Storia della persecuzione cattolica
in Spagna: 1931 - 1939


di Don Gabriel Calvo Zarraute

Terza parte


Pubblicata sul sito del Centro Culturale San Giorgio



III

IL MITO DELLA CHIESA OSTILE ALLA REPUBBLICA



Sebbene non fosse il sentimento della maggioranza dei cattolici che sostenevano la monarchia, tradizionale istituzione spagnola, la Gerarchia ecclesiastica accolse la Repubblica con le migliori disposizioni fin dall’inizio del governo provvisorio. Essa accolse il nuovo regime, non con entusiasmo, ma con il massimo rispetto (47). Non invano Alcalá Zamora, ex ministro di Alfonso XIII, aveva offerto una repubblica moderata e i Vescovi avevano accettato il nuovo regime per un espresso ordine dato da Papa Pio XI (1857-1939) al Nunzio Mons. Federico Tedeschini (1873-1959) che lo trasmise prontamente all’Episcopato iberico (48).



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Anche se, come è evidente, ciò non significava che il clero avrebbe continuato a sostenere politicamente i proprî avversari. Tuttavia, il Vaticano e la Gerarchia ecclesiastica chiarirono fin dall’inizio che il nuovo regime è sempre stato rispettato. Anche la separazione tra Chiesa e Stato è stata accettata, in modo pratico, ma non teorico, poiché seguendo la dottrina pontificia, è stata difesa la dottrina tradizionale del Regno Sociale di Gesù Cristo (49). Dottrina che la Chiesa «conciliare» avrebbe in seguito rinnegato con conseguenze disastrose per tutti i fedeli (50).




Christus vincit! Christus regnat! Christus imperat!


Si limitarono ad insistere, seguendo una politica di basso profilo, sui diritti civili della Chiesa, che furono sistematicamente violati come si vedrà poi nella stesura della Costituzione del 1931. In una Lettera Pastorale il Cardinale Primate Pedro Segura (1880-1957), Arcivescovo di Toledo, del 1° maggio 1931, espresse un grato ricordo della decaduta istituzione monarchica.
Questo testo, lungi dall’essere una bellicosa provocazione, permise di verificare che, al momento della sconfitta, solo una timida voce si levò per ringraziare la monarchia per quanto quell’istituzione aveva fatto per secoli in favore della fede cattolica. E questo senza smettere di incoraggiare i fedeli a sottomettersi ai poteri di fatto (51).

La stessa dottrina - senza riferimento in questo caso al regime decaduto - venne espressa dai Vescovi metropoliti nel loro documento del 9 maggio 1931, reso pubblico solo un mese dopo, quando nonostante gli incendi e gli assalti agli edifici ecclesiastici, si voleva mantenere a tutti i costi la precaria sintonia con il potere politico.
La caratteristica intolleranza dei dirigenti repubblicani si manifestò nelle reazioni al testo del Cardinale Segura.

La sinistra aveva il progetto di bandire la Chiesa da ogni presenza sociale e instaurare un laicismo che non fosse una semplice neutralità, ma una militanza anticattolica (52).
Episodi come il rogo di conventi ebbero la capacità di portare alla ribalta del dibattito politico la questione religiosa che le forze che tenevano in mano il timone della Repubblica non erano disposte a relegarla in secondo piano o a regolarla in un modo che implicasse una rinuncia alle loro vecchie pretese laiche. Una pretesa che a lungo andare crebbe enormemente (53).



Profanazioni e sacrilegi


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18 luglio 1936; miliziani comunisti, posano armati, fingendo pietà religiosa o ridendo, puntando le loro armi su crocifissi, statue di santi, arredi sacri, ecc..., presi in una chiesa che hanno appena profanato. Dopo la foto tutto è stato dato alle fiamme.




1936; miliziani repubblicani posano armati in una chiesa che hanno profanato indossando paramenti liturgici e la berretta che indossano i sacerdoti.




1936; anche in questa fotografia i rossi indossano per burla paramenti sacri (pianete, stole, camici, ecc...) e mostrano libri liturgici presi in una chiesa che hanno profanato.




1936; dopo aver profanato un monastero carmelitano questi miliziani repubblicani mostrano il loro «bottino», tra cui teschi e ossa di monaci dissotterrati. Questa pratica barbara e disumana divenne comune durante gli assalti alle chiese e ai conventi.




1936; miliziani repubblicani inscenano l’esecuzione di due finti preti cattolici che pregano. Purtroppo questa burla corrisponde a ciò che los rojos («i rossi») fecero anche nella realtà. Notate in basso a sinistra il corpo senza vita di una bambina...




1936; I rossi irrompono nell’arcivescovado di Madrid e si fanno immortalare a pugno chiuso sotto l’immagine dell’allora Papa Pio XI.




1936; immagini sacre, dipinti, statue di Santi, arredi, libri liturgici, paramenti, ecc..., presi nelle varie chiese profanate e ammassati nelle piazze per essere bruciati o distrutti.




1936; intere biblioteche contenenti libri sacri, vite dei santi e altre opere religiose ammassati nelle piazze delle città spagnole ancora nelle mani dei miliziani repubblicani vengono dati alle fiamme.




1936; a Siviglia, miliziani anarchici mostrano con orgoglio i resti mortali di un sacerdote che hanno dissotterrato.




1936; miliziani comunisti posano vicino alle spoglie di una monaca di cui hanno profanato il sepolcro.




1937; all’esterno della chiesa di Enseñanza, a Barcellona, due senza-Dio osservano da vicino i resti mortali di una suora dissotterrata, dileggiandola.




Barcellona 1936; le spoglie dei sacerdoti salesiani vengono dissotterrate ed esposte al pubblico ludibrio.




Un falangista nazionalista e una statua della Vergine Maria hanno subito la stessa sorte:
sono stati cavati loro gli occhi.

Il potere politico oppresse e violò senza sosta la più fondamentale e profonda di tutte le esperienze umane: la religione. In questo senso le provocazioni dei repubblicani erano all’ordine del giorno e colmarono tutte le misure umanamente sopportabili.
La storia della Seconda Repubblica non fu quella di un’arcadia felice di incontaminata pulizia democratica, di pace e di progresso, ma piuttosto una grande ondata di violenza da parte di un regime carico di zavorre ideologiche e messianiche e, quindi, settario, che portò a politiche e al caos sociale molto prima che scoppiasse la guerra.

Così lo storico antifranchista e socialista Javier Tusell (1945-2005) definì la Repubblica nel suo libro Alfonso XIII: el rey polémico: «Una democrazia poco democratica» (54).
Il che significa il crollo del principale mito della propaganda: non è stata la guerra a distruggere la democrazia, ma, al contrario, la distruzione della democrazia è stata la causa della guerra (55).
La cura pastorale del Cardinale Segura e la comparsa di alcuni segni di reazione nelle file conservatrici, eccitarono i rivoluzionari paranoici che, vittime di un’isteria collettiva, videro ovunque manovre contro il nuovo regime.




Javier Tusell e il suo libro Alfonso XIII: el rey polémico


Si giunse a considerare che tutto ciò che non rispettava quanto arbitrariamente imposto dalla sinistra, compreso il legittimo esercizio della libertà di espressione e del potere politico all’approssimarsi delle elezioni delle Cortes costituenti, venne interpretato come segno inequivocabile di violenza e provocazione (56).

Una lettura che continua ad essere ripetuta con insistenza dagli attuali rappresentanti delle correnti storiografiche di matrice marxista in cui le più irreali e paradisiache apologetiche della Repubblica vanno di pari passo con i più esaltati e brutali attacchi alla Chiesa e al suo impatto nella storia della Spagna (57).
Naturalmente, come potevano non mancare nella mitologia della sinistra i furiosi attacchi diretti contro colui che salvò la Chiesa cattolica dallo sterminio: Franco (58).


IV
LA REPUBBLICA INCENDIARIA:
ODIO E ASSENZA DI RESPONSABILITÀ
 

I fatti di Madrid iniziarono senza un nesso di causa-effetto, ma a causa dell’agitazione di piazza della sinistra (59). Nella notte del 10 maggio 1931 cominciarono ad essere pronunciate le prime minacce contro frati e suore, soprattutto contro i Gesuiti (60).
Da una finestra del Ministero dell’Interno, il ministro Miguel Maura chiese a gran voce l’espulsione degli Ordini religiosi, mentre il governo rimase in Consiglio riunito in un ufficio dello stesso edificio (61).

All’Ateneo vennero distribuiti gli elenchi dei conventi che si era deciso di incendiare il giorno dopo, oltre alla benzina e agli stracci per procedere. Il ministro della Guerra, Manuel Azaña, si rifiutò di intervenire tra i membri dell’Ateneo e assunse una posizione - sostenuta da altri ministri - di opposizione all’intervento della Guardia Civil per impedirlo. Questo centro, presieduto dallo stesso Azaña, era diventato per mesi un centro di agitazione repubblicana con una forte influenza massonica (62).




I simboli del Grand’Oriente di Spagna e della Gran Loggia




Il periodico El Español intitola in prima pagina «La Massoneria contro la Spagna». Secondo fonti massoniche, durante la repressione franchista nel dopoguerra furono giustiziati non meno di 300 Fratelli.


Centinaia di persone indifese rimasero senza casa, molti bambini (figli di lavoratori) persero le scuole gratuite, centinaia di anziani le loro case, e importanti biblioteche e opere d’arte di incalcolabile valore furono distrutte (63). Un’impressione di stupore, di delusione e di timore rivelò lo spavento di tutti coloro che avevano creduto nella possibilità di una repubblica dignitosa e onesta con tutti gli Spagnoli (64).

Ciò che fu caratteristico di tali eventi è che in una città socialmente problematica come Barcellona, questi fatti non si verificarono a causa della minima serietà del governatore civile. Fu il permissivismo delle forze dell’ordine pubblico, già al servizio della Repubblica, a lasciare impuniti tali oltraggi.
Azaña, l’uomo forte durante i cinque anni del regime repubblicano, nonostante i continui alti e bassi, impedì minacciosamente l’intervento della Guardia Civil e dei vigili del fuoco (65).

In questo modo, il permissivismo divenne di fatto protezione degli incendiari e si giunse addirittura ad accusare le stesse vittime, i religiosi e le religiose, di essere stati loro stessi ad appiccare il fuoco alle loro case.
Tale inizio della Repubblica mostrò lo spirito anticattolico di un governo che era già evidente al mondo intero. A nulla sono valse le proteste di Alcalá Zamora o di Ortega y Gasset, né quelle di vari ambasciatori.
Il 17 maggio 1931, il governo provvisorio espulse Mons. Mateo Múgica (1870-1968), Vescovo di Vitoria, uno dei prelati più illustri dell’epoca, la cui linea di pensiero era legata al tradizionalismo carlista.




Il motivo della sua espulsione consisteva nell’aver protestato pubblicamente contro tali incendi (66). Il Cardinale Segura era già stato espulso dalla Spagna a causa della Lettera Pastorale a cui abbiamo accennato più sopra.



Luglio 1931, il Cardinale Segura viene espulso dalla Spagna dal governo repubblicano
e ripara in Francia.


In pochi giorni, 107 edifici religiosi furono ridotti in cenere o fortemente deteriorati e saccheggiati, non solo chiese e conventi, ma anche centri educativi cattolici, come la Escuela de Artes y Oficios («Scuola dell’Arte e delle Professioni») di Calle Areneros, dove si erano formati migliaia di lavoratori, il Colegio de la Doctrina Cristiana de Cuatro Caminos, dove centinaia di figli di lavoratori avevano ricevuto un’istruzione gratuita.




Il rogo della Escuela de Artes y Oficios

Tuttavia, la sinistra si proclamò rappresentante esclusiva della classe operaia.
I rossi bruciarono anche biblioteche importanti, come quella dei Gesuiti in Calle de la Flor, con 80.000 volumi, inclusi incunaboli ed edizioni principesche di Lope de Vega (1562-1635), di Quevedo (1580-1645) o di Calderón de la Barca (1600-1681) (67).



L’11 maggio 1931 i repubblicani incendiarono il Collegio dei Gesuiti in Calle del Flor. Su di un muro lasciarono questa scritta: «Abbasso i gesuiti. La giustizia del popolo per i ladroni».




11 maggio 1931; due religiose attive presso il convento dei Gesuiti scamparono al rogo soccorse da passanti, mentre gli anticlericali incendiarono la chiesa, il monastero e distrussero tutte le immagini e i paramenti sacri.


I materiali bibliografici, frutto di anni di approfondite ricerche, collezioni uniche di manoscritti, dipinti e immagini unici di Zurbarán, Valdés Leal, Coello, Alonso Cano, furono distrutti da un incendio e quelli che non furono bruciati furono fatti a pezzi.
Tuttavia, la sinistra si è proclamata la salvatrice della cultura, come continua a fare oggi, descrivendo l’era franchista come un «deserto culturale» e fece lo stesso in qualsiasi altro settore in cui non deteneva il potere (68).

La questione dei responsabili è stata volutamente lasciata nell’ombra. Il governo non era interessato a chiarimenti profondi, e i responsabili rimasero nell’ombra. Il governo repubblicano rispose sospendendo la tiratura dei giornali conservatori ABC e El Debate, che non avevano avuto alcun ruolo negli eventi, e che avrebbero potuto servire come legittimo canale di espressione per le loro vittime. Il presidente Alcalá Zamora fornì ai corrispondenti stranieri la bizzarra e cinica risposta che in Spagna c’erano troppi conventi.

I repubblicani giustificarono i roghi attribuendoli al «popolo» - un vago concetto fatto suo dalla sinistra - eccitato da una provocazione (senza dire quale fosse stata) da parte dei monarchici. Ma, se è ingiusto identificare il popolo con alcune bande di rivoluzionari e di delinquenti, quanto accaduto è difficilmente conciliabile con una mancanza di organizzazione e di metodo o con un semplice movimento spontaneo (69). La stessa scusa assurda venne in seguito usata nel 1936 dal Fronte Popolare (70).

Al contrario, i fatti suggeriscono che ci fosse un’evidente complicità tra i membri del governo provvisorio. Il giorno successivo la Confederación Nacional del Trabajo diffuse un volantino che ordinava uno sciopero generale, e il Partido Comunista de España riconobbe il suo totale coinvolgimento nell’agitazione e nei roghi perfettamente sincronizzati, con l’obiettivo di rovesciare il Governo, come accadde in Russia quando Lenin (1870-1924), nel 1917, lanciò le masse contro il governo di Alexander Kerensky (1881-1970), socialista moderato (71).




Simbolo del Partito Comunista spagnolo.
La foggia è identica a quello del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.






LA SOVIETIZZAZIONE DELLA SPAGNA

Diversi storici e osservatori politici hanno fatto notare che i Comunisti spagnoli non amavano realmente la loro patria, quanto piuttosto la Russia, ritenuta da molti a quel tempo - e anche in futuro - il «paradiso» dei lavoratori. Questo fenomeno, non esclusivo della Spagna, è testimoniato da numerose immagini che ritraggono Stalin, Lenin e altri protagonisti della rivoluzione bolscevica nelle vie e nelle piazze spagnole, soprattutto negli anni 1936-1939. Eccone una piccola rassegna.




I ritratti di Trotskij (a sinistra) e di Lenin (al centro) esposti nella Puerta de Alcalà, nel centro di Madrid. Sopra si notano gli striscioni con la scritta «Viva la U.R.S.S.».




La stessa porta al centro di Madrid. Oltre alla solita scritta «Viva la U.R.S.S.», al centro questa volta appare il volto di Stalin. La foto è del 1937.




Il volto di Stalin insieme a falce e martello nel centro di Madrid nel 1933. Il cartellone è stato realizzato per ordine del Ministero dell’Istruzione. Sezione Propaganda. Settore Nord Comunista




Ritratti di Stalin e Lenin in corteo nel corso di una manifestazione comunista




Alla Puerta del Sol, a Madrid nel 1936, è stato esposto il volto di Stalin con una sua frase: «Antifascisti spagnoli, avanti fino a vincere il fascismo. Con voi c’è il popolo russo. J. Stalin».




Un enorme cartellone che ritrae Lenin nella città di Bilbao, nel 1937




Ancora il volto di Stalin per le vie di Barcellona




Il ritratto di Stalin nel 1937 a Siviglia.
Sotto diverse fotografie scattate nel «paradiso» sovietico è scritto: «Avere una vita felice»




Barcellona, 1933. Sulla facciata dell’Hotel Colon, a Barcellona, appaiono i volti di Lenin e Stalin. Sullo striscione sta scritto: «Partito Socialista Unificato di Catalogna».




Sulla facciata dello stesso Hotel, nei pressi della Cattedrale di Barcellona, sono esposti i volti di Lenin e di Stalin.
Sullo striscione sottostante è scritto: «Onore agli eroici combattenti della brigata internazionale» (quest’ultima era composta da repubblicani non spagnoli venuti da tutto il mondo a combattere per la gloria del socialismo...)





Lo scultore di Valencia Ricard Boix (1894-1949) sta ultimando un bassorilievo di Stalin che verrà portato in «processione» per le vie di Madrid.




Tre poster propagandistici stampati dai comunisti spagnoli. Quello di sinistra, con i volti di Stalin e Lenin, è stato realizzato dall’«Associazione degli amici dell’Unione Sovietica». Quello al centro, realizzato nel 1937, celebra i vent’anni dalla «liberazione dell’URSS» dal giogo zarista. Quello a destra celebra il XIX anniversario della Rivoluzione bolscevica di ottobre del 1917.




Il 7 novembre 1937, la Gran Via di Madrid cambiò nome in «Corso dell’Unione Sovietica», un omaggio voluto dagli amici ispanici del «paradiso» dei lavoratori.




Striscione del Partito Comunista spagnolo in cui è scritto: «Russia! La nostra ammirazione e la nostra gratitudine di fratelli».




Manifesto repubblicano in cui figura un soldato sovietico e la scritta: «La URSS difende la libertà del mondo. Aiutiamola !




Un miliziano rosso della Brigata Internazionale (un italiano) cancella dalla facciata di una sede dell’armata nazionalista il motto «Arriba España»,
dipinge falce e martello e scrive «Lunga vita alla Russia».




Il giornale La Prensa, del 21 febbraio 1936, titola in prima pagina una frase di Largo Caballero: «Quando Azaña cadrà, in Spagna ci saranno i soviet». Sotto il titolo è scritto: «Il socialismo esige ora una dittatura proletaria». E ancora: «Fra cinque anni la Spagna sarà sovietica».
Ecco dunque il programma dei repubblicani: sovietizzare la Spagna!




Juan Negrín (1892-1956), prima Ministro delle Finanze e in seguito Capo del Governo della Seconda Repubblica dal 1937 al 1939. Egli si occupò del trasferimento delle riserve auree della Banca Centrale spagnola in Unione Sovietica.
Viva la Russia! Non viva la Spagna!


Nessun processo è mai stato avviato contro gli autori di tali eccessi. Questa formale assenza di intervento dell’autorità giudiziaria ci dice già che il Governo si rifiutava di chiarire quello che accadeva. La conclusione che se ne deve trarre è che gli incendi dimostrarono come il governo provvisorio della Repubblica fosse disposto a mettere le ali al laicismo più aggressivo dei partiti rivoluzionari, tollerando e proprio per questo incoraggiando le loro manifestazioni di violenza, giacché tutto rimase impunito.




Il soldato indicato dalla freccia è lo scrittore britannico George Orwell (1903-1950) che partì per combattere nelle file del Partito Obrero de Unificacion Marxista.
Dopo l’esperienza spagnola, di fronte alle brutalità e ai metodi stalinisti (anche nei confronti dei comunisti o anarchici in disaccordo con gli ordini di Mosca), Orwell divenne fortemente anti-sovietico fino a scrivere nel 1944 La Fattoria degli Animali, un romanzo allegorico in cui condanna il comunismo reale d’oltre cortina.



GLI SQUADRONI DELLA MORTE
(I ROSSI UCCIDONO... I ROSSI)





Il simbolo della CEKA

Quando si parla della guerra di Spagna, i rossi rievocano immediatamente la dura repressione franchista, ma nessuno osa rivelare che durante la guerra civile la CEKA, la polizia segreta sovietica antenata del KGB, organizzò dei reparti speciali - gli squadroni della morte - per eliminare tutti i miliziani repubblicani - spagnoli o stranieri - che non obbedivano alle direttive di Mosca.
Secondo una recente ricerca dello storico britannico Donald Rayfield:
«Stalin, Yezhov e Beria diffidavano dei partecipanti sovietici alla guerra di Spagna. Consiglieri militari come Vladimir Antonov-Ovseenko o giornalisti come Koltsov, erano esposti al contagio delle eresie, in particolare di quelle di Trotsky, fazione prevalente tra i sostenitori della Repubblica. Gli agenti della CEKA inviati in Spagna erano quindi più propensi a rapire e ad uccidere gli antistalinisti tra i leader repubblicani e i comandanti della Brigata Internazionale che a combattere Francisco Franco. La sconfitta della Repubblica, agli occhi di Stalin, fu causata dal tradimento degli eretici» (Cfr. D. RAYFIELD, Stalin and his Hangmen: The Tyrant and Those Who Killed for Him, Random House, 2004, pagg. 362–363).




I membri della Patrulla del Amanecer, un famigerato squadrone della morte cekista specializzato nella caccia agli «eretici» anarchici e trotskisti.

Il membro più famoso delle squadre di assassini stalinisti fu Erich Mielke (1907-2000), futuro capo della STASI, la polizia segreta della Germania dell’Est.





Secondo lo storico statunitense Stanley George Payne:
«Durante i primi mesi dei combattimenti, la maggior parte dei morti non proveniva da scontri sul campo di battaglia, ma da esecuzioni politiche nelle retrovie [...]. Il terrore consisteva in azioni semi-organizzate perpetrate da quasi tutti i gruppi di sinistra e dai nazionalisti baschi, alleati dei repubblicani» (Cfr. S. G. PAYNE, A History of Spain and Portugal, University of Wisconsin, 1973, pagg. 649-650).

Per mantenere l’ordine, i membri del Governo avrebbero dovuto affrontare gli stessi che li avevano portati al potere poche settimane prima, e ciò avrebbe significato la negazione dello spirito rivoluzionario con cui si era configurata la Seconda Repubblica. Spirito che ebbe la sua espressione nel Patto di San Sebastián del 1930 per rovesciare la monarchia e nella formazione del governo provvisorio, ponendo fine al periodo della Restaurazione (72).

Allo tempo stesso, gli incendi permisero di porre la questione religiosa come un problema scottante in cui il laicismo élitario e borghese dei vecchi partiti repubblicani e liberali si univa con l’attivismo terroristico dei socialisti (sempre più immersi nella loro deriva bolscevica), degli anarchici e dei comunisti.


MANIFESTI DELLA PROPAGANDA COMUNISTA











V
LA STRATEGIA DELL’ODIO:
I FATTI IN LINEA CON LE IDEE


Non cessa di essere evocato dai politici e dai media di sinistra che il 14 aprile 1931 nasceva la Seconda Repubblica come formula per cercare la democrazia (73). L’orientamento e i valori dei vertici repubblicani si sono però rivelati in sole quattro settimane: l’11 maggio, data del famigerato «rogo dei conventi» di fronte all’assoluta passività delle autorità. E’ ovvio che proprio quest’11 maggio, e non il 14 aprile, avrebbe simboleggiato a lungo il contenuto politico del nuovo regime (74).

L’incendio dei conventi, vantato come una minaccia fin dall’inizio della Repubblica, iniziò a Madrid la mattina dell’11 maggio, con l’incendio e il saccheggio di 107 chiese, conventi, biblioteche e scuole religiose. Esso si diffuse rapidamente in molte città del Sud e dell’Est, in particolare a Siviglia, a Granada, a Malaga, a Cadice, a Valencia e ad Alicante. All’inizio, il governo adottò l’atteggiamento cinico secondo cui «la gente si stava divertendo» e si rifiutò di far intervenire la Guardia Civil per ristabilire l’ordine (75).



SACCHEGGI E DISTRUZIONI






La furia iconoclasta dei rossi portò alla distruzione di chiese, conventi, Santuari, statue dei Santi, Crocifissi, oggetti sacri, ecc. Solo un odio satanico può aver animato questi mostri.

In seguito, quando le dimensioni mostruose della vicenda furono più che evidenti, si andò all’estremo opposto, dichiarando la legge marziale con l’intervento dell’esercito per ristabilire l’ordine. Questa sarebbe diventata la prassi abituale dei governi di sinistra lungo tutta la storia della Repubblica: prima ignorare l’applicazione della legge e della Costituzione se ad essere lesi erano solo gli interessi della destra, e poi, una volta che fosse stato superato ogni limite, iniziare a colpire alla cieca con una forza maggiore, ma potenzialmente indiscriminata.

A lungo termine, questa politica di disordine del tutto irresponsabile avrebbe portato al collasso costituzionale e al clamoroso fallimento della Repubblica (76).
Per la società odierna, profondamente secolarizzata e indifferente in materia di religione, il violento anticattolicesimo della sinistra nella prima metà del XX secolo può essere difficile da comprendere. Secondo il leader socialista Indalecio Prieto, «l’anticlericalismo costituiva l’unico bagaglio comune dei numerosi settori repubblicani» (77).




Soldati repubblicani con statue sacre e reliquiari asportati da una chiesa e destinati alle fiamme




Una rivista di sinistra mostra un confessionale preso da una chiesa madrilena che viene utilizzato sulla strada dai repubblicani per raccogliere fondi per i combattenti al fronte; i titoli dicono: «I confessionali nella strada»;  «Dalla penombra del tempio alla luce delle piazze più frequentate».


L’anticattolicesimo fu il prodotto di una fase intermedia di scristianizzazione, quando per la prima volta le nuove ideologie radicali e messianiche si erano rafforzate, mentre le credenze tradizionali avevano più vigore di quanto pensasse la sinistra.
Tutti i totalitarismi - liberalismo, anarchismo, socialismo, comunismo, giacobinismo e fascismo - si presentano spesso come una religione sostitutiva, motivo per cui sono stati chiamati «religioni politiche» (78).




Una stella rossa al cui centro c’è un ritratto di Lenin da bambino. Normalmente in Russia questa spilla veniva indossata dai più giovani.  In questo caso, è evidente il tentativo di sostituire le immagine sacre cristiane con figure alternative dal sapore quasi religioso. Il bisogno del sacro è una necessità insita anche nei sedicenti atei...


In Spagna, i movimenti ideologici di sinistra alimentarono un odio speciale per il cattolicesimo e per la Chiesa come fondamenti spirituali del vecchio ordine che essi pensavano di distruggere, in tal modo la Chiesa e il cattolicesimo diventarono il nemico per eccellenza da sterminare senza concessioni (79).

I comunisti sapevano che la loro visione del mondo poteva essere dichiarata trionfante solo sopprimendo l’unico baluardo che poteva resister loro: la religione cattolica e l’intero ordine politico-sociale-culturale da essa creato. Così la demagogia congenita della sinistra spalancò le cateratte dell’odio e del fanatismo.

Il clima di settarismo fu creato, fomentato e alimentato dagli stessi partiti e organizzazioni sindacali di sinistra che nascosero e - quando non c’era modo umano di farlo - negato ciò che la Chiesa aveva fatto dalla fine dell’800 a favore della classe operaia attraverso i sindacati cattolici, i circoli operai e la loro preziosa rete di assistenza sociale.

Ma di fronte alle insistenti campagne diffamatorie e alle menzogne abilmente diffuse dalla stampa laicista, la Chiesa non fece quasi nulla per smascherare tante calunnie. Inoltre, i movimenti rivoluzionari suscitarono uno speciale clima di ostilità, una coltivazione sistematica di odio intenso, fanatico e irrazionale, attraverso la propaganda e l’attivismo per infettare i loro seguaci e motivarli a realizzare la Rivoluzione (80).

Parallelamente alla rivoluzione giacobina (del 1789) e a quella bolscevica (del 1917), questo atteggiamento violento aveva come mezzo e come fine la completa eliminazione di tutti i nemici di classe, inclusa la Chiesa che era in cima alla lista dei nemici da eliminare (81).


El Cerro de los Ángeles e la fucilazione dl Sacro Cuore

El Cerro de los Ángeles («La collina degli Angeli») si trova a Getafe, a circa dieci chilometri a Sud di Madrid, nel centro della Spagna. Nel 1919 vi venne edificato per ordine di re Alfonso XIII di Borbone un gigantesco monumento di pietra calcarea dedicato al Sacro Cuore di Gesù.



Il monastero carmelitano femminile di Nuestra Señora de los Ángeles, con a destra il monumento dedicato al Sacro Cuore.




A sinistra, la statua del Sacro Cuore insieme a due gruppi raffiguranti la Chiesa trionfante e la Chiesa militante: a destra, la statua del Sacro Cuore a braccia aperte con sotto scritto: «Regno in Spagna».


Il 30 Maggio 1919, alla presenza di tutte le autorità civili e militari del regno spagnolo, durante la cerimonia religiosa per l’inaugurazione del monumento, il Re recitò l’atto solenne di consacrazione della Spagna al Sacro Cuore di Gesù.



Re Alfonso XIII,  davanti al Santissimo Sacramento esposto e alle autorità civili e religiose, legge l’Atto di Consacrazione della Spagna al Sacro Cuore di Gesù Cristo


Il 7 agosto 1936, primo venerdì del mese dedicato al culto del Sacro Cuore, le forze repubblicane (probabilmente degli anarchici) fecero irruzione nel santuario e inscenarono la fucilazione della statua dedicata al Redentore.




La stampa di sinistra pubblicò la fotografia della fucilazione annunciando la «scomparsa di un ostacolo».

Poi con delle funi, i rossi abbatterono la statua del Sacro Cuore,  e con l’esplosivo fecero saltare il resto del monumento; baldanzosi per il sacrilegio appena compiuto salirono sui resti del monumento e fecero il saluto del pugno chiuso.



L'abbattimento della statua del Sacro Cuore

Come aveva affermato Azaña al momento della proclamazione della Repubblica, «la Spagna ha cessato di essere cattolica».




Monumento del Sacro Cuore distrutto con l'esplosivo;  e i miliziani comunisti  salgono sulle macerie a salutsre col pugno chiuso


Sotto il Governo di Francisco Franco il monumento venne riedificato di dimensioni maggiori: la statua del Sacro Cuore è alta undici metri e mezzo, il basamento 28 metri. All’interno dell’ampia piattaforma quadrangolare che sostiene il monumento è stata realizzata una cripta-basilica.
Il nuovo monumento venne inaugurato il 25 giugno 1965 e in quella occasione Francisco Franco rinnovò la consacrazione della Spagna al Sacro Cuore di Gesù Cristo.




L'attuale Basilica del Sacro Cuore




Lapide in ricordo della ricostruzione del monumento del Sacro Cuore
inaugurata da Francisco Franco il 25 giugno del 1965


Gli attacchi a chiese, sacerdoti, religiosi, religiose, fedeli, monumenti e le manifestazioni pubbliche furono incessanti e crescenti (82). Senza questa strategia dell’odio, non è realmente possibile comprendere la pratica del violento anticattolicesimo che continuò nella rivoluzione, anticattolicesimo che nel 1934 colpì le Asturie raggiungendo il suo apice negli omicidi più brutali che furono perpetrati dopo la ripresa della guerra il 18 luglio (83).



I Carlisti
Per Dio, per la Patria e il Re


I soldati di Cristo

Tra le forze che nel 1936, dopo l’Alzamiento («Sollevazione») si allearono con i nazionalisti vanno senz’altro ricordati i Carlisti. Si trattava di sostenitori di Carlos María Isidro de Borbón-Spagna (1788-1855) che, rifiutando di accettare l’abrogazione della legge salica operata da Ferdinando VII, nel 1833 si proclamò Re di Spagna.




La Bandiera carlista

Il carlismo, nella storia della Spagna, è sempre stato un movimento conservatore di stampo cattolico-tradizionalista, non fascista, che sorse per difendere il diritto al trono dei discendenti di don Carlos, primo pretendente carlista al trono di Spagna.




Combattenti carlisti

Durante la guerra civile spagnola essi si distinsero non solo per il coraggio, ma soprattutto per la loro grande fede espressa nel loro motto «Per Dio, per la Patria e il Re».




«Davanti a Dio non sarai mai un erore anonimo»




«Dio Patria Re»


I carlisti, detti anche requetés o boinas rojas (baschi rossi) per il copricapo che portavano, avevano con sé una medaglia del Sacro Cuore, e insieme alla bandiera usavano un grande crocifisso portato dal crucifero.
Ecco alcune foto di questo esercito cattolico formato da 60.000 uomini.














Cappellano carlista benedice le truppe prima della battaglia

Le storie di migliaia di Martiri si presentano al lettore colme di una fede salda e di una carità vissute con una naturalezza così completa da farlo immediatamente immedesimare in esse, mentre considera la possibilità, non così difficile da sperimentare, che lui stesso possa affrontare una persecuzione simile a quella qui narrata.

L’appendice finale che elenca tutti i Martiri è semplicemente travolgente. La «cristianofobia» coltivata in Spagna per diversi decenni non permette di considerare irreale o allucinato chi pensa che la violenza fisica non possa essere scatenata contro la Chiesa, dopo due generazioni di metodico avvelenamento contro tutto ciò che è cattolico (84).

La Chiesa spagnola, sin dall’epoca post-conciliare, obbedendo alle indicazioni di Paolo VI, ha operato instancabilmente per disattivare la presenza della fede cattolica nella politica in modo che la società non si polarizzasse come era avvenuto nella Seconda Repubblica.

Con questa premessa, che comporta il primato della politica sulla fede, dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965) la Chiesa spagnola si è compromessa accettando di fatto il divorzio, l’aborto, l’educazione laica impartita dallo Stato e tanti altri oltraggi contro quella società che, appunto, lei stessa pretendeva di difendere da qualcosa di ben peggiore, a suo giudizio, che la distruzione della vita e della famiglia: lo scontro politico tra i nemici della civiltà cristiana e i cattolici.

I suoi progetti politici, come quelli religiosi, si sono rivelati un clamoroso fallimento, poiché chi è tornato alla dialettica aggressiva nei confronti della Chiesa e di tutto ciò che essa rappresenta è stata la sinistra, anche se la domanda è ineludibile: davvero la sinistra era diventata moderata o era solo una strategia di accelerazione?

Gran parte dell’Episcopato spagnolo, ai giorni nostri, è convinto che l’ala sinistra della Costituzione del 1978 non sia più l’erede del 1936. I Vescovi ritenevano che, poiché la Chiesa timorosa del 1975 non viveva e non insegnava più le stesse verità che predicava del 1936, lo stesso avrebbe fatto la sinistra. I vescovi confondevano i loro desideri con la realtà, mostrando un’ignoranza oceanica della mutazione che era stata operata dalla sinistra a partire dalla Rivoluzione Sessuale del maggio del 1968 (85).

Ottant’anni dopo la fine della guerra - che fu definita la «Crociata» da coloro che l’hanno vissuta - la dura realtà della radicalizzazione della sinistra li colpisce ancora nel loro endemico e impenitente buonismo (86).



FRANCO: DITTATORE FASCISTA
O SALVATORE
DELLA CHIESA E DELLA SPAGNA?



Francisco Paulino Hermenegildo Teódulo Franco y Bahamonde


Franco viene soprattutto criticato dalla sinistra per la repressione messa in atto a guerra civile finita, ossia a partire dal 1939, nei confronti dei repubblicani rimasti in Spagna.

Secondo le fonti di sinistra tale repressione avrebbe causato circa 400.000 morti, ma dubitiamo fortemente che si tratti di una cifra attendibile dato che per i marxisti la «verità» corrisponde a ciò che risulta utile alla vittoria del comunismo.

Gente dalla memoria corta, soprattutto quando si tratta di fare la conta dei milioni di morti che i comunisti hanno fatto nel mondo intero («calunnie della propaganda reazionaria»..., come direbbe il compagno Peppone del grande Guareschi).

Ma anche ammettendo - almeno in parte - questi fatti, come cattolici non possiamo non dire che, al contrario del Duce e del Führer, Franco si dichiarò e si manifestò sempre e ovunque figlio devoto di Santa Romana Chiesa.




Questa e altre fotografie in cui Franco e alcuni ecclesiastici fanno il saluto romano sono oggetto di critica e di sdegno da parte delle persone di sinistra che accusano la Chiesa di aver collaborato con un regime fascista.


A costoro vorremmo ricordare che la Chiesa non è né di destra, né di centro, né di sinistra. Essa si cura della salvezza delle anime, al di là del colore politico. Il fascismo, a differenza del comunismo, è stato un fenomeno eterogeneo. In effetti, il fascismo franchista aveva poco da spartire con gli altri fascismi (soprattutto con quello nazionalsocialista), e che questi ecclesiastici con il loro saluto volevano unicamente manifestare la loro gratitudine al Caudillo per aver salvato la Chiesa spagnola dal terror rojo («terrore rosso»).
Va anche detto che Franco, durante la Seconda Guerra Mondiale, non solo evitò di far entrare la Spagna nel conflitto, ma fece avere, tramite le sue ambasciate sparse in Europa, i salvacondotti che permisero a tantissimi Ebrei di rifugiarsi negli Stati Uniti.

In effetti, una delle ragioni che nel 1936 spinsero Franco a prendere la guida dell’esercito nazionalista e a liberare la Spagna dal giogo sovietico fu la brutale persecuzione messa in atto contro la Chiesa cattolica, la distruzione delle chiese e dei conventi e l’efferata uccisione di tanti consacrati e laici cattolici.
Tant’é che a guerra finita, la Gerarchia ecclesiastica spagnola (almeno quella scampata alla strage) lo ringraziò e lo premiò per aver salvato la Chiesa spagnola dall’estinzione totale.




Franco e il suoi subalterni seguono la Santa Messa in ginocchio



Francisco Franco riceve dai vertici della Gerarchia spagnola il Collare del
Supremo Ordine di Cristo








15 giugno 1949; Francisco Franco in ginocchio davanti alla statua della Vergine del Pilar durante una visita al Santuario a Lei dedicato, a Saragozza




Franco assiste alla Santa Messa in ginocchio insieme alla
moglie María del Carmen Polo Martínez-Valdés (1900-1988).


Crediamo che le poche immagini che abbiamo riportato sopra testimonino ad abundantiam la disumanità e la ferocia degli implacabili nemici della Croce e della Spagna con cui il Caudillo si dovette confrontare.

Inoltre, non dimentichiamo che se non ci fosse stato Franco la Spagna sarebbe diventata una colonia sovietica nel cuore dell’Europa, da cui Stalin sarebbe partito alla conquista di altre nazioni trasformandole in altrettanti gulag.

Semmai dovessimo attribuire delle colpe a Franco, crediamo che nel dopoguerra egli abbia commesso l’errore di lasciare che l’Opus Dei, una congregazione religiosa dai tratti sèttari, prendesse il controllo di buona parte del cattolicesimo spagnolo (e della sua economia).




Un’altra sua deprecabile decisione fu quella di riconsegnare il potere alla sua morte al Re Juan Carlos I di Borbone, un uomo dalle idee liberali che nel volgere di pochi anni trascinò la Spagna nel marciume morale, che regna ormai in tutto l’Occidente.



Il futuro Re Juan Carlos, ancora giovane, accanto a Francisco Franco


Ecco un estratto del suo testamento in cui testimonia la sua fede cattolica:
«Spagnoli: quando verrà per me il momento di consegnare la mia vita davanti all’Altissimo e di comparire davanti al Suo giudizio finale, chiedo a Dio di accogliermi benignamente alla Sua presenza, perché ho voluto vivere e morire da cattolico. Nel nome di Cristo mi onoro, ed è stata mia costante volontà essere un figlio fedele della Chiesa, nel cui seno morirò. Chiedo perdono a tutti, come perdono di cuore coloro che si sono dichiarati miei nemici, senza che io li abbia mai avuti come tali. Credo e vorrei non averne altri che quelli che venivano dalla Spagna, che amo fino all’ultimo momento e che ho promesso di servire fino all’ultimo respiro della mia vita, che so già essere vicino».

Nel 1975, Franco morì passando dal giudizio fallibile degli uomini a quello infallibile di Dio. Per sua volontà, nel suo feretro, nel giorno dei funerali, venne deposto il braccio di Santa Teresa d’Avila e il velo dell’Aparecida (un manto che si dice sia appartenuto alla Madonna).




Per chi volesse approfondire l’argomento trattato in questo articolo, consigliamo caldamente la lettura dell’opera di don Vitaliano Mattioli intitolata Massoneria e comunismo contro la Chiesa in Spagna 1931-1939 (Effedieffe, Milano 2000).
Reperibile sul sito dell'Editore
https://www.controcorrentedizioni.eu/libro/massoneria-e-comunismo-contro-la-chiesa-in-spagna/



NOTE

47 - Cfr. A. BULLÓN DE MENDOZA-L. E. TOGORES, La República y la Guerra Civil setenta años después («La Repubblica e la Guerra Civile settant’anni dopo»), ACTAS, Madrid 2008, pag. 306.
48 - Cfr. V. M. ARBELOA, La Iglesia que buscó la concordia 1931-1936 («La Chiesa che cercò la concordia 1931-1936»), Encuentro, Madrid 2008, pag. 38; S. PAYNE, Alcalá Zamora. El fracaso de la República conservadora («Alcalá Zamora. Il fallimento della Repubblica conservatrice»), FAES, Madrid 2016, pag. 61.
49 - Cfr. J. M. CUENCA TORIBIO, Catolicismo contemporáneo de España y Europa. Encuentros y divergencias («Cattolicesimo contemporaneo in Spagna e in Europa. Incontri e divergenze»), Encuentro, Madrid 1999, pag. 49; L. CANO, Reinaré en España. La mentalidad católica a la llegada de la II República («Regnerò in Spagna. La mentalità cattolica all’arrivo della II Repubblica»), Encuentro, Madrid 2009, pag. 154.
50 - Cfr. R. DE MATTEI, Vaticano II. Una historia nunca escrita («Vaticano II. Una storia mai scritta»), Homo Legens, Madrid 2018, pag. 391.
51 - Cfr. C. ROBLES Muñoz, La Santa Sede y la II República 1931. De la conciliación al conflicto («La Santa Sede e la II Repubblica 1931. Dalla conciliazione al conflitto»), Visión Libros, Madrid 2013, pag. 405
.
52 - Cfr. V. CÁRCEL ORTÍ, La persecución religiosa en España durante la Segunda República 1931-1936 («La persecuzione religiosa in Spagna durante la Seconda Repubblica 1931-1936»), Rialp, Madrid 1990; M. ÁLVAREZ TARDÍO - R. VILLA GARCÍA, El precio de la exclusión. La política durante la Segunda Republica («Il prezzo dell’esclusione. La politica durante la Seconda Repubblica»), Encuentro, Madrid 2010, pag. 157.
53 - Cfr. V. M. ARBELOA, La semana trágica de la Iglesia en España. 8-14 octubre 1931 («La tragica settimana della Chiesa in Spagna. 8-14 ottobre 1931»), Encuentro, Madrid 2006, pag. 349.
54 - Cfr. J. TUSELL - G. GARCÍA QUEIPO DE LLANO, Alfonso XIII: el rey polémico («Alfonso XIII: il re controverso»), Penguin, Madrid 2001; S. PAYNE, La revolución española 1936-1939. Un estudio sobre la singularidad de la guerra civil («La rivoluzione spagnola 1936-1939. Uno studio sulla singolarità della guerra civile»), Espasa, Madrid 2019, pag. 35.
55 - Cfr. S. PAYNE, La democracia española. La Segunda República, 1931-1936 («La democrazia spagnola. La Seconda Repubblica, 1931-1936»), Paidós, Barcelona 1995, pag. 419.
56 - Cfr. V. CÁRCEL ORTÍ, 1936 El vaticano y España («1936 Il Vaticano e la Spagna»), San Román, Madrid 2016, pag. 49.
57 - Cfr. R. ARON, Introducción a la filosofía política. Democracia y revolución («Introduzione alla filosofia politica. Democrazia e rivoluzione»), Página indómita, Barcelona 2015, pag. 172.
58 - Cfr. S. PAYNE, El régimen de Franco («Il regime di Franco»), Alianza, Madrid 1987, pag. 210; R. DE LA CIERVA, Historia actualizada de la Segunda República y la guerra de España 1931-1939 («Storia aggiornata della Seconda Repubblica e la Guerra di Spagna 1931-1939»), Fénix, Toledo 2003, pag. 845.
59 - Cfr. S. DE MADARIAGA, Ensayo de historia contemporánea («Saggio di storia contemporanea»), Espasa, Madrid 1979, pag. 462; J. M. MARTÍNEZ BANDE, Los años críticos. República, conspiración, revolución y alzamiento («Gli anni critici. Repubblica, cospirazione, rivoluzione e sollevazione»), Encuentro, Madrid 2007, pag. 40.
60 - Cfr. R. GARCÍA VILLOSLADA, Historia de la Iglesia en España. La Iglesia en la España contemporánea («Storia della Chiesa in Spagna. La Chiesa nella Spagna contemporanea»), BAC, Madrid 1979, vol. V, pag. 349.
61 - Cfr. M. MAURA, Así cayó Alfonso XIII («Così cadde Alfonso XIII), Ariel, Barcellona 1968, pag. 240.
62 - Cfr. C. VIDAL, Los masones. La sociedad secreta más influyente de la historia («I massoni. La società segreta più influente della storia»), Planeta, Barcelona 2007, pag. 247.
63 - Cfr. V. CÁRCEL ORTÍ, Víctimas, caídos y mártires. La Iglesia y la hecatombe de 1936 («Vittime, caduti e martiri. La Chiesa e l’ecatombe del 1936»), Espasa, Madrid 2008, pag. 68.
64 - Cfr. H. THOMAS, La Guerra Civil española («La Guerra Civile spagnola»), Random House, Barcellona 2011, vol. I, pag. 79.
65 - Cfr. N. ALCALÁ ZAMORA, La victoria republicana 1930-1931. El derrumbe de la monarquía y el triunfo de una revolución pacífica («La vittoria repubblicana 1930-1931. Il crollo della monarchia e il trionfo di una rivoluzione pacifica»), La Esfera, Madrid 2012, pag. 397.
66 - Cfr. FLICHE-MARTÍN, Historia de la Iglesia. Guerra Mundial y Estados totalitarios («Storia della Chiesa. Guerra mondiale e Stati totalitari»), vol. XXVI, Edicep, Valencia 1979 tomo I, pag. 494.
67 - Cfr. S. PAYNE, El catolicismo español («Il cattolicesimo spagnolo»), Planeta, Barcellona, 2006, 204; F. Martínez FERNÁNDEZ-J. C. MARTÍN DE LA HOZ, Historia de la Iglesia en España («Storia della Chiesa in Spagna»), Palabra, Madrid 2009, pag. 250.
68 - Cfr. P. Moa, El iluminado de la Moncloa y otras plagas («L’illuminato della Moncloa e altre piaghe»), Libros Libres, Madrid 2006, pag. 73; Años de hierro. España en la posguerra 1939-1945 («Anni di ferro. La Spagna nel dopoguerra 1939-1945», La Esfera, Madrid 2007, pag. 588; Ensayos polémicos. España en la encrucijada («Saggi controversi. La Spagna al bivio»), Fajardo El Bravo, Madrid 2013, pag. 209; J. M. DE PRADA, La nueva tiranía. El Sentido común frente al Mátrix progre («La nuova tirannia. Il Buon senso contro la Matrix progressista»), Libros Libres, Madrid 2009, pagg. 103, 305.
69 - Cfr. S. PAYNE, En defensa de España. Desmontando mitos y leyendas negras («In difesa della Spagna. Smantellamento di miti e leggende nere»), Espasa, Madrid 2017, pag. 148.
70 - Cfr. C. VIDAL, Mitos y falacias de la historia de España («Miti e fallacie della storia della Spagna»), Ediciones B, Barcellona 2009, pag. 253.
71 - Cfr. G. REDONDO, Historia universal. La consolidación de las libertades («Storia universale. Il consolidamento delle libertà»), EUNSA, Pamplona, vol. XII, pag. 57; S. PAYNE, La Europa revolucionaria. Las guerras civiles que marcaron el siglo XX («L’Europa rivoluzionaria. Le guerre civili che hanno segnato il XX secolo»), Temas de hoy, Barcellona 2011, pag. 70.
72 - Cfr. R. DE LA CIERVA, Historia básica de la España actual 1800-1975 («Storia di base della Spagna attuale 1800-1975»), Planeta, Barcellona 1975, pag. 265; J. M. MARCO, Una historia patriótica de España. Una visión completamente diferente de nuestro pasado («Una storia patriottica della Spagna. Una visione completamente diversa del nostro passato»), Planeta, Barcellona 2011, pag. 497.
73 - Cfr. J. M. CUENCA TORIBIO, Ocho claves de la historia de España contemporánea («Otto chiavi della storia della Spagna contemporanea»), Encuentro, Madrid 2003, pag. 173.
74 - Cfr. E. CANTERO, La contaminación ideológica de la historia. Cuando los hechos no cuentan («La contaminazione ideologica della storia. Quando i fatti non contano»), Libros Libres, Madrid 2009, pag. 76; S. PAYNE, ¿Por qué la República perdió la guerra civil? («Perché la Repubblica ha perso la guerra civile»?), Espasa, Madrid 2011, pag. 24.
75 - Cfr. L. SUÁREZ-J. L. COMELLAS, Breve historia de los españoles («Breve storia degli spagnoli»), Ariel, Barcellona 2006, pag. 354.
76 - Cfr. P. MOA, El derrumbe de la II República y la guerra civil («Il crollo della II Repubblica e la guerra civile»), Encuentro, Madrid 2001, pag. 41; S. PAYNE, El fascismo («Il fascismo»), Alianza, Madrid 2013, pag. 228.
77 - Cfr. V. CÁRCEL ORTÍ, La gran persecución («La grande persecuzione»), Planeta, Barcelona 2000, pag. 38.
78 - Cfr. F. FURET- E. NOLTE, Fascismo y comunismo («Fascismo e comunismo»), Alianza, Madrid 1999, pag. 50; A. DE BENOIST, Comunismo y nazismo. 25 reflexiones sobre el totalitarismo en el siglo XX 1917-1989 («Comunismo e nazismo. 25 riflessioni sul totalitarismo nel XX secolo 1917-1989»), Áltera, Barcelona 2005, pagg. 110-111; R. ARON, El marxismo de Marx («Il marxismo di Marx»), Siglo XXI, Madrid 2010, 106; SIGFREDO HILLERS DE LUQUE, Nazismo y comunismo («Nazismo e comunismo»),Galland Books, Madrid 2016, 279 y 507; R. ARON, Democracia y totalitarismo («Democrazia e totalitarismo»), Página Indómita, Barcellona 2017, pag. 297.
79 - Cfr. B. BENNASAR, El infierno fuimos nosotros. La guerra civil española 1936-1942... («L’inferno siamo stati noi. La guerra civile spagnola 1936-1942...»), Taurus, Barcellona 2005, pag. 302.
80 - Cfr. P. MOA, La guerra civil y los problemas de la democracia en España («La guerra civile e i problemi della democrazia in Spagna»), Encuentro, Madrid 2016, pag. 145.
81 - Cfr. F. DÍAZ-PLAJA, Francia 1789, España 1936. Dos revoluciones y un paralelo («Francia 1789, Spagna 1936. Due rivoluzioni e un parallelo»), Rialp, Madrid 1991, pag. 116.
82 - Cfr. R. DE LA CIERVA, Historia de la Guerra Civil Española («Storia della guerra civile spagnola»), Fénix, Madrid 2006, pag. 4.
83 - Cfr. P. MOA, 1934: Comienza la guerra civil. El PSOE y la Esquerra emprenden la contienda («1934: inizia la guerra civile. Il PSOE e la Sinistra iniziano la lotta»), Áltera, Barcellona 2004, pag. 129; 1936: El asalto final a la República («1936: L’assalto finale alla Repubblica», Áltera, Barcelona 2005, 159; Franco para antifranquistas. En 36 preguntas clave («Franco per gli antifranchisti, In 36 domande chiave»), Áltera, Barcelona 2009, 85; Gerald Brenan, El laberinto español. Antecedentes sociales y políticos de la guerra civil («Il labirinto spagnolo. Antecedenti sociali e politici della guerra civile»), Austral, Barcelona 2016, 362.
84 - Cfr. J. M. DE PRADA, Nadando contra corriente («Nuotando contro corrente»), Buenas Letras, Madrid 2010, pag. 64.
85 - Cfr. P. MOA, La sociedad homosexual y otros ensayos («La società omosessuale e altri saggi»), Criterio Libros, Madrid 2001, pag. 50; J. BARRAYCOA, Los mitos actuales al descubierto («I miti attuali allo scoperto»), Libros Libres, Madrid 2008, pag. 129; R. ARON, El opio de los intelectuales («L’oppio degli intellettuali»), Página Indómita, Barcellona 2018, pag. 31; F. OVEJERO, La deriva reaccionaria de la izquierda («La deriva reazionaria della sinistra»), Página Indómita, Barcellona 2018, pag. 105.
86 - Cfr. P. MOA, Falacias de la izquierda, silencios de la derecha. Claves para entender el deterioro de la política española actual («Inganni della sinistra, silenzi della destra. Chiavi per comprendere il deterioramento dell’attuale politica spagnola»), Libros Libres, Madrid 2008, pag. 193.






 


gennaio 2023
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