato materiale in caso di mancanza di grazia, di fede, di volontà di fare il bene comune della Chiesa. Il Papa eretico o che non ha la volontà di fare il bene comune della Chiesa non è Papa formalmente lo resta solo materialmente e così il Papato non muore.

Monsignor Michele Maccarrone commenta che “il dottore parigino usa l’espressione «deficiente sive in esse naturae [totalmente] sive in esse gratiae [solo formalmente]” fa pensare alla concezione ereticale del Papato portata all’estremo da Wyclif» (7). Il Papa non sarebbe il capo visibile, necessario e in atto della Chiesa, ma sarebbe qualcosa di puramente accidentale, che può non essere presente in atto per mancanza di fede o di retta volontà di operare per il fine della Chiesa, pur restando secundum quid o in potenza e impedendo così la cessazione della Chiesa.


COSA C’INSEGNA IL “SECOLO OSCURO” DELLA CHIESA NELLA SITUAZIONE ATTUALE, SOTTO IL TALLONE DI BERGOGLIO

Siccome vi sono, oggi, alcuni altri i quali sostengono che per essere veramente Papa occorre avere la volontà oggettiva di fare il bene comune della Chiesa è necessario studiare questo periodo lungo circa centocinquanta anni di Papi che non hanno avuto come fine il bene della Chiesa, ma quello della loro casata nobiliare eppure son riconosciuti dalla Chiesa come veri Papi. Quindi, i fatti e la pratica della Chiesa smentiscono la loro tesi.

In Italia il Papato, privato del suo protettore naturale: l’Impero, decadde in una profonda impotenza e divenne lo strumento di potere delle famiglie nobili di Roma, le quali si servirono dei Papi di quasi tutto il X secolo per accrescere il loro potere, mettendo sulla Cattedra di Pietro i loro favoriti o familiari.  

“Il Papa con cui si è soliti far iniziare questo periodo morì assassinato nell’anno 882; alla  fine di quest’era oscura, nell’anno 1046, tre Papi in rivalità tra loro dovettero essere deposti in un sol colpo. Nel frattempo, in circa mezzo secolo, non meno di quarantacinque Papi e antipapi guidarono la Chiesa romana, la maggior parte di essi solo per pochi anni. Dopo mille anni è difficile stabilire chi di essi sia stato legittimamente Papa e chi, invece, antipapa. […]. Durante quei centocinquanta anni vennero deposti non meno di quindici Papi, alcuni dei quali dopo la morte, quattordici morirono in carcere, in esilio o assassinati, sette furono cacciati da Roma e privati della loro autorità come Pontefici. La Chiesa di allora conobbe sei scismi” (8).


GIOVANNI VIII (872-882)

Nell’anno 875 era morto l’imperatore Ludovico II, pronipote di Carlo Magno. Egli era l’ultimo rappresentante della cosiddetta linea italiana della dinastia carolingia. Il Papa doveva scegliere tra Carolingi orientali (germanici) e occidentali (francesi). Papa Giovanni VIII optò per i Carolingi francesi irritando la nobiltà romana che propendeva per i germani. Ma l’imperatore del ramo carolingio francese, Carlo il Calvo di Francia, morì nell’877 e nell’878 il Papa andò in Francia per chiedere l’aiuto del nuovo imperatore: Ludovico il Balbo († 879), ma non ebbe successo. Egli “si trovò solo contro le fazioni dei nobili romani parteggianti per la dominazione germanica” (9). Il Papa, quindi, non appena tornato in Italia fu costretto ad abbandonare precipitosamente Roma. Nell’881 dovette incoronare imperatore Carlo il Grosso discendente dei carolingi germani.

Sembra che Giovanni VIII sia stato “ucciso col veleno da un suo parente, avido dei tesori pontifici e poi finito a colpi di martello” (10).


FORMOSO (891-896)

Prima di esser eletto Papa, Formoso (11) era vescovo di Porto ed era uno degli oppositori di papa Giovanni VIII. Anzi, addirittura venne “accusato nell’876 di aver partecipato a un complotto ordito dalla fazione tedesca per cacciare da Roma Giovanni VIII ed era stato da questi ridotto allo stato laicale. Nell’833, papa Marino I lo aveva riabilitato e Adriano III lo reintegrò nella sua sede di Porto” (12). Il diritto canonico di allora vietava il cambiamento di diocesi ai vescovi poiché si riteneva che il vescovo aveva sposato la sua diocesi e non poteva passare ad un’altra sotto pena di rompere il vincolo sponsale con la sua prima e vera diocesi. Quindi, Formoso fu poi accusato di aver lasciato Porto per Roma e quindi la legittimità del suo sommo Pontificato fu messa in discussione e fu dibattuta in un orrendo processo fatto sul suo cadavere riesumato. Ora il Papa è al disopra dei vescovi e ha giurisdizione non solo sulla diocesi di Roma ma su tutte le diocesi di tutto il mondo, quindi il passaggio da una diocesi a quella di Roma era del tutto lecito, come fu stabilito esplicitamente dal diritto canonico successivo alle diatribe formosiane.

In politica si dimostrò ondivago, prima incoronò imperatori i duchi di Spoleto Guido († 891) e Lamberto († 898), poi contro costoro invocò l’aiuto del carolingio Arnolfo, che incoronò imperatore nell’896. Tutto ciò destò le passioni che vennero sfogate dopo  la sua morte contro il suo cadavere sotto il pontificato di Stefano VI.

“Roma divenne teatro di disordini. Formoso fu imprigionato a Castel Sant’Angelo; successivamente fu liberato da Arnolfo che aveva preso Roma. Ma mentre Arnolfo muoveva contro Spoleto fu colto da malore e fu costretto a tornare in Germania, permettendo agli Spoletani di tornare a Roma desiderosi di vendetta cui il Papa poté sottrarsi solo con la morte. Il suo sepolcro fu sacrilegamente violato dalla fazione spoletana, che - nell’897 - dissotterrò il cadavere di Formoso e lo giudicò nel corso di un macabro processo post mortem presieduto da papa Stefano VI. Formoso fu giudicato illegittimo e tutti gli atti da lui compiuti durante il suo pontificato furono giudicati nulli” (13).


STEFANO VI (896-897)

Papa Stefano VI fece riesumare e trascinare davanti a un tribunale il cadavere di papa Formoso con l’accusa di aver cambiato diocesi. Eppure Stefano VI stesso prima di essere eletto Papa era stato vescovo altrove. Stefano e il suo tribunale detto “cadaverico” annullarono tutti gli atti del Pontificato di Formoso.

I Romani, in una sollevazione popolare, lo gettarono in carcere e lo strangolarono.

Ma la vicenda non finì qui e in seguito formosiani e anti-formosiani continuarono a scontrarsi anche violentemente. Infatti, i chierici, preti e vescovi ordinati da Formoso erano considerati invalidamente ordinati da Stefano VI. Per circa trenta anni si scrissero opere sul processo a Formoso e sulla validità o meno dei suoi atti.

Roma per trenta anni fu in balìa di grandi confusioni con continui cambiamenti di Pontefici.


GIOVANNI X (914-928)

Prima di diventare Papa era stato arcivescovo di Bologna e poi di Ravenna ed era stato ordinato sacerdote da papa Formoso. Quindi risolse in maniera formale la questione della liceità del cambio di diocesi per i vescovi e difese l’operato e la validità degli atti di Formoso.
Infine, si adoperò per assicurare l’indipendenza del Papato dalle famiglie nobiliari romane, ma fu da queste deposto, incarcerato e ucciso (14).


GIOVANNI XI (931-936)

L’eminenza grigia della nobiltà romana era la senatrice Marozia († 936), che riuscì a mettere sul soglio di Pietro suo figlio Giovanni XI, appena venticinquenne, ma chi esercitava realmente il potere a Roma era suo fratello il principe dei romani Alberico II (932-954), il quale si serviva del Papa per aumentare il potere della sua casata.


“Alberico fece rinchiudere sua madre Marozia in Castel Sant’Angelo e suo fratello Giovanni XI in Laterano, lasciandogli la cura delle cose spirituali; poco dopo Marozia moriva in carcere e Giovanni XI si spegneva a soli trent’anni” (15).

Tuttavia, si deve segnalare che proprio sotto il pontificato di Giovanni XI nacquero i primi contatti di Roma con il monastero di Cluny dal quale derivò la riforma gregoriana di Ildebrando da Sovana divenuto papa Gregorio VII nel 1073.

L’abate Oddone di Cluny dovette prendere contatti per ottenere la prima conferma pontificia di Cluny con papa Giovanni XI poiché “non aveva scelta, non potendosi rivolgere a un Pontefice più degno” (16).

Occorre contentarsi del Papa reale e governante in atto la Chiesa, senza pretendere di aspettare un “Papa ideale”, che esiste nel nostro intelletto e non nella realtà.


GIOVANNI XII (955-964)

Era il figlio del principe dei romani Alberico II, e, nipote della senatrice dei romani, Marozia. Fu messo da essi sul trono di Pietro a soli 18 anni per il bene comune della casata maroziana e non della Chiesa, ma anch’egli è ritenuto Papa legittimo dalla cronotassi ufficiale del Liber pontificalis della Chiesa.

La condotta di Giovanni XII il quale “fu più principe temporale che Papa, perché portò nella sede di Pietro la frivolezza di un signore mondano” (17) era non solo ricolma di costumi assai immorali, ma era gravida di “bestemmie e del fatto che fossero sistematicamente trascurati i doveri dell’ufficio ecclesiastico” (18) e l’opposizione dei nobili romani anti-maroziani se ne lamentava, non perché ricolma di solide virtù, ma in vista di un cambiamento di potere politico e ecclesiastico. Allora l’opposizione fece ricorso all’imperatore Ottone I detto il Grande (936-967), che nel 962 si fece incoronare da Giovanni XII, ma quando l’anno successivo Ottone si accorse che papa Giovanni XII sosteneva in segreto i nemici dell’impero “riunì in San Pietro un conciliabolo” lo processò e lo depose nel 963 ponendo al suo posto l’antipapa Leone VIII. Giovanni riuscì a salvarsi la vita solo grazie ad una fuga rocambolesca e morì a 27 anni (19).


GIOVANNI XIV (983-984)

Frattanto Ottone II (967-983) era succeduto a suo padre Ottone I nel 967, ma i Romani non gradivano la presenza dell’imperatore nell’Urbe. Tuttavia Ottone II non se ne curò per nulla e trasferì a Roma il vescovo di Pavia, Pietro, e lo fece eleggere Papa col nome di Giovanni XIV, il cui pontificato fu breve. Infatti in seguito ad una rivolta dei Romani fu imprigionato e morì in carcere.


GREGORIO V (996-999) E SILVESTRO II (999-1003)

L’imperatore successivo, Ottone III (983-1002), chiamato a Roma come potente soccorritore, nominò due Papi uno dopo l’altro: il primo era suo cugino e - a soli 23 anni - prese il nome di Gregorio V (996-999), il secondo era stato suo maestro e prese il nome di Silvestro II (999-1003). Tuttavia, i Romani non apprezzarono i due Papi imposti e nominati da Ottone II e cacciarono da Roma Gregorio V nel medesimo anno della sua elezione (996) e gli contrapposero l’antipapa Giovanni XVI (997-998). Ottone reagì e - nel 998 - depose Giovanni XVI e - nel 999 - nominò Silvestro II, ma i Romani insorsero nel 1002 e cacciarono Ottone che morì quasi sùbito dopo e mantennero papa Silvestro II per un solo anno.

La seconda metà del X secolo fu condizionata dalla rivalità tra la famiglia nobiliare romana dei Crescenzi e la famiglia dei conti del Tuscolo. I Crescenzi cercavano di dominare il Papato e l’Impero, ma essa fu ben presto spodestata dai conti del Tuscolo, parenti del principe Alberico discendente di Marozia “avente in mano ogni potere, compreso quello di designare i Papi” (20), che riuscirono ad imporre, uno dopo l’altro, tre Papi loro graditi: Benedetto VIII dei conti del Tuscolo (1012-1024), suo fratello Giovanni XIX (1024-1032), “si ritiene che la sua elezione sia stata simoniaca” (21) e suo nipote ventenne Benedetto IX (1032-1045) (22). Sembrava che “il Papato fosse diventato il bene ereditario di una sola famiglia aristocratica” (23).

“Nel 1046 l’imperatore Enrico III fece dichiarare deposti i tre papi e fece eleggere Clemente II. Alla morte di quest’ultimo venne rieletto Benedetto IX, che l’anno successivo venne costretto ad abbandonare la carica” (24).

Nonostante ciò il Papato si legò ancor più fortemente al movimento cluniancense che avrebbe riportato la Chiesa sino alle cime del suo splendore con san Gregorio VII.

Tuttavia, prima di arrivare a ciò fu l’Impero che sottrasse il Papato al controllo delle famiglie nobiliari romane e dette inizio al movimento che porterà alla riforma gregoriana.

Papa Benedetto IX era assai mondano ed era giunto ad “accarezzare progetti di matrimonio” fu per questo che “venne spinto a dimettersi” (25). Innanzitutto i Crescenzi gli opposero l’antipapa Silvestro III (1045), che si affermò in Roma solo per breve tempo. Quindi, il giovane papa Benedetto IX dei conti del Tuscolo “fu convinto a cedere per denaro la propria dignità papale al ricco arciprete romano Giovanni Graziano, suo padrino, che divenne papa col nome di Gregorio IX (1045-1046), ma in tal modo si guadagnò la fama di simoniaco” (26). Sotto la guida dell’imperatore germanico Enrico III, nel dicembre del 1046, a Sutri si riunì un sinodo, poi conclusosi a Roma, che indusse il simoniaco Gregorio VI a dimettersi e sospese l’antipapa Silvestro III dallo stato episcopale. Infine, venne confermata l’abdicazione del terzo Papa dei conti del Tuscolo Benedetto IX.


NOTE

1 - Padre Reginaldo Garrigou-Lagrange spiega che gli Apostoli “proprio nel momento in cui il loro Maestro stava compiendo la redenzione, non videro che il lato umano delle cose” (Gesù che ci redime, Roma, Città Nuova, 1963, p. 337) e si scandalizzarono, come predetto.
Il teologo domenicano continua: “Questo mistero della passione e risurrezione continua, in un certo senso, nella Chiesa. Gesù la fa a Sua immagine e, se permette per essa terribili prove, le concede di risuscitare, in un certo modo, più gloriosa, dopo i colpi mortali che i suoi avversari le infliggono” (Ibidem, p. 353).
Si noti, i colpi che riceve la Chiesa in tutti i secoli, sono mortali ed essa ci sembra morire, ma risorge ogni volta più bella “senza ruga né macchia”, basta attendere e non rimpiazzarla con un “rattoppo peggiore del buco”.
2 - Cfr. K. Bihlmeyer – H. Tuechle, Storia della Chiesa, vol. 2, Il medioevo, Brescia, Morcelliana, VII ed., 1983, § 88, pp. 76-87.
3 - M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”,  p. 160.
4 - Arnaldo X. Da Silveira, Può esservi l’errore nei documenti del Magistero ecclesiastico?, “Cristianità”, n. 13, 1975.
5 - Per esempio la Collegialità episcopale, che diminuisce il primato del Papa, è stata insegnata durante il Concilio Vaticano II (Lumen gentium n. 22) in maniera pastorale e non infallibile e in una maniera molto simile, anche se più sfumata, all’errore conciliarista non solo radicale ma anche mitigato.
6 - F. X. Wernz – P. Vidal,  Jus  canonicum, Roma, Gregoriana, 3 voll. 1923-1938, tomo II, p. 437, nota 170; cfr. F. Suarez,  De Fide, disp. X. Sez., V, n. 8, p. 315. Il cardinal Louis Billot insegna: “nel caso dell’ipotesi della possibilità di un Papa ritenuto eretico, l’adesione della Chiesa universale sarà sempre in se stessa il segno infallibile della legittimità di tale o tal altro Pontefice” (De Ecclesia Christi, Roma, Gregoriana, 1903, vol. I, pp. 612-613).
7 - M. Maccarrone, Vicarius Christi. Storia di un titolo, Roma, Lateranum, 1952, p. 226.
8 - M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 159.
9 - Cfr. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni VIII,  a cura di  Silvio Solero, p. 47.
10 - I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni VIII, a cura di Silvio Solero, p. 48.
11 - Cfr. M. Bacchiegia, Papa Formoso. Processo al cadavere, Foggia, 1983; G. Domenici, Il papa Formoso, in La Civiltà Cattolica, n. 75, 1924, vol. I, pp. 106-120, 518-530, vol. II, pp. 121-135.
12 - I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Formoso, a cura di  Silvio Solero, p. 49.
13 - I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Formoso, a cura di  Silvio Solero, p. 49.
14 - I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni X, a cura di Silvio Solero, p. 52.
15 - I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni X, a cura di Silvio Solero, p. 52.
16 - M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 163.
17I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni XII, a cura di  Silvio Solero, p. 53.
18 - M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 163.
19 - I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni XII, a cura di  Silvio Solero, p. 54.
20 - M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 173.
21 - I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni XIX, a cura di  Silvio Solero, p. 58.
22 - Cfr. L. L. Ghirardini, Il papa fanciullo: Benedetto IX (1032-1048), Parma, 1980.
23 - M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 168.
24 - I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Benedetto IX, a cura di Bruno Andreolli, p. 58.
25 - M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 169.
26 - M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 169.








 
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