I criminali messianici nella terra di Cristo Re





Il rabbino Yishai Tzur dell’Accademia di preparazione militare Bnei David
(foto pubblicata da “La Stampa”)



Un articolo de La Stampa (non del Manifesto o di qualche sito filo-palestinese) descrive il razzismo, il fanatismo e l’odio dei sionisti religiosi, frutto di una miscela esplosiva tra giudaismo e sionismo. Questi criminali stanno attuando senza scrupoli e senza ostacoli la cancellazione sistematica della presenza palestinese in Palestina. Nelle comunità cristiane cresce l’apprensione e la rassegnazione a dover emigrare, come ha fatto la maggioranza dei cristiani nel 1948 e nel 1967. Eppure la Terra Santa dovrebbe essere la terra cristiana per eccellenza, la terra di Gesù Cristo, Redentore del genere umano e Re di tutte le nazioni, anche della Palestina, e non il covo di questi forsennati che si ostinano a non riconoscerLo come Messia e per questo motivo bestemmiano il Suo SS. Nome.


Israele, i rabbini ai soldati: “Andate e uccidete, niente rimorsi”

ELI (CISGIORDANIA). «È la lotta tra il bene e il male, siamo bloccati nello stesso posto e solo il più forte sopravviverà». Il rabbino Yishai Tzur [nella foto] insegna nell’Accademia di preparazione militare Bnei David di Eli. È seduto nell’aula della scuola, circondato da libri. Al di là delle finestre l’insediamento di Eli.

«Un ragazzo che si arruola a 18 anni non si è ancora posto le domande profonde su cosa significhi essere ebreo e servire l’esercito, sul perché è necessario fare parte della Difesa: uccidi sennò ti uccideranno, sul perché Israele deve essere forte, perché non abbiamo un altro posto dove andare. Perciò qui costruiamo un legame in loro tra Dio e l’esercito, e così costruiamo la società che vogliamo. Perché abbiamo una luce da portare nel mondo. È per noi una questione di moralità, che oggi, soprattutto in questa guerra è la lotta del bene contro il male».

L’Accademia Bnei David è stata la prima scuola di preparazione militare in Israele. È stata fondata nel 1988 a Eli dai due rabbini Eli Sadan e Yi’gal Levinstein per incoraggiare i giovani religiosi-sionisti ad assumere ruoli apicali nell’esercito in un momento in cui i militari segnalavano un calo nella motivazione delle reclute. Oggi è parte vitale dell’insediamento, che ha più rabbini per metro quadrato di qualsiasi altro in Cisgiordania. Molti tra gli insegnanti, gli amministratori e gli studenti vivono a Eli, tra caravan dei nuovi coloni arrivati e grandi progetti edilizi per l’allargamento della colonia in cui oggi vivono un totale di 4500 persone.

Uno dei fondatori, il rabbino Eli Sadan è una figura controversa in Israele: è da molti considerato la più importante e influente figura della comunità religiosa sionista degli ultimi trent’anni, ed è visto dai più liberali come un religioso militarizzato che forma i suoi studenti per aumentare il peso del sionismo religioso nella politica e nell’esercito. È a lui che si deve l’impatto che oggi ha il sionismo religioso nell’esercito e l’aumento delle scuole premilitari.

Sadan ha trovato la formula: un anno preparatorio che unisse lo studio della religione all’addestramento psicologico e fisico prima della leva, per aiutare i soldati religiosi a diventare ufficiali senza perdere la propria identità, considerando cioè il servizio militare come una grande mitzvah (editto ebraico). «Prestare servizio nell’esercito è un dovere civile – ha detto – ma anche una grande mitzvah della Torah». All’inizio, trentacinque anni fa, Sadan aveva promosso il suo piano ad alcuni diplomati delle scuole superiori, ai loro genitori e ai vertici dell’esercito, che accettarono di posticipare di un anno il servizio di leva obbligatorio delle reclute interessate, mentre finanziavano il programma di studi.

Di tutti gli studenti dell’Accademia Bnei David, usualmente 500, circa il 40% diventa ufficiale o entra a far parte di unità combattenti d’élite, tra gli ex studenti ci sono il generale Avi Bluth, comandante delle forze armate della divisione Giudea-Samaria, cioè le forze di occupazione in Cisgiordania, i capi delle brigate Givati ed Efraim nel Nord del Paese, e il ministro Bezalel Smotrich, molto vicino al rabbino Sadan, che ha vinto anche il Premio Israele – la più alta onorificenza civile del Paese – per il suo contributo all’istruzione.
Oggi in Israele ci sono più di 50 scuole pre-militari, per un totale di tremila studenti, secondo studi accademici negli ultimi vent’anni il numero di ufficiali sionisti-religiosi nell’esercito ha visto un enorme aumento e da quando è iniziata la guerra le richieste per iscriversi alla scuola si sono moltiplicate, e il peso del sionismo religioso nell’esercito è sempre più significativo.


L’Accademia e la guerra a Gaza

In un filmato del 2019, il preside della scuola, il rabbino Eliezer Kashtiel parlando dei Palestinesi li aveva definiti «geneticamente inferiori» ritenendo «necessario che fossero ridotti in schiavitù».
L’altro fondatore dell’Accademia, il rabbino Yi’gal Levinstein l’anno scorso ha dichiarato che i Palestinesi debbano «sentirsi minacciati ancor prima di agire». Sostenendo la necessità di continuare a costruire insediamenti e allargare quelli esistenti, ha detto «si fermeranno se costruiamo un nuovo insediamento dopo ogni attacco terroristico e se le loro famiglie vengono esiliate a Gaza».

Non c’era stata la strage del 7 ottobre, non era iniziata la guerra in corso. Oggi, che le lezioni preparano i soldati che la combatteranno, il rabbino Yishai Tzur ha le idee molto chiare: «Gaza è un simbolo per noi. Nei miei sogni i Palestinesi dovrebbero andarsene tutti, ne sarei molto felice, ma credo lo faranno». Ha imparato dai testi che Gaza «è sempre stata un luogo duro per gli ebrei, e questa – dice – è solo la continuazione di una guerra che va avanti da qualche migliaio di anni, che oggi è anche una guerra in cui Israele non deve discutere né internamente né con gli alleati».

«Se cominciassimo a discutere se i nostri metodi siano giusti o meno, ci fermeremmo. Le cose nell’esercito, invece, devono essere molto chiare. Ci sono i buoni e i cattivi. Se fai parte dei buoni, vinci. Se invece cominciamo a farci domande su tutto, sui civili, sulla povera gente a Gaza, su cosa ne penserà il mondo, ci bloccheremo e dovremo prenderci cura di due milioni di persone. Invece dobbiamo andare avanti e vincere».

La settimana scorsa il ministro della Difesa Yoav Gallant ha visitato l’accademia. Quindici ex studenti sono morti a Gaza, e Gallant è andato a Eli a discutere con i giovani «dell’importanza di bilanciare il servizio militare con gli obblighi religiosi», così recita una nota del suo ufficio stampa. Gli studenti dell’accademia religiosa sionista, ha detto, sono la prova che «è possibile tenere un’arma in una mano e un libro (di studi ebraici) nell’altra».
Ha detto loro che Israele darà la caccia a Hamas «ovunque, in tutto Israele e in tutto il Medio Oriente» e che la guerra a Gaza è sia l’inizio che la fine di un’era, un viaggio che «ci guiderà per gli anni a venire e il modo in cui vivremo in Medio Oriente».
Ha ricordato agli studenti che studio e lotta sono i due ambiti che garantiscono il futuro dello Stato di Israele, e che in entrambi c’è la garanzia della sua protezione: «Penso che la fede e lo studio della Torah siano uno dei fondamenti più importanti del popolo di Israele, e quando vedo che avviene insieme a simili eccellenze sul campo di battaglia, voglio dirvi che come ministro sono orgoglioso che ci siano soldati come voi nell’Idf».

Il rabbino Yishai Tzur sostiene che la guerra a Gaza, il numero delle vittime civili, le critiche che circondano la crisi umanitaria in atto nella Striscia, non abbiano generato nei suoi studenti nuove domande. Nessun interrogativo. Per lui, ed è questo che insegna agli studenti dell’Accademia che andranno al fronte, non è necessario interrogarsi sul destino dei civili, nemmeno troppo sul diritto internazionale. «Quando gli americani hanno sconfitto i giapponesi, hanno fatto qualcosa di nuovo», dice evocando la Seconda Guerra Mondiale, l’atomica, Hiroshima e Nagasaki. «Durante la guerra succedono cose atroci. Per noi è duro bombardare, uccidere, sapere che possono morire di fame. Ma quello che vedo è che Israele sta prendendo il controllo e che dobbiamo andare avanti».

L’influenza del sionismo religioso nell’esercito ha molto a che fare col destino di Gaza. Nel disimpegno dalla Striscia, nel 2005, le forze armate evitarono di schierare soldati sionisti religiosi perché ritenevano che probabilmente si sarebbero rifiutati di rimuovere gli insediamenti ebraici. E non c’è dubbio che il disimpegno abbia costituito una ragione importante della radicalizzazione di una parte del movimento dei coloni, a cui gli studenti delle scuole di preparazione militare come quella di Eli fanno capo.

Già nella guerra a Gaza del 2008-2009 tra le truppe circolavano opuscoli rabbinati in cui si diceva che non si doveva cedere «nemmeno un millimetro» di terra e che la battaglia a volte richiedeva crudeltà verso il nemico. Era stato così anche nella guerra a Gaza del 2014, quando in un ordine per la brigata Givati, un’unità di fanteria d’élite, il colonnello Ofer Winter aveva scritto: «La storia ci ha scelto per guidare la lotta contro il terrorista nemico di Gaza che maledice, diffama e abomina il Dio di Israele», lettera che come riporta un’inchiesta di Reuters, concludeva con una citazione biblica che promette protezione divina ai guerrieri d’Israele sul campo di battaglia.



 
marzo 2024
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