Raffigurazione del miracolo
La penisola iberica restò in mano ai musulmani dal VIII al XV
secolo: iniziata la conquista della penisola intorno al 711, essi la
tennero con alterne vicende per secoli, durante i quali i cristiani
tentarono a più riprese la “reconquista”; ma fu solo nel 1492
che i Re cattolici Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia
riuscirono a cacciare gli ultimi musulmani che tenevano ancora Granada,
nel Sud della Spagna.
Nel 1239, il Re cristiano Giacomo I d’Aragona volle riconquistare il
Regno di Valencia diventato terra mussulmana. Dispose allora un
esercito di seimila uomini distribuiti in tre guarnigioni. Una di
queste, composta da tre città: Daroca, Calatayud e Teruel,
è capitanata dal generale Berenguer de Entenza, zio del Re e
signore della Baronia di Chio. Conoscendo la posizione strategica del
Castello di Chio, sulle rive del Lucente, ormai roccaforte dei Mori, il
generale decise di partire proprio dalla riconquista di quel luogo.
Comandavano le truppe dell’esercito di Berenguer, sei capitani di varia
provenienza: tre aragonesi: Jiménez Pérez, Germán
Sánchez de Ayerbe e Ramón de Luna; due catalani:
Guillén de Aguiló, Simón Carroz e un arabo: Zeit
Abuzeyt, il quale, già Re di Valencia, essendo stato destituito
da Zaèn l’attuale Re moro, era passato tra le fila cristiane e
si era convertito al cristianesimo prendendo il nome di Vicente Belbis;
egli capitanava i Mori della sua compagnia.
I sei comandanti, dopo aver accampato le truppe chiesero di poter
ricevere la Comunione. La Santa Messa venne celebrata “sul campo”, nei
pressi di Daroca, dal cappellano del posto Don Matteo Martinez.
Avvenne però che durante lo svolgimento della celebrazione le
truppe mussulmane attaccarono di sorpresa. I sei capitani si
precipitarono a fronteggiare il nemico, mentre Don Matteo, temendo una
profanazione, nascose le sei ostie avvolte nel Corporale sotto un
masso. Terminata la battaglia con la fuga dei Mori, i sei capitani
chiesero al cappellano di riprendere la Messa e di essere comunicati.
Don Matteo andò a recuperare il Corporale con le Ostie
consacrate e, con tremore ed emozione, si avvide che le Ostie erano
intrise di sangue e appiccicate al Corporale.
Alla vista, i combattenti caddero in ginocchio di fronte al prodigio e
interpretarono il miracolo come un segno benevolo del Signore per le
sorti della loro lotta contro l’invasore infedele.
Le truppe in marcia con in testa il Corporale
Le truppe dei sei comandanti, forti del miracolo verificatosi, si
lanciarono alla conquista del castello di Chio. Davanti a loro
sventolava come vessillo lo stesso Corporale insanguinato, alla cui
vista i Mori, pieni di confusione e terrore, secondo la cronaca,
finirono con l’uccidersi tra loro.
La vittoria fu grande, ma quando si cercò di dare una degna
sistemazione alla Sacra Reliquia i sei capitani cominciarono a
discutere. Ciascuno desiderava ospitare il prezioso Corporale nella
propria città. Poiché la disputa prendeva accenti molto
forti, il generale Berenguer propose di tirare a sorte la città
prescelta: per tre volte la sorte cadde su Daroca, ma ciò
nonostante nessuno dei capitani delle altre città volle cedere.
Decisero allora una nuova ed ultima prova: presero una mula araba tutta
bianca, che mai - prima della recente battaglia - aveva percorso quelle
regioni spagnole, e dopo averla finemente bardata le posero in groppa
il Corporale. Lasciarono così che la mula seguisse un percorso
qualsiasi, mentre Don Matteo con un cero acceso e altri soldati, la
seguivano a distanza per assisterla e vedere dove si fosse fermata.
La mula con adosso il Corporale posto in un contenitore
La mula partì il 23
febbraio dai territori conquistati e nei suoi 12 giorni di viaggio fu
protagonista inconsapevole di prodigi e miracoli. Le cronache attestano
infatti avvenute conversioni e guarigioni, voci di angeli e musiche
celestiali udite in tutti i luoghi dove passava la mula con addosso il
Sacro Corporale. Passò così per Teruel, Calatayud e dopo
un viaggio di oltre duecento miglia entrò a Daroca, salutata da
una folla trionfante. Qui, la bianca mula, proprio davanti alla porta
dell’allora Chiesa di San Marco, si accasciò al suolo e cadde
morta. La Sacra Reliquia era giunta a destinazione.
Era il 7 marzo del 1239, e in Italia era già nato un futuro
cantore dell’Eucaristia, San Tommaso d’Aquino che all’epoca aveva solo
14 anni.
Pochi anni dopo il miracolo, nel 1261, una delegazione di Daroca si
recò a Roma per informare il Papa Urbano IV del miracolo
eucaristico della loro città. Questo Pontefice era un
contemporaneo della suora Santa Giuliana de Cornillón, di Liegi
in Belgio, che si spese tanto strenuamente per stabilire la festa per
il Santissimo Sacramento. In quel tempo Urbano IV, già canonico
di Liegi, si trovava ad Orvieto, dove dichiarò autentico un
altro famoso miracolo eucaristico, quello di Bolsena, e istituì,
nel 1264, la Festa del Corpus Domini. Il Miracolo Eucaristico di Daroca
è stato considerato come un segno in più dal Cielo per
l’istituzione della Festa.
San Tommaso d’Aquino, che in quell’occasione provvidenzialmente stava
presso il Papa, compose degli inni per la Messa del Corpus Domini.
Successivamente, San Tommaso sarebbe stato nominato patrono della
città di Daroca.
Nel 1444 Papa Eugenio IV concesse indulgenze e giubilei da celebrare a
Daroca ogni 10 anni. Papa Sisto IV ridusse il rinnovo del giubileo a
sei anni in memoria delle sei ostie miracolose.
Gli atti del processo del miracolo attestano che i testimoni ritenuti
degni di fede furono sia cristiani sia mussulmani: “
testimonios dignos de fe asín
Xristianos como moros”; di fatto nelle truppe cristiane vi erano
spagnoli e arabi.
Il Corporale miracoloso venne custodito nella chiesa dove la mula si
era fermata (oggi chiesa della SS. Trinità), per essere poi
traslato nella nuova Chiesa di Santa Maria Collegiata, fatta costruire
appositamente nel 1385, dove lo si può venerare ancora oggi.
Nella chiesa fu allestito un prezioso reliquiario.
Il Reliquiario
Furono anche collocate alcune
sculture per illustrare i diversi episodi del Miracolo: la battaglia di
Luchente, Don Martínez che innalza il Corporale come uno
stendardo, il viaggio della mula e il suo arrivo a Daroca.
Esterno della chiesa di Santa Maria Collegiata
Interno della chiesa di Santa Maria Collegiata
Altare della chiesa di Santa Maria Collegiata
La cappella del Corporale
Ogni anno si tengono a
Daroca solenni festeggiamenti per ricordare l’episodio.