Per contrastare l’avanzata dei
Francesi, le truppe piemontesi di Ludovico di Savoia occuparono il
forte di Exilles, nell’alta Valle di Susa, che si trovava in una
posizione chiave per il controllo della via delle Gallie e che faceva
parte del Regno di Francia (come risulta da un riassunto conservato
nell’archivio municipale di Torino, in una cassetta di cipresso
costruita appositamente per questo).
La chiesa parrocchiale di Exilles
A Exilles, alcuni soldati, nella notte del 3 giugno 1453 entrarono
nella chiesa del paese di San Pietro Apostolo e rubarono oggetti di
valore, arredi sacri e l’Ostensorio d’argento esposto per l’Adorazione
Eucaristica, nel cui interno era contenuta l’Ostia consacrata.
I soldati vendettero poi la refurtiva a poco prezzo ad alcuni mercanti
i quali la posero in un sacco e la caricarono su di un mulo avviandosi,
per Susa, Avigliana e Rivoli, alla volta di Torino, dove intendevano
venderla.
Per sicurezza transitarono per disagevoli viottoli campestri per
evitare incontri con le guardie a cavallo. Sul loro mulo vi era una
refurtiva che se scoperta li avrebbe condotti a morte certa con
l’accusa di convivenza con il diavolo avendo recato offesa al Corpo di
Gesù.
Evitarono la stazione di posta delle diligenze di Rivoli luogo di
compravendite, poiché ritennero pericoloso trattare con i
ricettatori del luogo.
Torino allora era una città rurale di circa 5000 abitanti dove
maiali e galline giravano per le strade insieme a mandrie mucche e
greggi di pecore. Ancora circondata dalle mura di origine romana
conservava vie tortuose e selciate.
Quattro erano le porte principali Porta Castello già Decumana o
Preatoria (conglobata oggi nel Palazzo Madama), Porta Segusina, posta
all’incrocio fra via Garibaldi e Corso Siccardi, Porta Marmorea,
situata all’incrocio fra via Santa Teresa e via Arsenale e la Porta
Palatina detta anche Doranea perché guardava verso la Dora,
l’unica tuttora esistente.
Era un caldo pomeriggio quando i mercanti entrarono in città da
Porta Segusina. Percorsero un tratto di via Dora Grossa, l’attuale via
Garibaldi, e raggiunsero piazza San Silvestro o piazza del grano (oggi
Piazza Corpus Domini).
Era il 6 giugno del 1453, ottava del Corpus Domini, qualche minuto
prima delle cinque pomeridiane.
Il Miracolo
A quel punto il mulo si bloccò sul posto ed a nulla valsero i
tentativi da parte dei mercanti per farlo rialzare. Mentre la bestia
subiva una bella dose di bastonate senza batter ciglio, dal sacco di
granaglie uscirono diversi oggetti preziosi fra i quali l’Ostensorio
che miracolosamente cominciò a sollevarsi da terra fino
all’altezza del secondo piano delle case che circondavano la piazza.
Padre Giovan Battista Semeria, che redasse una
Storia della Chiesa Metropolitana di Torino,
così ricorda ciò che avvenne immediatamente dopo.
«Quando il mullo fu intrato
in porta Sussina per gratia e volunttà de Dio nostro se
fermò insino che innanci la Giesa di Santo Silvestro, e yvi se
gittò a terra, e furono disligate le balle per voluntà de
Dio senza adjuto humano ed usì fori il vero Corpus Domini cum il
reliqujario in laere miraculosamente cum grande splendore et ragij che
parìa il sole...»
Lo stesso Padre Semeria riporta un elenco di testimoni del Miracolo:
«...fra li quali erano
questi in testimonio, cioè Patrino Gorzano: Petrino Daero:
Gasparino Miolero: Martino Bellanda: Filippo Valle: Georgio Gastaldo,
il speciale M.r. Michaele Burry: Gioanni Falconino: Bonifatio Cassano:
Bartolomeo Carrarino: il nobile M.r Murriero de Millano, e molti altri
magnifici cittadini d’essa inclita città...»
Luigi Cibrario, dovendo raccogliere materiali per la sua
Storia di Torino, nel commentare
l’evento scrive:
«Di questo fatto con tutte
le circostanze narrate non risulta, ch’io sappia, da documenti
contemporanei [...] Ma che un miracolo seguisse in occasione che fu
rinvenuta l’Ostia sacrosanta, lo dichiara un documento del 1454 [...]
in cui si dice che Tommaso Solero di Rivarolo donò ai Canonici
un grosso cero perché ardesse innanzi all’Ostia miracolosamente
trovata».
Il documento a cui accenna il Cibrario è un atto capitolare
(Archivio Capitolare, volume 20, f 1r); altre informazioni relative
alla creazione di un tabernacolo per ricordare l’avvenimento vennero
redatte almeno fino al 1459.
Secondo le testimonianze, l’Ostensorio con l’Ostia rimase sospeso in
aria per lungo tempo, tra lo stupore dei presenti.
Si sollevò un coro di voci che gridava al miracolo ed accorse
anche un sacerdote, don Bartolomeo Cocone il quale, a sua volta corse a
chiamare il vescovo, Mons. Lodovico di Romagnano, che venne in
compagnia dei canonici e dei religiosi che si trovavano in quel momento
in Duomo, e quando fu alla presenza del miracolo l’Ostensorio cadde a
terra, e rimase sospesa solo l’Ostia Santa.
Tutti si inginocchiarono pieni di meraviglia e compunzione, il vescovo
allora si fece portare un calice e innalzandolo vide l’Ostia scendere
lentamente e adagiarsi in esso.
Raffigurazione del Miracolo
L’Ostia fu portata processionalmente in Cattedrale dove restò
esposta alla pubblica venerazione.
La prima testimonianza del miracolo, firmata da undici testimoni,
è andata perduta, ma ne rimane un riassunto, conservato
nell’archivio municipale in una cassetta di cipresso costruita
appositamente per questo:
Alli 6 di giugno 1453 a hore 20
un giobbia [giovedì] apparse la sancta hostia. Venendo certi
huomeni di Cherio [Chieri] da certa guera o discordia che era tra
francesi et savoja et piemontesi per certi mercadanti con la lhoro
mercantia ritenuta a Assiglie [Exilles: in quei tempi il castello di
Exilles faceva parte del Delfinato] la qual fu messa a sacho eccovi che
fu un uomo che pigliò nella chiesa di Assiglie lo relliquiario
d’argento dov’era il Santissimo Sacramento et lo invillupò in
certe balle, le quali gittò sopra un mullo et venendo per Susa,
Avigliana, Rivolli et gionse alla città di Turino et subito che
il mullo fu entrato in porta Susina per voluntà di Iddio non si
fermò sin che fu in questo luocho et subito giunto quivi si
gettò in terra et subito furno disligatte le balle per
voluntà del Signore Iddio et subito senza alchuno agiuto humano,
uscì fuori il vero et Santissimo Corpus Domini con lo
relliquiario nel aria miracollosamente con un grande splendore et ragi
et pareva il solle.
Ferdinando Ughelli, nel suo libro
Italia
Sacra, racconta nel dettaglio la storia, e le fonti riportate si
riferiscono a Enea Silvio Piccolomini, futuro Papa Pio II - che
passò da Torino nel 1458 - e precisamente ai
Commentarii di quest’ultimo.
Il 5 gennaio 1509 il Comune di Torino ordinò di dipingere, in
ricordo del Miracolo, il Santo Nome di Gesù sulle porte della
città.
Lapide in ricordo del Miracolo conservata nella Basilica
Nella Basilica del Corpus Domini
è conservata una lapide con iscrizione in latino che ricorda il
Miracolo.
Qui cadde il giumento che
trasportava
Il corpo divino
Qui la sacra Ostia scioltasi dai lacci si librò nell’aria
Qui nelle mani supplichevoli dei torinesi discese clemente
Qui dunque il luogo sacro al prodigio
Memore supplice chino
Venera e temi
Il 6 di giugno dell’anno del Signore 1453
Lapide in ricordo del Miracolo collocata in piazza Palazzo di
Città
Il 6 giugno 1659 venne murata una iscrizione in latino in piazza delle
Erbe, l’odierna piazza Palazzo di Città.
Facciata della Basilica del Corpus Domini
Per ricordare lo straordinario evento fu posto sul sito un pilone
commemorativo.
Negli anni a seguire sul posto si registrarono numerosi miracoli.
Nel 1510 il pilone venne demolito e fu costruita un chiesa di piccole
dimensioni (tre arcate di lunghezza totale inferiore a 11 metri, 6
metri e mezzo di altezza e 3,30 di profondità, con un Altare
centrale) che venne completata nel 1529, per essere poi distrutta nel
1609 per far posto a una chiesa più grande.
Infatti per sciogliere un voto fatto dalla città di Torino in
occasione dell’epidemia di peste del 1598 nel 1603 si diede inizio alla
costruzione dell’attuale Basilica.
Il cantiere fu affidato ad Ascanio Vitozzi, che già stava
ridisegnando Torino per volontà del Duca Carlo Emanuele I di
Savoia.
La facciata è in marmo scandita da tre ordini e decorate con
statue di Bernardo Falconi.
Interno della Basilica del Corpus Domini
L’interno della Basilica, a navata unica, termina con il maestoso
altare maggiore realizzato nel 1664 da Francesco Lanfranchi, con
l’utilizzo di marmi rossi e neri con inserti di bronzo dorato e colonne
tortili.
Quasi al centro della chiesa, circondata da una cancellata di ferro
battuto, si trova la lapide scritta in latino dettata da Emanuele
Thesauro (1592-1675) e che ricorda il Miracolo dell’Ostia.
L'immagine è riportata sopra
Nel 1928 Pio XI elevò la chiesa del Corpus Domini alla
dignità di Basilica minore.
L’Ostia del miracolo fu conservata fino al XVI secolo, finché la
Santa Sede non ordinò di consumarla «per non obbligare Dio
a fare eterno miracolo col mantenere sempre incorrotte, come si
mantennero, quelle stesse eucaristiche specie».
Il futuro santo Giuseppe Benedetto Cottolengo il 2 settembre del 1827
in questa Basilica ebbe l’intuizione dalla quale scaturì
l’istituzione legata al suo nome cioè la
Piccola Casa della Divina Provvidenza
ed iniziò la sua opera davanti alla Basilica in una casa detta
della
Volta Rossa.
Il Calice del Miracolo
Il calice in argento che aveva raccolto l’Ostia del Miracolo, dalla
forma semplice, dotato di un’elegante bolla sullo stelo e un piede a
base esagonale era conservato fino agli anni quaranta del Novecento
nella chiesa del Corpus Domini, fu nascosto da un premuroso sacerdote,
il prevosto del capitolo del Duomo, il canonico Don Luigi Benna, che
ritenne di metterlo al sicuro. Egli individuò un punto sicuro
del Duomo di Torino, fece scavare in una parete una piccola nicchia
sufficiente a contenere la reliquia, poi fece murare il nascondiglio.
Nel dicembre del 1944 il sacerdote venne colto da improvvisa morte
causata da una polmonite, senza aver rivelato il punto in cui il calice
era stato occultato e così da allora non si ha più
notizia di dove sia finito o dove sia stato nascosto.
Questo è Il “Graal” torinese, che aspetta ancora di essere
ritrovato.
Giovedì 6 giugno 2024, nella ricorrenza della memoria del
Miracolo Eucaristico di Torino, si è tenuta la consueta Messa
solenne in Cattedrale, presieduta dal vescovo ausiliare Mons.
Alessandro Giraudo.
Dopo la celebrazione si è svolta la processione per le vie del
centro storico fino alla Basilica del Corpus Domini, con il vescovo che
portava l’Ostensorio processionale.
L'Ostensorio processionale
Preparazione per la processione
Inizio processione
Processione
Processione con l'Ostensorio