20 settembre 2007
Commemorazione dei Caduti Pontifici

L'Unicità di Dio
La Santissima Trinità
La Santa Chiesa


Omelia pronunciata da Mons. Ignacio Barreiro Carámbula 


Nel Nome del Padre e del Figlio dello Spirito Santo.

In questo centotrentasettesimo anniversario dell’eroica difesa di Roma offriamo il Santo Sacrificio della Messa per le anime dei soldati Pontifici e per tutti quelli che hanno sacrificato la loro vita in difesa della Fede e della Civiltà Cristiana in Italia, in Europa e in tutto il mondo. 
Come cristiani preghiamo anche per le anime dei nostri oppositori, augurandoci che la benda dell’errore sia caduta dai loro occhi, prima del momento della morte. 
Preghiamo anche per Paolo Bottai che per anni ci ha accompagnato fedelmente nel nostro apostolato e che il Signore ha chiamato a se poco tempo fa.   

Questo cento trentesimo settimo anniversario, con questi numeri: uno, tre e sette, ci fa ricordare delle verità basilari della Fede, la unicità di Dio, la Trinità e la Chiesa
La Fede per la quale i nostri antenati hanno combattuto che è la Dottrina permanente della Chiesa e che ci auguriamo sia preservata in tutta la sua pienezza per i nostri discendenti fino alla seconda venuta del Signore. 

Quando parliamo della difesa della Fede ai nostri giorni è necessario parlare un po’ dei suoi contenuti, perché purtroppo non possiamo presumere, come facevano i nostri antenati, che la Fede sia conosciuta dopo i risultati deludenti della catechesi degli ultimi anni. 

In primo luogo meditiamo che Dio è uno solo, uno per natura, uno per sostanza e uno per essenza. Soltanto in questo Dio troveremo salvezza, come dice Dio stesso per bocca del Profeta Isaia, “Volgetevi a me e sarete salvi, paesi di tutta la terra, perché io sono Dio; non c’è nessun altro.”(Is. 45:22) Qui anche vediamo il destino universale della salvezza cristiana. Tutti gli uomini sono chiamati a diventare cristiani nessuno è escluso perché questa è l’unica via di salvezza, non esiste altra. Escludere alcun popolo o nazione dalla evangelizzazione sarebbe la peggior forma di razzismo.  
Cristo ci insegna che non possiamo servire due Signori, e Egli è l’unico Signore che deve essere amato con tutto il cuore, con tutta l’anima con tutta la mente, e con tutte le forze. 
Anche questo numero uno ci ricorda, contro il relativismo e il pensiero debole dei nostri giorni, che la verità è una sola. Nella stessa forma che non è possibile che ci siano due onnipotenti o due infiniti non possono esistere due verità contraddittorie. Una sarà vera e l’altra falsa. 
Purtroppo questo relativismo che è il segno dominate della società dei nostri giorni è anche entrato nella Chiesa, come denunciava con profonda perspicacia il Santo Padre nella memorabile omelia che lui predicò il giorno prima della sua elezione. Come ricordava recentemente l’Arcivescovo Bagnasco, “….la società in cui viviamo, afflitta da uno strano “odio di sé”, e considerata la cultura odierna che fa del “relativismo il proprio credo”, precludendosi in tal modo la possibilità di distinguere la verità e quindi di poterla perseguire.” (Prolusione al Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, 17 Settembre 2007).  

Questo relativismo che impera nella società crea anche un serio ostacolo alla trasmissione della Fede come sottolineava recentemente il Santo Padre. “….educare alla fede proprio oggi non è un’impresa facile. Oggi, in realtà, ogni opera di educazione sembra diventare sempre più ardua e precaria. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”, della crescente difficoltà che s’incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori-base dell’esistenza e di un retto comportamento, difficoltà che coinvolge sia la scuola sia la famiglia...” Dopo il Santo Padre aggiunge che  “…si tratta di un’emergenza inevitabile: in una società e in una cultura che troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo - il relativismo è diventato una sorta di dogma -, in una simile società viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, lo si considera “autoritario”, e si finisce per dubitare della bontà della vita ­ è bene essere uomo? è bene vivere? - e della validità dei rapporti e degli impegni che  costituiscono la vita.”  (Discorso ai partecipanti del Convegno della Diocesi di Roma nella Basilica di San Giovani in Laterano, 11 giugno 2007).
  
Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della Fede della vita Cattolica. La verità rivelata della Santissima Trinità è stata fin dalle origini, alla radice della fede vivente della Chiesa, lo vediamo principalmente nel battesimo, che si concede per mandato di Cristo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.  L’affermazione del dogma Trinitario in nessun modo toglie il valore al magnifico monoteismo della Fede Cristiana, tutto il contrario, lo arricchisce, perché noi proclamiamo l’esistenza di un solo Dio in tre persone. Tre persone divine che sono realmente distinte tra loro. Non sono semplicemente nomi che indicano modalità dell’Essere divino; essi infatti sono realmente distinti tra loro. Questo Dio Trinitario agisce costantemente nella storia degli uomini per condividere con noi le sue perfezioni. Sta in noi e alla società accettare l’esistenza della Trinità. 
Questo riconoscimento  darà alla società umana le uniche basi possibili per costituirsi con saldezza. Nella paternità di Dio abbiamo il modello, la causa esemplare di tutta la paternità umana, come ribadisce con forza San Paolo nella lettera agli Efesini. Nel Figlio e nello Spirito Santo abbiamo la causa esemplare dell’amore ancorato nella verità che è l’unica causa che può dare una vera vita alla società.  
  
Il numero sette ci rimanda alla perfezione della Chiesa. Le perfezioni della Chiesa trionfante con il ricordo che ci fa il libro dell’Apocalisse dei sette spiriti angelici che stanno davanti al trono di Dio e dei sette candelabri d’oro che rappresentano simbolicamente nell’eterna liturgia celeste la Chiesa militante che lavora faticosamente in questa terra. Nella Chiesa militante il numero sette ci ricorda in primo luogo i sette sacramenti, i sette doni dello Spirito Santo e le sette virtù cristiane: tre teologali: fede, speranza e carità e quattro cardinali: giustizia, fortezza, prudenza, e temperanza. 

Dobbiamo ricordare che molti di questi volontari pontifici che sacrificarono le loro giovani vite in difesa dei diritti della Santa Sede in certa forma vivevano con pienezza le virtù cristiane. Se non avessero avuto queste virtù non avrebbero avuto il coraggio di lasciare le loro case e le loro famiglie per offrire il loro appoggio al Santo Padre. Se non avessero vissuto queste virtù non avrebbero praticato una straordinaria vita cristiana come dimostrano molte documentazioni storiche. 
Abbiamo testimonianze della vita di preghiera realmente eccezionale degli Zuavi pontifici. Questi soldati avevano ricevuto dalla Chiesa il senso dell’esistenza e per questo erano disposti a sacrificare le loro vite per Ella. 

Anche noi siamo figli della Chiesa e per Lei dobbiamo combattere la buona battaglia dei nostri tempi. Molti di voi hanno una vocazione politica e sociale e sono pienamente consapevoli che nell’esercizio della politica non si possono mai tralasciare le esigenze etiche intrinseche della fede, come purtroppo altri fanno per opportunismo, convenzione o altri motivi. In certa forma questi soldati che muoiono per il Papa e la Chiesa sono martiri e dobbiamo ricordare che il sangue dei martiri non può essere tradito. Sarebbe un tradimento se noi che ricordiamo la loro morte eroica, non fossimo disposti a vivere la fede in forma integrale nei tempi che Dio ci ha chiamato a vivere. Non possiamo puntare al ribasso nella vita cristiana, stemperando le alte esigenze del Vangelo e percorrendo la strada dei compromessi dottrinali o morali.

Pensando alla Chiesa dei nostri giorni dobbiamo ringraziare il Santo Padre, Benedetto XVI per i suoi sforzi per riedificare la Chiesa. Sebbene sappiamo per divina rivelazione che la Chiesa mai verrà meno, soffriamo quando vediamo la lunga crisi che la agita dagli anni sessanta. Dinanzi a questa lunga crisi, nell’attuale pontificato abbiamo una fonte concreta di speranza che questa lunga e logorante crisi sia risolta. 

Sono molti i segni concreti che possiamo vedere di questa tanto augurata ripresa che preserverà la identità della Chiesa. 
Possiamo parlare di molte riaffermazioni dottrinali come quella magnifica affermazione sul bisogno di interpretare il vigesimo primo concilio dentro una ermeneutica della continuità con la tradizione della Chiesa. 
Possiamo menzionare la recente risposte della Congregazione della Dottrina della Fede sui diritti irrevocabili dei malati che si trovano nel cosi detto “stato vegetativo” La riaffermazione di questo constante insegnamento della Chiesa su questo preoccupante problema contemporaneo mi porta a pensare che deve essere considerato parte del magistero infallibile ordinario della Chiesa. 
Ci auguriamo che la promulgazione di queste risposte prevenga la ricorrenza di casi tragici come quello della morte della sig.ra Terry Schiavo negli Stati Uniti.  

In particolare dobbiamo ringraziare il Santo Padre per la promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum che è soprattutto destinato a “…conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa” come scrive il Papa nella lettera di accompagnamento del Motu Proprio.  Dinanzi alle difficoltà del presente non dobbiamo avere paura, come ricordava di recente il Santo Padre, “Ciascuno di voi, se resta unito a Cristo, può compiere grandi cose… Niente è impossibile per chi si fida di Dio e si affida a Lui”         

Per concludere la nostra preghiera ci presentiamo dinanzi alla Santissima Vergine Maria Immacolata e al Beato Pio IX chiedendo la loro intercessione prima e innanzi tutto per l’anima dei caduti pontifici e pure per gli avversari, così preghiamo anche per vivere  la Fede con la stessa coerenza di questi uomini che si sonno sacrificato per Dio e per la Chiesa. 

Sia lodato Gesù Cristo
 

(su)


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