SANTA MESSA TRADIZIONALE

Roma 24 maggio 2003

Basilica di S. Maria Maggiore
 

RASSEGNA STAMPA
 
 

Articoli e segnalazioni dopo la celebrazione
 

25 maggio 2003 - Il Giorno
(Lo stesso articolo è stato pubblicato, nello stesso giorno, su La Nazione e su Il Resto del Carlino)

Grandi manovre in Vaticano - La Chiesa “apre” ai lefebvriani

Le note profonde e baritonali dell’antico canto gregoriano: gli abiti solenni (pianeta e manipolo) ormai in disuso, il rito latino e lo sguardo verso Oriente; la comunione ricevuta in ginocchio. Ieri, con la messa a Santa Maria Maggiore, celebrata dal cardinale Dario Castrillon Hoyos secondo il messale preconciliare di San Pio V, il Vaticano ha aperto le braccia non solo ai tradizionalisti cattolici rimasti sempre fedeli al Papa, ma soprattutto ai seguaci del vescovo scismatico defunto, Marcel Lefebvre.
La messa è stata organizzata da Una Vox, la comunità tradizionalista piemontese presieduta da Calogero Cammarata, per celebrare i 25 anni di pontificato di papa Wojtyla. In prima fila anche diversi cardinali, tra cui l’arcivescovo di Boston, Bernard Law, (al centro della bufera per gli scandali di pedofilia) e il prefetto della congregazione per il culto, Jorge Medina.
Dopo il Concilio Vaticano II non si era mai visto un cardinale di curia dir messa secondo il rito tridentino. “I lefebvriani ? ha osservato Cammarata ? guardano con grande interesse a questa cerimonia. Con l’aiuto di Dio faremo grandi passi”.
L’obiettivo è quello di far rientrare lo scisma provocato da monsignor Lefebvre nel 1988 per aver ordinato illegalmente due vescovi in aperto contrasto con l’autorità del Papa, ma soprattutto con le innovazioni conciliari mai riconosciute.
Il Papa ha salutato l’iniziativa, inviando un messaggio nel quale chiama raccolta “l’intero popolo di Dio” per ravvivare “la fede e rinsaldare i vincoli della carità” in “spirito di sincera comunione coi propri vescovi”. Ancora più esplicito nel lanciare messaggi distensivi ai lefebvriani, il cardinale Castrillon ha ricordato che “l’antico rito romano conserva nella Chiesa il suo diritto di cittadinanza”.

(su)


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