La prevalenza del trinariciuto


di Antonio de Felip



Pubblicato sul sito Ricognizioni






Il trinariciuto (vignetta di Guareschi)



Come tutti noi sappiamo, Giovannino Guareschi non è stato solo un bravissimo giornalista e il geniale creatore di Don Camillo, Peppone e del Mondo piccolo, ma anche un formidabile vignettista. Basti pensare alle innumerevoli vignette pubblicate su Candido della serie: “Obbedienza cieca pronta assoluta – Contrordine compagni”.
L’intento di Guareschi e del suo umorismo, più bonario che feroce, al contrario di certa satira politica di sinistra odierna, era quello di irridere l’ottusità e la mancanza di senso della realtà degli attivisti comunisti.
Nel disegnarli, Guareschi aveva aggiunto la trovata della terza narice che così spiegava: “serve di scarico in modo da tener sgombro il cervello dalla materia grigia e permettere nello stesso tempo l’accesso al cervello delle direttive di partito che, appunto, debbono sostituire il cervello.”
Più avanti aggiunse una spiegazione lievemente diversa. Voleva rappresentare: “i compagni comunisti che, nell’attesa spasmodica di ordini e di contrordini, scalpitavano ed emettevano nuvolette di fumo dalle narici. Un giorno, per significare la potenza vulcanica del loro interno fervore politico, non trovai di meglio che aumentare i condotti di scarico vapori e fumi corredando il loro naso di una terza narice.

Oggi il vecchio PCI non c’è più – qualcuno a destra ne ha un vago rimpianto, e pour cause – e si è trasformato prima in un partito radicale di massa, come diceva Augusto Del Noce, per poi fluidificarsi in un neo-neo-marxismo decostruzionista, decivilizzatore, eco-catastrofista, intriso di veleni politically correct, trans-omosessualismo, dedito alla più bieca cancel culture antirazzista e al wokismo più feroce e censorio. Per allearsi e confondersi infine con il super-capitalismo dei signori della montagna magica di Davos, che ci vogliono consumatori senza radici e senza storia, meticci e indifferenziati. Quanto di più lontano dall’onesta figura di Peppone e dei suoi compagni, fedeli alla famiglia, alla terra, persino alla Patria.

Ma l’ottusità, la mancanza di senso del ridicolo e del limite sono rimaste. Basta sfogliare un giornale o guardare la maledetta televisione per constatare, ogni giorno, che i trinariciuti sono tornati, o forse non se ne sono mai andati.
Viviamo giorni in cui la dittatura del politically correct ci raggiunge con notizie che solo qualche lustro fa avremmo rubricato come segnali di follia o, nei casi più gravi, di possibile possessione diabolica. La maggioranza non reagisce e non si stupisce, ormai mitridatizzata rispetto a una morale e a un mondo invertito.

Una minoranza risponde con amara ironia e moderata indignazione: non si può reagire troppo, c’è il rischio di essere sospesi come cittadini, come i tre studenti della Bocconi che sono stati sospesi dall’Università perché colpevoli di sovversive, goliardiche sghignazzate rispetto alla grottesca trovata dei bagni gender. O quel bravo docente di storia delle dottrine politiche, Marco Bassani, dell’Università Statale di Milano, sospeso dall’insegnamento per aver condiviso un meme, giudicato “sessista” (ennesima parola priva di senso imposta dalla neolingua) il quale diceva che la vicepresidente USA, Kamala Harris, ventinovenne, aveva avuto una relazione “interessata” con un potente politico sessantenne. È di questi giorni la notizia che il professor Bassani è stato costretto praticamente alle dimissioni dall’Università Statale.

Allora, per rinfrescarci la memoria, proviamo a mettere in fila qualcuno dei più recenti fatti che illustrano il trinariciutismo – o qualcosa di peggio – che infesta il cosiddetto Occidente: sembra che sia in atto una corsa tra falsificatori della realtà, negatori dell’evidenza, distruttori di tutto ciò che attiene a una civiltà creata da secoli di storia e di cristianesimo. La compilation, assolutamente soggettiva (ognuno può farsi la sua), provvisoria e purtroppo aggiornabile ogni giorno, può servirci come memento, come innesco per una salutare reazione civile o, più banalmente, come spunto di conversazione; quelle che iniziano con “hai sentito…?”.

Iniziamo da Google, e in particolare da Google Gemini che vuole insidiare il primato di OpenAI nel campo della cosiddetta “intelligenza artificiale”. Ora, è noto che qualsiasi software risponde, inesorabilmente, al principio GIGA: garbage in, garbage out, cioè se inserisci (programmi) spazzatura, otterrai spazzatura.
E poiché i manager e i programmatori di Google sono tenuti al ferreo rispetto delle più ottuse regole woke, ispirate all’antirazzismo più bieco e anti-bianco, ecco che i programmi di risposta di Google Gemini applicano, anche nella ricerca di immagini, un fanatismo ideologico estremo. Infatti, alla richiesta: “generami l’immagine di un soldato tedesco del 1943” il risultato è stato la riproduzione, sotto l’elmetto, di “soldati” di colore, donne asiatiche e solo in un caso un simil-bianco.
Lo stesso si ottiene alla richiesta dell’immagine di un guerriero vichingo e addirittura di Pontefici: individui neri, sempre neri, inesorabilmente neri.

Allo scoppiare del caso, molti utenti hanno segnalato che Google si era rifiutato di rappresentare persone bianche e la cosiddetta “intelligenza artificiale” si è giustificata affermando che il software non è in grado di generare certe immagini per evitare di perpetuare stereotipi dannosi. L’avversione di Google Gemini (ma più precisamente dei suoi programmatori) per le persone di razza bianca è stato anche confermato da un ex dipendente della società che ha affermato che era “difficile convincere Google Gemini a riconoscere che i bianchi esistono”. 

Rimaniamo nell’ambito delle follie dell’ideologia woke, il cui evidente trinariciutismo (che, come la stupidità nelle celeberrime leggi di Carlo M. Cipolla, colpisce a prescindere dal livello culturale) è riuscito a impestare anche la seriosissima paleontologia.
La “prestigiosa” rivista Nature ci informa che un gruppo di paleobiologi tedeschi, afflitto da quel terribile delirium tremens intellettuale che risponde al nome di politically correctness, ha rilevato che l’attuale nomenclatura scientifica che identifica i vari dinosauri (come Brontosauro, Tirannosauro eccetera) include un centinaio di definizioni che “emanano razzismo, sessismo, nominati in contesti (neo) coloniali o in onore di figure controverse.

Un esempio: alcune specie scoperte da esploratori tedeschi in Tanzania hanno preso il nome da questi europei e non, ecco dove sta il crimine, dai portatori africani che parteciparono alla spedizione. La desinenza di molte definizioni è a maggioranza maschile e questo è un altro crimine discriminatorio. Purtroppo questa evidente manifestazione di trinariciutismo dinosauresco si è diffusa a macchia d’olio: il paleontologo londinese Paul Barrett si è lamentato che “la maggior parte degli eponimi rifletteva il ruolo degli scienziati del nord del mondo”.  Un suo collega argentino ha solennemente e severamente dichiarato: “Dobbiamo rivedere criticamente ciò che abbiamo fatto e cercare di correggerlo in futuro”.
Che dire? Questi “scienziati” dovrebbero essere costretti a vedere, per una decina di volte ciascuno, l’intera serie di Jurassic Park.

Purtroppo, come si vede, l’ambiente accademico non è per nulla esente dal trinariciutismo. Prendiamo il prestigiosissimo (questa volta l’aggettivo non è usurpato) Merton College, uno dei collegi fondativi dell’Università di Oxford. Istituito nel 1264, è uno dei più antichi dell’università e fu creato grazie ad una generosa donazione da parte del Lord Cancelliere William de Merton. J.R.R. Tolkien insegnò al Merton come Professor of English Language and Literature dal 1945 al 1959. Purtroppo, il wokismo trans-omosessualista non ha risparmiato questa storica cattedrale del sapere, dove oggi vengono organizzato eventi “LGBTQIA+”, sono stati istituiti bagni “gender neutral” (ha ispirato l’Università Bocconi?) e il 20 novembre viene “festeggiato il “Trans Day of Remembrance”.

La Normale di Pisa, altra prestigiosa istituzione, ha recentemente ospitato un seminario di due giorni di tal Mar Rodda, Research Fellow al Merton College, il cui ambito di ricerca post-dottorato è, leggiamo dal sito del Merton: “disabilità e gender nella letteratura greca” e in particolare come “the characterisation of disability intersects with gender, class, and ethnic identity.” In realtà Mar Rodda è tal Martina Astrid Rodda che, almeno dalla foto, per quel che si può capire, parrebbe essere una femmina. Costei ha illuminato l’uditorio della Normale con due seminari. Il primo: “Il genere di Achille. Una prospettiva queer e trans sull’Iliade”. Il secondo: “Falli lunari, oratori pelosi, e dei incinti. Disabilità e ansie di genere in Luciano di Samosata”. Rileggete ancora i due titoli, allucinati e allucinanti. Non vi sembrano un’ennesima dimostrazione che la mostruosa, pervertita decadenza del pensiero occidentale è, prima di essere una terribile tragedia, una grottesca farsa, una sghignazzata infernale? Non vi invita al cattivo pensiero, al barbaro auspicio: “quando finalmente arriveranno i cosacchi ad abbeverarsi alle fontane delle nostre accademie”?

Un’altra notizia dalla ormai decivilizzata Gran Bretagna. Il BBFC, cioè il British Board of Film Classification ha riclassificato il film Mary Poppins del 1964, vincitore di ben 5 Oscar, da “per tutti” a “bambini accompagnati”: Il motivo: un simpatico personaggio della commedia, l’ammiraglio Boom, usa due volte la parola “ottentotti” e, per la feroce censura woke britannica, questo sarebbe “linguaggio discriminatorio”. Ovviamente criticato dalle persone che ancora hanno un po’ di buon senso, il BBFC così si è difeso, con il solito linguaggio involuto e falsificante tipico della politically correctness: “dalla nostra ricerca sul razzismo e la discriminazione ci rendiamo conto che una delle preoccupazioni principali, in particolare per i genitori, è la possibilità di esporre i bambini a un linguaggio o a un comportamento discriminatorio”.

Chi scrive è fermamente convinto che le preoccupazioni dei genitori britannici riguardo ai loro figli siano ben altre, come quella che i loro bimbi malati non vengano loro sottratti da medici e giudici eutanasici o quella conseguente ai rischi della criminalità “d’importazione” che infesta le città.

Però il fatto, pur catalogabile come ridicolo e assurdo, è esemplificativo dell’ottusa arroganza di una planetaria egemonia culturale wokista che, in nome dei suoi infernali anti-valori, tutto insozza, tutto vandalizza, tutto inquina, tutto inverte, tutto falsifica.

C’è poi un mondo, un universo ideologico che non finisce mai di stupire per la continua, fluviale produzione di affermazioni o gesti che è riduttivo giudicare semplicemente ridicoli, perché in realtà sono socialmente pericolosi quando non letali: il mondo ecologista-ambientalista, in preda ormai al più stupefacente isterismo suicidario anti-umano. Abbiamo tutti sotto gli occhi l’oscena battaglia che gli eco-terroristi, impuniti, protetti e difesi dalla stampa mainstream stanno conducendo contro la Bellezza, le opere d’arte e i palazzi storici.

Spigoliamo però anche tra molti altri fatti che talvolta sfuggono all’opinione pubblica. Andiamo a Parigi, dove il sindaco (è una femmina, ma il termine “sindaca” ci ripugna) Anne Hidalgo, tra l’altro di ultra-sinistra ed ecologista, che vuole fermare totalmente il traffico privato, è stata costretta a programmare una campagna di disinfestazione contro una massiva invasione di ratti, di topi di fogna. Disinfestazione già resa difficile dal fatto che la solita Unione Europea ha proibito, ancora una volta in nome dell’ambiente, alcuni tipi di veleni da sempre efficaci contro i simpatici animaletti e si è costretti a ricorrere a tipi di interventi più “leggeri”.

Riferisce il Giornale che, nonostante sia ben nota la pericolosità dei ratti per la salute umana (basti pensare alle pesti bubboniche del passato), è insorta un’attivista animalista, tale Josette Benchetrit, che ha lanciato una petizione online che ha raccolto più di 25.000 firme sotto l’affermazione secondo cui i topi di fogna sono esseri senzienti come noi e sterminarli equivale a un “genocidio”. Interessanti anche alcuni dei commenti di questi difensori delle pantegane: “Sorge l’urgenza di una domanda: l’uomo merita di vivere?”, “Eliminiamo i fascisti, invece” (pertinente un vecchio slogan: “fascisti carogne, tornate nelle fogne”).
Nella notizia, quel che colpisce è il numero dei parigini rattofili: almeno 25.000. Venticinquemila animalisti che dichiarano che la vita umana vale meno di quella di un topo di fogna. Ecco l’effetto di decenni di propaganda green da parte delle dominanti voci del regime. Ennesima dimostrazione della decadenza civile in atto in Francia e nel cosiddetto Occidente.

D’altronde anche nel nostro paese si moltiplicano i casi di trinariciutismo ambientalista, come ben sappiamo dalle notizie degli atti vandalici contro le opere d’arte che abbiamo già citato. Aggiungiamo qualche altra curiosa iniziativa verde: in Toscana gli animalisti hanno dichiarato guerra all’asfaltatura di una strada appenninica perché, secondo costoro, metterebbe a rischio l’habitat del “rospo ululone”, un anfibio locale. Insomma, cosa vale la sicurezza degli automobilisti di fronte a una tribù di poveri rospetti?
Non possiamo poi dimenticare quanto, qualche tempo fa, abbiamo sentito affermare dai soliti ambientalisti da salotto: che sia normale che in Trentino un orso si mangi tranquillamente un cristiano in un bosco, perché il bosco è dell’orso e il cristiano è un intruso.
Posso ancora gridare che questo è ben oltre un pensiero folle, è un pensiero malvagio?

Una volta limitato alla categoria degli attivisti comunisti, il pensiero trinariciuto sta dilagando in tutti gli ambiti della società e le salutari reazioni sono spesso limitate, se non impedite, da una sorta di censura invisibile imposta dall’egemonia culturale dei Signori della Dissoluzione. Se il falsificante crimine di “incitamento all’odio” è sempre pendente per chi aspira a non vivere schiavo, tuttavia una sana sghignazzata, davanti alle follie della correttezza politica e della cappa della sinistra anti-cultura, è forse ancora possibile.
Di fronte alla bolsa arroganza, alle menzogne delle aberrazioni del pensiero liberal-progressista declinato in tutte le sue forme, possiamo ancora, come il bambino della fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore di Hans Christian Andersen, gridare ridendo: “ma il re è nudo!”.








 
marzo 2024
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