Il nostro commento
Il tenore delle "disposizioni disciplinari" del 20 ottobre
non lascia dubbi sulla precisa volontà di Mons. Picherri di non
voler applicare il Motu Proprio "Summorum Pontificum cura",
anzi
di volerlo contrastare.
Lo rivela proprio il retorico richiamo iniziale all'autorità
petrina che già nel rigo successivo viene annichilita e tenuta in
nessun conto.
Il punto 2 di queste disposizioni, infatti, non solo non
è conforme al Motu Proprio (il ricorso al Vescovo), ma è
chiaramente avverso ad esso.
In quest'ultimo, infatti, è chiaramente espressa
la
volontà del Papa di voler attuare la sua “autorità petrina”,
“ordinaria, suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà
che può sempre esercitare liberamente” (CJC, c. 331), prescindendo
dai vescovi (vedi art. 2).
Per di più, laddove parla del Vescovo, all'art
7, il Motu Proprio dice che il Vescovo ha il compito di permettere l'uso
della liturgia tradizionale quando non provveda il parroco.
Lo stesso dicasi per il punto 3.
Il Papa dice che si può celebrare anche la
Domenica, l'Arcivescovo dice di no.
Diversa interpretazione ?
Certo. Ma secondo lo stile della Chiesa conciliare: il
Papa dice una cosa e i Vescovi e i preti ne fanno un'altra.
Per ultimo dobbiamo far notare un punto su cui si soffermano
tanti Vescovi che dicono di voler ubbidire al Papa proprio per poterlo
tranquillamente disobbedire. Come fa in questo caso anche Mons. Pichierri.
Si tratta del cosiddetto gruppo di “fedeli aderenti alla
precedente tradizione liturgica”, “stabilmente” esistente in una parrocchia
(art. 5 del Motu Proprio).
Qui Mons. Pichierri manifesta, anche senza volerlo, le
sue reali intenzioni (punto 4).
Non v'era alcun bisogno di questo richiamo del punto 4,
col quale si ribadisce inutilmente quanto già scritto nell'art.
5 del Motu Proprio.
Perché allora Mons. Pichierri fa la puntualizzazione
?
Semplice, perché vuole prevenire le richieste
dei fedeli tradizionali, non tanto in relazione all'art 5 del Motu
Proprio, quanto in relazione all'art.10: là dove si ricorda
ai Vescovi che possono concedere una “parrocchia personale”, non
certo ai fedeli di questa o di quella parrocchia (che già hanno
parrocchia e parroco), ma proprio ai fedeli che non costituiscono un gruppo
stabile in alcuna parrocchia, i fedeli cioè “aderenti alla precedente
tradizione liturgica” e appartenti a parrocchie diverse.
È questo il senso dell'art. 10.
Purtroppo, però, questo stesso articolo afferma
che il Vescovo potrà erigere una parrocchia personale “se lo
riterrà opportuno”.
Ebbene è questo il caso della Diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie,
e l'Arcivescovo, perfettamente a conoscenza della situazione, mette subito
le mani avanti e afferma: “Non è prudente prendere in considerazione
la richiesta proveniente da gruppi…”.
Per Mons. Pichierri è “imprudente”, quindi… inopportuno.
I fedeli tradizionali di Trani-Barletta-Bisceglie sono
serviti:
Il gruppo “aderente alla precedente tradizione
liturgica” c'è, ma non è prudente e non è opportuno
prendere in considerazione le sue richieste.
Vuoi vedere che Mons. Pichierri teme che costoro, con la
loro problematica liturgia tradizionale, finiscano col mettere in serio
pericolo qualche chiesa della Diocesi, che potrebbe crollare da un momento
all'altro per il rimbombo del latino e del canto gregoriano ?
Insomma… il Papa ha promulgato un Motu Proprio per il
ripristino della liturgia tradizionale, Mons. Pichierri, da parte sua,
ritiene che si tratti di una imprudenza.
Con tanti saluti per la tanto declamata “autorità
petrina”.
Ma dove vuole arrivare, questo benedetto Mons. Pichierri,
con la sua prudenza pastorale ?
Ed ecco la risposta: la troviamo in questo invito alla
comunità diocesana del 2 gennaio scorso.
Mentre è imprudente e inopportuno accogliere
le richieste dei fedeli cattolici “aderenti alla precedente tradizione
liturgica”, è “opportuno e prudente” provvedere ad assegnare
una chiesa cattolica, per il culto e l'azione pastorale, a dei non cattolici.
Non bisogna sottovalutare, infatti, l'importanza di non
essere cattolici, di non essere in comunione con la Chiesa cattolica, di
non riconoscere l'autorità del Papa e della Santa Sede.
A partire dal Concilio, non essere cattolici è
una qualità indispensabile per ricevere le cure e l'attenzione pastorale
dei nostri Vescovi.
Essere cattolici, invece, è una cosa che
va tenuta sotto controllo: perché non si compiano gesti “imprudenti”!
A onor del vero, qui, più che di imprudenza, si dovrebbe
parlare di “impudenza”.
L'impudenza di un Arcivescovo che diffida dei "suoi
fedeli", perché tradizionali, e si sbraccia per gli scismatici,
forse perché non riconoscono la sua autorità.
Eppure sembra che, in questo caso, vi sia un buon motivo.
In questo invito, l'Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie
chiama la Chiesa Ortodossa Romena “chiesa sorella”, quasi si trattasse
di un'altra Chiesa cattolica particolare, la Chiesa di Bari, per esempio.
E sembra proprio che sia per questo che il 10 gennaio consegnerà
la chiesa di San Martino di Trani (X secolo) al Metropolita Josif di Parigi
(sic!). E la consegna avverrà con la celebrazione dei Vespri “bizantini”
nella cattedrale di Trani, dove si conservano le reliquie di San Nicola
il pellegrino.
Non dimentichiamo, dice l'Arcivescovo, che
San Nicola “apparteneva alla Chiesa Ortodossa
Greca (1094 d.C.)”.
Cosa vuole sottintendere Mons. Pichierri, che l'Arcidiocesi
di Trani-Barletta-Bisceglie, in forza del suo santo Patrono, sia più
figlia di Bisanzio che di Roma ?
L'interrogativo è legittimo, visto il richiamo
strumentale dell'Arcivescovo.
Vuole far intendere ai fedeli della sua Diocesi che dare
una chiesa cattolica agli scismatici romeni sia una cosa legittima e doverosa
?
L'interrogativo è d'obbligo, vista la plateale
inesattezza del richiamo dell'Arcivescovo.
In realtà, San Nicola venne in Puglia, dalla natia
Grecia, al pari di tanti cattolici del tempo che pellegrinavano in seno
all'ecumene cattolico: dalla Grecia in Italia, dall'Italia nella Gallia,
dalla Gallia nell'Iberia, e via così.
Nessuno in quegli anni, siamo nella seconda metà
dell'XI secolo, si sognava di parlare di Chiesa Ortodossa e di Chiesa
Cattolica: esisteva infatti solo una Chiesa: la Chiesa Una Santa Cattolica
Apostolica, retta dal successore di Pietro, che siedeva a Roma.
Ed è proprio a Roma, in pellegrinaggio, che stava
recandosi il giovane Nicola quando sbarcò a Otranto. Il suo incessante
peregrinare lo portò poi a Trani, dove morì nel 1094, in
odore di santità. Venne canonizzato nel 1098 dal Vescovo di Trani
(Bisanzio), con tanto di autorizzazione del Papa (Urbano II), e lo stesso
Vescovo avviò subito la costruzione della chiesa in suo onore, ancora
esistente.
Altro che appartenente alla Chiesa Ortodossa
Greca !
San Nicola il pellegrino era un cattolico fedele
a Roma e al Papa !
Da sempre venerato nella Chiesa Cattolica Romana
!
È possibile che Mons. Pichierri non sappia tutto
questo ?
È possibile che non sappia che le famose “bolle
di scomunica”. tra Roma e Bisanzio, vennero presentate nel 1054,
senza che i fedeli potessero avere, a quel tempo, il minimo sentore di
“scismi” e di rotture per almeno un secolo? E senza che si parlasse di
Chiesa Cattolica da un lato e di Chiesa Ortodossa dall'altro ?
Pensiamo proprio di no.
E allora ?
Allora… vuoi vedere che si è trattato semplicemente
di un espediente usato dall'Arcivescovo per far meglio ingoiare ai fedeli
diocesani l'amara pillola del moderno ecumenismo ?
Se fosse corretta questa seconda ipotesi, però,
c'è da pensare che il Pastore della Diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
abbia una ben misera considerazione della preparazione storica dei fedeli
affidati alla sua cura.
Ma no… , in fin dei conti è possibile che si
sia trattato semplicemente di una semplice distrazione.
A leggere, infatti, la chiusa delle lettere di Mons.
Pichierri, si nota subito che egli si distrae facilmente e dimentica di
menzionare Nostro Signore e la sua Vergine Madre. |