![]() |
![]() Mercogliano (AV) Italia 1126 Indirizzo: Santuario di Montevergine – località Montevergine – Mercogliano (AV) Telefono: 0825 72924 Posta elettronica: info@santuariodimontevergine.com ![]() Veduta di Mercogliano Mercogliano è un comune italiano di circa 12.000 abitanti della provincia di Avellino in Campania, distante circa 5 chilometri dal capoluogo. <><> ![]() Esterno della Basilica
Antica
Il Santuario di Montevergine è un complesso monastico mariano sito a Mercogliano, nella frazione di Montevergine; oggi è monumento nazionale. Il Santuario è composto da due Basiliche e da edifici che costituiscono l’abbazia, che è stata dichiarata abbazia territoriale, così che è una della sei abbazie territoriali italiane. Nel Santuario è venerato il quadro della Madonna di Montevergine e ogni anno è visitato da circa un milione e mezzo di pellegrini. ![]() Madonna di Montevergine La storia del Santuario di Montevergine è legata alla figura di Guglielmo da Vercelli, un monaco eremita vissuto tra l’XI e il XII secolo, dedito ai pellegrinaggi nei luoghi della Cristianità. Rientrato in Italia dopo un lungo viaggio a Santiago di Compostela, decise di intraprendere un nuovo pellegrinaggio a Gerusalemme, e allo scopo di prepararsi spiritualmente si rifugiò presso il monte Serico, ad Atella in provincia di Potenza, dove fu protagonista della guarigione di un cieco. Ripreso il viaggio verso la Terra Santa, giunge a Ginosa – oggi in provincia di Taranto -, dove incontrò Giovanni da Matera, eremita oggi canonizzato, il quale gli consigliò di rinunciare al pellegrinaggio e di operare per il servizio divino nelle terre d’Occidente: Guglielmo rifiutò i consigli del Santo e proseguì per il suo cammino, ma incontrò un gruppo di briganti che lo malmenarono. Ricordatosi delle parole di Giovanni e dopo una lunga riflessione spirituale, comprese qual era la nuova strada da seguire: quella di ritirarsi in solitudine e dedicarsi alla meditazione. Guglielmo ritornò indietro, e giunto in Irpinia sentì che la volontà di Dio era che si ritirasse in eremitaggio su uno dei monti del posto. Si fermò quindi sul monte oggi chiamato Partenio, ad una altitudine di oltre mille metri. Uno scritto agiografico racconta ciò che fece: «Su quell’alta montagna, a 1270 metri sul
mare, in una piccola conca creata dall’incontro di due opposti declivi
di monti, si fa costruire una piccola cella, ed ivi per un anno rimane
solo nella più assoluta solitudine, tutto dedito alla più
alta contemplazione, a contatto con orsi e con lupi, che però
non osano recargli alcun male».
![]() Statua di San Guglielmo posta nel complesso del Santuario Con il passare del tempo la fama di santità di Guglielmo aumentò sempre più, tanto che sul monte, spontaneamente, iniziarono ad arrivare uomini desiderosi di dedicarsi alla solitudine e alla preghiera. In poco tempo furono costruite numerose celle, con fango e sterpi, per ospitare numerosi monaci. I monaci decisero di costruire una chiesa dedicata alla Madonna, mossi dalla devozione per la Vergine Maria e guidati da Guglielmo. La chiesa fu consacrata nel 1126. I monaci di Montevergine decisero di costituire una Congregazione e le diedero il nome di Verginiana. Nel corso dei secoli la Congregazione svolse sia una continua evangelizzazione, utilizzando anche il dialetto locale, sia la cura dei malati: costruendo diversi ospedali in Campania e nel Sud Italia. Dopo la morte di San Guglielmo, nel 1142, la chiesa raggiunse il periodo di massimo splendore tra il XII ed il XIV secolo, quando si arricchì di numerose opere d’arte e si ampliò grazie alle offerte di feudatari, Papi e Re. In quegli anni venne donato alla Congregazione un dipinto della Madonna, oggi venerato nella nuova Basilica Cattedrale, nonché numerose reliquie, tra cui le ossa di San Gennaro, che furono poi trasferite nel Duomo di Napoli nel 1497. ![]() Il dipinto raffigura la Vergine Maria seduta su un trono con un braccio il Bambino Gesù, risalente al XIII – XIV secolo: oltre al nome consueto è anche conosciuta come Madonna Nera o ancora più diffusamente come Mamma Schiavona. L’appellativo Schiavona deriva dal racconto secondo cui Maria d’Ungheria, Regina del Regno di Napoli, che proveniva da una regione chiamata Schiavonia, avrebbe commissionato il quadro della Madonna all’artista Montano d’Arezzo, nel 1296, come ex voto per la sua grande devozione. L’immagine della Madonna di Montevergine è stata realizzata su due tavole di pino tenute insieme da alcune sbarre nel retro ed ha una altezza di 4 metri e 30 per una larghezza di 2 metri e 10. Raffigura la Madonna, seduta su un trono, con in braccio il Bambino Gesù, posto sulla sua gamba sinistra, che tiene con la mano destra il manto della Madonna: il capo del Bambino e quello della Madonna sono aureolati. Il volto della Vergine ha forma ovoidale e gli occhi sono in nero e posti come se guardasse nello stesso momento sia il Cielo sia il Bambino che tiene in braccio. Nella parte superiore del quadro sono presenti due Angeli che volteggiano sul bordo del trono, mentre altri sei si trovano ai piedi in segno di venerazione e preghiera. La storia del dipinto della Madonna di Montevergine è incerta: secondo la leggenda, il quadro sarebbe stato direttamente dipinto da San Luca a Gerusalemme, per poi essere trasportato prima ad Antiochia e poi a Costantinopoli: nell’VIII secolo però con la salita al trono di Michele Paleologo e l’inizio dell’iconoclastia, il fuggitivo Re Baldovino II recise il capo della Madonna dal quadro per metterlo in salvo. Giunto a Caterina II di Valois per eredità, questa fece ultimare l’opera da Montano d’Arezzo, per poi donarla ai monaci di Montevergine nel 1310, che la esponero nella cappella gentilizia dei D’Angiò. La prima vera valutazione storica del dipinto si ebbe soltanto durante il concilio Vaticano II, negli anni Sessanta, quando su ordine delle autorità ecclesiastiche un gruppo di storici e critici analizzarono il quadro: ben presto la leggenda risultò totalmente infondata in quanto la data di donazione al Santuario non poteva essere esatta perché Caterina II avrebbe avuto solamente dieci anni ed inoltre da uno scritto conservato nel Monastero irpino, il quadro era già presente dalla fine del XIII secolo. Nel 1964 Giovanni Mongelli, un Padre della Congregazione di Montevergine, ipotizzò che l’opera potesse essere stata realizzata da Pietro Cavallini, o comunque dalla sua scuola, visti i numerosi elementi artistici tipici del pittore romano, come lo stile bizantino ed il modo di panneggiare, ma quest’ipotesi si basava anche sul fatto che Cavallini aveva eseguito opere per i D’Angiò, famiglia sicuramente a cui l’opera appartieneva vista la presenza dei gigli angioini. Nel 1997, Padre Placido Maria Tropeano ha dichiarato che l’opera potrebbe essere anche attribuita a Montano d’Arezzo, ma che a seguito dei continui rimaneggiamenti abbia perso la sua fisionomia originaria. Altra leggenda, anch’essa esclusa dagli storici, racconta che il dipinto sarebbe giunto a Montevergine perché il mulo che lo trasportava non avrebbe eseguito gli ordini del padrone e si sarebbe incamminato per la montagna giungendo fino al Santuario. Un altro racconto ricorda che a metà del XII secolo Carlo II d’Angiò per adempiere ad un voto pronunciato mentre era prigioniero degli Aragonesi in Sicilia, fece erigere una cappella votiva e chiamò a decorarla Montano d’Arezzo. A questo artista sarebbe collegato il dipinto di Montevergine, realizzato tra il 1296 e il 1297 e che prese il nome di Mamma Schiavona. Intanto alla chiesa si era aggiunta una abbazia, con gli alloggi per i monaci e una foresteria. Divenute Santuario, la chiesa e l’abbazia di Montevergine, attraversarono tra il 1378 ed il 1588 una crisi, sia spirituale sia economico; crisi accentuata da una commenda del 1430, che assegnava ad uomini senza alcun interesse religioso la gestione delle offerte devolute all’abbazia. Dal 1588 fino all’inizio del XIX secolo la vita monastica si svolse in modo abbastanza tranquillo, anche se nel 1611 la foresteria fu gravemente danneggiata da un incendio e nel 1629 si assistette al crollo della navata centrale della chiesa. Nel 1807, il corpo di San Guglielmo fu traslato dall’abbazia del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi a Montevergine. Per qualche decennio, fino al 1861, l’abbazia attraversò un nuovo periodo di crisi, soprattutto economica, dovuta alle confische attuate dal nuovo Regno d’Italia. Solo il 28 maggio 1868 il Consiglio di Stato sancì che le abbazie non dovessero essere soggette ad alcun tipo di oppressione economica e quindi tutti i beni confiscati negli anni precedenti vennero nuovamente restituiti. Nel 1868 il Santuario fu dichiarato monumento nazionale, e nel 1884 fu inaugurata la stazione meteorologica di Montevergine. La Congregazione fu riconosciuta ufficialmente l’8 agosto 1879 da Papa Leone XIII. All’inizio del XX secolo la situazione migliorò notevolmente ed il Santuario ritornò a godere dell’antica fama, diventando uno dei più visitati del Sud Italia. Durante la Seconda Guerra Mondiale, dal 1939 al 1946, il Santuario custodì segretamente la Sacra Sindone di Torino, non solo per proteggerla dai bombardamenti, ma anche per nasconderla nel caso in cui Adolf Hitler avesse voluto impossessarsene. L’8 aprile 1944 il Santuario ricevette la visita del Re Vittorio Emanuele III di Savoia, che risiedeva a Ravello, in provincia di Salerno. Il Re andò per ringraziare il Priore per la custodia della Sindone e di altri tesori di proprietà della Casa Reale di Savoia. Subito dopo la fine della guerra, vennero ristrutturate: la foresteria, l’abbazia e la Basilica Antica. Nel 1956 venne inaugurata la funicolare che collegava il centro di Mercogliano al santuario in soli 7 minuti, evitando ai pellegrini una strada stretta e tortuosa, che si percorreva a piedi o con carri trainati da muli. La Basilica Antica Della Basilica antica, risalente al 1126, prima in stile romanico, poi rimaneggiata in gotico, non rimane nulla: crollata nel 1629, fu ricostruita nel 1645 su progetto dell’architetto Giacomo Conforti. ![]() L'esterno della basilica
Antica
Alla Basilica si accede da un’ampia scalinata angolare che dà direttamente nel cortile dell’abbazia; l’ingresso ed è contenuto in un portale in ferro realizzato nel 1885 in stile gotico. Superato l’ingresso si accede ad un atrio coperto, per poi entrare direttamente nella chiesa. La chiesa è a navata unica pavimentata in marmo, è delimitata su ogni lato da tre grosse arcate, segno che un tempo vi fossero delle navate laterali, oggi chiuse. Nella Basilica antica sono poste sei lapidi in marmo che rievocano rispettivamente: la storia del Santuario; un ringraziamento a Papa Leone XIII; le visite di Umberto di Savoia; il pellegrinaggio di Vittorio Emanuele III dell’8 aprile 19446; il ripristino della diocesi di Montevergine e Francesco I. ![]() L'Altare della Basilica Antica L’Altare maggiore è
adornato con tarsi di scuola napoletana, a cui si mischiano elementi
tipici dell’arte araba: nella parte centrale è posta la statua
in marmo della Madonna delle Grazie, mentre ai suoi lati le statue,
sempre in marmo, di San Guglielmo e San Benedetto; di notevole fattura
anche i candelabri simili ad angeli, risalenti al 1888 e realizzati per
sostituire quelli originali in legno.
Alle spalle dell’Altare vi è il coro in legno di noce, realizzato da Benvenuto Tortelli nel 1573 e caratterizzato da colonnine, putti intarsiati sui braccioli, l’Angelo con l’aspersorio sotto l’inginocchiatoio centrale e un organo del 1896 realizzato da Vincenzo Benvenuti. Sul lato destro si apre una
Cappella dedicata al Santissimo Sacramento, al cui interno è
custodito un baldacchino risalente al XIII secolo, in stile romanico,
con intarsi in cosmatesco, dono di Maria d’Ungheria o del figlio Carlo
Martello: quattro leoni in marmo sorreggono le quattro colonne decorate
con un’alternanza di bianco e rosso che raffigurano simbolicamente i
quattro affluenti del Danubio; sull’architrave, oltre a due statue che
reggono il turibolo e l’aspersorio, altre otto piccole colonne reggono
la cupola. Sotto al baldacchino vi è la custodia decorata con
Angeli che sostengono il ciborio, opera di Luigi III De Capua e
risalente alla fine del XV secolo.
All’interno della cappella vi è anche un organo a canne, costruito alla fine del XIX secolo da Zeno Fedeli. Un’altra Cappella fu edificata intorno al XIII secolo da Filippo I d’Angiò: in origine ospitava il quadro della Madonna, fino al 25 novembre 1960, quando fu spostato nella Basilica Cattedrale e quindi la Cappella fu dedicata al culto del Crocifisso; tuttavia, il 25 giugno 2012, il quadro è stato rimesso nella Cappella. L’Altare della cappella risale al 1628 ed è sormontato da due colonne, al cui centro era posto un crocifisso del XVIII secolo, sostituito poi dal quadro della Madonna; ai lati delle colonne le raffigurazioni di San Matteo e San Luca. La volta è decorata con dipinti di Vincenzo Volpe, raffiguranti Maria Bambina, l’Assunta e l’Immacolata: dello stesso autore anche altri dipinti posti sul lato destro della cappella tra cui l’Apparizione di Gesù a San Guglielmo. Nella Cappella si trova il monumento funebre di Caterina II di Valois, moglie di Filippo d’Angiò, e i suoi due figli Luigi e Maria. Altra cappella è quella della Schiodazione, così chiamata per la presenza, in origine, di una tela del ‘600, di Rubens, andata perduta a seguito della sostituzione con una dell’800 di Serbucci. Sul piazzale esterno è presente la cappella del Torrione, così chiamata perché simile ad una torre, la cui facciata fu realizzata verso la fine del XIX secolo su progetto dell’architetto Carmine Biancardi. Ad essa si accede tramite una scalinata, che se fatta in ginocchio, permette di ottenere una parziale indulgenza- Al suo interno vi è un mezzobusto del Redentore risalente al 1899. La Basilica Nuova Nel 1952, iniziarono i lavori per la costruzione di una nuova Basilica, che prese il nome Basilica Cattedrale. La nuova Basilica fu progettata dall’Arch. Florestano Di Fausto, e venne inaugurata nel 1961 con la solenne consacrazione nel giorno dell’Ascensione. ![]() La facciata della Basilica Cattedrale La facciata, divisa in tre scomparti dove si aprono altrettanti ingressi, è rivestita di pietra bianca. Nello scomparto centrale, in alto, è posto un rosone decorato con vetri policromi che raffigurano l’incoronazione della Vergine. ![]() Il campanile della Basilica Cattedrale Vicino alla Basilica Cattedrale si trova il campanile, inaugurato nel 1925: alto circa 80 metri e rivestito di granito bianco e grigio, la parte inferiore è in stile ionico con tre arcate decorate da colonne, mentre la parte superiore, dove è posta anche la loggia papale, protetta da un parapetto in marmo, è in stile corinzio; internamente è diviso in cinque piani e sulle pareti esterne sono presenti alcuni decorazioni: Angeli trombettieri, una raffigurazione in marmo del Sacro Cuore di Gesù, alta sei metri, e una raffigurazione dell’apparizione di Gesù a San Guglielmo. ![]() L'interno della Basilica Cattedrale L’interno della Basilica ha uno stile neoromanico e si compone di tre navate, una centrale e due laterali, divise da cinque archi su entrambi i lati. Sullo fondo delle due navate laterali sono presenti due matronei su uno dei quali è posto l’organo. ![]() L'organo L’Altare Maggiore è circondato da un coro ligneo in noce e radica di olivo, mentre sul fondo è posto il trono in marmo dove era collocato il dipinto della Madonna di Montevergine, sostituito poi da un Crocifisso schiodato: la cornice che prima ospitava il quadro è contornata da due angeli in marmo che sembrano sorreggerla; l’Altare è rifinito con marmi policromi, bassorilievi in bronzo e un mosaico, opera di Hainal. ![]() L'Altare del Crocifisso schiodato Dalla navata di sinistra si accede ad una sorta di cappella laterale chiamata della Penitenziaria, mentre sul fondo della navata destra vi è l’accesso alla Basilica Vecchia tramite un portale in stile gotico, risalente al XIII secolo, nel cui timpano è affrescata la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e Maria Santissima riuniti nel Cenacolo per la Pentecoste. Sempre negli anni Sessanta venne realizzata la cripta, che contiene le spoglie di San Guglielmo, la sala degli ex voto ed un museo, che raccoglie i numerosi reperti archeologici o gioielli ed opere d’arte portati dai pellegrini o ritrovati intorno al Santuario e risalenti all’epoca romana. ![]() La cripta La cripta di San Guglielmo fu
consacrata nel 1963 ed è divisa in tre navate: in quella
centrale, sotto l’Altare Maggiore, è posto il sarcofago con le
spoglie del Santo, decorato con scene salienti della sua vita.
Nelle navate laterali si aprono otto cappelle, quattro su ogni lato, dedicate rispettivamente a Sant’Eleuterio e Sant’Antia, Santa Giuliana e Santa Faustina, San Costanzo e San Deodato, Barbato di Benevento e San Massimo, San Giasone e San Mauro, San Mercurio e San Potito, Sant’Ermolao e San Modesto, San Vittore e San Prisco. Sempre nella cripta si trovano, raccolte in alcune urne e collocate sui muri, le reliquie raccolte negli anni nel Santuario di Montevergine. Nell’anno in cui fu inaugurata la Nuova Basilica, nel 1961, fu costruita anche una sala dove poter esporre i numerosi ex voto portati dai pellegrini e che fino all’anno prima erano raccolti intorno al quadro della Madonna. Nei pressi della sala è inoltre posto il corpo del Beato Giulio, monaco di Montevergine, così chiamato dai credenti ma ancora non riconosciuto dalla Chiesa: la particolarità della sua salma, custodita in un’urna di bronzo, è quella di essere ancora in una buona condizione senza che vi sia stato alcun trattamento dalla sua morte, avvenuta nel 1601, e a cui i fedeli attribuiscono numerosi miracoli. Intorno alle due chiese si trovano distribuiti numerosi ambienti: tra i quali tre chiostri, il Museo Abbaziale di Montevergine, la Mostra Permanente dei Presepi, la Biblioteca, la Cripta ed alcune sale da ricevimento. Completano il complesso l’Osservatorio Meteorologico e gli ambienti monastici. ![]() Uno dei Presepi Di pertinenza della comunità monastica di Montevergine sono anche il Palazzo Abbaziale di Loreto in Mercogliano, elegante edificio settecentesco, sede dell’Abate Ordinario, all’interno del quale sono presenti la pregevole farmacia risalente al 1753 e la Biblioteca Statale di Montevergine. E’ di pertinenza della comunità monastica anche l’Abbazia di San Pietro in Assisi (PG). Il 25 giugno 2012, dopo un accurato restauro, il quadro della Madonna è stato nuovamente collocato all’interno della Basilica Antica, nella cappella dedicata al Crocifisso. Dal santuario ha origine il cammino di Guglielmo, lungo 300 km, che ha come destinazione la Basilica del Santo Sepolcro di Barletta. Pellegrinaggi I pellegrinaggi a Montevergine sono una tradizione molto radicata non solo in Campania, ma anche in tutto il Sud Italia: le prime testimonianze di pellegrinaggi al monte Partenio si hanno già all’epoca di Guglielmo da Vercelli, quando piccole comunità di persone giungevano alla chiesa soprattutto per conoscere il virtuoso Santo. In un documento del 1139 si narra di pellegrinaggi per invocare la grazia divina e il 12 settembre 1263 Papa Urbano IV affermava che la zona di Montevergine era diventata un importante centro di preghiera. Il costante flusso di pellegrini portò negli anni a dei benefici anche a valle, tanto che nella zona furono costruiti numerosi ostelli: oggi il posto porta il nome di Ospedaletto d’Alpinolo, per l’elevato numero di centri di accoglienza. I pellegrinaggi svolti in epoca passata, sia in carrozza sia con carro, a cavallo o a piedi, erano caratterizzati dal digiuno o dall’astinenza da carni, uova e formaggi. Una tradizione ricorda che a recarsi in pellegrinaggio fossero donne o ragazze non ancora sposate, le quali durante la salita verso il monte intrecciavano dei rami di ginestra, promettendo alla Madonna di tornare l’anno successivo e di sciogliere i nodi in compagnia dello sposo. La stessa tradizione ricorda che delle ragazzine andavano scalze al Santuario per conto di terzi per ringraziare la Vergine per la grazia ricevuta. Durante la discesa gli uomini erano soliti svolgere una corsa con i carri, chiamata recanata, mentre le donne intonavano canti popolari. Tra i più noti pellegrinaggi spicca senza dubbio la “Juta a Montevergine” – l’andata a Montevergine -. Questa andata a Montevergine si svolge due volte l’anno: il 12 settembre, giorno in cui si commemora la nascita della Vergine Maria e il 2 febbraio giorno della Candelora: in cui si commemora la presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme e la purificazione di Maria Vergine. I fedeli giungono da ogni parte della Campania, per compiere la sagliuta verso il Santuario di Montevergine: tra il popolo si dice: “chi vo’ a grazia ra Mamma Schiavona, ca sagliesse la Muntagnona!” Il pellegrinaggio della Caldelora è detto pure la “Juta di’ Femminielli”- l’andata dei femminelli – che in dialetto campano significa “l’andata di quegli uomini che si atteggiano e perfino si vestono da femmina” -. Per estensione, il termine viene usato per indicare anche le donne che si atteggiano e perfino si vestono da maschio; così che “femminielli” è sinonimo di omosessualità. Questo particolare pellegrinaggio viene impropriamente collegato a due eventi legati all’intervento della Madonna e riportati da due diversi racconti. Primo racconto Poi partecipano, insieme ad altri pellegrini, alle danze, soprattutto le tammurriate, che sono dei balli e canti tradizionali della Campania eseguiti con l’accompagnamento dei tammuri – tamburi con sonagli di latta. Le tammuriate si svolgono sul piazzale del Santuario. ![]() Tammurriata dei femminelli
Si deve notare la deduzione impropria che si trae da questo avvenimento, come se la Madonna, liberando i due omosessuali avesse avallato il loro peccato. La Madonna li ha salvati da una morte atroce e secondo quanto insegna Gesù nel Vangelo di Giovanni (8, 1-11): “Neanch’io ti condanno, vai e d’ora in poi non peccare più». Quindi è volutamente malvagio prendere questo racconto come scusa per ostentare l’omosessualità e per celebrare una sorta di festa. Ed è blasfemo collegare alla Madonna il peccato e il vizio contro natura. Secondo racconto La “Juta dei Femminielli” è attestata già nel 1611, quando in seguito ad un incendio della chiesa, furono ritrovati oltre 400 corpi, alcuni di questi carbonizzati altri invece morti probabilmente per asfissia: si trattava di uomini vestiti da donna e di donne vestite da uomo. Si deve notare che questo avvenimento vanifica la deduzione precedente e non avalla alcun festeggiamento, poiché i 400 morti bruciati sono un’immagine della sorte ultima che tocca a chi persevera nell’omosessualità e ne mena vanto: finiranno nel mare di fuoco dell’Inferno a bruciare per l’eternità. Eppure, nonostante questo monito, si continua a strumentalizzare la Madonna per ostentare il vizio ed il peccato. Segno evidente che il fenomeno dei “femminelli” e tutti gli altri fenomeni simili, come gli ormai diffusi gay pride, orgoglio omosessuale, sono ispirati, mossi e diretti dal demonio. Purtroppo, oggi siamo al punto che la moderna gerarchia cattolica avalla queste peccaminose e blasfeme pretese omosessuali, a partire dal vertice: da Papa Francesco che non perde occasione per avallare ogni tipo di deviazione, perfino con la creazione blasfema di un Giubileo arcobaleno per l’Anno Santo 2025 (vedi). Celebrazione della Candelora Il giorno della Candelora, i devoti raggiungono il Santuario in pullman o in funicolare; ristretti gruppi compiono il pellegrinaggio a piedi in segno di mortificazione. Prima di prendere parte alla Messa solenne, presieduta dall’Abate di Montevergine, le lunghe fila di fedeli giungono ai piedi della scala santa intonando inni e litanie a Mamma Schiavona. A guidare il corteo è un gruppo di suonatori di tammurri e fisarmonica che accompagna la preghiera del cantore. Recitando suppliche e orazioni, il corteo procede salendo la scala santa per poi entrare nella piccola cappella dove c’è il quadro della Madonna. I devoti si rivolgono direttamente a Lei supplicandola di proteggerli, di concedere loro una vita tranquilla. I “femminelli” presenti chiedono alla Madonna di essere amati e riconosciuti per come sono. Come prevede la liturgia della Candelora, l’ingresso in chiesa avviene con lumi accesi sui quali è affissa l’immagine della Madonna di Montevergine. Al termine della celebrazione, nel piazzale antistante il Santuario, i pellegrini riuniti con gruppi di musicisti e cantori, esprimono la gioia di essere radunati, mediante danze e canti intonati in dialetto irpino e partenopeo, accompagnati dalle immancabili nacchere con nastri colorati. Festa della Madonna di Montevergine Nel corso dei secoli la festa liturgica dedicata alla Madonna di Montevergine si celebrava l’8 settembre, giorno della Natività di Maria. Tuttavia i monaci verginiani del Santuario, sentivano l’esigenza di una festa propria in onore della Madonna di Montevergine, col fine di accrescerne sempre più il culto. Nel 1742 ottennero dalla Sacra Congregazione dei Riti e da Papa Benedetto XIV il riconoscimento del 1° settembre come giorno di festa per la Madonna. ![]() Fedeli al Santuario La festa inizia il 31 agosto con l’Ufficio del Triudo. Alle 18,30 si recita del Santo Rosario; alle 19,00 vi è celebrazione della Santa Messa. Il giorno 1 settembre: si celebra nella mattinata la Santa Messa solenne nella Basilica Cattedrale. In genere il celebrante è il vescovo di Avellino. Alle 18,30 si celebra la Santa Messa solenne preceduta dalla recita del Santo Rosario. Alla fine della celebrazione inizia la processione con il quadro della Madonna che parte dal Santuario e dopo aver percorso le vie di Mercogliano ritorna al Santuario. ![]() Il quadro della Madonna in
processione
![]() Processione ![]() Processione Preghiera alla Madonna di Montevergine
![]() Vergine benedetta, che Ti degnasti di scegliere e consacrare Montevergine a Tuo Santuario, deh! volgi gli occhi Tuoi misericordiosi su di noi che, prostrati ai Tuoi piedi, Ti onoriamo ed invochiamo in questa Santa Immagine. Ave Maria O Madre amorosissima di tutti i fedeli, deh! continua a dimostrarTi in ogni tempo a ciascun di noi vera Madre, qual sempre Ti sei dimostrata finora: ma fa’ che ancor noi ci diportiamo costantemente verso di Te da veri figli, amanti, ossequiosi e devoti. Ave Maria O Tesoriera benefica delle divine grazie, deh! versale a larga mano sopra di noi, che con tutta fiducia Te le domandiamo: ben conosci quali e quanti sono i bisogni delle anime nostre. Ave Maria O potentissima Avvocata dei poveri peccatori, deh! assistici nei pericoli, fortificaci nelle tentazioni, e tienici immuni da ogni peccato: non Ti stancare di patrocinare di continuo presso il Tuo Figliuolo la salvezza delle anime nostre, finché non le avrai condotte con Te in Paradiso. Amen.
|