Macchie sullo specchio

(sulla libertà religiosa)

Articolo di Don Jean-Michel Gleize, FSSPX


Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X

La Porte Latine

Fonte: Courrier de Rome, n° 672








1. Julie de Mestral-Combremonc (1863–1954), nato a Moudon, nel cantone Vaud, in Svizzera, trascorse la sua vita tra Lavey e Parigi. Egli pubblicò numerosi articoli nel Journal de Genève e nella Gazette de Lausanne, nel corso della prima metà del ventesimo secolo si impose come una delle figure più rappresentative della Chiesa Riformata Evangelica. Divenne celebre quando pubblicò nel 1909 un romanzo intitolato Le Miroir aux Alouettes [Lo specchio per le allodole], che nel 1910 gli valse l’attribuzione del Prix Montyon dell’Accademia Francese, ricompensa destinata agli autori francesi di opere molto utili ai costumi e raccomandabili per il loro carattere di elevazione e utilità morali.
L’espressione del titolo del romanzo indica in senso proprio un dispositivo girevole munito di piccoli specchi che riflettono i raggi del sole, usato dai cacciatori per attirare le allodole e altri piccoli uccelli. Si tratta dunque di una trappola o per lo meno di un’esca.
Il senso figurato designa una cosa seducente ma ingannevole.

2. Seducente e ingannevole è il recente tentativo del Padre de Blignières che, dopo diversi altri, vorrebbe provare che il diritto alla libertà religiosa, sostenuta nella Dichiarazione Dignitatis humanae del concilio Vaticano II, non si opporrebbe alla regalità sociale di Cristo sulle società umane (1). Tuttavia, un esame anche poco attento dei testi (2) obbliga a concludere che vi è una contraddizione reale e manifesta tra l’insegnamento di Dignitatis humanae e quello ei Papi anteriori al Vaticano II, specialmente con l’Enciclica Mirari vos pubblicata il 15 agosto 1832 dal Papa Gregorio XVI (1830-1846) e con l’Enciclica Quanta cura pubblicata l’8 dicembre 1864 dal Papa Io IX (1846-1878).
Il tentativo del Padre de Blignières, come quelli che prima di lui si sono sforzati di provare la continuità del Vaticano II con la Tradizione, non resiste all’esame dei testi.
Lungi da iscriversi nella continuità con l’insegnamento magisteriale e di esplicitare il diritto naturale rivelato, Dignitatis humanae nega la dottrina sociale della Chiesa.

3. La seduzione consiste nel fatto che l’articolo del Padre de Blignières mette in evidenza l’uno o altri passi della Dichiarazione Dignitatis humanae – arricchiti da insegnamenti del post-Concilio – che danno l’illusione di metterli d’accordo con gli insegnamenti di Gregorio XVI e di Pio IX. L’inganno consiste nel fatto che lo stesso articolo passa sotto silenzio i passi della Dichiarazione – e degli insegnamenti del post-Concilio – che sono in contraddizione manifesta con la dottrina insegnata fino ad allora dal Magistero della Chiesa. Come dire che la questione controversa non è neanche affrontata.

4. Indubbiamente, sì, ci sono ripetute affermazioni che presentano la dottrina della libertà religiosa come conforme alla dottrina tradizionale. Così, il n° 1 e il n° 13 della Dichiarazione Dignitatis humanae, il Catechismo della Chiesa cattolica del 1992, L’Enciclica Veritatis splendor di Papa Giovanni Paolo II e l’Enciclica Caritas in veritate di Papa Benedetto XVI affermano che la dottrina del Vaticano II sulla libertà religiosa non contraddice il dovere morale che obbliga sia gli individui sia le società a riconoscere ed abbracciare la vera religione, che il diritto alla libertà religiosa non può essere inteso come un diritto all’errore e che deve intendersi nei limiti oggettivi di un ordine pubblico affatto naturalista. Certo, senza dubbio … il Padre de Blignières ha scelto bene i suoi riferimenti. Bene? Cioè astutamente, nel senso in cui esse sono perfettamente idonei  per un’opera di seduzione, e distraggono lo sguardo da ciò che nei testi del Concilio e del post-Concilio pone veramente il problema. Ebbene, in questo senso sicuramente sì: questi riferimenti sono scelti bene perché fanno vedere solo il voluto, cioè un’apparente e molto parziale continuità. Ma questo attraverso una selezione arbitraria che è difficile credere che sia passata inosservata agli occhi di colui che un tempo dimostrava di essere così severo nei confronti di altri riferimenti che testimoniano indiscutibilmente una vera rottura con il passato.

5. Vediamo un po’

6. La libertà religiosa come l’insegna Dignitatis humanae contiene due punti ben precisi che la mettono in contraddizione con Mirari vos e Quanta cura. In effetti, Gregorio XVI e Pio IX hanno entrambi condannato due diverse espressioni di un solo e medesimo errore: l’errore del diritto alla non repressione da parte dei pubblici poteri in materia religiosa. La prima espressione: le autorità civili non devono intervenire per reprimere queste violazioni della religione cattolica che sono necessariamente le manifestazioni esteriori delle false religioni nel quadro della vita in società. La seconda espressione: gli individui hanno il diritto di non essere impediti dalle autorità civili di esercitare gli atti esteriori della loro religione, vera o falsa, nel foro esterno della vita in società. Questo errore condannato è oggi alla base di tutte le democrazie moderne. In un discorso all’ONLT [3], Papa Benedetto XVI vede questo stato di cose come il logico risultato delle riforme intraprese dal concilio Vaticano II. Il falso principio condannato da Gregorio XVI e da Pio IX è diventato la carta della nuova dottrina sociale della Chiesa conciliare.

7. Per tenerci alla prima espressione dell’errore segnalato, la proposizione condannata da Quanta cura è la seguente: «La migliore condizione della società è quella in cui non si riconosce al potere il dovere di reprimere con delle pene legali i violatori della religione cattolica, se non nella misura in cui lo richiede la pubblica tranquillità» (DS 1689).
Dignitatis humanae dichiara che la libertà religiosa a cui ha diritto la persona umana «consiste nel fatto che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata» (n° 2). Pio IX condanna quindi il diritto alla non repressione in materia di religione, anche se limitato dalle esigenze dell’ordine pubblico della società civile. DH insegna questo stesso diritto alla non repressione in materia religiosa, come limitato unicamente dalle esigenze dell’“ordine pubblico” (DH 2) o della “moralità pubblica” (DH 7), e quindi rifiuta di permettere allo Stato di limitare o proibire l’esercizio di un culto religioso per il semplice fatto che questo culto, essendo falso, è dannoso per il bene comune della religione cattolica. La contraddizione è dunque manifesta: per Quanta cura la norma è la repressione del culto pubblico delle false religioni, anche limitata dalle esigenze dell’ordine pubblico; per Dignitatis humanae la norma è la libertà del culto pubblico delle false religioni, limitata dalle esigenze di ordine pubblico. Quanta cura limita solamente, per la tolleranza, la repressione dell’errore, che non può mai godere di alcuna libertà, come insegna Papa Leone XIII nell’Enciclica Libertas «Non è mai lecito esigere, difendere o concedere la libertà di pensiero, di scrittura o di insegnamento, e nemmeno la libertà indiscriminata delle religioni, come diritti che la natura ha dato all’uomo. [...] Ma ne consegue anche che questi tipi di libertà possono essere tollerati per giuste cause, con le necessarie precauzioni affinché non degenerino in disordine e licenza» (4). Al contrario, Dignitatis humanae limita la stessa libertà concessa in linea di principio all’errore. E questi limiti che Dignitatis humanae impone alla libertà dell’errore non intendono restringere il dominio specificamente religioso della libertà. Il diritto alla libertà religiosa è quello di una libertà illimitata nel dominio religioso, diritto senza limiti intrinseci, poiché vale per tutte le religioni, vere o false. Si avranno tuttalpiù dei limiti estrinseci, che sono quelli dell’ordine profano, certo oggettivi ma puramente naturali. I discorsi pontifici di Benedetto XVI lo chiariscono ampiamente, in particolare il suo discorso chiave ai giuristi italiani nel 2006, che fa riferimento alla “legittima autonomia delle realtà terrene” auspicata dal n. 36 della Costituzione pastorale Gaudium et Spes, nel senso di un’effettiva autonomia «non dell’ordine morale, ma del dominio ecclesiastico» [5]. In altre parole, mentre i poteri pubblici sono tenuti a rispettare l’ordine della legge naturale, non sono tenuti a rispettare l’ordine della legge divina positiva, rivelata da Cristo e dagli Apostoli e il cui deposito è affidato alla Chiesa cattolica.

8. La contraddizione tra Quanta cura e Dignitatis humanae deriva dall’innegabile verità che l’esercizio pubblico di una falsa religione è, in quanto tale, (anche se limitato dalle esigenze della pace pubblica) una violazione della religione cattolica. Ed è proprio questa equivalenza che i sostenitori della libertà religiosa non riconoscono. Ai loro occhi, professare una falsa religione nell’ambito dell’ordine sociale non equivale a violare la religione cattolica, poiché l’ordine sociale è autonomo dalla legge positiva divinamente rivelata. Tutto si basa su questo principio di autonomia, enunciato al n. 36 della Gaudium et Spes e spiegato da Benedetto XVI nel discorso del 2006 all’Unione Giuristi Cattolici Italiani.

9. Quanto alla seconda espressione dell’errore segnalato, Quanta cura condanna la seguente proposizione: «La libertà di coscienza e dei culti [in foro esterno] è un diritto proprio di ogni uomo» e «Questo diritto deve essere proclamato e garantito dalla legge in ogni società organizzata» (DS 1690). Dignitatis humanae afferma invece che «la persona umana ha diritto alla libertà religiosa» nel senso indicato prima e che «questo diritto della persona umana alla libertà religiosa nell’ordine giuridico della società deve essere riconosciuto in modo tale che costituisca un diritto civile».

10. Si tratta di due punti cruciali in ragione dei quali la Dichiarazione Dignitatis humanae pone un grave problema alla coscienza dei cattolici. Il testo del Concilio non insegna (almeno in questo n° 2) la libertà delle coscienze individuali in materia religiosa, nel senso in cui ogni uomo avrebbe il diritto di scegliere, nel foro interno della sua coscienza, la religione che gli piace (che sia oggettivamente vera o falsa), senza tenere conto di alcune regola morale oggettiva (6). Il testo insegna la libertà delle azioni esterne individuali in materia religiosa, nel senso che ogni uomo ha il diritto di non essere impedito dalle autorità civili ad esercitare, nel foro esterno della vita in società, gli atti religiosi che in coscienza si sente tenuto a compiere, fin tanto che questi atti non turbino l’ordine pubblico; il che equivale ad enunciare l’indifferentismo religioso delle autorità civili. Infatti, il diritto così definito implica che le autorità civili non devono intervenire, nel foro esterno della vita in società, né a favore della vera religione né contro le false religioni, salvo che sia minacciato l’ordine pubblico, cioè per accidenti.
L’indifferentismo religioso in generale corrisponde a due errori distinti: l’indifferentismo religioso degli individui; l’indifferentismo religioso dei poteri pubblici. Questo n° 2 di Dignitatis humanae insegna il secondo errore, senza tuttavia insegnare il primo. E tutti i testi proposti dal Padre de Blignières: dal n° 1 di Dignitatis humanae a Caritas in veritate di Benedetto XVI, passando per il nuovo Catechismo del 1992 e Veritatis splendor di Giovanni Paolo II, si accontentano di riprovare l’indifferentismo religioso degli individui. E se tuttalpiù ricordano il dovere delle società di abbracciare la vera religione, nessuno di questi testi ritorna alla problematica affermazione del n° 2 di Dignitatis humanae. Il che corrisponde al falso principio del liberalismo, condannato da Gregorio XVI e Pio IX, secondo il quale l’autorità politica, se ha il dovere di abbracciare la vera religione ha anche il dovere di rispettare il diritto degli individui e delle associazioni a non essere impediti di professare le false religioni. Sta qui la contraddizione del cattolicesimo liberale: esso afferma di essere obbligato in coscienza e persino di obbligare la società in coscienza a professare la vera religione, ma afferma anche di essere obbligato in coscienza a non impedire ai violatori della vera religione di violarla, per il fatto stesso che professano le loro false religioni. Questa è la negazione stessa della Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo.

11. Infatti, il principio della libertà religiosa implica la negazione della necessaria unione fra la Chiesa e lo Stato. Lo Stato non deve più intervenire per impedire la professione pubblica delle false religioni. Questa separazione fra la Chiesa e lo Stato si spiega in ragione del falso principio dell’autonomia del temporale, enunciato dalla Costituzione pastorale Gaudium et spes nel n° 36, secondo il quale «le cose create e le stesse società hanno leggi e valori loro propri, che l’uomo deve gradualmente imparare a comprendere, utilizzare e organizzare». Questo principio è stato esplicitato da Papa Benedetto XVI nel suo discorso all’Unione dei Giuristi Cattolici Italiani, del 9 dicembre 2006, citato prima. L’espressione significa «l’autonomia effettiva delle realtà terrene, non dall’ordine morale, ma dal dominio ecclesiastico». Il principio enunciato dal Vaticano II e rivendicato da Benedetto XVI autorizza tuttalpiù nel dominio temporale un intervento delle religioni, vere o false (e non solo della Chiesa), a favore dell’ordine morale naturale, e solo come consiglio o libera testimonianza. Dalla distinzione nell’unione fra la la Chiesa e lo Stato, sempre insegnata finora dal magistero, si è passati alla separazione e al pluralismo.

12. Ma di questo il Padre de Blignières non fa parola. Ecco perché, per quanto attraente possa sembrare a tutte le anime buone ansiose di rimanere nella comunione della verità rimanendo obbedienti agli insegnamenti del Vaticano II, lo scritto del fondatore della Fraternità San Vincenzo Ferrier è ingannevole.



NOTE

1 – Louis-Marie de Blignières, «Le Christ Roi et la liberté religieuse. La royauté sociale du Christ, doctrine périmée ou pérenne ? » pubblicato sul sito Claves.org, pagina del 23 dicembre 2023.
2 – Sarebbe fastidioso enumerare nuovamente qui tutti gli studi che da cinquant’anni hanno stabilito questo punto. Citiamo solo a titolo documentario, senza pretendere di essere esaustivi: Mons. Lefebvre, Mes doutes sur la liberté religieuse, Clovis, 2000; Lettre de quelques évêques sur la situation de la sainte Eglise et Mémoire sur certaines erreurs actuelles, Société Saint Thomas d’Aquin, 1583; Michel Martin, «Le concile Vatican II et la liberté religieuse» in De Rome et d’ailleurs, numero speciale di gennaio 1986; Don Bernard Lucien, Grégoire XVI, Pie IX et Vatican II. Etudes sur la liberté religieuse dans la doctrine catholique, Editions Forts dans la foi, 1990; Arnaud de Lassus, La liberté religieuse, trente ans après Vatican II, Action Familiale et Scolaire; Don Jean-Michel Gleize, Vatican II en débat, Courrier de Rome, 2012, p. 107–124.
3 – Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 18 aprile 2008, in L’Osservatore Romano n° 16, 22 aprile 2008, p. 7
4 -  Leone XIII, Enciclica Libertas del 20 giugno 1888, in Enseignements pontificaux de Solesmes, La Paix intérieure des nations, n° 225.
5 – Benedetto XVI, Discorso all’Unione dei Giuristi Cattolici Italiani, 9 dicembre 2006, in DC n° 2375, pp. 214-215.
6 - Questo indifferentismo religioso degli individui è condannato nella proposizione 15 del Syllabus di Papa Pio IX (DS, 2515).





Don Jean-Michel Gleize è professore di apologetica, di ecclesiologia e di dogma al Seminario San Pio X di Ecône. E’ il principale redattore del Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali fra Roma e la Fraternità San Pio X tra il 2009 e il 2011.




 
marzo 2024
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