Torino

Italia

 1453


Contesto storico

Nell’anno 1453, il cattolicesimo dovette affrontare diversi problemi: Costantinopoli, caduta in mano a Maometto II, fu messa a dura prova con saccheggi, profanazioni di Chiese e terrore: quarantamila cristiani furono uccisi e molti altri furono gettati in carcere.
Maometto II in persona entrò nella celebre Basilica di Santa Sofia e salendo sull’Altare proclamò se stesso vero Dio; subito dopo uccise barbaramente il re Costantino Dragosete e tutta la famiglia.

L’Italia, divisa in molti piccoli Stati, non aveva la forza per far fronte a minacce simili.

Anche il Piemonte, unico stato interamente autonomo, correva il rischio di essere attaccato.
Regnava in quell’anno Ludovico di Savoia, figlio di Amedeo VIII, il quale era divenuto famoso per aver rinunciato al trono in favore del figlio ed essersi ritirato presso un castello fondando l’Ordine cavalleresco-religioso di San Maurizio.
Il suo percorso spirituale doveva rivelarsi però alquanto tortuoso perché mentre regnava Papa Eugenio IV, Amedeo fu eletto antipapa col nome di Felice V, In seguito, pentitosi riconobbe il Papa legittimo, fu creato cardinale e morì, nel 1451, in odore di santità.

Il figlio Ludovico fu un re debole e il governo del Ducato di Savoia passò quasi interamente alla moglie Anna di Lusignano, Principessa di Cipro.
La loro figlia Carlotta sposò Luigi, figlio di Carlo VII, Re di Francia e, fu proprio questo matrimonio a causare la lotta tra i due stati.
Carlo VII, infatti, in parte contrariato a causa del matrimonio disapprovato, in parte per il desiderio di riappropriarsi del regno di Napoli pretese di passare liberamente con le sue truppe sul suolo piemontese. Al rifiuto di Ludovico di Savoia, invase il Piemonte.

Il Duca Renato d’Angiò valicò le Alpi con l’esercito francese.




Veduta di Exilles


Per contrastare l’avanzata dei Francesi, le truppe piemontesi di Ludovico di Savoia occuparono il forte di Exilles, nell’alta Valle di Susa, che si trovava in una posizione chiave per il controllo della via delle Gallie e che faceva parte del Regno di Francia (come risulta da un riassunto conservato nell’archivio municipale di Torino, in una cassetta di cipresso costruita appositamente per questo).




La chiesa parrocchiale di Exilles


A Exilles, alcuni soldati, nella notte del 3 giugno 1453 entrarono nella chiesa del paese di San Pietro Apostolo e rubarono oggetti di valore, arredi sacri e l’Ostensorio d’argento esposto per l’Adorazione Eucaristica, nel cui interno era contenuta l’Ostia consacrata.

I soldati vendettero poi la refurtiva a poco prezzo ad alcuni mercanti i quali la posero in un sacco e la caricarono su di un mulo avviandosi, per Susa, Avigliana e Rivoli, alla volta di Torino, dove intendevano venderla.
Per sicurezza transitarono per disagevoli viottoli campestri per evitare incontri con le guardie a cavallo. Sul loro mulo vi era una refurtiva che se scoperta li avrebbe condotti a morte certa con l’accusa di convivenza con il diavolo avendo recato offesa al Corpo di Gesù.
Evitarono la stazione di posta delle diligenze di Rivoli luogo di compravendite, poiché ritennero pericoloso trattare con i ricettatori del luogo.

Torino allora era una città rurale di circa 5000 abitanti dove maiali e galline giravano per le strade insieme a mandrie mucche e greggi di pecore. Ancora circondata dalle mura di origine romana conservava vie tortuose e selciate.
Quattro erano le porte principali Porta Castello già Decumana o Preatoria (conglobata oggi nel Palazzo Madama), Porta Segusina, posta all’incrocio fra via Garibaldi e Corso Siccardi, Porta Marmorea, situata all’incrocio fra via Santa Teresa e via Arsenale e la Porta Palatina detta anche Doranea perché guardava verso la Dora, l’unica tuttora esistente.

Era un caldo pomeriggio quando i mercanti entrarono in città da Porta Segusina. Percorsero un tratto di via Dora Grossa, l’attuale via Garibaldi, e raggiunsero piazza San Silvestro o piazza del grano (oggi Piazza Corpus Domini).

Era il 6 giugno del 1453, ottava del Corpus Domini, qualche minuto prima delle cinque pomeridiane.


Il Miracolo
 
A quel punto il mulo si bloccò sul posto ed a nulla valsero i tentativi da parte dei mercanti per farlo rialzare. Mentre la bestia subiva una bella dose di bastonate senza batter ciglio, dal sacco di granaglie uscirono diversi oggetti preziosi fra i quali l’Ostensorio che miracolosamente cominciò a sollevarsi da terra fino all’altezza del secondo piano delle case che circondavano la piazza.

Padre Giovan Battista Semeria, che redasse una Storia della Chiesa Metropolitana di Torino, così ricorda ciò che avvenne immediatamente dopo.

«Quando il mullo fu intrato in porta Sussina per gratia e volunttà de Dio nostro se fermò insino che innanci la Giesa di Santo Silvestro, e yvi se gittò a terra, e furono disligate le balle per voluntà de Dio senza adjuto humano ed usì fori il vero Corpus Domini cum il reliqujario in laere miraculosamente cum grande splendore et ragij che parìa il sole...»

Lo stesso Padre Semeria riporta un elenco di testimoni del Miracolo:

«...fra li quali erano questi in testimonio, cioè Patrino Gorzano: Petrino Daero: Gasparino Miolero: Martino Bellanda: Filippo Valle: Georgio Gastaldo, il speciale M.r. Michaele Burry: Gioanni Falconino: Bonifatio Cassano: Bartolomeo Carrarino: il nobile M.r Murriero de Millano, e molti altri magnifici cittadini d’essa inclita città...»

Luigi Cibrario, dovendo raccogliere materiali per la sua Storia di Torino, nel commentare l’evento scrive:
«Di questo fatto con tutte le circostanze narrate non risulta, ch’io sappia, da documenti contemporanei [...] Ma che un miracolo seguisse in occasione che fu rinvenuta l’Ostia sacrosanta, lo dichiara un documento del 1454 [...] in cui si dice che Tommaso Solero di Rivarolo donò ai Canonici un grosso cero perché ardesse innanzi all’Ostia miracolosamente trovata».

Il documento a cui accenna il Cibrario è un atto capitolare (Archivio Capitolare, volume 20, f 1r); altre informazioni relative alla creazione di un tabernacolo per ricordare l’avvenimento vennero redatte almeno fino al 1459.

Secondo le testimonianze, l’Ostensorio con l’Ostia rimase sospeso in aria per lungo tempo, tra lo stupore dei presenti.
Si sollevò un coro di voci che gridava al miracolo ed accorse anche un sacerdote, don Bartolomeo Cocone il quale, a sua volta corse a chiamare il vescovo, Mons. Lodovico di Romagnano, che venne in compagnia dei canonici e dei religiosi che si trovavano in quel momento in Duomo, e quando fu alla presenza del miracolo l’Ostensorio cadde a terra, e rimase sospesa solo l’Ostia Santa.
Tutti si inginocchiarono pieni di meraviglia e compunzione, il vescovo allora si fece portare un calice e innalzandolo vide l’Ostia scendere lentamente e adagiarsi in esso.




Raffigurazione del Miracolo

L’Ostia fu portata processionalmente in Cattedrale dove restò esposta alla pubblica venerazione.

La prima testimonianza del miracolo, firmata da undici testimoni, è andata perduta, ma ne rimane un riassunto, conservato nell’archivio municipale in una cassetta di cipresso costruita appositamente per questo:
Alli 6 di giugno 1453 a hore 20 un giobbia [giovedì] apparse la sancta hostia. Venendo certi huomeni di Cherio [Chieri] da certa guera o discordia che era tra francesi et savoja et piemontesi per certi mercadanti con la lhoro mercantia ritenuta a Assiglie [Exilles: in quei tempi il castello di Exilles faceva parte del Delfinato] la qual fu messa a sacho eccovi che fu un uomo che pigliò nella chiesa di Assiglie lo relliquiario d’argento dov’era il Santissimo Sacramento et lo invillupò in certe balle, le quali gittò sopra un mullo et venendo per Susa, Avigliana, Rivolli et gionse alla città di Turino et subito che il mullo fu entrato in porta Susina per voluntà di Iddio non si fermò sin che fu in questo luocho et subito giunto quivi si gettò in terra et subito furno disligatte le balle per voluntà del Signore Iddio et subito senza alchuno agiuto humano, uscì fuori il vero et Santissimo Corpus Domini con lo relliquiario nel aria miracollosamente con un grande splendore et ragi et pareva il solle.

Ferdinando Ughelli, nel suo libro Italia Sacra, racconta nel dettaglio la storia, e le fonti riportate si riferiscono a Enea Silvio Piccolomini, futuro  Papa Pio II - che passò da Torino nel 1458 - e precisamente ai Commentarii di quest’ultimo.

Il 5 gennaio 1509 il Comune di Torino ordinò di dipingere, in ricordo del Miracolo, il Santo Nome di Gesù sulle porte della città.




Lapide in ricordo del Miracolo conservata nella Basilica

Nella Basilica del Corpus Domini è conservata una lapide con iscrizione in latino che ricorda il Miracolo.

Qui cadde il giumento che trasportava
Il corpo divino
Qui la sacra Ostia scioltasi dai lacci si librò nell’aria
Qui nelle mani supplichevoli dei torinesi discese clemente
Qui dunque il luogo sacro al prodigio
Memore supplice chino
Venera e temi
Il 6 di giugno dell’anno del Signore 1453






Lapide in ricordo del Miracolo collocata in piazza Palazzo di Città

Il 6 giugno 1659 venne murata una iscrizione in latino in piazza delle Erbe, l’odierna piazza Palazzo di Città.




Facciata della Basilica del Corpus Domini


Per ricordare lo straordinario evento fu posto sul sito un pilone commemorativo.
Negli anni a seguire sul posto si registrarono numerosi miracoli.
Nel 1510 il pilone venne demolito e fu costruita un chiesa di piccole dimensioni (tre arcate di lunghezza totale inferiore a 11 metri, 6 metri e mezzo di altezza e 3,30 di profondità, con un Altare centrale) che venne completata nel 1529, per essere poi distrutta nel 1609 per far posto a una chiesa più grande.

Infatti per sciogliere un voto fatto dalla città di Torino in occasione dell’epidemia di peste del 1598 nel 1603 si diede inizio alla costruzione dell’attuale Basilica.
Il cantiere fu affidato ad Ascanio Vitozzi, che già stava ridisegnando Torino per volontà del Duca Carlo Emanuele I di Savoia.
La facciata è in marmo scandita da tre ordini e decorate con statue di Bernardo Falconi.





Interno della Basilica del Corpus Domini


L’interno della Basilica, a navata unica, termina con il maestoso altare maggiore realizzato nel 1664 da Francesco Lanfranchi, con l’utilizzo di marmi rossi e neri con inserti di bronzo dorato e colonne tortili.

Quasi al centro della chiesa, circondata da una cancellata di ferro battuto, si trova la lapide scritta in latino dettata da Emanuele Thesauro (1592-1675) e che ricorda il Miracolo dell’Ostia.
L'immagine è riportata sopra

Nel 1928 Pio XI elevò la chiesa del Corpus Domini alla dignità di Basilica minore.
L’Ostia del miracolo fu conservata fino al XVI secolo, finché la Santa Sede non ordinò di consumarla «per non obbligare Dio a fare eterno miracolo col mantenere sempre incorrotte, come si mantennero, quelle stesse eucaristiche specie».

Il futuro santo Giuseppe Benedetto Cottolengo il 2 settembre del 1827 in questa Basilica ebbe l’intuizione dalla quale scaturì l’istituzione legata al suo nome cioè la Piccola Casa della Divina Provvidenza ed iniziò la sua opera davanti alla Basilica in una casa detta della Volta Rossa.

 


Il Calice del Miracolo

Il calice in argento che aveva raccolto l’Ostia del Miracolo, dalla forma semplice, dotato di un’elegante bolla sullo stelo e un piede a base esagonale era conservato fino agli anni quaranta del Novecento nella chiesa del Corpus Domini, fu nascosto da un premuroso sacerdote, il prevosto del capitolo del Duomo, il canonico Don Luigi Benna, che ritenne di metterlo al sicuro. Egli individuò un punto sicuro del Duomo di Torino, fece scavare in una parete una piccola nicchia sufficiente a contenere la reliquia, poi fece murare il nascondiglio.
Nel dicembre del 1944 il sacerdote venne colto da improvvisa morte causata da una polmonite, senza aver rivelato il punto in cui il calice era stato occultato e così da allora non si ha più notizia di dove sia finito o dove sia stato nascosto.
Questo è Il “Graal” torinese, che aspetta ancora di essere ritrovato.

Giovedì 6 giugno 2024, nella ricorrenza della memoria del Miracolo Eucaristico di Torino, si è tenuta la consueta Messa solenne in Cattedrale, presieduta dal vescovo ausiliare Mons. Alessandro Giraudo.
Dopo la celebrazione si è svolta la processione per le vie del centro storico fino alla Basilica del Corpus Domini, con il vescovo che portava l’Ostensorio processionale. 




L'Ostensorio processionale




Preparazione per la processione





Inizio processione




Processione




Processione con l'Ostensorio