Pubblichiamo un articolo di commento sul nuovo documento della
Commissione Teologica Internazionale
riguardante il Limbo
La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza Battesimo


L'articolo è stato pubblicato nel n° del 15 maggio 2007 di
Sì Sì No No

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Il Limbo al… “Limbo”



A) Principali obiezioni mosse dalla Commissione Teologica Internazionale (CTI)

B) La CTI non ignora la dottrina tradizionale
C) Come la CTI scavalca la dottrina tradizionale
Conclusione

La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza Battesimo è il titolo del testo sul Limbo elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale (CTI), istituita da Paolo VI con il compito «di aiutare la S. Sede e precipuamente la Congregazione per la Dottrina della Fede nell’esame delle questioni dottrinali di maggior importanza. Presidente della Commissione è il cardinal Prefetto “pro tempore” della Congregazione per la Dottrina della Fede» (Annuario Pontificio, Note storiche). Il testo, dunque, è frutto di un organo di studio, consultivo, privo di qualsiasi autorità magisteriale, e il card. Levada ne ha approvato la pubblicazione in qualità di Presidente della CTI, e non in qualità di Prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede. Il “consenso”, orale, concesso per la pubblicazione da Benedetto XVI nell’Udienza del 19 gennaio 2007 non impegna l’ autorità pontificia né obbliga la coscienza dei fedeli (1).
Premesso ciò, passiamo ad esaminare: 

a) le principali obiezioni mosse dalla CTI alla dottrina tradizionale sul Limbo
b) la dottrina cattolica tradizionale sul Limbo esposta dalla CTI
c) gli “argomenti” affacciati dalla CTI per scavalcarla.


* * *

A) PRINCIPALI OBIEZIONI MOSSE DALLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE (CTI) ALLA DOTTRINA TRADIZIONALE SUL LIMBO

1° obiezione
"È noto ? scrive la CTI ? che l’ insegnamento tradizionale ricorreva alla teoria del Limbo inteso come stato [e luogo; ma, si sa, per la “nuova teologia” e per Giovanni Paolo II neppure l’inferno è un luogo], in cui le anime dei bambini che muoiono senza Battesimo non meritano il premio della visione beatifica a causa del peccato originale, ma non subiscono nessuna punizione, poiché non hanno commesso peccati personali [attuali]. Questa teoria, elaborata da teologi a partire dal Medioevo non è mai entrata nelle definizioni dogmatiche del Magistero, anche se lo stesso Magistero l’ha menzionata nel suo insegnamento fino al concilio Vaticano II. Essa rimane un’ipotesi teologica possibile" (2).

Risposta
Che il Limbo sia una “teoria  elaborata da teologi a partire dal Medioevo” non corrisponde al vero. Ancor meno corrisponde al vero che la dottrina del Limbo non sia “mai entrata nelle definizioni dommatiche del Magistero”, il quale Magistero si sarebbe limitato a farne menzione “nel suo insegnamento” (se ordinario universale, costante ed ininterrotto, o semplicemente autentico non è detto nel testo).
In realtà la Tradizione (Padri greci e latini) e il Magistero della Chiesa non tardarono a precisare, mediante un graduale approfondimento, la portata dei testi evangelici che affermano la necessità di mezzo del Santo Battesimo (Gv. III,5; Mt.XXVIII,19; Mc.XVI, v. sì sì no no 15 marzo 2006 pp. 1 ss.).
I Padri greci non solo affermano all’unisono con i Padri latini l’ esclusione dei bambini non battezzati dalla visione beatifica di Dio, ma per primi, specie San Gregorio Nazianzeno (In sanctum Baptisma n. 23, PG, t.36, col. 390) e San Gregorio di Nissa (De infantibus qui praemature moriuntur, PG, t. 46, col. 177, 180), deducono da questa verità di fede (necessità di mezzo del Battesimo) e da una verità di ragione (la giustizia di Dio) che i bambini morti senza Battesimo hanno una sorte affatto diversa dai dannati dell’inferno esprimendo esattamente (ma con un’esattezza di gran lunga maggiore) quella “teoria” che la Commissione Teologica Internazionale ci dice, invece, elaborata “a partire dal Medioevo”: “Futurum existimo ut… nec coelesti gloria nec suppliciis a justo judice afficiantur” (Gregorio Nazianzeno op. cit.).
In Occidente è l’eresia di Pelagio che offre al Magistero (oltre che ai Padri latini, specie a Sant’Agostino) l’occasione di pronunciarsi sulla sorte dei bambini morti senza Battesimo. Rimandiamo sull’argomento al numero già citato di sì sì no no (15 marzo 2006).
Qui dobbiamo precisare che nella dottrina tradizionale sul Limbo bisogna distinguere (cosa che la CTI non fa) tre punti di differente livello:
 

1° punto: la necessità di mezzo del Battesimo, almeno di desiderio, per essere lavati dal peccato originale e la conseguente esclusione dalla visione beatifica di chi muore con il solo peccato originale e quindi dei bambini morti senza Battesimo prima dell’uso di ragione e per ciò incapaci di un siffatto desiderio.
Questa verità è stata a più riprese oggetto di pronunciamenti dommatici. 
Papa Innocenzo I, il 27 gennaio del 417, nell’Epistola 182 al primate Silvano e a tutti i Vescovi del Concilio Milevitano insegna “essere pazzesco (perfatuum) asserire che i bambini possano entrare in Cielo anche senza la grazia del battesimo” (cap. 5). Il padre ATTILIO CARPIN o.p. commenta che tali parole hanno “un carattere dogmatico in quanto sono l’intervento del Sommo Pontefice in materia di fede” (Agostino e il problema dei bambini morti senza Battesimo, Bologna, ESD, 2005, p. 17).
Papa Zosimo nel 418 approva il secondo Concilio di Cartagine, il quale, contro i Pelagiani, nega, sulla base di Gv. III,5, che i bambini non battezzati possano conseguire la beatitudine eterna, e nella sua Tractoria ribadisce che “nessuno dev’ essere ritenuto indenne dal peccato prima di essere liberato dal Battesimo”.
Il Concilio di Firenze riprende il Concilio di Cartagine quando asserisce che i bambini, privi dell’uso di ragione, “non possono essere aiutati con altro mezzo se non con il Sacramento del Battesimo” (D. 712).
Il Concilio di Trento insegna che non è possibile passare dallo stato di peccato allo stato di grazia senza il Battesimo o [almeno] il suo desiderio (D. 796) e, sulla scia del medesimo Concilio di Cartagine, riafferma che “a motivo di questa regola di fede… anche i bambini… vengono… veramente battezzati per la remissione dei peccati” (D.B. 791).
Come si vede, non si tratta di semplici “menzioni” fatte dal Magistero “nel suo insegnamento”; l’ esclusione dalla visione beatifica di coloro che muoiono con il solo peccato originale, ed è il caso di neonati non battezzati , è verità di fede divina e cattolica definita (v. Sacrae TheologiaeSumma, BAC, Madrid, vol. II  n. 1004).
2° punto: la sorte diversa dai dannati dei bambini morti senza Battesimo.
Anche questa verità non è solo “menzionata” dal Magistero, ma è stata oggetto di ripetuti pronunciamenti dogmatici.
Papa Innocenzo III: “la pena del peccato originale [con il quale muoiono i bambini non battezzati] è la privazione della visione di Dio, mentre la pena del peccato attuale [personale] è il tormento della geenna perpetua”.
Concilio di Lione: “Crediamo che le anime di coloro che muoiono in peccato mortale o con il solo peccato originale discendono tosto negli inferi, per essere tuttavia puniti con pene differenti” (D. 464, Professione di fede imposta all’imperatore Michele Paleologo).
Il Concilio di Firenze riprende questo testo letteralmente nel “Decretum pro Graecis” (D. 693).

3° punto: la differenza delle pene sta in questo: che coloro, i quali muoiono con il solo peccato originale (e quindi i bambini non battezzati), non sottostanno a tormenti sensibili come i dannati e non soffrono nessuna tristezza per la privazione della visione beatifica. Anzi i bambini morti senza Battesimo godono di una felicità naturale.
È questa la sentenza più comune e più probabile (v. Sacrae Theologiae Summa, vol. II nn. 1009 ss., BAC, Madrid).
Questo (e non l’esistenza del Limbo) non è stato ancora oggetto di pronunciamenti dommatici da parte del Magistero. Avrebbe dovuto essere definito dal Vaticano I se questo non fosse stato interrotto dalla presa di Roma (esiste tuttavia lo schema riveduto e corretto sullo stato delle anime del Limbo: vedi sì sì no no cit.) e sarebbe stato probabilmente definito dal Vaticano II, secondo la richiesta di alcuni Padri, se esso non fosse stato dirottato dall’ala neomodernista, nemica del dogma del peccato originale e quindi della dottrina tradizionale sul Limbo.
Comunque è chiaro che la dottrina sul Limbo, fondata sui testi sacri ed entrata a più riprese, almeno per i primi due punti sopra illustrati, nei pronunciamenti dommatici del Magistero (dal Concilio di Cartagine al Concilio di Trento), è, come minimo, una “conclusione teologica” e, come tale, fa parte delle “veritàcattoliche” o “dottrine della Chiesa” (3)  e non può essere declassata (come fa la CTI) ad una semplice “ipotesi teologica possibile”. Le ipotesi o opinioni teologiche, infatti, sono liberi giudizi su fede e morale, che non sono né testimoniati dalla Rivelazione né decisi dal Magistero. Ma l’esistenza del Limbo, lo abbiamo visto, è fondata sia nella Rivelazione sia nei pronunciamenti del Magistero.
Pio XII ne ha parlato ancora il 29 ottobre del 1951: “non vi è altro mezzo [che il Battesimo di acqua] per comunicare questa vita [soprannaturale] al bambino, che non ha ancora l’uso della ragione”.

* * *

D’altronde, ad attestare la dottrina cattolica sul Limbo c’è (per ammissione della stessa CTI) tutta la teologia cattolica anteriore al Vaticano II. Ci limiteremo qui a pochi testi.
ALBERT MICHEL scrive che il Limbo è “sentenza prossima alla fede e suscettibile di definizione dogmatica” (Enfants morts sans Baptême, Parigi, Tequi 1954, p. 17). 
Sul Limbo La Civiltà Cattolica (12.VI.1868, pp. 709-720) cita S. Agostino: “Se vuoi essere cattolico, non credere, non dire, né insegnare  che i bambini morti senza Battesimo possano ottenere la remissione del peccato originale” (De anima et eius origine, lib. III, cap.9) e il periodico dei Gesuiti, organo officioso della S. Sede, commenta: “Non dice: Se non vuoi essere temerario, ma: Se vuoi essere cattolico” (p. 715). Quindi La Civiltà Cattolica la ritiene una questione di fede almeno definibile. 
Il cardinale CHARLES JOURNET (La volonté divine salvifique sur les petits enfants, Desclée, 1958) scrive che il Magistero si è pronunciato sull’argomento in maniera non solo “canonica”, prudenziale o disciplinare e pratica, ma in maniera “dichiarativa” o speculativa e dogmatica, atta a “definire il deposito rivelato […] e i cui enunciati richiedono da parte nostra l’ obbedienza di ordine teologale della fede divina” (p. 137). Il card. Journet ricorda che la Chiesa già nel concilio Milevitano-Cartaginese (416-418) “ha definito la necessità del Battesimo dei neonati” (pp. 145-146) negli stessi termini ripresi poi dal Concilio di Trento e che la pratica del Battesimo ai neonati è “di origine apostolica” (p. 147). Che  non c’è speranza di salvezza soprannaturale per i bambini non battezzati ? scrive il porporato ? «è una dottrina che appartiene alla fededivina della Chiesa» e non è “una dottrina che rappresenterebbe solo l’ insegnamento comune dei teologi” (p. 152); infatti, alla domanda se «i neonati morti senza Battesimo, prima dell’ uso di ragione abbiano qualche altro mezzo di salvezza […], tutte le indicazioni del Magistero sono convergenti. Esse rispondono: No» (p. 160). Journet si rifà specialmente al canone 3° del Concilio di Cartagine del 418, che si fonda sul Vangelo di San Giovanni (III, 5), e commenta: “Un canone di un Concilio provinciale che scaglia l’anatema contro una dottrina contraria alla fede, se è approvato dal Papa, acquista subito il valore di una definizione di fede, diventa atto del Magistero dichiarativo” (p. 161).
Nel 1971 monsignor PIER CARLO LANDUCCI (Il Limbo ai bambini non battezzati, in Palestra del Clero, n. 18 anno 50, 15.IX.1971, pp. 1091-1098) scriveva che il Limbo è “solida deduzione teologica, corroborata dalla Tradizione e dal Magistero” e ricordava contro il modernismo attuale che, comunque, “Al di là delle definizioni, spesso occasionali, v’è la solida dottrina teologica determinata dalla generalità dei Padri e dei teologi e dal Magistero ordinario della Chiesa, che, quando sia universale, è infallibile” (p. 1092). Egli concludeva: “Il Limbo starà sempre, a ricordare la sublime trascendenza e gratuità della vita soprannaturale” (p. 1097). 
E può bastare per concludere che l’esistenza del Limbo dev’essere tenuta per certa (eius existentia certo tenenda est, Sacrae Theologiae Summa, cit. vol. IV p. 150) e non è una semplice opinione teologica. A meno che non si voglia dire anche del Limbo, come già è stato detto dell’inferno, che “il Limbo c’è, ma è vuoto”.

2° obiezione
“ La teoria del Limbo, cui ha fatto ricorso per molti secoli la Chiesa […], non trova nessun fondamento esplicito nella Rivelazione, nonostante sia entrata da lungo tempo nell’insegnamento teologico tradizionale. Inoltre il concetto che i bambini che muoiono senza Battesimo sono privati della visione beatifica, concetto che così a lungo è stato consacrato come dottrina comune della Chiesa, solleva numerosi problemi pastorali” (4).

Risposta
Per la dottrina tradizionale sul Limbo il fondamento nella Rivelazione (Sacra Scrittura e Tradizione) c’è ed è chiaro.
Sacra Scrittura:Nessuno, se non rinasce per acqua e Spirito Santo, può entrare nel Regno di Dio” (Gv. III,5); “Andate e predicate il Vangelo a tutte le creature. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo” (Mc. 16, 16).
Tradizione: i Padri greci e latini, come visto sopra, sono unanimi nell’escludere dalla visione beatifica i bambini morti senza Battesimo e in questo senso parlano per loro di “damnatio” (=privazione della visione di Dio); differiscono solo nella concezione (più benigna nei Padri greci, più severa in molti Padri latini sotto l’influsso della polemica antipelagiana) della condizione riservata a questi bambini (né pena del senso né afflizione per la pena del danno).
Si aggiungano i pronunciamenti del Magistero sopra riportati al punto 1 e sarà chiaro che “il concetto che i bambini che muoiono senza Battesimo sono privati della visione beatifica” non è solo una “dottrina comune” della Chiesa, come vorrebbe la CTI, ma è una verità di fede divina e cattolica definita (v. A. TANQUEREY De Deo creante et elevante n.913).
Ci domandiamo, poi, se il Magistero ordinario infallibile abbia ancora un qualche valore per la CTI, dato che non esita a mettere  in questione ciò che la Chiesa “per molti secoli”, “da lungo tempo”, “così a lungo” ha insegnato e lasciato insegnare.
Infine, se la dottrina del Limbo “solleva numerosi problemi pastorali”, ciò è spesso dovuto al modo inesatto e incompleto in cui essa è insegnata, e perciò sarebbe stato davvero opportuno che il Vaticano II, il quale si è preteso precipuamente “pastorale”, non avesse eluso la domanda di quei Vescovi che chiedevano la definizione del 3° punto della dottrina tradizionale sul Limbo che sopra abbiamo illustrato. In ogni caso, i pretesi “problemi pastorali” non autorizzano a manomettere una verità insegnata da Nostro Signore Gesù Cristo (Gv. III, 5) e incessantemente proposta a credere dalla Chiesa: “Nessuno, se non rinasce per acqua e Spirito Santo, può entrare nel Regno di Dio”, che, ha precisato la Chiesa contro i sofismi dei pelagiani, è la vita eterna e quindi la visione beatifica.
 

3° obiezione
“Le persone trovano sempre più difficile accettare che Dio sia giusto e misericordioso se poi esclude dalla felicità eterna i bambini [morti senza Battesimo] (5) . Tra queste “persone” è giocoforza annoverare anche i membri della CTI, dato che anch’essi giudicano la dottrina del Limbo “un’interpretazione eccessivamente restrittiva della salvezza […], che in ultima analisi mette in dubbio l’onnipotenza stessa di Dio e in particolare la Sua misericordia (6).

Risposta
Poiché la dottrina che la CTI ritiene “eccessivamente restrittiva della salvezza” è una verità attestata dalla Sacra Scrittura e professata ed insegnata ininterrottamente nella Chiesa (Padri e dottori della Chiesa, Concili, Magistero) come abbiamo documentato al 1° punto, dobbiamo concludere che, per la CTI, chi “mette in dubbio l’ onnipotenza stessa di Dio e in particolare la Sua misericordia” è appunto la… Sacra Scrittura, con i Padri, i dottori, i Concili, il Magistero ordinario e straordinario della Chiesa! Il che per un organo semplicemente di studio come la CTI non è davvero piccola audacia. Come non è davvero piccola ignoranza dimenticare che la felicità eterna è un dono soprannaturale e quindi, per sua stessa definizione, non dovuto, eccedendo ogni diritto della natura umana.
La felicità naturale piena e perfetta, invece, è dovuta. Ora, secondo la sentenza comune e più probabile (quella che attende ancora una definizione dommatica: v. punto 3), Dio concede la seconda ai bambini morti senza Battesimo, senza colpe personali, ma, a motivo del peccato originale, privi della grazia santificante e perciò incapaci di agire soprannaturalmente (“agere sequitur esse”) e quindi di vedere Dio “faccia a faccia così com’Egli è”, nella Sua essenza. Né Dio fa torto a nessuno quando lascia il Battesimo dei neonati al gioco generale delle cause seconde, che possono finire col privare alcune anime del dono, gratuito e perciò indebito, della felicità soprannaturale. Dio vuole di volontà universale che tutti, compresi i bambini, si salvino ed ha istituito i mezzi generali di salvezza per tutti, anche per i bambini, ma non è tenuto ad assicurare con continui miracoli o una serie di miracoli che i singoli bambini siano tutti battezzati, qualora le cause seconde (genitori, famiglia, società, Stato) vi si oppongano.
Quindi nella dottrina del Limbo non vi è nessuna “interpretazione eccessivamente restrittiva della salvezza” . Al contrario, vi è da parte di chi la nega o mette in dubbio quella pretesa al soprannaturale e alla grazia come dovuti condannata da San Pio X nei modernisti (Pascendi) e da Pio XII nei neomodernisti (Humani Generis): “[essi] snaturano il concetto della gratuità dell’ordine soprannaturale quando sostengono che Dio non può creare esseri intelligenti senza ordinarli e chiamarli alla visione beatifica”.
 

4a obiezione 
“Riflettendo sul tema della sorte dei bambini che muoiono senza Battesimo, la comunità ecclesiale deve sempre ricordare che Dio è, a rigor di termini, il soggetto più che l’oggetto della teologia. Primo compito della teologia è quindi l’ascolto della Parola di Dio […]. Tuttavia della salvezza di coloro che muoiono senza Battesimo la Parola di Dio dice poco o niente” (7) .

Risposta
Ecco un’obiezione che sembrerebbe scritta da un protestante: vi si parla della “comunità ecclesiale” che “riflette” sul tema dei bambini morti senza Battesimo; vi si parla della “Parola di Dio”, ma del Magistero della Chiesa neppure una parola. Eppure Dio non ha dato alla Sua Chiesa solo la Sacra Scrittura e la Tradizione, ma, come ricordava Pio XII ai neomodernisti, “insieme a queste sacre fonti ha dato alla Sua Chiesa il vivo Magistero, anche per illustrare e svolgere quelle verità che sono contenute nel deposito della fede solo oscuramente e come implicitamente. E il divin Redentore non ha affidato questo deposito per l’ autentica interpretazione né ai singoli fedeli né agli stessi teologi ma solo al Magistero della Chiesa” (Humani Generis). 
Ora, questo Magistero, cui è stato affidato il deposito della Fede e che deve essere, “per qualsiasi teologo, in materia di fede e di costumi, la norma prossima ed universale di verità” (Pio XII enc. cit.), è dalla CTI neomodernisticamente “ignorato, come se non esistesse” (ivi). O, meglio, è contraddetto perché, contro l’ insegnamento costante della Chiesa, il testo della CTI osa affermare che “della salvezza di coloro che muoiono senza Battesimo la Parola di Dio dice poco o niente”, mentre è vero che di coloro che muoiono senza Battesimo la Parola di Dio dice che non si salvano e la Chiesa, nella sua autentica interpretazione, spiega che ciò vale in particolar modo per i bambini che, privi dell’uso di ragione, non possono avere, a differenza degli adulti, il “voto” o desiderio del Battesimo  e perciò non hanno altra via per salvarsi che il Battesimo d’acqua o l’essere uccisi per Cristo, come i Santi Innocenti.
Che cosa vuol dire, poi, che Dio è “il soggetto più che l’oggetto della teologia”?
Questa tesi è essenzialmente modernista; essa porta al soggettivismo e relativismo filosofico-teologico. Infatti l’oggetto “materiale” della teologia è principalmente Dio e secondariamente le cose create in ordine a Dio, loro fine e causa efficiente (S. Th. 1, q.1, a.7). Mentre l’oggetto “formale” della teologia soprannaturale è Dio conoscibile per fede tramite la Rivelazione, quello della teologia naturale o “teodicea” è Dio (Sua esistenza, e qualche attributo della Sua essenza) conosciuto a partire dalle creature mediante la ragione naturale (S. Th., I, q. 1, a.1 ad 2um). Se Dio è il soggetto più che l’oggetto della teologia si cade nel nichilismo o agnosticismo teologico, detto anche “apofatismo” (Dio è totalmente inconoscibile), cui si rifà esplicitamente la CTI (vedi nota 26 del presente articolo). Dire che Dio è il soggetto più che l’oggetto della teologia significa contraddirsi: infatti teologia significa “discorso su Dio”; se Dio fosse “il soggetto più che l’oggetto” della teologia parlerebbe di Sé a Sé stesso, ossia invano. Ma Dio non agisce a vuoto, come invece spesso facciamo noi uomini (ed oggi purtroppo anche le “Commissioni Teologiche”). È verità di fede definita dal Vaticano I (DB 1806) che Dio è oggetto della conoscenza umana (naturale e soprannaturale), la quale è certa (naturalmente e soprannaturalmente).
 

5a obiezione
"Si è inoltre avuto un importante sviluppo liturgico con l’introduzione dei funerali per i bambini morti senza Battesimo. […]. Il Messale Romano del 1970 ha introdotto una Messa funebre per i bambini non battezzati" (8) "Prima del Vaticano II, nella Chiesa non esisteva un rito funebre per i bambini non battezzati, che venivano sepolti in terra non consacrata […]. Grazie alla riforma liturgica successiva al Concilio il “Messale Romano” dispone adesso di una Messa funebre per i bambini che muoiono senza il Battesimo" (9) .

Risposta
Si tratta, dunque, per ammissione della stessa CTI, non di un vero “sviluppo liturgico” omogeneo, ma di una corruzione liturgica, perché eterogenea, cioè in contraddizione con la dottrina e la prassi bimillenaria della Chiesa.
Se la Chiesa sino al 1969 non ha mai ammesso una Messa per i bambini morti senza Battesimo, è certamente ed infallibilmente vero (per la pratica della Chiesa la quale è un fatto dogmatico) che essi non usufruiscono dei frutti del sacrificio della Messa, in quanto non hanno la capacità o potenzialità dell’ordine soprannaturale. Quindi l’obiezione della CTI si rivolge contro se stessa, in quanto una pratica nuova e appena trentennale non può scalzare la prassi contraria antica e tradizionale di origine apostolica che è sempre sussistita pacificamente nella Chiesa: se una nuova pratica contraddice l’antica, essa è certamente erronea, per il principio di identità e non-contraddizione, ed è all’antica che bisogna attenersi, come la Chiesa ha sempre insegnato (v. San Vincenzo di Lerino Commonitorio).
In realtà, cambiando la “lex orandi” con l’introduzione di una Messa (mai esistita) per neonati non battezzati, si è cercato di cambiare la “lex credendi” cancellando l’ esistenza del Limbo. E ciò gradualmente, ma decisamente: nel 1970 Paolo VI introduce implicitamente la negazione del Limbo nel Novus Ordo inserendovi, contro la prassi bimillenaria della Chiesa, una Messa funebre per i neonati non battezzati. Nel 1984 Joseph Ratzinger, allora cardinal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, afferma esplicitamente in Rapporto sulla Fede (ed. Paoline) che il Limbo è solo un’ "opinione" teologica. Nel 1992 il nuovo “Catechismo della Chiesa Cattolica” (n. 1261) insegna che la Chiesa affida i neonati morti senza Battesimo alla misericordia di Dio “come appunto fa nel rito dei funerali per loro” (introdotto solo dopo il  Concilio da Paolo VI). Nel 1994, infine, la CTI, presieduta dall’allora card. Ratzinger, inizia i suoi studi sul Limbo, che hanno partorito nell’aprile u. s. l’attuale “novità”, la quale dà un colpo alla dottrina tradizionale della Chiesa. Possiamo ben dire che Concilio, Novus Ordo Missae e negazione del Limbo fanno un tutt’uno.
 

6a obiezione
"Pur consapevole che il mezzo normale per conseguire la salvezza è il Battesimo “in re”, la Chiesa [?] spera [sic] quindi che esistano altre vie per conseguire il medesimo fine. Poiché, per mezzo della Sua Incarnazione, il Figlio di Dio “si è unito in un certo modo” ad ogni essere umano" (10) . Inoltre: “Possiamo domandarci […] se i bambini che muoiono senza il Battesimo muoiono necessariamente nel peccato originale, senza un rimedio divino […]. Possiamo forse paragonare un caso del genere al dono immeritato che Dio fa a Maria nel momento della Sua Immacolata Concezione” (11) .

Risposta
Qui casca l’asino. Poiché il Battesimo è il mezzo normale e normalmente necessario per cancellare il peccato originale, normalmente i neonati morti senza Battesimo non godono della visione di Dio (“de fide”); eccezionalmente o miracolosamente Dio può santificare qualcuno (San Giovanni Battista) già nel seno di sua madre, ma l’eccezione resta sempre eccezione, che non può divenire la regola: sarebbe una contraddizione in terminis. Trattandosi, poi, di un’eccezione a una legge universalissima stabilita da Cristo e sancita dalla Chiesa (“Nessuno, se non rinasce per acqua e Spirito Santo, può entrare nel Regno di Dio” Gv. III,5), non è lecito ammettere nessuna deroga se non sia da Dio stessa rivelata, come nel caso di San Giovanni Battista e della Beata Vergine Maria. Le eccezioni ad una legge generale, infatti ? ricorda il card. Journet in armonia con tutta la teologia cattolica ? non possono essere presunte, ma devono essere dimostrate (12). La CTI, invece, non solo presume l’eccezione, ma ne fa la regola, e senza nessuna dimostrazione.
In realtà non è affatto vero che, come scrive la CTI, “la Chiesa spera che esistano altre vie” di salvezza per i bambini morti senza Battesimo. Al contrario, la Chiesa ha sempre negato che queste “altre vie” esistano, dal primo Concilio di Cartagine fino al Monitum del Sant’ Uffizio del 18 febbraio 1958, così che il card. Journet, dopo l’esame dei testi del Magistero, scrive che alla domanda “se i neonati, morti senza Battesimo prima dell’uso di ragione, abbiano qualche altro mezzo di salvezza […] tutte le indicazioni del Magistero sono convergenti. Esse rispondono di no” (La volonté divine salvifique  sur les petits enfants cit.) e quindi ritiene questa verità una verità di fede. In realtà, la CTI si fonda non sulla dottrina costante della Chiesa (di cui, come già visto, non fa nessun conto), ma sul seguente sofisma:
 
- è di fede che senza la grazia (ovvero col peccato originale) non si può entrare in paradiso;
- il Battesimo, però, non è l’unico mezzo per cancellare il peccato originale;
- quindi, anche per i neonati morti senza Battesimo può esistere un’altra via per andare in Cielo.
La premessa minore, però, è evidentemente ambigua ed erronea. Infatti, il Battesimo è il mezzo ordinario o normale che Dio ha scelto per cancellare la macchia del peccato originale: non si tratta, infatti, di stabilire che cosa Dio può o avrebbe potuto fare, ma di ciò che ha fatto.
Chiunque dica che saranno vivificati in Cristo anche i bambini che muoiono senza aver partecipato al suo Sacramento certamente contraddice la predicazione apostolica e condanna tutta la Chiesa, dove ci si affretta a battezzare i bambini perché indubbiamente si crede che essi non possono con nessun altro mezzo essere vivificati in Cristo.

Sant’Agostino (Epist. CLXVI, cap. VII, n. 21, ed. Migne)

Certo, Dio nella Sua onnipotenza e libertà può comunicare la grazia anche in modo puramente spirituale. Egli non era obbligato ad istituire i sacramenti (S. Th. III, q. 72, a 6, ad I). Tuttavia siccome l’ uomo non è un puro spirito, ma è composto di anima e corpo, Cristo ha istituito i sacramenti (segni sensibili che producono la grazia) quale mezzo per conferirci la vita soprannaturale. Ora, in questo stato di cose, il Battesimo, per positiva disposizione divina, è mezzo necessario di salvezza, anche se è prevista l’eccezione per qualche singolo caso straordinario. 
Il Concilio di Trento ha definito che “dopo l’annunzio del Vangelo questo passaggio [allo stato di grazia] non può avvenire senza il lavacro della rigenerazione o senza il desiderio di esso” (D. 796, v. anche can. 5 sul Battesimo).
Ora, poiché è formalmente e direttamente rivelato e definito che senza il Battesimo almeno di desiderio non si può avere la grazia e senza di questa non si può avere la gloria, è almeno strettamente connesso al “per se revelatum” che i neonati, perché incapaci del Battesimo di desiderio, possono ottenere la grazia e quindi la gloria solo con il Battesimo d’acqua o con il martirio, qualora fossero uccisi in odio a Cristo, come i Santi Innocenti, cui fuori luogo fa cenno la CTI nel suo testo.
La “speranza”, dunque, espressa dalla CTI che esistano per i bambini morti senza Battesimo “altre vie” di salvezza è una speranza, alla quale si oppone il principio generale stabilito da Cristo stesso e sancito dalla sua Chiesa che nessuno può salvarsi se non rinasce per il Battesimo (almeno di desiderio). Ma tant’è: la “nuova teologia” si nutre di “speranze” senza nessun fondamento nella Fede e, come “spera” che l’inferno sia vuoto, così “spera” che il Limbo lo sia parimenti. Ma che cos’è una “speranza” senza fondamento nella Fede? Puro sentimentalismo o illusione. Se non è quel “romanticismo teologico” di cui parlava mons. Ugo Lattanzi (+1969) inteso ad introdurre, mediante la “lirica o poesia” (v. Hans Urs von Balthasar) errori nella dottrina cattolica e nella mente dei fedeli. Abramo, citato dalla CTI, “sperò contro ogni speranza”, ma non sperò contro la fede e la “teologia della speranza” (senza fede), cui fa appello la CTI, è il corrispettivo di quella “carità senza fede” rimproverata da San Pio X ai modernisti.
Il paragone con l’Immacolata Concezione, che ha il suo fondamento nella Maternità divina, fa pensare a quell’immacolato concepimento dell’uomo, principio fondamentale del naturalismo e del liberalismo, che è stato fatto proprio dall’antropocentrismo e dal culto dell’uomo propri dalla “Nuova Teologia”, che, nonostante la condanna di Pio XII (Humani Generis, 1950) e ad appena dodici anni di distanza, ha esercitato un’enorme influenza sul Vaticano II.
 

7a obiezione 
“Ci si può chiedere se il bambino che muore senza il Battesimo […] possa essere privato della visione di Dio anche senza la sua cooperazione” (13).

Risposta
Il peccato originale è privazione della grazia santificante, che è il seme della gloria ovvero la gloria in potenza, onde chi è privo di grazia in atto è privo anche di gloria in potenza. Perciò senza “la sua cooperazione”, cioè senza peccati personali, il bambino non può essere punito con l’inferno, ma, senza la grazia, non può neppure ottenere la gloria, essendo impossibile passare all’atto dal nulla; occorre almeno la potenza: Ex nihilo nihil fit. Ens in potentia non reducitur ad actum nisi per ens in actu. Ora, poiché i neonati ottengono ordinariamente la vita della grazia solo con il Battesimo d’ acqua, normalmente (tranne eccezioni miracolose, da Dio certificate: la Beata Vergine Maria, San Giovanni Battista) il bimbo morto senza Battesimo è privo e di grazia e di gloria
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B) LA CTI NON IGNORA LA DOTTRINA TRADIZIONALE

La CTI ignora forse la dottrina tradizionale sul Limbo che siamo venuti richiamando? 
Nient’affatto! 
La conosce benissimo. Essa cita i Padri greci, poi quelli latini, specialmente Sant’Agostino; non manca di citare il Vangelo (Gv. III, 5) (benché neghi che la dottrina del Limbo abbia un qualche fondamento nella Sacra Scrittura); non tace della prassi della Chiesa (che è norma infallibile di verità), la quale concedeva il Battesimo ai “neonati in pericolo di morte, […] per assicurare loro l’ingresso nel regno di Dio” (14).
Cita il Magistero con il Concilio di Cartagine (418), e passa subito alla scolastica (Sant’Anselmo di Canterbury, Ugo di San Vittore, Pietro Abelardo); solamente nella nota 48a (p. 29) ritorna al Magistero (Concilio di Lione II, Giovanni XXII, Concilio di Firenze, ripresi poi dal Concilio di Trento) e spiega che si era giunti con la scolastica e il Magistero medievale alla “opinione comune” (15) (si continua qui a sminuire il valore dogmatico della dottrina sul Limbo) che i bambini non battezzati vanno al Limbo ove non soffrono nessuna pena, anzi conoscono una felicità naturale piena, non avendo neppure il rimpianto della mancanza della visione beatifica che è essenzialmente soprannatuale, essendo privi di grazia abituale e non conoscendo la Rivelazione sul Paradiso. La CTI richiama persino San Tommaso, per il quale “soltanto la Fede ci permette di conoscere che il Fine soprannaturale della vita umana consiste nella gloria dei Santi, ossia nella partecipazione alla vita del Dio Uno e Trino attraverso la visione beatifica. Poiché tale fine soprannaturale trascende la conoscenza umana naturale, e, dato che ai bambini manca il sacramento che avrebbe dato loro il germe di questa conoscenza soprannaturale, l’Aquinate ne concluse che i bambini che muoiono senza Battesimo non conoscono ciò di cui sono privati, e quindi non soffrono della privazione della visione beatifica” (16). Tuttavia, si oppone dalla CTI, la via ordinaria del Battesimo non esclude altre vie straordinarie con le quali la Onnipotenza e la Misericordia divine, se vogliono, possono elevare all’ordine soprannaturale anche chi non è stato battezzato ed è morto senza l’uso di ragione (17).
La CTI non tace neppure che Pio VI condanna come “falsa, temeraria e offensiva per le scuole cattoliche” la proposizione giansenista contraria alla dottrina sul Limbo dei bambini, ma la CTI asserisce che questa dottrina non è di fede; essa rappresenterebbe soltanto “la dottrina cattolica comune sino alla metà del XX secolo” (18). In breve, i membri della CTI mostrano di conoscere perfettamente la dottina cattolica sul Limbo ma l’annacquano, la sminuiscono a “semplice opinione” con il pretesto di una mancata definizione dogmatica, dimentichi che, in ogni caso, “al di là delle definizioni vi è la solida dottrina teologica determinata dalla generalità dei Padri e dei teologi e dal Magistero ordinario della Chiesa che, quando sia universale, è infallibile” (mons. Pier Carlo Landucci cit. ivi). Questa conoscenza della dottrina cattolica tradizionale, purtroppo, rende “formalmente”, e non solo “materialmente”, erroneo il rifiuto della dottrina sul Limbo da parte della CTI. 
 
 

C) COME LA CTI SCAVALCA LA DOTTRINA TRADIZIONALE
La CTI ci dice, tra molte inesattezze sulle quali siamo costretti a sorvolare, che durante il Vaticano II il “tema” del Limbo “non entrò nelle deliberazioni del Concilio e fu lasciato aperto ad ulteriori indagini” (19).
In realtà Pio XII, nel 1950 (Humani Generis), aveva condannato la “Nuova Teologia” secondo la quale l’ordine soprannaturale  è dovuto alla natura umana e quindi non è gratuito. Sarebbe stato azzardato cambiare diametralmente la dottrina sul Limbo tra il 1962-65, appena dodici-quindici anni dopo una condanna così severa e solo quattro-sei anni dopo il Monitum del Sant’ Uffizio (18 febbraio 1958) che ribadiva la dottrina tradizionale condannando come vane e destituite di ogni fondamento le “novità” le quali si andavano affacciando qua e là sulla sorte dei bambini morti senza Battesimo. Si lasciò passare, perciò,  ancora del tempo e si introdusse il cambiamento dottrinale piano piano. Tuttavia nel concilio Vaticano II, e specialmente in Gaudium et Spes n. 22, era stata introdotta una frase (come minimo) molto ambigua, che avrebbe poi permesso di far passare anche la “novità” sul Limbo (e finanche il “pancristismo”): “Per il fatto stesso che il Verbo si è incarnato, ha unito, in un certo modo, a sé ogni uomo”. La CTI infatti si appella proprio a GS 22 per affermare: “Nonostante che il Concilio non abbia espressamente applicato questo insegnamento ai bambini che muoiono senza il Battesimo, questi testi aprono una strada per dare ragione della speranza in loro favore” (20). Anzi "nella ricerca teologica, soltanto in tempi relativamenti recenti, la volontà divina di salvare viene percepita come quantitativamente universale”. Ne consegue "che tutti vivono in una qualche forma di relazione alla Chiesa" perchè "la solidarietà umana con Cristo (o più precisamente la solidarietà di Cristo con l’umanità) deve avere la priorità sulla solidarietà con Adamo" (21). Ora, “uno dei principali punti di debolezza della teoria tradizionale del Limbo è che non è chiaro se le anime abbiano o meno un rapporto con Cristo” (22) onde, se è di fede che la privazione della visione beatifica è la pena del peccato originale, tuttavia il Battesimo non è l’unico mezzo per togliere l’ ostacolo (la privazione della grazia) alla visione di Dio. I neonati che muoiono senza il Battesimo sacramentale non sono necessariamente privi di grazia santificante e quindi senza visione beatifica (23). La stessa dottrina tradizionale non obbliga a pensare che “questi bambini muoiano necessariamente col peccato originale e che quindi, per loro non esista alcuna via di salvezza” (24). Onde la dottrina del Limbo è “dottrina comune” ma non di fede: essa resta un’opinione teologica possibile (25), oggi sorpassata dal recente insegnamento conciliare. Addirittura si arriva ad invocare “la prospettiva apofatica dei Padri greci” per risolvere il problema del Limbo, che è “un caso limite nella ricerca teologica” (26).

Risposta
Innanzi tutto è ridicolo definire il Limbo un “caso limite nella ricerca teologica”, in quanto è stato insegnato, pacificamente, dal “Catechismo di San Pio X” e imparato, altrettanto pacificamente, già dai bambini che si preparavano alla prima Comunione.
Quanto alla volontà universale salvifica di Dio, essa si divide in 

a) antecedente e condizionata che offre a tutti gli uomini la grazia sufficiente per la salvezza a condizione che vogliano salvarsi;
b) conseguente ed assoluta la quale vuole la salvezza solo di coloro che l’accettano, ma non di coloro che la rifiutano.
In teologia non esiste il termine “quantitativamente universale”, coniato dalla CTI per esprimere, con una formula fumosa e nuova, un’ eresia vecchia e tenebrosa: quella dell’apocatastasi o del panteismo o del “Cristo cosmico” (che sono poi, essenzialmente, la stessa cosa).
Il rapporto dell’uomo con Adamo, inoltre, è quello di chi, discendendo da lui, non eredita la grazia abituale, da Dio concessa nel paradiso terrestre, poiché il progenitore l’ha persa per sua colpa e non può trasmetterla ai figli, i quali nascono necessariamente privi di grazia santificante ossia con la macchia del peccato originale. Invece, nel rapporto dell’uomo con Cristo, se da parte di Cristo c’è la volontà redentrice e salvifica universale, da parte di ogni uomo deve esserci la cooperazione all’opera della redenzione, cooperazione che è libera e quindi non necessariamente “ogni uomo” è in unione con Cristo (come invece afferma erroneamente GS 22), perché egli può rifiutare la salvezza di Cristo. 
In potenza ogni uomo è in rapporto con Cristo, ma in atto no, non è necessariamente unito a Lui per la grazia santificante, mentre è in rapporto attuale con Adamo e perciò nasce necessariamente privo della grazia, ossia con il peccato originale. Ne consegue che la “solidarietà” dell’ uomo col Cristo non ha in modo generale la priorità su quella con Adamo, ma è vero il contrario.
 

CONCLUSIONE
Secondo la CTI la debolezza principale della dottrina tradizionale sul Limbo consiste nel non essere essa sufficientemente chiara sul rapporto che ogni anima ha con Cristo. Ma la dottrina “nuova” sul Limbo concepisce in modo ereticale il rapporto di ogni anima con Cristo appellandosi a GS 22: “per il fatto che il Verbo si è incarnato si è unito in qualche modo ad ogni uomo”. Questa frase è stata interpretata da Giovanni Paolo II nella Redemptor hominis: “Dio in Lui [Cristo] si avvicina ad ogni uomo, dando il tre volte Santo Spirito di verità” (n. 9) ed ancora: “La dignità che ogni uomo ha raggiunto in Cristo è questa: la dignità dell’ adozione divina” (n. 11). Giovanni Paolo II spiega, affinchè non sussistano dubbi, che “non si tratta dell’uomo astratto, ma reale concreto storico […] perché con ognuno Cristo si è unito per sempre” (n. 13) ed aggiunge: “ogni uomo - senza eccezione alcuna - è stato redento da Cristo, perché con l’uomo - ciascun uomo senza eccezione alcuna - Cristo è in qualche modo unito anche quando l’uomo non è di ciò consapevole” (n. 14), e ciò “a partire dal  momento in cui viene concepito sotto il cuore della madre” (n. 13). Ecco “contro-definita” l’immacolata concezione di ogni uomo ed ecco perché i bambini morti senza Battesimo vanno in cielo mentre il Limbo va al… “limbo” ( e l’inferno va… all’"inferno"). 
Nella Dominum et vivificantem Giovanni Paolo II estende al di là dell’uomo il tema panteistico del pancristismo: “Il Verbo si è unito ad ogni carne, specialmente all’uomo, questa è la portata cosmica della redenzione. Dio è immanente al mondo e lo vivifica dal di dentro” (n. 54). Egli specifica che “l’Incarnazione […] significa l’assunzione all’ unità con Dio non solo della natura umana ma in essa, in un certo senso, di tutto ciò che è carne […] di tutto il mondo visibile e materiale […] con ogni carne e con tutta la creazione” (n. 50). 
La CTI nel suo testo non fa che riprendere questa “portata cosmica della redenzione”.
Come si vede, queste sono due “razze”, “città”, “stendardi”, dottrine e fedi diametralmente opposte, di cui una è la contraddizione dell’ altra; ne segue che il Limbo esiste o no a seconda di quale “fede” si abbia: quella di Dio che si fa uomo per salvare l’uomo che coopera con Dio, oppure quella dell’uomo che pretende di essere Dio, per il solo fatto di esistere, poiché la sua natura esige la grazia.
La negazione del Limbo è di una gravità smisurata, poiché i princìpi da cui deriva sono smisuratamente falsi (naturalismo, panteismo, “Cristo cosmico”, diritto alla grazia da parte della natura), errori tutti già confutati e condannati, ma oggi riproposti a noi dalla Commissione Teologica Internazionale. Inoltre, anche i semplici fedeli ne sono stati turbati al massimo, perché generalmente solo i teologi sono in grado di cogliere gli altri errori più sottili; mentre è evidente a tutti (e non solo ai dotti) che con il Limbo è stato toccato il tranquillo possesso di una dottrina certa, studiata da ogni fedele ed anche dai bambini, insegnata dal “Catechismo Romano” (II parte, 2° capitolo, n. 32). Questo “scandalo passivo” (subìto dai fedeli) suppone lo “scandalo attivo” dei pastori. Gesù nel Vangelo (Mt. XVIII, 4-7) ha detto: “Chi scandalizza alcuni di questi piccoli che credono in Me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa una macina al collo e fosse gettato nel profondo del mare”; i “piccoli” scandalizzati sono i “fanciulli, giovani semplici, poco istruiti” (ROBERTI-PALAZZINI Dizionario di Teologia morale, Roma, Studium 4a ed., 1968, 2° vol., p. 1479). Ora, lo scandalo pubblicamente dato va pubblicamente riparato. 
È quello che domandiamo fermamente.

sì sì no no
 
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NOTE

1 - COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza Battesimo (pubblicata il 19. IV. 2007). Questo testo (35 pagine, 13 note e 103 paragrafi) della CTI, riunitasi in Sessione Plenaria a Roma nel dicembre 2005 e nell’ottobre 2006.   (torna al testo)
2 - Ibidem. p,1. (torna al testo)
3 - Il Magistero della Chiesa ha come oggetto primo e diretto quello di custodire fedelmente e dichiarare infallibilmente le verità "per sé" o immediatamente rivelate (DB 1800). Tuttavia l’infallibilità del Magistero si estende anche a tutte quelle verità e  fatti che sono o una deduzione dalla dottrina rivelata (conclusione teologica) o un suo presupposto. È questo l’oggetto secondario e indiretto del Magistero. Infatti queste verità e fatti, pur non essendo immediatamente e direttamente rivelati, sono talmente connessi con la rivelazione che il negarli compromette la rivelazione stessa : nel caso in esame, la negazione del Limbo comprometterebbe la verità divina rivelata e definita della necessità assoluta del Battesimo almeno di desiderio.   (torna al testo)
4 - Commissione Teologica Internazionale La speranza della salvezza cit. p. 3. (torna al testo)
5 - Ibidem  p. 2. (torna al testo)
6 - Ibidem, p. 3. (torna al testo)
7 - Ivi. (torna al testo)
8 - Ivi. (torna al testo)
9 - Ibidem, p. 26. (torna al testo)
10 - Ibidem, p.3. (torna al testo)
11 - Ibidem p. 22. (torna al testo)
12 - Vedi voce card. Journet Baptême in Dictionnaire de Théologie catholique e  Sacrae Theologiae Summa, BAC, Madrid, vol. IV  p. 150. (torna al testo)
13 -  La speranza della salvezza… cit. p. 4. (torna al testo)
14 - Ibidem,  p.6. (torna al testo)
15 -  Ibidem, p. 8. (torna al testo)
16 - Ivi. (torna al testo)
17 -  Ibidem p.9. (torna al testo)
18 -  Ibidem, p. 11. (torna al testo)
19 -  Ibidem, p.25. (torna al testo)
20 -  Ibidem, p. 24. (torna al testo)
21 -  Ivi. (torna al testo)
22 - Ibidem, p. 23. (torna al testo)
23 -  Ibidem, p. 12. (torna al testo)
24 -  Ivi. (torna al testo)
25 -  Ivi. (torna al testo)
26 - Ibidem, p.13. (torna al testo)
 

(su)





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