Il cardinale Cupich

propone una riforma sinodale della Chiesa



Articolo della Fraternità San Pio X







Il cardinale Blaise Cupich in conferenza


Invitato come conferenziere all’Università del Sacro Cuore di Fairfield (Connecticut, USA) nel quadro del ciclo «Bergoglio», in cui cardinali o vescovi parlano del pontificato di Papa Francesco, delle sue origini, delle sue tendenze, dei suoi scopi o delle sue implicazioni, il cardinale Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago, ha parlato della cosiddetta «conversazione nello Spirito» utilizzata al Sinodo.

La «conversazione nello Spirito» è stata al centro della metodologia del Sinodo sulla sinodalità, specialmente nella prima fase romana, che si è svolta nel mese di ottobre 2023.


La «conversazione nello Spirito» secondo il Sinodo

La «conversazione nello Spirito» è stata caratterizzata da riunioni in gruppi ristretti di una dozzina di persone.
In un primo tempo, «Ciascuno prende la parola a turno, parlando della sua esperienza personale e della sua preghiera, e ascolta attentamente i contributi degli altri».
In un secondo tempo, «ciascuno condivide, a partire di ciò che hanno detto gli altri, ciò che lo ha colpito di più o ciò che ha suscitato la sua resistenza».
In un terzo tempo si svolge il dialogo «a partire da ciò che è emerso, per discernere e raccogliere il frutto della “conversazione nello Spirito”».
La conclusione è che «è importante che ciascuno possa sentirsi rappresentato dal risultato del lavoro».

Il Padre Pierre de Charentenay S.J., ha spiegato questo metodo sul sito La Vie, e l’ha indicato come «derivato dalla spiritualità ignaziana». Egli lo ha collegato al «discernimento degli spiriti» del fondatore della Compagnia di Gesù, Sant’Ignazio di Loyola; ha anche riconosciuto che il metodo «è spesso applicato per i ritiri individuali. Ma può essere utilizzato nel quadro di un lavoro collettivo allo scopo di giungere ad una decisione».


La visione del cardinale Cupich

Il National Catholic Register ha riportato la sostanza della conferenza dell’arcivescovo di Chicago. In cui è detto che il cardinale ha proposto la «conversazione nello Spirito» come modello per la riforma della Chiesa, indicando in particolare la sua natura ugualitaria.
Egli ritiene che la «conversazione nello Spirito» è al centro dell’appello di Papa Francesco a «considerare un rinnovamento di tutta la Chiesa».

Il cardinale ha detto che ciò che l’ha colpito al Sinodo, nel quadro della «conversazione nello Spirito», è stata la diminuzione della distinzione fra i vescovi e gli altri membri della Chiesa. Ed ha spiegato che «noi abbiano cominciato su un piede di parità e abbiamo riconosciuto che ciascuno parla con autorità».

Il prelato ha anche dichiarato che l’introduzione della metodologia della «conversazione nello Spirito» è stato l’elemento più significativo della «riformulazione della sinodalità» di Francesco, ed ha qualificato tale metodologia «niente di meno che rivoluzionaria».
Un altro elemento apprezzato dal cardinale è l’ampiamento del numero dei votanti al Sinodo, oltre all’episcopato: «Tutti hanno un voto uguale».

Infine, il cardinale Cupich ha cercato di anticipare le critiche, dicendo che nella Chiesa certuni hanno «paura» del cambiamento e di dover rinunciare al potere: «Coloro che ascoltano la verità temono che essa li obblighi a rinunciare al controllo o a cambiare». Ed ha aggiunto: «la paura di perdere al controllo è profondamente radicata nella psiche dei dirigenti della Chiesa».


La spiegazione di un altro gesuita

In una intervista concessa alla CNA – già riportata su questo sito – Padre Anthony Lusvardi S. J., professore alla Grogoriana, ha fornito una dettagliata spiegazione del metodo utilizzato nel corso della prima sessione del Sinodo, ed ha sottolineato i suoi limiti, specialmente nel quadro delle discussioni su un oggetto dottrinale o disciplinare.

Il gesuita ha spiegato che «il metodo è relativamente recente e non risale al santo fondatore. L’accento è posto sulla mutua comprensione. Esso può rivelarsi molto utile per appianare una riunione e per permettere degli scambi sereni».


Un metodo inefficace per la discussione teologica

Ma Padre Lusvardi ritiene che questo metodo «non è adatto per un ragionamento teologico o pratico minuzioso o complesso». E questo per una ragione evidente: «Per un ragionamento teologico occorre dar prova di spirito critico, soppesare il pro e il contro. Il che richiede anche un grado di oggettività che questo metodo non è in grado di fornire».

Il gesuita continua con una osservazione pertinente: se le persone hanno idee dannose o false può essere utile ascoltarle, ma «è irresponsabile e poco caritatevole non correggere l’errore»  «Il metodo non può sostituire le evidenze empiriche, la rivelazione o l’insegnamento della Chiesa»; ed ha ricordato che Sant’Ignazio era «molto chiaro sul fatto che non tutte le cose sono degli oggetti appropriati al discernimento».

E su questo punto egli precisa: «Se ciò che vi accade nella preghiera contraddice quello che è stato rivelato da Gesù Cristo, allora non è all’opera lo Spirito Santo».
Osservazione che il Sinodo avrebbe dovuto riportare su tutti i monitor usati dai partecipanti.


Non confondere questo metodo con la Rivelazione divina

Padre Lusvardi ha detto anche che «il fatto che nella preghiera avvenga qualcosa non significa che si tratti della volontà di Dio». Altri commentatori hanno già avanzato questa critica, che riguarda la base stessa utilizzata dal sistema sinodale: il sensus fidelium inteso nel senso di Francesco.

Non meno interessante è l’ultima osservazione: il discernimento comunitario non deve essere inteso come una caratteristica del governo dell’Ordine dei Gesuiti, che è strutturato in maniera gerarchica, come tutta la Santa Chiesa.


Conclusione

Abbiamo dunque visto l’attuazione di un «discernimento comunitario» tipicamente gesuita, praticato nella Compagnia di Gesù da decenni, che è interessante solo in situazioni molto limitate e fuori contesto nelle discussioni dottrinali, ma che è stato applicato ad un Sinodo dei vescovi alterato dalla presenza di laici.
Il risultato è noto.

I beati commentatori che vogliono estendere questo metodo a tutta la Chiesa, per tutte le situazioni, si rendono conto della sterilizzazione teologica e dottrinale che vogliono mettere in atto?
Tutti coloro che invocano una «Chiesa sinodale», si rendono conto che dissolvono la Chiesa in una «esperienza di fede» tagliata fuori dalla Rivelazione?

Una tale attuazione, alla fine non sarebbe altro che la dissoluzione della verità in una falsa carità coperta col manto della misericordia. Ma rinunciando alla Verità di Cristo si rinuncia anche alla Sua Carità e si diventa i più duri degli uomini che allontanano le anime dal Salvatore.

Infine, si tratterebbe di un grave attentato alla struttura gerarchica della Chiesa, che è una delle sue note, cioè quello che la caratterizza e che è di origine divina.
Metterla in discussione o discuterla è esattamente un’eresia.






 
maggio 2024
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