Una visione permanente della Famiglia
di Mons. Ignacio Barreiro Carámbula
Pubblichiamo l'articolo di Mons. Ignacio Barreiro,
Direttore dell'ufficio di Roma di Vita Umana Internazionale,
contenuto nel Bollettino “Seminaristi per la Vita internazionale”;
pubblicato per la prima volta in italiano con il n° della primavera
2007
Il bollettino è pubblicato dalla Associazione Vita Umana
Internazionale
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I neretti sono
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La famiglia fu stabilita da Dio all’inizio della creazione
della specie umana, come l’unione permanente e fedele di un uomo e
una donna con l’obiettivo della procreazione dei figli e la mutua assistenza.
Cristo eleva il matrimonio alla dignità di sacramento.
Una coppia che agisce in forma matura, costruisce il
proprio matrimonio su questa verità.
La principale sicurezza che hanno un uomo e una donna
della stabilità del loro matrimonio è che ambedue condividano
la stessa fede in Cristo.
Dobbiamo capire i beni oggettivi che ottiene la società
proteggendo la famiglia.
È una causa di stabilità sociale,
perché in essa i coniugi e i figli ricevono mutuamente il sostegno,
la solidarietà e l’amore incondizionato in forma permanente e stabile,
perché è l’associazione della totalità della vita.
Non è difficile dimostrare che la persona umana
ha un desiderio naturale di stabilità e permanenza.
È opinione comune nella società italiana
che il precariato nel lavoro sia un male, per questo è paradossale
che si cerchi la sicurezza nel lavoro e allo stesso tempo, si pensi a stabilire
nel diritto positivo un istituto famigliare basato sulla precarietà.
Sebbene nel diritto positivo purtroppo si preveda il
divorzio e questo logori il matrimonio, è opinione comune che questo
è un male in se stesso e gli ordinamenti giuridici seri cercano
di limitare questo triste istituto.
Non c’è dubbio che una famiglia propriamente costituita
è il migliore posto per generare figli e educarli perché
il lungo processo formativo dei figli richiede stabilità ed una
forte unione fra ambedue i genitori; un’educazione basata nella fede e
che porti ad una dovuta socializzazione dei figli creando in loro un senso
di responsabilità sociale, perché diventino membri validi
e produttivi della società.
Esiste un interesse fondamentale della società
che si generi un numero sufficiente di figli per la sostituzione delle
generazioni che compiono la loro vita naturale. Se questo non accadesse
avremmo parecchi problemi sociali.
Non sta nelle mani degli uomini immaginare delle famiglie
alternative.
Non possiamo neanche accettare un pluralismo sociale
nel quale nella misura in cui sia rispettata la cosiddetta famiglia tradizionale,
noi accetteremo che si collochino accanto ad essa, qualsiasi tipo di famiglie
alternative.
L’istituzionalizzazione da parte del diritto positivo
di famiglie alternative sarebbe un male in se stesso, che va contro la
natura dell’uomo ed è anche un modello dannoso per la società.
Il diritto positivo nello stabilire nuovi istituti giuridici,
anche se non condivisi da tutti, costituisce un modello culturale che ha
la possibilità di influire e di modificare i comportamenti sociali.
Sarebbe anche una forma d’ingegneria sociale condannata
al fallimento.
Il soggettivismo e il relativismo dei nostri tempi
sono mali che hanno lunghe radici, e portano alla proclamazione di nuovi
e falsi diritti.
L’uomo al distaccarsi dalla verità oggettiva si
crede titolare di tutta una serie di falsi diritti per fini egoistici od
edonistici.
Possiamo fare un lungo elenco di queste proposte che
si presentano con crescente grado d’antinaturalità. Questa protezione
delle scelte individuali ci porterebbe al riconoscimento della poligamia
o anche, come adesso può accadere in Germania, alla depenalizzazione
delle unioni incestuose.
Per giustificare queste iniziative in favore di famiglie
alternative alcuni si basano su esempi estremi del tipo emotivo-manipolatorio
che potrebbero trovare soluzione in istituti giuridici già esistenti
nell’ambito del diritto civile.
I DICO rappresentano soltanto un impegno apparente. “Non
c’è una ragione evidente,” come rileva l’Arcivescovo Angelo
Bagnasco, “perché due persone che decidono di vivere insieme,
prima rifiutino l’istituto giuridico del matrimonio, ma poi di quell’istituto
pretendono le protezione e i diritti.” Costituirebbero contratti
a cui si può facilmente mettere un termine, e dunque ledono il desiderio
naturale d’ogni essere umano di entrare in un’unione permanente e fedele.
Come conseguenza le persone che entrano in questo tipo
di relazione non si sentiranno mai spinte al dono totale di sé,
perché sanno che a causa della natura di questo contratto questo
dono potrà essere rifiutato. Allo stesso tempo, non c’è
una differenza sostanziale fra il matrimonio con divorzio facile e i
DICO.
Ci dobbiamo domandare se questi tipi d’unione che rischiano
la temporaneità siano la migliore istituzione per generare e educare
i figli.
I DICO sono anche uno dei sintomi di uno dei gravi
problemi dei nostri giorni che è la paura di prendere impegni permanenti.
Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Ecclesia in Europa,
spiega come allo smarrimento della memoria cristiana, si accompagna una
sorta di paura nell'affrontare il futuro. Benedetto XVI nel suo discorso
alla Curia del 22 dicembre scorso ricordando la sua visita a Valencia diceva:
“Davanti a queste famiglie con i loro figli, davanti a queste famiglie
in cui le generazioni si stringono la mano e il futuro è presente,
il problema dell’Europa, che apparentemente quasi non vuol più avere
figli, mi è penetrato nell’anima. Per l’estraneo, quest’Europa sembra
essere stanca, anzi sembra volersi congedare dalla storia.”
Uno dei principali problemi dell’Europa dei nostri giorni
è la mancanza di figli, quello che i demografi chiamano l’inverno
demografico.
Suscita tristezza che tanti politici invece di cercare
misure concrete per aiutare le famiglie ad avere più figli aiutino
invece alla sterilità, cerchino di proteggere i falsi diritti di
quelli che non vogliono avere figli.
La vera urgenza d’oggi non sono queste proposte nefande,
ma una sostanziosa politica a sostegno delle famiglie, in particolare delle
famiglie numerose.
Con riguardo alle unioni fra persone dello stesso sesso,
c’è in atto un movimento internazionale di opinione che cerca di
equiparare le unioni omosessuali alle unioni naturali.
Poco tempo fa Benedetto XVI manifestava la sua preoccupazione
per “ la relativizzazione della differenza dei sessi. Diventa così
uguale il mettersi insieme di un uomo e una donna o di due persone dello
stesso sesso. Con ciò vengono tacitamente confermate quelle teorie
funeste che tolgono ogni rilevanza alla mascolinità e alla femminilità
della persona umana, come se si trattasse di un fatto puramente biologico;
teorie secondo cui l’uomo ? cioè il suo intelletto e la sua volontà
? deciderebbe autonomamente che cosa egli sia o non sia. C'è in
questo un deprezzamento della corporeità, da cui consegue che l’uomo,
volendo emanciparsi dal suo corpo ? dalla “sfera biologica” ? finisce per
distruggere se stesso.”
Le teorie che il Santo Padre sta denunciando sono le
teorie del genere che attaccano le differenze sessuali inscritte nella
natura dell’uomo e della donna.
Le diverse ideologie che cercano di giustificare il femminismo
e l’omosessualità negano la differenza di base fra l’uomo e la donna.
Queste correnti affermano che siamo anzitutto persone
umane prima che essere uomo e donna.
L’umano asessuato non si dà nella natura.
Come dice il libro del Genesi, “maschio e femmina
li creò” (Gn. 1:27)
Non esiste una persona umana senza che sia maschio o
femmina.
Le differenze che esistono fra ambedue i sessi sono molto
più profonde di una mera differenziazione genitale.
Per educare in forma salda i figli è necessario
il contributo di entrambi i genitori con tutte le loro differenze complementari.
Per questo quando manca il padre, o il padre non assolve il suo ruolo maschile
nell’educazione dei figli si produce una grave disfunzione che può
in certi casi portare all’omosessualità dei figli maschi perché
manca loro un modello di ruolo maschile.
Tutto questo anche dimostra che sarebbe un grave errore
il permettere alle coppie omosessuali, l’adozione di bambini, perché
questo non gioverebbe al vero bene dei bambini.
Dobbiamo impegnarci con coraggio e nell’attività
politica, dando una pubblica testimonianza della Fede, questo è
allo stesso tempo un diritto e un dovere.
Qui è importante fare una distinzione fra il ruolo
della Chiesa come istituzione gerarchica e il ruolo dei laici. La Chiesa
gerarchica solitamente non dovrà intervenire nella politica dei
partiti e nelle scelte prudenziali che sono di responsabilità dei
laici, ma ha un dovere irrinunciabile di predicare la verità sia
su questioni strettamente religiose che su questioni morali o di giustizia
sociale.
Dobbiamo porre l’accento sul dovere di coerenza che
hanno i cattolici che, per la posizione sociale o politica che occupano,
devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto
e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale,
la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà
d’educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue
forme.
Tali valori non sono negoziabili.
Pertanto, i politici e i legislatori cattolici, consapevoli
della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente
interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere
leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana, come poneva l’accento
Benedetto XVI in Sacramentum Caritatis.
Pertanto, i dirigenti cattolici che non siano coerenti
con la loro fede dovrebbero astenersi dal ricevere la comunione e anche
sarebbe logico negargli la comunione per un principio basico di coerenza
eucaristica.
Se una persona si auto-definisce cattolica ma non è
d’accordo con gli insegnamenti fondamentali della Chiesa, si sta auto-escludendo
dalla Chiesa stessa.
Questa non è un’imposizione, la Chiesa non obbliga
nessuno ad essere Cattolico, sta nelle singole persone il fare una scelta.
Questa importante dichiarazione dovrà servire
d’incoraggiamento ai vescovi e ai sacerdoti perché abbiano la forza
di rifiutare la comunione ai politici ed a qualsiasi dirigente che si consideri
cattolico e che sia in favore dell’aborto o di qualsiasi altra legge contro
la vita e la famiglia.
giugno 2007
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