Raffigurazione del Miracolo
Il 25 aprile 1356, nella chiesa di Santa Caterina di Macerata, mentre
un sacerdote, che dubitava della reale presenza di Cristo nell’Ostia
consacrata, stava celebrando la Messa, al momento della consacrazione
sgorgò del sangue dalla particola, cadendo in parte nel calice e
in parte sul corporale.
Il sacerdote, del quale non ci è pervenuto il nome,
riferì l’accaduto al vescovo, Mons. Nicolò da San
Martino, che aprì un’indagine canonica sull’episodio. Gli atti
del processo non sono arrivati fino a noi, ma è rimasto il
corporale, ingiallito dal tempo, con una pergamena cucita ad una
estremità, riportante il testo seguente: “Hic fuit aspersus
sanguis D.N.J.C. de Calice, die XXV mensis aprilis anno Domini 1356”.
L'urna in cui è custodito il corporale insanguinato
La pergamena che attesta il
miracolo
Il corporale è ancora custodito in un’urna di cristallo, nella
Cattedrale di Macerata dedicata a Santa Maria Assunta e a San Giuliano.
La cattedrale di Macerata
Purtroppo sono poche le testimonianze storiche documentali dell’epoca
per una lacuna nei Libri delle Riformanze del Comune di quel periodo.
Ma da metà del 1600 la devozione crebbe, tanto che la piccola
urna, dono di un gentiluomo del cardinale Centini, veniva portata in
processione nella prima Domenica dopo Pentecoste. Nel 1649 il vescovo
Silvestri ordinò che la processione fosse solenne e “con il
concorso di tutto il Piceno”.
La processione venne interrotta all’epoca dell’invasione napoleonica;
venne ripresa nel 1932, in seguito all’iniziativa di un arcidiacono
della Cattedrale, monsignor Scarponi, che espose di nuovo la reliquia
alla venerazione dei fedeli.
In occasione della solennità del
Corpus Domini, la reliquia viene
portata in processione dietro il Santissimo Sacramento.
La processione del
Corpus Domini