Santuario
della Madonna delle Grazie
Località Montenero
Livorno
Piazza di Montenero, 9, 57128
Livorno
Il santuario della Madonna delle Grazie, noto come santuario di
Montenero, è collocato sul colle di Monte Nero, a Livorno.
Le origini del Santuario risalgono al 15 maggio 1345, festa di
Pentecoste, quando, secondo la tradizione, un povero pastore storpio
trovò l’immagine miracolosa della Vergine Maria e seguendo
un’intuizione interiore la portò sul colle di Montenero, luogo
già conosciuto come rifugio di briganti e per questo considerato
oscuro, tenebroso... il “monte del diavolo”.
La leggenda narra che i fedeli della Calcide, nella Grecia,
desideravano avere una Madonnina col Bambino Gesù in braccio.
Soprattutto le donne domandarono agli Angeli che portassero giù
dal Paradiso un ritratto della Madre del Signore.
Gli Angeli raccolsero le loro preghiere e si recarono da San Luca,
perché dipingesse un ritratto della Madonna. Il Santo Apostolo
prese una pergamena e ci schizzò sopra il profilo della Madonna.
- Tenete - disse l’Apostolo - andate sulla terra e dipingete un quadro
della Gran Madre di Dio, attenendovi a questo disegno.
E gli Angeli presero il disegno e incominciarono a chiedere: - Dove
vuoi Maria, dove vuoi Signora che dipingiamo il ritratto per te?
-
E una stella si staccò dal firmamento e, mentre i fiori si
aprivano e sorridevano, ondeggiò sui tetti del villaggio di
Satia a sud della Calcide. Gli Angeli intesero la risposta e cercarono
una grotta dove avrebbero potuto lavorato inosservati. E sotto dei rami
di edera, scoprirono un bel ceppo di pietra a forma di altare.
Gli Angeli cercarono una tavola rozza sulla quale ricopiare il volto di
Maria. Si inoltrarono in un boschetto e vicino al tronco centenne di un
faggio, trovarono una tavola ben levigata e stagionata. La presero e
dopo averla ben ripulita la portarono dentro la grotta di Saita. E
tutti si misero all’opera.
Il volto della Madonna spiccò sulla tavola coi grandi occhi
teneri, e via via il suo mantello nero fioriva come un graziosissimo
ricamo; mentre il Bambino Gesù accarezzava la Mamma con le
manine.
Quando l’Arcangelo Gabriele ebbe dato l’ultima pennellata, gli altri
angeli congiunsero in croce le braccia e si misero a pregare. Ma uno di
loro che pareva il più giovane disse:
- Bisogna dipingere sulla mano della Madonna anche un uccellino,
perché Gesù non si annoi, e che canti tutte le notti una
laude di Paradiso. -
Tutti gli Angeli approvarono e Gabriele, ripreso il pennello,
tratteggiò un grazioso uccellino proprio sul braccio destro di
Maria. Piccolo come un pettirosso con le ali punteggiate di giallo e il
collo, turchino. Ma pettirosso non era, quantunque somigliasse a
quello. E subito l’uccellino incominciò a cantare così
dolce più di un usignolo, ma usignolo non era. Pareva una
rondinella del mare, ma rondine non era. Era l’uccellino della Madonna
che somigliava a tutti i volatili dell’aria e a nessuno.
Appena i primi pastori di Saita si accorsero del grande prodigio
comparso dentro la grotta delle edere, corsero a casa, chiamarono le
donne e i bambini e andarono a vedere. Nessuno credeva ai propri occhi.
[…] I bambini dicevano:
- Guarda, guarda quell’uccellino, come è bello -
- E’ l’uccellino del Paradiso e canta sempre di notte - rispondevano le
madri.
- E lo sentono tutti? - Insistevano i bimbi.
- Soltanto i buoni lo sentono, e quando canta sembra che abbia dentro
la gola un raggio di sole. –
Gli abitanti si diedero un gran da fare perché la
miracolosa immagine fosse onorata nel modo più santo. Ma, dopo i
primi anni, molti restarono indifferenti.
Così la bella grotta preparata dagli Angeli, a poco a poco,
rimase deserta. Nessuno vi andava più ad accendervi il lume, e
la Madonna aveva solo le stelle della notte a farle compagnia. Anche le
api erano morte tutte nelle celle di cera, e le rose erano tutte
seccate.
Ora l’uccellino che cantava come un rosignolo, diceva sempre: - Andiamo
via, andiamo via, andiamo via. -
E il Bambino Gesù gli chiedeva: - Dove vorresti andare,
uccellino bello, forse in Paradiso? -
- No, no - diceva l’uccellino - in Paradiso no, e poi io ci morrei per
il troppo splendore ci, ci, ci. -
La Madonnina gli carezzava le tenere penne: - Non piangere, non
piangere, uccellino mio io so dove vuoi andare. Tu vuoi andare
nell’Italia bella, nella bella Toscana. –
E l’uccellino svolazzava, col beccuccio aperto in segno di grande
allegria. E gli Angeli pieni di giubilo si misero tutti intorno al
macigno e con le ali lo scalzarono da terra, lo smossero, e
caricandoselo sulle spalle lo trassero fuori dalla grotta.
Appena il mare vide gli Angeli avvicinarsi, ebbe un sussulto di gioia.
Si aperse come una strada. Ed ecco che comparivano le riviere della
Sicilia, di Sorrento, il Golfo di Napoli,
e poi il Giglio.
O la bella Italia!
E l’uccellino cantava ci, ci, ci, è nata l’aurora!
Un ruscello scendeva in riva al mare sereno e canoro. Era il ruscello
dell’Ardenza. Per le pendici del monte più alto pascevano greggi
chiari come batuffoli di neve.
La Madonnina che durante il viaggio in alto mare era divenuta tutta
bianca nel volto, comandò agli Angeli che la conducessero sulla
sponda del rivo.
Nei prati dell’Ardenza, Dore era l’unico pecoraio. Vecchio con la
barba, da romito, viveva soltanto per il suo gregge, e quantunque fin
dalla giovinezza si trascinasse dietro la gamba mancina, la sera si
raccoglieva in una spelonca accosto alle sue pecore e pregava con la
fede di un patriarca antico. I figli gli erano tutti migrati per
seguire le imprese guerresche d’imperatori e di re. La sua donna gli
era morta presto. Ed egli si affacciava, ogni mattina, dalle rupi
appoggiato al vincastro d’ornello.
Ma quando il vecchio Dore, quella mattina del 15 maggio 1345, vide
salire dalle acque dell’Ardenza la bella Madonnina del Negroponte, non
credette ai propri occhi.
Cominciò a gesticolare con le mani come se volesse chiamare
tutte le pecorelle intorno a sé, poi cadde in ginocchio.
Intanto la Madonnina aveva preso terra e guardava, con i grandi occhi
di mamma, il vecchio pastore trasognato il quale non sapeva che dire: -
Ave Maria, Stella del Mare! –
E poiché egli più non si moveva, la Madonnina gli disse:
- Dore, io voglio che tu mi porti in cima al monte - E il pastore,
quantunque misurasse con l’occhio la pesantezza della pietra alla quale
era incassato il meraviglioso quadro della Vergine, e sentisse la sua
povera gamba malata, tuttavia subito ubbidì.
Si caricò sulle spalle il dolcissimo peso e con le spalle
incurvate incominciò a salire l’erta faticosa.
Quando egli raggiunse la cima dell’altra sponda del monte arrivò
un suono di campane. Tutti i campanili della città di Livorno si
sciolsero nel sole. Da sole improvvisamente. Era un tumulto che diceva:
O Stella del mare
Del Cielo Regina
Livorno s’inchina
Prostrata ai tuoi piè.
Il povero pastore come smarrito sentì tutte quelle voci, si
palpò per istinto la gamba malata. Era guarito!
Così, su quell’erto monte, ricettacolo di brutti ceffi e di
briganti, tanto da essere chiamato dalla gente del posto “monte del
diavolo” - oscuro, tenebroso, monte nero - trovò infine dimora
l’immagine miracolosa della Vergine della Calcide.
La devozione per la Vergine, da parte dei livornesi prima, e di tutti i
cristiani poi, fu immediata. La fama dell’immagine prodigiosa si
diffuse presto a motivo delle tante grazie operate dalla Beata Vergine
Maria ed è per questo che il santuario, che sorgerà sul
luogo dove, in un dì di Pentecoste, il vecchio Dore la depose,
sarà intitolato, appunto, alla Madonna delle Grazie.
Ritrovamento dell'immagine della Madonna
Il pastore porta l'immagine della Madonna in cima a Montenero
Al di là delle molte leggende che circondano la storia del
ritrovamento dell’immagine della Madonna, che la critica attribuisce
invece ad un certo Iacopo di Michele detto Gera, sembra che tale
immagine sia comparsa a Montenero in seguito a una rinascita di fervore
religioso, intorno al 1341. In quell’anno gli abitanti di Livorno,
allora poco più di un villaggio di pescatori, avrebbero
organizzato un culto autonomo di immagini sacre, dipinte di recente,
culto osteggiato dalle autorità ecclesiastiche che intimarono la
cessazione del culto e la sparizione delle relative immagini. Non
è da escludere che davanti a questa intimazione, l’immagine sia
stata occultata e poi ritrovata vicino al greto del fiume “Ardenza”, da
quel pastore che la portò in cima al monte per affidarla quasi
sicuramente alla custodia di qualche eremita.
La Cappella dell'Apparizione
Per ricordare l’episodio del ritrovamento del quadro della Madonna,
all’inizio della strada che conduce al Santuario fu realizzata una
piccola cappella detta dell’Apparizione, risalente al 1603; questa fu
ampliata nel 1723, danneggiata durante la Seconda Guerra Mondiale, fu
sostituita nel 1957 da una chiesetta più grande.
Il quadro raffigura la Vergine con l’abito rosso ed il mantello blu,
chinata verso il Bambinello che tiene in braccio; entrambi sono ornati
di una grande raggiera dorata.
La fama dell’immagine miracolosa si diffuse presto, a motivo delle
tante grazie operate dalla Beata Vergine; cominciarono i pellegrinaggi
e con essi arrivarono le offerte per il piccolo oratorio che ospita la
Madonna.
Già nel 1380 furono iniziati i lavori per ampliare la Cappella e
i locali che servivano al riparo dei pellegrini.
Ai primi custodi del santuario, quasi sicuramente i frati terziari,
seguirono le custodie dei Gesuiti (dal 1442 al 1668) e dei Teatini (dal
1668 al 1792) indicati allora come i più qualificati ad
espletare il servizio presso il Santuario.
Nel 1720, i Teatini iniziarono i lavori di ampliamento del Santuario
che terminarono nel 1774.
Panoramica
In questo lasso di tempo la
Madonna di Montenero operò alcuni miracoli a favore di tutta la
città.
Nel 1630, mentre a Livorno imperversava la peste, venne portata in
processione solenne l’effige della Madonna, la città venne
così liberata dal contagio.
Nel 1742, la città fu sconvolta da un violento terremoto e
ancora una volta venne soccorsa dalla sua protettrice: l’immagine della
Madonna venne portata in città e posta davanti alla Collegiata.
A Livorno quel miracolo non fu mai dimenticato tanto che ogni anno si
rinnova il voto che i Livornesi fecero alla Madonna “di digiunare in
perpetuo il 27 gennaio, di non fare balli, né maschere, di
assistere nella Collegiata stessa all’annuale funzione di
ringraziamento”.
Nel 1792 il Santuario fu affidato ai Monaci benedettini Vallombrosani
che ne sono attualmente i custodi.
Esterno panoramico
Esterno
Facciata
I Teatini iniziarono i lavori di ampliamento del santuario, fino ad
allora costituito da una semplice aula a pianta rettangolare. Tra la
fine del Seicento e l’inizio del Settecento fu aggiunto un atrio di
forma ovale riccamente decorato
Atrio di accesso alla chiesa
Intorno al 1721 furono iniziati i lavori nella parte posteriore
della chiesa, con l’inserimento di un corpo cruciforme destinato a
ospitare l’immagine sacra della Madonna, che fece assumere al complesso
una pianta a croce latina.
Con la soppressione degli Ordini religiosi, voluta da Pietro Leopoldo
di Lorena, il santuario cadde in rovina, fino a quando, subentrato al
potere Ferdinando III di Toscana, fu affidato alla custodia dei monaci
vallombrosani che apportarono alcuni restauri.
Dopo i restauri apportati tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del
Novecento, il Santuario fu ampliato, con il completamento del cortile
di levante e la realizzazione del chiostro del convento dei
vallombrosani; alcuni anni più tardi venne realizzata la
cappella dei ceri votivi, ultimata nel 1988.
All’esterno del Santuario si trova un porticato lungo 50 metri, con
nove arcate a tutto sesto chiuse con cancellate in ghisa. Inizialmente
destinato ad accogliere i pellegrini, fu in seguito trasformato in
Famedio (Tempio della Fama), per accogliere i resti dei Livornesi
illustri. In esso sono posti tra gli altri i resti del politico
Domenico Guerrazzi e dei pittori Enrico Pollastrini e Giovanni Fattori;
mentre sono ricordati con epigrafi lo scultore Amedeo Modigliani e il
musicista Pietro Mascagni, che sono sepolti altrove.
Il Famedio
Da un lato del Santuario si accede alle grotte, che ai tempi
dell’apparizione erano utilizzate in parte dai briganti e in parte
dagli eremiti. Durante la Seconda Guerra Mondiale, furono utilizzate
come rifugio antiaereo.
L'accesso alle grotte
Il profondo rapporto tra Livorno e
Montenero è legato al forte terremoto che interessò la
città il 27 gennaio 1742 e che produsse addirittura un piccolo
tsunami: questo si fermò solo quando l’Immagine della Madonna di
Montenero fu portata in Piazza Grande.
A grazia ricevuta l’intera città fece voto di rimandare l’inizio
del Carnevale di alcuni giorni. A Livorno, per tradizione, il Carnevale
non può iniziare prima del 27 gennaio, giorno in cui nella
Cattedrale si celebra l’aiuto ricevuto dalla Madonna in occasione del
pericoloso terremoto.
Lungo le gallerie ai fianchi della chiesa, sono raccolti più di
700 ex voto; molti, oltre
all’immagine, portano oggetti tra i più disparati.
Galleria ex voto
Tra gli altri, uno contiene il giubbotto antiproiettili che salvo la
vita a un poliziotto.
Un altro contiene le babbucce e il corpetto appartenuti ad una
ragazza che era stata rapita dai turchi mentre si trovava in mare. Il
fratello, miracolosamente, riuscì a portarla a casa e fece dono
alla Vergine degli abiti che indossava quanto riuscì a
strapparla ai Turchi.
Il 15 maggio 1947 la Madonna di
Montenero è stata dichiarate Mater
Etruriae (patrona della
Toscana) da Papa Pio XII. Da allora il 15 maggio pellegrini da tutte le
diocesi toscane si radunano al santuario della Madonna delle Grazie per
donare l’olio santo.
Il 27 gennaio 2015 la chiesa di Santa Maria delle Grazie è stata
ufficialmente elevata a Santuario.
Interno
La chiesa è in stile barocco con stucchi e colonne di marmo; al
centro dell’Altare troneggia l’immagine della Madonna.
Altare
Dopo il 1962 il presbiterio è stato rifatto e sono stati tolti i
confessionali sulle pareti laterali.
Interno della chiesa prima del 1962
Tra le tele degli Altari laterali, in una è raffigurato San
Giovanni Gualberto, fondatore del Santuario di Vallombrosa e
dell’Ordine dei monaci che da questo prendono il nome.
La tela che raffigura San Giovanni Gualberto
Negli spazi sul retro dell’abside, si trova la Galleria dei Comuni;
dove sono esposti 202 stemmi di tutti comuni della Toscana che
sono stati donati alla Patrona principale della Regione.
Galleria dei Comuni
Nel 2000, con i finanziamenti del
Giubileo, è stata costruita l’Aula Mariana: a pianta ovale e
coperta da un giardino pensile. Può contenere fino a 1200
pellegrini.
Aula Mariana
Da un lato del Santuario si accede alle grotte, utilizzate ai tempi
dell’apparizione dai briganti e dagli eremiti; durante la Seconda
Guerra Mondiale, furono utilizzate come rifugio antiaereo.
Accesso alle grotte
La Festa della Madonna di
Montenero si svolge il 15 maggio presso il Santuario; nel corso della
festa avviene l’offerta votiva dell’olio a cura delle città
della Toscana.
In concomitanza con particolari ricorrenze l’immagine della Madonna
viene portata in processione fino nella Cattedrale e poi fino al porto
di Livorno.
La processione con la Madonna
Preghiera
alla Madonna di Montenero
Beatissima
Vergine Maria che fra gli altri monti qui circostanti sceglieste
questo di Montenero per stabilire sopra esso la Vostra abituale dimora,
dandoci in tal modo un attestato sensibile della Vostra speciale
predilezione.
Fate, Ve ne preghiamo, che riconoscenti dell’immenso beneficio, non
solo non abbiamo con alcun atto a meritare di Voi, ma sia la nostra vita tutta consacrata a
lodarVi ed a benedirVi.
Preghiera
di tre giorni
Primo giorno
O cara Madonna di Montenero,
che nel corso dei secoli tante grazie temporali e spirituali avete
ottenuto per chi Vi ha invocato con questo titolo, tanto caro al Vostro
cuore materno, pieno di fiducia mi presento al trono della Vostra
gloria.
E della Vostra misericordia e con tutto l’affetto dell’anima Vi
supplico a voler degnare di rivolgere sopra di me il Vostro sguardo
pietoso, di muoverVi a compassione e di accogliere le mie umili preghiere.
Concedendomi la grazia (si dice la grazia che si desidera) di cui ho
tanto bisogno e che per Vostra potente intercessione spero di ottenere
dal Vostro Divin Figliolo Gesù.
Tre Ave Maria
Maria Santissima di Montenero, pregate per noi
Secondo giorno
O cara Madonna di Montenero,
che avete consolato tanti afflitti, consolate anche il mio cuore che
solo in Voi ha riposto ogni speranza.
O Vergine Santa, come per mezzo Vostro Gesù santificò
Giovanni Battista e portò la gioia più pura nella casa
della cugina Elisabetta, così per Vostra intercessione Gesù mi conceda
la grazia e porti la consolazione più santa
nell’angustiato mio cuore.
Tre Ave Maria
Maria Santissima di Montenero, pregate per noi
Terzo giorno
O cara Madonna di Montenero,
che per i grandi favori celesti che avete ottenuti per chi con fiducia
a Voi fece ricorso, qui giustamente siete
invocata Maria Santissima delle Grazie.
Muovetevi a pietà di me, povero peccatore, e come alle nozze di
Cana colla Vostra supplica affrettaste per Gesù l’ora del
miracolo in favore di una povera famiglia, così con la Vostra
intercessione affrettate per me l’ora della Misericordia Divina.
Vergine Santa, al numero delle grazie da Voi elargite aggiungete ancor
questa. Rifulga la Vostra corona
di questa gemma di somma pietà e mi sia concessa la grazia
particolare di cui ho tanta necessità. Voi sola o Madre mia
potete ottenermela e perciò solo in Voi confido.
Tre Ave Maria
Maria Santissima di Montenero, pregate per noi
Supplica
alla Madonna di Montenero per eventi calamitosi
Santa Maria delle Grazie di Montenero,
Patrona della Toscana e speciale protezione del popolo livornese,
TU che hai trovato nell’umile pastore,
un cuore grande e pieno di fede, gli hai chiesto uno sforzo,
per lui molto impegnativo ed egli l’ha fatto, ha iniziato a salire il
colle
ed ha visto che il cammino arduo, era divenuto fattibile e la meta
raggiunta.
Egli ha avuto fiducia e ha superato difficoltà che sembravano
insuperabili.
Anche noi oggi viviamo in un momento di grandi difficoltà e
abbiamo bisogno del tuo aiuto, del tuo consiglio, della tua forza.
La storia della nostra Chiesa di Livorno, ci insegna che dobbiamo
salire il Monte portandoti con noi. Dobbiamo camminare con Te. Superare
le prove ardue della vita con Te.
Più ti porteremo in alto nei nostri cuori, più facile
sarà il nostro cammino e certa la nostra guarigione.
Tu Maria ci hai insegnato a confidare in Te in ogni situazione, Ti
abbiamo chiesto di tutto: salute, figli, guarigioni prodigiose,
conforto, pace e Tu sempre ci hai ascoltato e quante volte esaudito.
Oggi siamo di nuovo raccolti in preghiera per supplicarti.
Proteggi il popolo.
Dai la saggezza ai medici.
Illumina i governanti affinché sappiano guidare la Nazione e la
Città, verso un porto sicuro al riparo dalla tempesta.
Aiuta tutti noi a comprendere e vivere questa prova meditando la nostra
fragilità
e imparando a saper ricercare l’essenziale: la Vita Eterna.
Maria, Madre nostra, noi ben sappiamo che il tuo cuore di Madre non
può rimanere insensibile al grido dei tuoi figli, specie quando
essi sono nella paura e nel dolore.
Madre nostra, Vergine di Montenero ascoltaci e soccorrici.
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