Pubblichiamo un articolo di commento sul nuovo documento
della
Commissione Teologica Internazionale
riguardante il Limbo
La speranza della salvezza per i bambini che muoiono
senza Battesimo
L'articolo è stato pubblicato nel n° del
15 maggio 2007 di
Sì Sì No No
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Il Limbo al… “Limbo”
A) Principali obiezioni mosse dalla Commissione
Teologica Internazionale (CTI)
B) La CTI non ignora la dottrina tradizionale
C) Come la CTI scavalca la dottrina
tradizionale
Conclusione
La speranza della salvezza per i bambini che muoiono
senza Battesimo è il titolo del testo sul Limbo elaborato
dalla Commissione Teologica Internazionale (CTI), istituita da Paolo
VI con il compito «di aiutare la S. Sede e precipuamente la Congregazione
per la Dottrina della Fede nell’esame delle questioni dottrinali di maggior
importanza. Presidente della Commissione è il cardinal Prefetto
“pro tempore” della Congregazione per la Dottrina della Fede»
(Annuario Pontificio, Note storiche). Il testo, dunque, è frutto
di un organo di studio, consultivo, privo di qualsiasi autorità
magisteriale, e il card. Levada ne ha approvato la pubblicazione in qualità
di Presidente della CTI, e non in qualità di Prefetto per la Congregazione
per la Dottrina della Fede. Il “consenso”, orale, concesso per la pubblicazione
da Benedetto XVI nell’Udienza del 19 gennaio 2007 non impegna l’ autorità
pontificia né obbliga la coscienza dei fedeli (1).
Premesso ciò, passiamo ad esaminare:
a) le principali obiezioni mosse dalla CTI alla
dottrina tradizionale sul Limbo
b) la dottrina cattolica tradizionale sul Limbo esposta
dalla CTI
c) gli “argomenti” affacciati dalla CTI per scavalcarla.
* * *
A) PRINCIPALI OBIEZIONI MOSSE DALLA
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE (CTI) ALLA DOTTRINA TRADIZIONALE SUL
LIMBO
1° obiezione
"È noto ? scrive la CTI ? che l’ insegnamento
tradizionale ricorreva alla teoria del Limbo inteso come stato [e luogo;
ma, si sa, per la “nuova teologia” e per Giovanni Paolo II neppure l’inferno
è un luogo], in cui le anime dei bambini che muoiono senza Battesimo
non meritano il premio della visione beatifica a causa del peccato originale,
ma non subiscono nessuna punizione, poiché non hanno commesso peccati
personali [attuali]. Questa teoria, elaborata da teologi a partire dal
Medioevo non è mai entrata nelle definizioni dogmatiche del
Magistero, anche se lo stesso Magistero l’ha menzionata nel suo insegnamento
fino al concilio Vaticano II. Essa rimane un’ipotesi teologica possibile"
(2).
Risposta
Che il Limbo sia una “teoria elaborata da teologi
a partire dal Medioevo” non corrisponde al vero. Ancor meno corrisponde
al vero che la dottrina del Limbo non sia “mai entrata nelle definizioni
dommatiche del Magistero”, il quale Magistero si sarebbe limitato a
farne menzione “nel suo insegnamento” (se ordinario universale,
costante ed ininterrotto, o semplicemente autentico non è detto
nel testo).
In realtà la Tradizione (Padri greci e latini)
e il Magistero della Chiesa non tardarono a precisare, mediante un graduale
approfondimento, la portata dei testi evangelici che affermano la necessità
di mezzo del Santo Battesimo (Gv. III,5; Mt.XXVIII,19; Mc.XVI,
v. sì sì no no 15 marzo 2006 pp. 1 ss.).
I Padri greci non solo affermano all’unisono con i Padri
latini l’ esclusione dei bambini non battezzati dalla visione beatifica
di Dio, ma per primi, specie San Gregorio Nazianzeno (In sanctum Baptisma
n. 23, PG, t.36, col. 390) e San Gregorio di Nissa (De infantibus qui
praemature moriuntur, PG, t. 46, col. 177, 180), deducono da questa
verità di fede (necessità di mezzo del Battesimo) e da una
verità di ragione (la giustizia di Dio) che i bambini morti senza
Battesimo hanno una sorte affatto diversa dai dannati dell’inferno esprimendo
esattamente (ma con un’esattezza di gran lunga maggiore) quella “teoria”
che la Commissione Teologica Internazionale ci dice, invece, elaborata
“a partire dal Medioevo”: “Futurum existimo ut… nec coelesti
gloria nec suppliciis a justo judice afficiantur” (Gregorio Nazianzeno
op.
cit.).
In Occidente è l’eresia di Pelagio che offre al
Magistero (oltre che ai Padri latini, specie a Sant’Agostino) l’occasione
di pronunciarsi sulla sorte dei bambini morti senza Battesimo. Rimandiamo
sull’argomento al numero già citato di sì sì no
no (15 marzo 2006).
Qui dobbiamo precisare che nella dottrina tradizionale
sul Limbo bisogna distinguere (cosa che la CTI non fa) tre punti di differente
livello:
1° punto: la necessità
di mezzo del Battesimo, almeno di desiderio, per essere lavati dal
peccato originale e la conseguente esclusione dalla visione beatifica di
chi muore con il solo peccato originale e quindi dei bambini morti senza
Battesimo prima dell’uso di ragione e per ciò incapaci di un siffatto
desiderio.
Questa verità è stata a più riprese
oggetto di pronunciamenti dommatici.
Papa Innocenzo I, il 27 gennaio del 417, nell’Epistola
182 al primate Silvano e a tutti i Vescovi del Concilio Milevitano
insegna “essere pazzesco (perfatuum) asserire che i bambini possano
entrare in Cielo anche senza la grazia del battesimo” (cap. 5). Il
padre ATTILIO CARPIN o.p. commenta che tali parole hanno “un carattere
dogmatico in quanto sono l’intervento del Sommo Pontefice in materia
di fede” (Agostino e il problema dei bambini morti senza Battesimo,
Bologna, ESD, 2005, p. 17).
Papa Zosimo nel 418 approva il secondo Concilio
di Cartagine, il quale, contro i Pelagiani, nega, sulla base di Gv.
III,5, che i bambini non battezzati possano conseguire la beatitudine eterna,
e nella sua Tractoria ribadisce che “nessuno dev’ essere
ritenuto indenne dal peccato prima di essere liberato dal Battesimo”.
Il Concilio di Firenze riprende il Concilio di
Cartagine quando asserisce che i bambini, privi dell’uso di ragione, “non
possono essere aiutati con altro mezzo se non con il Sacramento
del Battesimo” (D. 712).
Il Concilio di Trento insegna che non è
possibile passare dallo stato di peccato allo stato di grazia senza
il Battesimo o [almeno] il suo desiderio (D. 796) e, sulla scia
del medesimo Concilio di Cartagine, riafferma che “a motivo di questa regola
di fede… anche i bambini… vengono… veramente battezzati per la remissione
dei peccati” (D.B. 791).
Come si vede, non si tratta di semplici “menzioni”
fatte dal Magistero “nel suo insegnamento”; l’ esclusione
dalla visione beatifica di coloro che muoiono con il solo peccato originale,
ed è il caso di neonati non battezzati , è verità
di
fede divina e cattolica definita (v. Sacrae TheologiaeSumma,
BAC, Madrid, vol. II n. 1004).
2° punto: la sorte diversa dai dannati
dei bambini morti senza Battesimo.
Anche questa verità non è solo “menzionata”
dal Magistero, ma è stata oggetto di ripetuti pronunciamenti dogmatici.
Papa Innocenzo III: “la pena del peccato originale
[con il quale muoiono i bambini non battezzati] è la privazione
della visione di Dio, mentre la pena del peccato attuale [personale] è
il tormento della geenna perpetua”.
Concilio di Lione: “Crediamo che le anime di coloro
che muoiono in peccato mortale o con il solo peccato originale discendono
tosto negli inferi, per essere tuttavia puniti con pene differenti”
(D. 464, Professione di fede imposta all’imperatore Michele Paleologo).
Il Concilio di Firenze riprende questo testo letteralmente
nel “Decretum pro Graecis” (D. 693).
3° punto: la differenza delle pene sta
in questo: che coloro, i quali muoiono con il solo peccato originale (e
quindi i bambini non battezzati), non sottostanno a tormenti sensibili
come i dannati e non soffrono nessuna tristezza per la privazione della
visione beatifica. Anzi i bambini morti senza Battesimo godono di una felicità
naturale.
È questa la sentenza più comune e più
probabile (v. Sacrae Theologiae Summa, vol. II nn.
1009 ss., BAC, Madrid).
Questo (e non l’esistenza del Limbo) non è
stato ancora oggetto di pronunciamenti dommatici da parte del Magistero.
Avrebbe dovuto essere definito dal Vaticano I se questo non fosse stato
interrotto dalla presa di Roma (esiste tuttavia lo schema riveduto e corretto
sullo stato delle anime del Limbo: vedi sì sì no no
cit.) e sarebbe stato probabilmente definito dal Vaticano II, secondo la
richiesta di alcuni Padri, se esso non fosse stato dirottato dall’ala neomodernista,
nemica del dogma del peccato originale e quindi della dottrina tradizionale
sul Limbo.
Comunque è chiaro che la dottrina sul Limbo, fondata
sui testi sacri ed entrata a più riprese, almeno per i primi due
punti sopra illustrati, nei pronunciamenti dommatici del Magistero (dal
Concilio di Cartagine al Concilio di Trento), è, come minimo, una
“conclusione teologica” e, come tale, fa parte delle “veritàcattoliche”
o “dottrine della Chiesa” (3)
e non può essere declassata (come fa la CTI) ad una semplice “ipotesi
teologica possibile”. Le ipotesi o opinioni teologiche, infatti,
sono liberi giudizi su fede e morale, che non sono né testimoniati
dalla Rivelazione né decisi dal Magistero. Ma l’esistenza del Limbo,
lo abbiamo visto, è fondata sia nella Rivelazione sia nei pronunciamenti
del Magistero.
Pio XII ne ha parlato ancora il 29 ottobre del 1951:
“non vi è altro mezzo [che il Battesimo di acqua] per comunicare
questa vita [soprannaturale] al bambino, che non ha ancora l’uso della
ragione”.
* * *
D’altronde, ad attestare la dottrina cattolica sul Limbo
c’è (per ammissione della stessa CTI) tutta la teologia cattolica
anteriore al Vaticano II. Ci limiteremo qui a pochi testi.
ALBERT MICHEL scrive che il Limbo è “sentenza
prossima
alla fede e suscettibile di definizione dogmatica” (Enfants morts
sans Baptême, Parigi, Tequi 1954, p. 17).
Sul Limbo La Civiltà Cattolica (12.VI.1868,
pp. 709-720) cita S. Agostino: “Se vuoi essere cattolico, non credere,
non dire, né insegnare che i bambini morti senza Battesimo
possano ottenere la remissione del peccato originale” (De anima et eius
origine, lib. III, cap.9) e il periodico dei Gesuiti, organo officioso
della S. Sede, commenta: “Non dice: Se non vuoi essere temerario, ma: Se
vuoi essere cattolico” (p. 715). Quindi La Civiltà Cattolica
la ritiene una questione di fede almeno definibile.
Il cardinale CHARLES JOURNET (La volonté divine
salvifique sur les petits enfants, Desclée, 1958) scrive che
il Magistero si è pronunciato sull’argomento in maniera non solo
“canonica”, prudenziale o disciplinare e pratica, ma in maniera “dichiarativa”
o speculativa e dogmatica, atta a “definire il deposito rivelato […] e
i cui enunciati richiedono da parte nostra l’ obbedienza di ordine teologale
della fede divina” (p. 137). Il card. Journet ricorda che la Chiesa
già nel concilio Milevitano-Cartaginese (416-418) “ha definito
la necessità del Battesimo dei neonati” (pp. 145-146) negli stessi
termini ripresi poi dal Concilio di Trento e che la pratica del Battesimo
ai neonati è “di origine apostolica” (p. 147). Che non c’è
speranza di salvezza soprannaturale per i bambini non battezzati ? scrive
il porporato ? «è una dottrina che appartiene alla fededivina
della Chiesa» e non è “una dottrina che rappresenterebbe solo
l’ insegnamento comune dei teologi” (p. 152); infatti, alla domanda se
«i neonati morti senza Battesimo, prima dell’ uso di ragione abbiano
qualche altro mezzo di salvezza […], tutte le indicazioni del Magistero
sono convergenti. Esse rispondono: No» (p. 160). Journet si rifà
specialmente al canone 3° del Concilio di Cartagine del 418, che si
fonda sul Vangelo di San Giovanni (III, 5), e commenta: “Un canone di un
Concilio provinciale che scaglia l’anatema contro una dottrina contraria
alla fede, se è approvato dal Papa, acquista subito il valore di
una definizione di fede, diventa atto del Magistero
dichiarativo” (p. 161).
Nel 1971 monsignor PIER CARLO LANDUCCI (Il Limbo ai
bambini non battezzati, in Palestra del Clero,
n. 18 anno 50, 15.IX.1971, pp. 1091-1098) scriveva che il Limbo è
“solida deduzione teologica, corroborata dalla Tradizione e dal
Magistero” e ricordava contro il modernismo attuale che, comunque, “Al
di là delle definizioni, spesso occasionali, v’è la solida
dottrina teologica determinata dalla generalità dei Padri e dei
teologi e dal Magistero ordinario della Chiesa, che, quando sia universale,
è
infallibile” (p. 1092). Egli concludeva: “Il Limbo starà
sempre,
a ricordare la sublime trascendenza e gratuità della vita soprannaturale”
(p. 1097).
E può bastare per concludere che l’esistenza del
Limbo dev’essere tenuta per certa (eius existentia certo tenenda est,
Sacrae
Theologiae Summa, cit. vol. IV p. 150) e non è una semplice
opinione teologica. A meno che non si voglia dire anche del Limbo, come
già è stato detto dell’inferno, che “il Limbo c’è,
ma è vuoto”.
2° obiezione
“ La teoria del Limbo, cui ha fatto ricorso per molti
secoli la Chiesa […], non trova nessun fondamento esplicito
nella Rivelazione, nonostante sia entrata da lungo tempo nell’insegnamento
teologico tradizionale. Inoltre il concetto che i bambini che muoiono senza
Battesimo sono privati della visione beatifica, concetto che così
a lungo è stato consacrato come dottrina comune della Chiesa,
solleva numerosi problemi pastorali” (4).
Risposta
Per la dottrina tradizionale sul Limbo il fondamento
nella Rivelazione (Sacra Scrittura e Tradizione) c’è ed è
chiaro.
• Sacra Scrittura: “Nessuno, se non rinasce
per acqua e Spirito Santo, può entrare nel Regno di Dio” (Gv.
III,5); “Andate e predicate il Vangelo a tutte le creature. Chi crederà
e sarà battezzato, sarà salvo” (Mc. 16, 16).
• Tradizione: i Padri greci e latini, come visto
sopra, sono unanimi nell’escludere dalla visione beatifica i bambini morti
senza Battesimo e in questo senso parlano per loro di “damnatio”
(=privazione della visione di Dio); differiscono solo nella concezione
(più benigna nei Padri greci, più severa in molti Padri latini
sotto l’influsso della polemica antipelagiana) della condizione riservata
a questi bambini (né pena del senso né afflizione per la
pena del danno).
Si aggiungano i pronunciamenti del Magistero sopra riportati
al punto 1 e sarà chiaro che “il concetto che i bambini
che muoiono senza Battesimo sono privati della visione beatifica” non
è solo una “dottrina comune” della Chiesa, come vorrebbe
la CTI, ma è una verità di fede divina e cattolica definita
(v. A. TANQUEREY De Deo creante et elevante n.913).
Ci domandiamo, poi, se il Magistero ordinario infallibile
abbia ancora un qualche valore per la CTI, dato che non esita a mettere
in questione ciò che la Chiesa “per molti secoli”, “da
lungo tempo”, “così a lungo” ha insegnato e lasciato
insegnare.
Infine, se la dottrina del Limbo “solleva numerosi
problemi pastorali”, ciò è spesso dovuto al modo inesatto
e incompleto in cui essa è insegnata, e perciò sarebbe stato
davvero opportuno che il Vaticano II, il quale si è preteso precipuamente
“pastorale”, non avesse eluso la domanda di quei Vescovi che chiedevano
la definizione del 3° punto della dottrina tradizionale sul Limbo che
sopra abbiamo illustrato. In ogni caso, i pretesi “problemi pastorali”
non autorizzano a manomettere una verità insegnata da Nostro
Signore Gesù Cristo (Gv. III, 5) e incessantemente proposta a credere
dalla Chiesa: “Nessuno, se non rinasce per acqua e Spirito Santo,
può entrare nel Regno di Dio”, che, ha precisato la Chiesa contro
i sofismi dei pelagiani, è la vita eterna e quindi la visione beatifica.
3° obiezione
“Le persone trovano sempre più difficile accettare
che Dio sia giusto e misericordioso se poi esclude dalla felicità
eterna i bambini [morti senza Battesimo] (5)
. Tra queste “persone” è giocoforza annoverare anche i membri della
CTI, dato che anch’essi giudicano la dottrina del Limbo “un’interpretazione
eccessivamente restrittiva della salvezza […], che in ultima analisi
mette in dubbio l’onnipotenza stessa di Dio e in particolare la
Sua misericordia (6).
Risposta
Poiché la dottrina che la CTI ritiene “eccessivamente
restrittiva della salvezza” è una verità attestata dalla
Sacra Scrittura e professata ed insegnata ininterrottamente nella Chiesa
(Padri e dottori della Chiesa, Concili, Magistero) come abbiamo documentato
al 1° punto, dobbiamo concludere che, per la CTI, chi “mette
in dubbio l’ onnipotenza stessa di Dio e in particolare la Sua misericordia”
è appunto la… Sacra Scrittura, con i Padri, i dottori, i Concili,
il Magistero ordinario e straordinario della Chiesa! Il che per un organo
semplicemente di studio come la CTI non è davvero piccola audacia.
Come non è davvero piccola ignoranza dimenticare che la felicità
eterna è un dono soprannaturale e quindi, per sua stessa
definizione, non dovuto, eccedendo ogni diritto della natura umana.
La felicità naturale piena e perfetta,
invece, è dovuta. Ora, secondo la sentenza comune e più probabile
(quella che attende ancora una definizione dommatica: v. punto 3),
Dio concede la seconda ai bambini morti senza Battesimo, senza colpe personali,
ma, a motivo del peccato originale, privi della grazia santificante e perciò
incapaci di agire soprannaturalmente (“agere sequitur esse”) e quindi
di vedere Dio “faccia a faccia così com’Egli è”, nella Sua
essenza. Né Dio fa torto a nessuno quando lascia il Battesimo dei
neonati al gioco generale delle cause seconde, che possono finire col privare
alcune anime del dono, gratuito e perciò indebito, della felicità
soprannaturale. Dio vuole di volontà universale che tutti, compresi
i bambini, si salvino ed ha istituito i mezzi generali di salvezza per
tutti, anche per i bambini, ma non è tenuto ad assicurare con continui
miracoli o una serie di miracoli che i singoli bambini siano tutti battezzati,
qualora le cause seconde (genitori, famiglia, società, Stato) vi
si oppongano.
Quindi nella dottrina del Limbo non vi è nessuna
“interpretazione eccessivamente restrittiva della salvezza” . Al
contrario, vi è da parte di chi la nega o mette in dubbio quella
pretesa al soprannaturale e alla grazia come dovuti condannata da San Pio
X nei modernisti (Pascendi) e da Pio XII nei neomodernisti (Humani
Generis): “[essi] snaturano il concetto della gratuità dell’ordine
soprannaturale quando sostengono che Dio non può creare esseri intelligenti
senza ordinarli e chiamarli alla visione beatifica”.
4a obiezione
“Riflettendo sul tema della sorte dei bambini che muoiono
senza Battesimo, la comunità ecclesiale deve sempre ricordare
che Dio è, a rigor di termini, il soggetto più che l’oggetto
della teologia. Primo compito della teologia è quindi l’ascolto
della Parola di Dio […]. Tuttavia della salvezza di coloro che muoiono
senza Battesimo la Parola di Dio dice poco o niente” (7)
.
Risposta
Ecco un’obiezione che sembrerebbe scritta da un protestante:
vi si parla della “comunità ecclesiale” che “riflette” sul tema
dei bambini morti senza Battesimo; vi si parla della “Parola di Dio”, ma
del Magistero della Chiesa neppure una parola. Eppure Dio non ha dato alla
Sua Chiesa solo la Sacra Scrittura e la Tradizione, ma, come ricordava
Pio XII ai neomodernisti, “insieme a queste sacre fonti ha dato alla
Sua Chiesa il vivo Magistero, anche per illustrare e svolgere quelle verità
che sono contenute nel deposito della fede solo oscuramente e come implicitamente.
E il divin Redentore non ha affidato questo deposito per l’ autentica
interpretazione né ai singoli fedeli né agli stessi teologi
ma solo al Magistero della Chiesa” (Humani Generis).
Ora, questo Magistero, cui è stato affidato il
deposito della Fede e che deve essere, “per qualsiasi teologo, in materia
di fede e di costumi, la norma prossima ed universale di verità”
(Pio XII enc. cit.), è dalla CTI neomodernisticamente “ignorato,
come se non esistesse” (ivi). O, meglio, è contraddetto perché,
contro l’ insegnamento costante della Chiesa, il testo della CTI osa affermare
che “della salvezza di coloro che muoiono senza Battesimo la Parola
di Dio dice poco o niente”, mentre è vero che di coloro che
muoiono senza Battesimo la Parola di Dio dice che non si salvano e la Chiesa,
nella sua autentica interpretazione, spiega che ciò vale in particolar
modo per i bambini che, privi dell’uso di ragione, non possono avere, a
differenza degli adulti, il “voto” o desiderio del Battesimo e perciò
non hanno altra via per salvarsi che il Battesimo d’acqua o l’essere uccisi
per Cristo, come i Santi Innocenti.
Che cosa vuol dire, poi, che Dio è “il soggetto
più che l’oggetto della teologia”?
Questa tesi è essenzialmente modernista; essa
porta al soggettivismo e relativismo filosofico-teologico. Infatti l’oggetto
“materiale” della teologia è principalmente Dio e secondariamente
le cose create in ordine a Dio, loro fine e causa efficiente (S. Th. 1,
q.1, a.7). Mentre l’oggetto “formale” della teologia soprannaturale è
Dio conoscibile per fede tramite la Rivelazione, quello della teologia
naturale o “teodicea” è Dio (Sua esistenza, e qualche attributo
della Sua essenza) conosciuto a partire dalle creature mediante la ragione
naturale (S. Th., I, q. 1, a.1 ad 2um). Se Dio è il soggetto più
che l’oggetto della teologia si cade nel nichilismo o agnosticismo teologico,
detto anche “apofatismo” (Dio è totalmente inconoscibile), cui si
rifà esplicitamente la CTI (vedi nota 26 del presente articolo).
Dire che Dio è il soggetto più che l’oggetto della teologia
significa contraddirsi: infatti teologia significa “discorso su Dio”; se
Dio fosse “il soggetto più che l’oggetto” della teologia parlerebbe
di Sé a Sé stesso, ossia invano. Ma Dio non agisce a vuoto,
come invece spesso facciamo noi uomini (ed oggi purtroppo anche le “Commissioni
Teologiche”). È verità di fede definita dal Vaticano I (DB
1806) che Dio è oggetto della conoscenza umana (naturale
e soprannaturale), la quale è certa (naturalmente e soprannaturalmente).
5a obiezione
"Si è inoltre avuto un importante sviluppo liturgico
con l’introduzione dei funerali per i bambini morti senza Battesimo. […].
Il Messale Romano del 1970 ha introdotto una Messa funebre per i
bambini non battezzati" (8) "Prima
del Vaticano II, nella Chiesa non esisteva un rito funebre per i bambini
non battezzati, che venivano sepolti in terra non consacrata […]. Grazie
alla riforma liturgica successiva al Concilio il “Messale Romano”
dispone adesso di una Messa funebre per i bambini che muoiono senza il
Battesimo" (9) .
Risposta
Si tratta, dunque, per ammissione della stessa CTI, non
di un vero “sviluppo liturgico” omogeneo, ma di una corruzione liturgica,
perché eterogenea, cioè in contraddizione con la dottrina
e la prassi bimillenaria della Chiesa.
Se la Chiesa sino al 1969 non ha mai ammesso una Messa
per i bambini morti senza Battesimo, è certamente ed infallibilmente
vero (per la pratica della Chiesa la quale è un fatto dogmatico)
che essi non usufruiscono dei frutti del sacrificio della Messa, in quanto
non hanno la capacità o potenzialità dell’ordine soprannaturale.
Quindi l’obiezione della CTI si rivolge contro se stessa, in quanto una
pratica nuova e appena trentennale non può scalzare la prassi contraria
antica e tradizionale di origine apostolica che è sempre sussistita
pacificamente nella Chiesa: se una nuova pratica contraddice l’antica,
essa è certamente erronea, per il principio di identità e
non-contraddizione, ed è all’antica che bisogna attenersi, come
la Chiesa ha sempre insegnato (v. San Vincenzo di Lerino Commonitorio).
In realtà, cambiando la “lex orandi” con l’introduzione
di una Messa (mai esistita) per neonati non battezzati, si è cercato
di cambiare la “lex credendi” cancellando l’ esistenza del Limbo. E ciò
gradualmente, ma decisamente: nel 1970 Paolo VI introduce implicitamente
la negazione del Limbo nel Novus Ordo inserendovi, contro la prassi
bimillenaria della Chiesa, una Messa funebre per i neonati non battezzati.
Nel 1984 Joseph Ratzinger, allora cardinal Prefetto della Congregazione
per la Dottrina della Fede, afferma esplicitamente in Rapporto
sulla Fede (ed. Paoline) che il Limbo è solo un’ "opinione"
teologica. Nel 1992 il nuovo “Catechismo della Chiesa Cattolica”
(n. 1261) insegna che la Chiesa affida i neonati morti senza Battesimo
alla misericordia di Dio “come appunto fa nel rito dei funerali per
loro” (introdotto solo dopo il Concilio da Paolo VI). Nel 1994,
infine, la CTI, presieduta dall’allora card. Ratzinger, inizia i suoi studi
sul Limbo, che hanno partorito nell’aprile u. s. l’attuale “novità”,
la quale dà un colpo alla dottrina tradizionale della Chiesa. Possiamo
ben dire che Concilio, Novus Ordo Missae e negazione del Limbo fanno
un tutt’uno.
6a obiezione
"Pur consapevole che il mezzo normale per conseguire
la salvezza è il Battesimo “in re”, la Chiesa [?] spera [sic] quindi
che esistano altre vie per conseguire il medesimo fine. Poiché,
per mezzo della Sua Incarnazione, il Figlio di Dio “si è unito in
un certo modo” ad ogni essere umano" (10)
. Inoltre: “Possiamo domandarci […] se i bambini che muoiono senza il Battesimo
muoiono necessariamente nel peccato originale, senza un rimedio
divino […]. Possiamo forse paragonare un caso del genere al dono immeritato
che Dio fa a Maria nel momento della Sua Immacolata Concezione”
(11) .
Risposta
Qui casca l’asino. Poiché il Battesimo è
il mezzo normale e normalmente necessario per cancellare il peccato
originale, normalmente i neonati morti senza Battesimo non godono della
visione di Dio (“de fide”); eccezionalmente o miracolosamente Dio
può santificare qualcuno (San Giovanni Battista) già nel
seno di sua madre, ma l’eccezione resta sempre eccezione, che non può
divenire la regola: sarebbe una contraddizione in terminis. Trattandosi,
poi, di un’eccezione a una legge universalissima stabilita da Cristo e
sancita dalla Chiesa (“Nessuno, se non rinasce per acqua e Spirito Santo,
può entrare nel Regno di Dio” Gv. III,5), non è lecito
ammettere nessuna deroga se non sia da Dio stessa rivelata, come nel caso
di San Giovanni Battista e della Beata Vergine Maria. Le eccezioni ad una
legge generale, infatti ? ricorda il card. Journet in armonia con tutta
la teologia cattolica ? non possono essere presunte, ma devono essere dimostrate
(12). La CTI, invece, non solo
presume l’eccezione, ma ne fa la regola, e senza nessuna dimostrazione.
In realtà non è affatto vero che, come
scrive la CTI, “la Chiesa spera che esistano altre vie” di salvezza
per i bambini morti senza Battesimo. Al contrario, la Chiesa ha sempre
negato che queste “altre vie” esistano, dal primo Concilio di Cartagine
fino al Monitum del Sant’ Uffizio del 18 febbraio 1958, così che
il card. Journet, dopo l’esame dei testi del Magistero, scrive che alla
domanda “se i neonati, morti senza Battesimo prima dell’uso di ragione,
abbiano qualche altro mezzo di salvezza […] tutte le indicazioni
del Magistero sono convergenti. Esse rispondono di no” (La volonté
divine salvifique sur les petits enfants cit.) e quindi ritiene
questa verità una verità di fede. In realtà, la CTI
si fonda non sulla dottrina costante della Chiesa (di cui, come già
visto, non fa nessun conto), ma sul seguente sofisma:
- è di fede che senza la grazia (ovvero col peccato
originale) non si può entrare in paradiso;
- il Battesimo, però, non è l’unico
mezzo per cancellare il peccato originale;
- quindi, anche per i neonati morti senza Battesimo può
esistere un’altra via per andare in Cielo.
La premessa minore, però, è evidentemente
ambigua ed erronea. Infatti, il Battesimo è il mezzo ordinario
o normale che Dio ha scelto per cancellare la macchia del peccato originale:
non si tratta, infatti, di stabilire che cosa Dio può o avrebbe
potuto fare, ma di ciò che ha fatto. |
Chiunque dica che saranno vivificati in Cristo anche
i bambini che muoiono senza aver partecipato al suo Sacramento certamente
contraddice la predicazione apostolica e condanna tutta la Chiesa,
dove ci si affretta a battezzare i bambini perché indubbiamente
si crede che essi non possono con nessun altro mezzo essere vivificati
in Cristo.
Sant’Agostino (Epist. CLXVI, cap. VII, n. 21, ed. Migne)
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Certo, Dio nella Sua onnipotenza e libertà può
comunicare la grazia anche in modo puramente spirituale. Egli non era obbligato
ad istituire i sacramenti (S. Th. III, q. 72, a 6, ad I). Tuttavia
siccome l’ uomo non è un puro spirito, ma è composto di anima
e corpo, Cristo ha istituito i sacramenti (segni sensibili che producono
la grazia) quale mezzo per conferirci la vita soprannaturale. Ora, in questo
stato di cose, il Battesimo, per positiva disposizione divina, è
mezzo necessario di salvezza, anche se è prevista l’eccezione
per qualche singolo caso straordinario.
Il Concilio di Trento ha definito che “dopo l’annunzio
del Vangelo questo passaggio [allo stato di grazia] non può avvenire
senza il lavacro della rigenerazione o senza il desiderio di esso”
(D. 796, v. anche can. 5 sul Battesimo).
Ora, poiché è formalmente e direttamente
rivelato e definito che senza il Battesimo almeno di desiderio non si può
avere la grazia e senza di questa non si può avere la gloria, è
almeno strettamente connesso al “per se revelatum” che i
neonati, perché incapaci del Battesimo di desiderio, possono ottenere
la grazia e quindi la gloria solo con il Battesimo d’acqua o con il martirio,
qualora fossero uccisi in odio a Cristo, come i Santi Innocenti, cui fuori
luogo fa cenno la CTI nel suo testo.
La “speranza”, dunque, espressa dalla CTI che esistano
per i bambini morti senza Battesimo “altre vie” di salvezza è
una speranza, alla quale si oppone il principio generale stabilito da Cristo
stesso e sancito dalla sua Chiesa che nessuno può salvarsi
se non rinasce per il Battesimo (almeno di desiderio). Ma tant’è:
la “nuova teologia” si nutre di “speranze” senza nessun fondamento nella
Fede e, come “spera” che l’inferno sia vuoto, così “spera” che il
Limbo lo sia parimenti. Ma che cos’è una “speranza” senza fondamento
nella Fede? Puro sentimentalismo o illusione. Se non è quel “romanticismo
teologico” di cui parlava mons. Ugo Lattanzi (+1969) inteso ad introdurre,
mediante la “lirica o poesia” (v. Hans Urs von Balthasar) errori nella
dottrina cattolica e nella mente dei fedeli. Abramo, citato dalla CTI,
“sperò contro ogni speranza”, ma non sperò contro
la fede e la “teologia della speranza” (senza fede), cui fa appello
la CTI, è il corrispettivo di quella “carità senza fede”
rimproverata da San Pio X ai modernisti.
Il paragone con l’Immacolata Concezione, che ha il suo
fondamento nella Maternità divina, fa pensare a quell’immacolato
concepimento dell’uomo, principio fondamentale del naturalismo e del liberalismo,
che è stato fatto proprio dall’antropocentrismo e dal culto dell’uomo
propri dalla “Nuova Teologia”, che, nonostante la condanna di Pio XII (Humani
Generis, 1950) e ad appena dodici anni di distanza, ha esercitato un’enorme
influenza sul Vaticano II.
7a obiezione
“Ci si può chiedere se il bambino che muore senza
il Battesimo […] possa essere privato della visione di Dio anche
senza la sua cooperazione” (13).
Risposta
Il peccato originale è privazione della grazia
santificante, che è il seme della gloria ovvero la gloria in potenza,
onde chi è privo di grazia in atto è privo anche di gloria
in potenza. Perciò senza “la sua cooperazione”, cioè senza
peccati personali, il bambino non può essere punito con l’inferno,
ma, senza la grazia, non può neppure ottenere la gloria, essendo
impossibile passare all’atto dal nulla; occorre almeno la potenza: Ex
nihilo nihil fit. Ens in potentia non reducitur ad actum nisi per ens in
actu. Ora, poiché i neonati ottengono ordinariamente la vita
della grazia solo con il Battesimo d’ acqua, normalmente (tranne eccezioni
miracolose, da Dio certificate: la Beata Vergine Maria, San Giovanni Battista)
il bimbo morto senza Battesimo è privo e di grazia e di gloria
.
B) LA CTI NON IGNORA LA DOTTRINA TRADIZIONALE
La CTI ignora forse la dottrina tradizionale sul Limbo
che siamo venuti richiamando?
Nient’affatto!
La conosce benissimo. Essa cita i Padri greci, poi quelli
latini, specialmente Sant’Agostino; non manca di citare il Vangelo (Gv.
III, 5) (benché neghi che la dottrina del Limbo abbia un qualche
fondamento nella Sacra Scrittura); non tace della prassi della Chiesa (che
è norma infallibile di verità), la quale concedeva il Battesimo
ai “neonati in pericolo di morte, […] per assicurare loro l’ingresso nel
regno di Dio” (14).
Cita il Magistero con il Concilio di Cartagine (418),
e passa subito alla scolastica (Sant’Anselmo di Canterbury, Ugo di San
Vittore, Pietro Abelardo); solamente nella nota 48a (p. 29) ritorna al
Magistero (Concilio di Lione II, Giovanni XXII, Concilio di Firenze, ripresi
poi dal Concilio di Trento) e spiega che si era giunti con la scolastica
e il Magistero medievale alla “opinione comune” (15)
(si continua qui a sminuire il valore dogmatico della dottrina sul Limbo)
che i bambini non battezzati vanno al Limbo ove non soffrono nessuna pena,
anzi conoscono una felicità naturale piena, non avendo neppure il
rimpianto della mancanza della visione beatifica che è essenzialmente
soprannatuale, essendo privi di grazia abituale e non conoscendo la Rivelazione
sul Paradiso. La CTI richiama persino San Tommaso, per il quale “soltanto
la Fede ci permette di conoscere che il Fine soprannaturale della vita
umana consiste nella gloria dei Santi, ossia nella partecipazione alla
vita del Dio Uno e Trino attraverso la visione beatifica. Poiché
tale fine soprannaturale trascende la conoscenza umana naturale, e, dato
che ai bambini manca il sacramento che avrebbe dato loro il germe di questa
conoscenza soprannaturale, l’Aquinate ne concluse che i bambini che muoiono
senza Battesimo non conoscono ciò di cui sono privati, e quindi
non soffrono della privazione della visione beatifica” (16).
Tuttavia, si oppone dalla CTI, la via ordinaria del Battesimo non
esclude altre vie straordinarie con le quali la Onnipotenza e la
Misericordia divine, se vogliono, possono elevare all’ordine soprannaturale
anche chi non è stato battezzato ed è morto senza l’uso di
ragione (17).
La CTI non tace neppure che Pio VI condanna come “falsa,
temeraria e offensiva per le scuole cattoliche” la proposizione giansenista
contraria alla dottrina sul Limbo dei bambini, ma la CTI asserisce che
questa dottrina non è di fede; essa rappresenterebbe
soltanto “la dottrina cattolica comune sino alla metà del XX
secolo” (18). In breve,
i membri della CTI mostrano di conoscere perfettamente la dottina cattolica
sul Limbo ma l’annacquano, la sminuiscono a “semplice opinione”
con il pretesto di una mancata definizione dogmatica, dimentichi che, in
ogni caso, “al di là delle definizioni vi è la solida
dottrina teologica determinata dalla generalità dei Padri e dei
teologi e dal Magistero ordinario della Chiesa che, quando sia universale,
è infallibile” (mons. Pier Carlo Landucci cit. ivi). Questa
conoscenza della dottrina cattolica tradizionale, purtroppo, rende “formalmente”,
e non solo “materialmente”, erroneo il rifiuto della dottrina sul Limbo
da parte della CTI.
C) COME LA CTI SCAVALCA LA DOTTRINA
TRADIZIONALE
La CTI ci dice, tra molte inesattezze sulle quali siamo
costretti a sorvolare, che durante il Vaticano II il “tema” del
Limbo “non entrò nelle deliberazioni del Concilio e fu lasciato
aperto ad ulteriori indagini” (19).
In realtà Pio XII, nel 1950 (Humani Generis),
aveva condannato la “Nuova Teologia” secondo la quale l’ordine soprannaturale
è dovuto alla natura umana e quindi non è gratuito. Sarebbe
stato azzardato cambiare diametralmente la dottrina sul Limbo tra il 1962-65,
appena dodici-quindici anni dopo una condanna così severa e solo
quattro-sei anni dopo il Monitum del Sant’ Uffizio (18 febbraio
1958) che ribadiva la dottrina tradizionale condannando come vane e destituite
di ogni fondamento le “novità” le quali si andavano affacciando
qua e là sulla sorte dei bambini morti senza Battesimo. Si lasciò
passare, perciò, ancora del tempo e si introdusse il cambiamento
dottrinale piano piano. Tuttavia nel concilio Vaticano II, e specialmente
in Gaudium et Spes n. 22, era stata introdotta una frase (come minimo)
molto ambigua, che avrebbe poi permesso di far passare anche la “novità”
sul Limbo (e finanche il “pancristismo”): “Per il fatto stesso che il Verbo
si è incarnato, ha unito, in un certo modo, a sé ogni
uomo”. La CTI infatti si appella proprio a GS 22 per affermare: “Nonostante
che il Concilio non abbia espressamente applicato questo insegnamento ai
bambini che muoiono senza il Battesimo, questi testi aprono una strada
per dare ragione della speranza in loro favore” (20).
Anzi "nella ricerca teologica, soltanto in tempi relativamenti recenti,
la volontà divina di salvare viene percepita come quantitativamente
universale”. Ne consegue "che tutti vivono in una qualche forma di relazione
alla Chiesa" perchè "la solidarietà umana con Cristo
(o più precisamente la solidarietà di Cristo con l’umanità)
deve avere la priorità sulla solidarietà con Adamo"
(21). Ora, “uno dei principali
punti di debolezza della teoria tradizionale del Limbo è che non
è chiaro se le anime abbiano o meno un rapporto con Cristo”
(22) onde, se è di fede
che la privazione della visione beatifica è la pena del peccato
originale, tuttavia il Battesimo non è l’unico mezzo per
togliere l’ ostacolo (la privazione della grazia) alla visione di Dio.
I neonati che muoiono senza il Battesimo sacramentale non sono necessariamente
privi di grazia santificante e quindi senza visione beatifica (23).
La stessa dottrina tradizionale non obbliga a pensare che “questi bambini
muoiano necessariamente col peccato originale e che quindi, per
loro non esista alcuna via di salvezza” (24).
Onde la dottrina del Limbo è “dottrina comune” ma non di fede: essa
resta un’opinione teologica possibile (25),
oggi sorpassata dal recente insegnamento conciliare. Addirittura si arriva
ad invocare “la prospettiva apofatica dei Padri greci” per risolvere il
problema del Limbo, che è “un caso limite nella ricerca teologica”
(26).
Risposta
Innanzi tutto è ridicolo definire il Limbo un
“caso limite nella ricerca teologica”, in quanto è stato insegnato,
pacificamente, dal “Catechismo di San Pio X” e imparato, altrettanto pacificamente,
già dai bambini che si preparavano alla prima Comunione.
Quanto alla volontà universale salvifica di Dio,
essa si divide in
a) antecedente e condizionata che offre
a tutti gli uomini la grazia sufficiente per la salvezza a condizione che
vogliano salvarsi;
b) conseguente ed assoluta la quale vuole la salvezza
solo di coloro che l’accettano, ma non di coloro che la rifiutano.
In teologia non esiste il termine “quantitativamente universale”,
coniato dalla CTI per esprimere, con una formula fumosa e nuova, un’ eresia
vecchia e tenebrosa: quella dell’apocatastasi o del panteismo o del “Cristo
cosmico” (che sono poi, essenzialmente, la stessa cosa).
Il rapporto dell’uomo con Adamo, inoltre, è quello
di chi, discendendo da lui, non eredita la grazia abituale, da Dio concessa
nel paradiso terrestre, poiché il progenitore l’ha persa per sua
colpa e non può trasmetterla ai figli, i quali nascono necessariamente
privi di grazia santificante ossia con la macchia del peccato originale.
Invece, nel rapporto dell’uomo con Cristo, se da parte di Cristo c’è
la volontà redentrice e salvifica universale, da parte di ogni uomo
deve esserci la cooperazione all’opera della redenzione, cooperazione che
è libera e quindi non necessariamente “ogni uomo” è
in unione con Cristo (come invece afferma erroneamente GS 22), perché
egli può rifiutare la salvezza di Cristo.
In potenza ogni uomo è in rapporto con
Cristo, ma in atto no, non è necessariamente unito a Lui
per la grazia santificante, mentre è in rapporto attuale
con Adamo e perciò nasce necessariamente privo della grazia, ossia
con il peccato originale. Ne consegue che la “solidarietà” dell’
uomo col Cristo non ha in modo generale la priorità su quella con
Adamo, ma è vero il contrario.
CONCLUSIONE
Secondo la CTI la debolezza principale della dottrina
tradizionale sul Limbo consiste nel non essere essa sufficientemente chiara
sul rapporto che ogni anima ha con Cristo. Ma la dottrina “nuova” sul Limbo
concepisce in modo ereticale il rapporto di ogni anima con Cristo appellandosi
a GS 22: “per il fatto che il Verbo si è incarnato si è
unito in qualche modo ad ogni uomo”. Questa frase è stata
interpretata da Giovanni Paolo II nella Redemptor hominis: “Dio
in Lui [Cristo] si avvicina ad ogni uomo, dando il tre volte
Santo Spirito di verità” (n. 9) ed ancora: “La dignità
che ogni uomo ha raggiunto in Cristo è questa: la dignità
dell’ adozione divina” (n. 11). Giovanni Paolo II spiega, affinchè
non sussistano dubbi, che “non si tratta dell’uomo astratto, ma reale concreto
storico […] perché con ognuno Cristo si è unito per
sempre” (n. 13) ed aggiunge: “ogni uomo - senza eccezione alcuna
- è stato redento da Cristo, perché con l’uomo - ciascun
uomo senza eccezione alcuna - Cristo è in qualche modo unito
anche quando l’uomo non è di ciò consapevole” (n.
14), e ciò “a partire dal momento in cui viene concepito
sotto il cuore della madre” (n. 13). Ecco “contro-definita” l’immacolata
concezione di ogni uomo ed ecco perché i bambini morti senza Battesimo
vanno in cielo mentre il Limbo va al… “limbo” ( e l’inferno va… all’"inferno").
Nella Dominum et vivificantem Giovanni Paolo II
estende al di là dell’uomo il tema panteistico del pancristismo:
“Il Verbo si è unito ad ogni carne, specialmente all’uomo,
questa è la portata cosmica della redenzione. Dio è
immanente al mondo e lo vivifica dal di dentro” (n. 54). Egli specifica
che “l’Incarnazione […] significa l’assunzione all’ unità con Dio
non solo della natura umana ma in essa, in un certo senso, di
tutto ciò che è carne […] di tutto il mondo visibile
e materiale […] con ogni carne e con tutta la creazione” (n.
50).
La CTI nel suo testo non fa che riprendere questa “portata
cosmica della redenzione”.
Come si vede, queste sono due “razze”, “città”,
“stendardi”, dottrine e fedi diametralmente opposte, di cui una è
la contraddizione dell’ altra; ne segue che il Limbo esiste o no a seconda
di quale “fede” si abbia: quella di Dio che si fa uomo per salvare l’uomo
che coopera con Dio, oppure quella dell’uomo che pretende di essere Dio,
per il solo fatto di esistere, poiché la sua natura esige la grazia.
La negazione del Limbo è di una gravità
smisurata, poiché i princìpi da cui deriva sono smisuratamente
falsi (naturalismo, panteismo, “Cristo cosmico”, diritto alla grazia
da parte della natura), errori tutti già confutati e condannati,
ma oggi riproposti a noi dalla Commissione Teologica Internazionale. Inoltre,
anche i semplici fedeli ne sono stati turbati al massimo, perché
generalmente solo i teologi sono in grado di cogliere gli altri errori
più sottili; mentre è evidente a tutti (e non solo ai dotti)
che con il Limbo è stato toccato il tranquillo possesso di una dottrina
certa, studiata da ogni fedele ed anche dai bambini, insegnata dal “Catechismo
Romano” (II parte, 2° capitolo, n. 32). Questo “scandalo passivo” (subìto
dai fedeli) suppone lo “scandalo attivo” dei pastori. Gesù nel Vangelo
(Mt. XVIII, 4-7) ha detto: “Chi scandalizza alcuni di questi piccoli che
credono in Me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa una macina al
collo e fosse gettato nel profondo del mare”; i “piccoli” scandalizzati
sono i “fanciulli, giovani semplici, poco istruiti” (ROBERTI-PALAZZINI
Dizionario di Teologia morale, Roma, Studium 4a ed., 1968, 2°
vol., p. 1479). Ora, lo scandalo pubblicamente dato va pubblicamente riparato.
È quello che domandiamo fermamente.
sì sì no no
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NOTE
1 - COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE
La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza Battesimo (pubblicata
il 19. IV. 2007). Questo testo (35 pagine, 13 note e 103 paragrafi) della
CTI, riunitasi in Sessione Plenaria a Roma nel dicembre 2005 e nell’ottobre
2006. (torna al testo)
2 - Ibidem. p,1. (torna
al testo)
3 - Il Magistero della Chiesa
ha come oggetto primo e diretto quello di custodire fedelmente e dichiarare
infallibilmente le verità "per sé" o immediatamente rivelate
(DB 1800). Tuttavia l’infallibilità del Magistero si estende anche
a tutte quelle verità e fatti che sono o una deduzione dalla
dottrina rivelata (conclusione teologica) o un suo presupposto. È
questo l’oggetto secondario e indiretto del Magistero. Infatti queste verità
e fatti, pur non essendo immediatamente e direttamente rivelati, sono talmente
connessi con la rivelazione che il negarli compromette la rivelazione stessa
: nel caso in esame, la negazione del Limbo comprometterebbe la verità
divina rivelata e definita della necessità assoluta del Battesimo
almeno di desiderio. (torna al testo)
4 - Commissione Teologica Internazionale
La speranza della salvezza cit. p. 3. (torna al testo)
5 - Ibidem p. 2. (torna
al testo)
6 - Ibidem, p. 3. (torna
al testo)
7 - Ivi. (torna
al testo)
8 - Ivi. (torna
al testo)
9 - Ibidem, p. 26. (torna
al testo)
10 - Ibidem, p.3. (torna
al testo)
11 - Ibidem p. 22. (torna
al testo)
12 - Vedi voce card. Journet
Baptême in Dictionnaire de Théologie catholique
e Sacrae Theologiae Summa, BAC, Madrid, vol. IV p. 150.
(torna al testo)
13 - La speranza della
salvezza… cit. p. 4. (torna al testo)
14 - Ibidem, p.6. (torna
al testo)
15 - Ibidem, p. 8. (torna
al testo)
16 - Ivi. (torna
al testo)
17 - Ibidem p.9. (torna
al testo)
18 - Ibidem, p. 11. (torna
al testo)
19 - Ibidem, p.25. (torna
al testo)
20 - Ibidem, p. 24. (torna
al testo)
21 - Ivi. (torna
al testo)
22 - Ibidem, p. 23. (torna
al testo)
23 - Ibidem, p. 12. (torna
al testo)
24 - Ivi. (torna
al testo)
25 - Ivi. (torna
al testo)
26 - Ibidem, p.13. (torna
al testo)
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