DA MARTIN LUTERO A “MARTINI LUTERO”

Pubblichiamo un articolo di Antonio Socci, 
apparso sul quotidiano Libero il 21 maggio scorso, 
a proposito di un'altra uscita del card. Carlo Maria Martini.


 
Ovviamente dovremo aspettare di leggere il libro prima di dare un giudizio ponderato, ma non possiamo credere che le poche anticipazioni segnalate qua e là possano essere smentite dalla prossima lettura di tutto il libro. Noi pensiamo che non serva restare in attesa di impossibili sorprese positive a proposito di questo prelato cattolico, poiché quanto si dice su questo nuovo libro intervista è semplicemente la conferma del fatto che nella Chiesa sono presenti tanti chierici, piccoli e grandi, che hanno molto poco di cattolico. Qualcuno, poi, non lo è affatto.

L'articolo di Socci mette a nudo un aspetto di non poco conto di certo pensiero cattolico conciliare: la protestantizzazione della dottrina e della liturgia. La protestantizzazione della Chiesa, con il suo corollario della demolizione della fede. Ma pensiamo che bisognerebbe riflettere sul fatto che innanzi tutto ci troviamo al cospetto di una forma mentale che è inconciliabile con la dottrina cristiana.

Ad esempio. 
Pare che nel libro il cardinale Martini affermi "Persino da vescovo qualche volta non potevo guardare un crocifisso perché l' interrogativo mi tormentava". (Perché Dio ha fato patire Suo Figlio in croce?). Nessuno potrebbe mettere in dubbio la buona fede del cardinale, ma proprio per questo è evidente che ci troviamo di fronte ad una evidente impossibilità di collegamento tra l'economia divina del Sacrificio redentore ed una mentalità che pensa a Dio come fosse un buon uomo, un pover'uomo. Da questa incompatibilità non può nascere un pastore cattolico, né può prodursi insegnamento cattolico. Sfortunatamente per noi cattolici, abbiamo invece sia l'uno, sia l'altro, sia un pastore che non può essere un cattolico, ma fa il cardinale, sia un insegnamento che non è cattolico, ma informa un intero Concilio.

E non si ferma qui il cardinale: parla di celibato da riformare o abolire, di ordinazione femminile da promuovere. Di pubblicazione di nuove encicliche sull'amore coniugale, sull'etica sessuale, sui comportamenti sessuali contro natura. E via di questo passo, spaziando su argomenti di una complessità e di una profondità che toccano l'essenza stessa dell'insegnamento cattolico. 
La Chiesa deve farsi venire nuove idee. La Chiesa deve battere nuove strade. Il cardinale sembra ossessionato dalla mancanza di successo della Chiesa in questo mondo, dimenticando, se mai lo ha saputo, che tra la Chiesa e il mondo c'è una irriducibile incompatibilità. 
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. (Mt 5, 11-12).
Un cardinale che non ha ancora capito questo è ovvio che poi finisca con l'affermare: "Non puoi rendere cattolico Dio". E viene subito da pensare: con uno così … figuriamoci rendere cattolici gli uomini!!?? 




Una sorta di piccolo compendio del Martini pensiero tratto da quest'ultimo libro, si può leggere nell'articolo pubblicato su Repubblica (per caso?)
 



L'articolo di Socci

(le sottolineature e i neretti sono nostri)

Ormai ogni sortita dell’ex arcivescovo di Milano è sempre più desolante. Come una deriva solitaria, sempre più triste e incomprensibile… In questa esternazione, di cui parlo qua sotto, ce ne sono di cose incredibili (per esempio quanto dice sul Corano: ne ha scritto Camillo Langone sul Foglio del 21 maggio), ma io ho dovuto concentrarmi su ciò che dice a proposito di Lutero e della Chiesa….

Da Martin Lutero a Martini Lutero? 
La battuta sarebbe già pronta, se non fosse che nel viale del tramonto dell’ex arcivescovo di Milano c’è davvero poco da ridere. La tristezza e la malinconia del cardinale lasciano sbigottiti, interdetti. Forse per ritrovare il bello sguardo cristiano di Péguy e di santa Teresina bisogna guardare altrove, a tanti semplici cristiani senza porpora che ci sorprendono ogni giorno con la loro letizia.

Dicevo che il cardinale fa l’elogio di Lutero, almeno stando alle anticipazioni che La Repubblica e Il Foglio fanno del suo ultimo libro-intervista, “Colloqui notturni a Gerusalemme”, uscito in Germania per le edizioni Herder. 
La Repubblica c’informa che il prelato “elogia Lutero, esorta la Chiesa al coraggio di riformarsi, a non allontanarsi dal Concilio”
Secondo Il Foglio, Martini definisce Lutero, che nella storia della Chiesa è stato una delle più tragiche calamità, come “il più grande riformatore”. Poi aggiunge che a Lutero “l’amore per le Sacre Scritture ispirò buone idee” (testuale!) e pur ritenendo “problematico” il fatto che Lutero abbia “tratto da riforme e ideali necessari un sistema proprio”, tuttavia Martini afferma che la Chiesa contemporanea “se ne è lasciata ispirare per dar corso al processo di rinnovamento del Concilio Vaticano II, dischiudendo per la prima volta ai cattolici il tesoro della Bibbia su basi più larghe”. 

Francamente non mi pare che duemila anni di esegesi cattolica e di studi biblici avessero bisogno di Lutero che ha dissolto le Sacre Scritture, non le ha certo “scoperte”. Tanto è vero che proprio dal mondo protestante è arrivata quell’ondata demolitoria che ha fatto letteralmente a pezzi i Vangeli (o almeno ci ha provato). Questa sì è una peste che è entrata dentro la Chiesa, ma appunto come un’epidemia mortale (lo denunciò Paolo VI con parole accoratissime!). Quello che sorprende, nelle parole di Martini, non è tanto o solo l’elogio di Lutero, ma l’esplicita affermazione che la Chiesa del Concilio si sarebbe “ispirata” all’eretico e scismatico Lutero. 

Mi soffermo su questo ­ come si suol dire ­ per fatto personale. Il cardinal Martini ­ benché noto come progressista, dialogante e tollerante ­ è il vescovo, l’unico che io sappia dagli anni del Concilio, che ha sottoposto all’ Inquisizione (chiamato oggi Tribunale ecclesiastico di Milano) alcune persone, oltretutto laici, per un’opinione, una semplice opinione oltretutto non di dottrina, ma di natura storica e culturale (dove la disciplina ecclesiastica non vale). 
Accadde nel 1988 e io fui uno dei tre giornalisti del settimanale cattolico “Il Sabato” ad essere convocato in Curia e interrogato dal rappresentante del Tribunale ecclesiastico, monsignor Coccoplamerio. Quale fu il nostro “crimine” ? Un’analisi storica. In una lunga inchiesta sulla crisi della Chiesa, constatammo ­ con una documentata analisi (elogiata fra gli altri da Augusto Del Noce) - la “corrosione protestante del cattolicesimo politico, ancor più esplicita fra i cattolici intellettuali”. 
Un gruppetto di intellettuali cattoprogressisti presentò un esposto all’arcivescovo di Milano perché, con tale analisi, a loro dire, avremmo leso la “buona fama” di Giuseppe Lazzati, che era uno dei tanti intellettuali menzionati e che mai ci eravamo sognati di attaccare sul piano personale. Il cardinale avrebbe potuto archiviare l’esposto, trattandosi di una normale e libera discussione storico-culturale. Invece attivò il procedimento finché “Il Sabato”, essendo un settimanale cattolico legato a Comunione e liberazione, non dovette chinare la testa e fare una specie di abiura per “disciplina ecclesiastica”. 
Un piccolo “caso Galileo” che esplose sui media grazie al Giornale di Montanelli che sparò tutto in prima pagina con questo titolo: “A Milano è tornata l’Inquisizione. Al rogo il settimanale Il Sabato?”. Seguirono giorni di polemiche, editoriali e commenti. Il cardinale Martini fu molto seccato perché la cosa era diventata pubblica associando il suo nome all’Inquisizione delle idee. Il caso fu emblematico perché rese evidente che nella Chiesa postconciliare i teologi potevano mettere in discussione tutti i dogmi della fede, dalla Trinità a Maria, passando per i Vangeli, ma guai a mettere in discussione lorsignori “intellettuali cattolici” o più in generale l’establishment cattolico. L’Immacolata Concezione e la Resurrezione di Cristo si potevano discutere, ma Scoppola, Dossetti, Lazzati, Alberigo (con i Prodi e i De Mita che ne erano la proiezione politica) e tanti altri campioni del mondo cattolico, quelli no. 

Oggi ­ dopo aver subito quel procedimento di Martini per aver constatato la “protestantizzazione” del cattolicesimo ­ leggiamo che secondo lo stesso cardinal Martini la Chiesa conciliare “si è lasciata ispirare” da Lutero. Così oggi è lui che dichiara proprio ciò che fu imputato a noi. Certo, per lui questa influenza protestante sul cattolicesimo pare sia cosa buona e giusta. Per altri (me compreso) è una vera sciagura. Mi sembra che anche Paolo VI vedesse nefaste influenze esterne che dissolvevano la vera fede. Lo si intuiva quando denunciò l’invasione di un pensiero “non cattolico” dentro il cattoliceismo, quando intervenne per stoppare le influenze protestanti (durante la redazione della Dei Verbum o sul dogma della Resurrezione di Cristo) e anche quando denunciò il “fumo di Satana” entrato nel tempio di Dio. 

D’altra parte a condannare questa “protestantizzazione” della Chiesa, curiosamente, fu lo stesso Oscar Cullmann, uno dei più famosi teologi protestanti, spesso citato in ambito cattolico. Ecco le sue testuali parole: “Se mi è permesso, come protestante, di fare questa constatazione, direi che da allora (il Concilio Vaticano II) certi ambienti cattolici, ben lungi dal lasciarsi ispirare dalla necessità di osservare i limiti dell’adattamento che non vanno superati, non si accontentano di cambiare le forme esteriori, ma prendono le stesse norme del pensiero e dell’azione cristiana, non dal Vangelo, ma dal mondo moderno. Più o meno inconsciamente, seguono così i protestanti, non in ciò che hanno di migliore, la fede dei Riformatori, ma nel cattivo esempio che loro offre un certo protestantesimo, detto moderno. Il grande colpevole non è il mondo secolarizzato, ma il falso comportamento dei cristiani riguardo a questo mondo, l’eliminazione dello ‘scandalo’ della fede. Si ha ‘vergogna del Vangelo’ (Rom. 1,16)”. 

Parole simili e ancora più drammatiche sono state pronunciate, nella sua ultima intervista, da don Luigi Giussani: “La Chiesa si è vergognata di Cristo”. E qua il problema riguarda tutti gli uomini di Chiesa. Martiniani e antimartiniani. I quali, per esempio, non intervengono contro le vere e proprie eresie che vengono insegnate nei seminari o nelle facoltà teologiche, ma invece intervengono (e tanto) su tutti i problemi della vita pubblica compresa la legge elettorale: i martiniani magari tuonano sui rom, gli altri sulla bioetica. Tutti hanno i loro “valori non negoziabili” (di tipo sociale gli uni, di tipo morale gli altri), ma forse si dimentica che per la Chiesa ­ fin dalle origini apostoliche - l’unico “valore” assolutamente non negoziabile è Gesù Cristo e la vera fede cattolica. Che pochissimi oggi difendono.
Eppure per un cristiano solo quella vale, tutto il resto è “spazzatura”. San Paolo, proprio parlando della Legge (i “valori non negoziabili”), scriveva: “tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura al fine di guadagnare Cristo” (Fil. 3,8). Forse è vero, il problema non è “il mondo secolarizzato”, ma un cristianesimo che annacqua o corrompe la vera fede. Perché così la vita quotidiana di tutti è disperata. E non si incontra nessuna speranza. 

Antonio Socci 

Da Libero, 21 maggio 2008 
 

(su)
maggio 2008


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