Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario
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Panoramica



Il Pontificio Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario è il principale luogo di culto cattolico di Pompei, situato nella città metropolitana di Napoli. È uno dei Santuari mariani più importanti e visitati d’Italia.
Numerosi personaggi e santi vi hanno fatto visita tra cui San Ludovico da Casoria, San Luigi Guanella, San Giuseppe Moscati, San Giuseppe Marello, San Luigi Orione, San Leonardo Murialdo, San Pio da Pietrelcina, Santa Francesca Saverio Cabrini e San Massimiliano Maria Kolbe.

Il Santuario è Cattedrale della Prelatura Territoriale ed è sede della Delegazione Pontificia.

Sul finire del XIX secolo, Valle di Pompei consisteva in una vasta area agraria accanto agli scavi archeologici dell’antica cittadina distrutta dal Vesuvio nel 79 d. C.




Bartolo Longo e la moglie


Qui giunse, nel 1872, un giovane avvocato pugliese, Bartolo Longo, per amministrare i beni della contessa Marianna Farnararo de Fusco (vedova del conte Albenzio de Fusco), con la quale si sposò e condivise una vita dedicata al servizio dei più bisognosi.




Bartolo Longo con i ragazzi che assisteva


Volendo risollevare le condizioni morali e civili degli abitanti della valle, Bartolo Longo si dedicò ad una generosa opera di animazione religiosa e sociale, cominciando a raccogliere nella chiesetta del Santissimo Salvatore i contadini, ai quali distribuiva immagini mariane e insegnava gli elementi essenziali del catechismo.





Bartolo Longo, nel suo intento di propagandare la pratica del Rosario tra i Pompeiani, si recò a Napoli per acquistare un dipinto della Madonna del Rosario. L’idea era quella di acquistarne uno che aveva già visto in un negozio: ma le cose andarono diversamente.
Per puro caso incontrò in via Toledo Padre Radente, suo confessore, che allo scopo gli consigliò di andare a nome suo al Conservatorio del Rosario di Portamedina e di chiedere a suor Maria Concetta De Litala un vecchio dipinto del Rosario che egli stesso le aveva affidato dieci anni prima.
Bartolo seguì il consiglio ma rimase sconcertato quando la suora gli mostrò il dipinto: una tela corrosa dalle tarme e logorata dal tempo, mancante di pezzi di colore e con la Madonna che insolitamente porge la corona a Santa Rosa anziché a Santa Caterina da Siena come vuole la tradizione domenicana.
Bartolo fu sul punto di rinunciare, ma dietro insistenza della suora, ritirò il dipinto.
Nel tardo pomeriggio del 13 novembre 1875 l’immagine della Madonna giunse a Pompei su un carretto guidato dal carrettiere Angelo Tortora e adibito al trasporto di letame.
Avvolta in una coperta logora e consunta, l’immagine fu scaricata davanti alla chiesa del Santissimo Salvatore dove ad aspettarla c’erano l’anziano parroco Cirillo, Bartolo Longo e altri abitanti.




La chiesa del Santissimo Salvatore


Quando, tolta la coperta, fu mostrato il dipinto, lo stesso stupore che aveva colto Bartolo si manifestò anche negli altri presenti. Tutti concordarono che esso non potesse essere esposto in quelle condizioni se non dopo un suo restauro sia pure parziale.
Il primo fu opera di  Guglielmo Galella.
Nei successivi tre anni la vecchia tela, esposta nella parrocchia del Santissimo Salvatore, andò incontro a ulteriori deterioramenti.
Fu restaurata una seconda volta a Napoli e sempre gratuitamente dal pittore napoletano Federico Maldarelli che si occupò tra l’altro di trasformare la figura di Santa Rosa in quella di Santa Caterina da Siena.
Un altro artista napoletano, Francesco Chiariello, sostituì la malandata tela allungandola di un palmo prima che Maldarelli effettuasse il secondo restauro.

IIl dipinto non tornò nella parrocchia del Santissimo Salvatore ma fu posto su un altare provvisorio allestito in una delle cappelle (dedicata successivamente a Santa Caterina) all’interno del Santuario in costruzione.
L’immagine della Madonna si coprì ben presto di pietre preziose offerte dai fedeli quale attestato di grazie ricevute.
Papa Leone XIII nel 1887 benedisse il meraviglioso diadema che cingeva la fronte della Vergine. Tra i diamanti e gli zaffiri che formavano le aureole sul capo della Madonna e del Bambino si potevano notare quattro rarissimi smeraldi offerti da due Ebrei per grazia ricevuta.
L’ultimo restauro fu effettuato nel 1965 presso il Pontificio Istituto dei Padri Benedettini Olivetani di Roma, un restauro altamente scientifico durante il quale furono riesumati i colori originali che erano stati coperti da altri che vi si erano sovrapposti nel corso dei precedenti interventi e che furono fatti risalire a un valente artista della scuola di Luca Giordano (XVII secolo).
Vennero inoltre eliminate quasi tutte le pietre preziose che avrebbero potuto arrecare danni alla tela. In quell’occasione l’immagine della Madonna rimase esposta alla venerazione dei fedeli per alcuni giorni nella Basilica di San Pietro.
il 23 aprile Papa Paolo VI incoronò le immagini della Vergine e del Bambino, arricchendole con nuovi e preziosi gioielli.

Il dipinto ritornò a Pompei in maniera solenne con un corteo di ecclesiastici e di fedeli che cresceva sempre più man mano che si attraversavano le città lungo il tragitto che da Roma portava a Pompei. A sera inoltrata il dipinto giunse a Napoli accolto con luminarie e fiaccolate, per poi proseguire con un largo seguito di Napoletani fino a Pompei dove il viaggio si concluse in modo trionfale con una grande manifestazione.





Più di mille brillanti componevano i diademi posti sul capo della Madonna e del Bambino; sempre di brillanti erano altre decorazioni preziose sovrapposte.

Nel 2000, in occasione del 125º anniversario dell’acquisizione, il dipinto venne esposto per cinque giorni nel Duomo di Napoli venerato da migliaia di fedeli.
Il ritorno a Pompei fu fatto a piedi ripercorrendo il tracciato del 1875 e facendo tappa in diverse città della provincia. Per tutto il giorno centinaia di migliaia di persone affollarono il percorso di trenta chilometri che si snoda tra Napoli e Pompei.

Il 16 ottobre 2002 il dipinto tornò in Piazza San Pietro su esplicita richiesta di Papa Giovanni Paolo II che, accanto alla “bella immagine venerata a Pompei”, firmò la Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae




Il dipinto con intorno la raffigurazione dei 15 Misteri del Rosario


Il dipinto della Vergine del Rosario raffigura la Madonna con in braccio il Bambino e ai lati San Domenico e Santa Caterina da Siena ai quali la Vergine e il Bambino consegnano una corona del Rosario ciascuno.

La devozione popolare portò gradualmente a impreziosire l’immagine con svariati gioielli offerti dai fedeli, a cominciare dalla contessa Farnararo de Fusco che per prima donò degli orecchini preziosi.

Intorno al dipinto cominciò a svilupparsi un’intensa devozione mariana.
Bartolo Longo decise allora di costruire una chiesa più decorosa in cui collocare il dipinto della Madonna del Rosario. Acquistò il suolo con il contributo del vescovo di Nola, Mons. Giuseppe Formisano, e della contessa Farnararo de Fusco.

Il dipinto venne restaurato ed esposto alla venerazione dei fedeli il 13 febbraio 1876.

Nello stesso giorno, a Napoli, avvenne il primo miracolo per intercessione della Madonna di Pompei: la dodicenne Clorinda Lucarelli, giudicata inguaribile dall’illustre Prof. Antonio Cardarelli, guarì perfettamente da terribili convulsioni epilettiche.

Le Piccole Suore Salesiane hanno una particolare devozione per la Vergine del Rosario di Pompei: quelle dimoranti a Lecce hanno consacrato la cappella delle sordomute alla Vergine di Pompei, e vi hanno collocato una bella immagine della Madonna.
Nel 1885 venne ricoverata in quella Pia Casa di Lecce una fanciulla nativa di Molfetta, di nome Maria Petruni,  di appena otto anni, che era caduta quando ne aveva due e si era lesionata il ginocchio a tal punto da non poter più camminare. Le diagnosticarono un gonartrocace, artrite tubercolare del ginocchio. Provarono ad operarla, ma la situazione peggiorò, non solo a livello fisico, ma anche morale. Dopo la tisi pensarono di doverle amputare la gamba. La fanciulla non faceva che piangere e una suora di nome Rosaria le consigliò di rivolgersi alla Vergine di Pompei.
Il 24 Marzo del 1889, Suor Rosaria vide la fanciulla, mesta, guardare le amiche giocare e d’impulso le disse: “Cammina, la Vergine di Pompei ti farà camminare!”
A quell’incitamento la fanciulla si fece forza e sentì scorrere in sé le forze e si accorse di essere istantaneamente guarita!
Le compagne si stupirono e la guardarono con occhi esterrefatti: si avvicinarono e la toccarono, quasi non credessero ai propri occhi. Si felicitarono con lei e levarono un inno di gloria e di benedizione alla Vergine di Pompei…
[Questo fatto venne pubblicato nel periodico IL ROSARIO E LA NUOVA POMPEI, nel quaderno di ottobre, anno VI, 1889, corredato della relazione medica del Dottor Oronzio Fiocca di Lecce nella quale attestava il miracolo, dell’attestato del Direttore della Pia Casa delle Sordomute di Lecce, Rev. Sac. Don Filippo Smaldone, e delle firme dei testimoni, tra cui la Superiora e le altre Religiose della Pia Casa, la Superiora delle Figlie d’Ivrea e le altre Suore dell’Asilo Infantile vicino all’Istituto delle Sordomute, di Nobildonne Leccesi visitatrici della Pia Casa].


Suor Maria Caterina Prunetti narra della sua guarigione:
«A maggior gloria di Dio e della celeste Regina, Le invio la narrazione della portentosa guarigione ottenuta, accludendo l’attestato medico dal quale rileverà la grave malattia di cui ero affetta. Perduta ogni speranza di guarigione, abbandonata dai medici e rassegnata alla divina volontà, alla giovane età di ventotto anni, avevo già fatto il sacrificio della vita. Nondimeno incominciai i Quindici Sabati alla Santissima Vergine del Rosario di Pompei. Il 6 agosto mi sentii spinta con maggiore fede a rivolgermi alla potente Regina: – “Cara mamma, le dissi, S. Stanislao in occasione della gloriosa vostra Assunzione vi supplicò di venire in Paradiso a celebrare questa solennità, e fu da Voi esaudito; io non ardisco per la mia indegnità chiedervi tanto, ma, se è conforme alla vostra santa volontà e a quella di Gesù, vi chiedo la grazia della salute per poter servire nella Comunità Religiosa della quale fo parte”. Non so esprimere ciò che In quel momento passò in me.
Una voce celeste parlò al mio povero cuore e sentii dirmi: “Ti voglio guarire! Tu poi corrispondi alla grazia!“ Il miracolo era già avvenuto!
I miei occhi versavano lacrime di gioia … In quello stesso giorno, potei assistere alle Ore Canoniche e prender parte alla mensa comune; dopo pochi giorni ripresi gli esercizi comuni, lasciati da ben cinque anni. In una parola, grazie alla celeste Benefattrice sono completamente guarita. Tutte le mie consorelle non cessano di applaudire al miracolo. A me altro non resta se non di corrispondere alla grazia ricevuta.

[Siena - Monastero della Madonna presso il Rifugio N. 2, 4 Dicembre 1904 Suor Maria Caterina Prunetti Benedettina»]


Suor Maddalena apparteneva alle Suore del Buon Pastore di Posillipo.
Nell’aprile del 1890 venne colpita da un grave morbo alle gambe, tanto che solo dopo due giorni non camminava più: non poteva stare né in piedi, né a letto. I medici sospettarono una paralisi; poi specificarono meglio il male: “sclerosi al midollo spinale”, che può portare alla tomba.
Suor Maddalena racconta: «Ho fatto ricorso a molti santi, senza esito. Dietro suggerimento della Madre Vicaria, ricorsi alla Vergine di Pompei. Incominciai i quindici sabati del Rosario. Rinnovai le tre novene alla Vergine e speravo molto.
La sera del 24 luglio, per farmi respirare un po’ d’aria, mi portarono sulla terrazza, dove la Madre Vicaria mi disse parole di conforto e fra l’altro: “La Madonna di Pompei ti farà di certo la grazia“.
Quella notte dormii serena. Appena svegliata sentii una forza nuova in me. Scesi da sola dal letto e mi vestii. Ero istantaneamente guarita!
Uscii dalla cella e fuori di me per l’allegrezza, mi misi a correre per il corridoio gridando: “La Madonna di Pompei mi ha fatto la grazia. Sono sana per Miracolo!”».


Angela Massafra, di 24 anni, residente a Manduria, in provincia di Taranto, era a letto da tre anni, colpita da paralisi e piaghe varie ed era giunta alla consumazione di tutte le sue forze. I medici l’avevano data per spacciata: secondo il loro parere ormai era inguaribile. Angela si preparava alla morte e aveva ricevuto l’Estrema Unzione. Ma non aveva mai lasciato la devozione del Rosario della Madonna di Pompei.
La sera del 28 giugno 1888 vide una signora con una veste bianchissima entrare nella sua stanza e presentarsi come la Vergine del Rosario di Pompei. Con ineffabile bontà si tolse il velo dal capo e con esso asciugò Angela, la quale, presa da santo timore, non seppe profferire una parola. La Vergine poi disparve. Il mattino seguente, primo dei Quindici Sabati del Rosario, Angela scoprì di essere perfettamente guarita: muoveva le gambe da tre anni rattrappite e con stupore di tutti camminava e si vestiva da sola: era ritornata alla vita.
Il medico curante, dottor Massari, dopo qualche ora la visitò ed esclamò stupefatto: «Miracolo! Miracolo!»
Il fatto prodigioso venne subito divulgato in tutta Manduria fra il plauso della gente.
Poi pubblicato nel periodico Rosario e la Nuova Pompei del settembre 1889, con l’attestato del medico curante e quello del parroco della cittadina.


Una donna di 74 anni, Michelina Comegna, madre di 5 figli maschi e nonna di 12 nipoti, affetta da 11 anni da emiparesi destra e operata 5 volte di cancro al seno, affermò di essere guarita dalla paralisi mentre prendeva la Comunione.
Monsignor Giuseppe Adamo, vicario del Santuario mariano, confermò di essere stato testimone del racconto della donna e aggiunge: «So che esibiranno certificati medici per l’attestazione di quanto è accaduto; noi effettueremo le dovute verifiche».
Alla prudenza esortò anche una nota ufficiale del Santuario, retto dall’arcivescovo Tommaso Caputo: occorre «attendere che vengano fatti i debiti accertamenti scientifici prima di pronunciarsi»; e aggiunse nella nota: «Fin dalla fondazione di questo Santuario, numerosi eventi prodigiosi sono avvenuti per intercessione della Vergine di Pompei e del Beato Bartolo Longo. Alla medicina tocca dare certezze scientifiche in merito;
«Michelina Comegna è di Castellammare di Stabia, sposata da 55 anni con Giovanni Passaro, pensionato del comune di Castellammare. Ella racconta che il 4 aprile del 2003, dopo il primo intervento di parziale asportazione del cancro al seno, era sopraggiunto un ictus. Per lei era iniziato il calvario: 3 anni di completa immobilità al letto e altri successivi 4 interventi, fino all’asportazione totale del seno sinistro, con numerosi cicli di chemio e radioterapia. E la stessa racconta: “Ho sempre pregato la Madonna di Pompei e Gesù, perché tornassi a camminare. Non mi lamentavo del cancro, ma era umiliante dovermi fare assistere anche per andare in bagno”.
«Per anni, ogni Domenica, accompagnata dal marito Giovanni, ha frequentato la Basilica della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei. Quindici giorni fa, il 23 aprile, è accaduto l’incredibile. Alla Messa delle ore 10,00, celebrata da monsignor Adamo, la signora Comegna si è messa in fila per prendere la Comunione. E racconta: “Ho ricevuto l’Eucaristia e all’istante ho cominciato a sentire un forte bruciore, dai piedi alle gambe, che mi veniva su per il corpo, mentre avvertivo un intenso profumo di fiori. Era tutto talmente forte, che ho cominciato a spaventarmi. Ho dimenticato che mi trovato in chiesa, perché il bruciore mi ha fatto pensare che stessi andando a fuoco e mi sono guardata intorno convinta di vedere gli abiti avvolti dalle fiamme”.
Monsignor Adamo conferma: “Ho visto la donna avvicinarsi, sostenuta da qualcuno, con passo traballante e poi, presa la Comunione, ha cominciato a sbottonarsi spiegando, in modo discreto ma chiaro, che sentiva un calore dappertutto e poi un profumo. Le ho consigliato di sedersi e pregare”.
«E Michelina continua: “Avevo caldo ed ero in un bagno di sudore, grondavo acqua dai capelli. Mio marito credeva che io stessi avendo un malore. Gli ho detto che stavo provando una grande gioia e che avevo bisogno di camminare”.
«E il marito racconta: “Si è alzata e a passo svelto ha percorso la navata. Le chiedevo di fermarsi, ma lei andava spedita e non aveva più nessun segno della paralisi dell’ictus”.
«Giovanni Passaro è commosso: “Prima in chiesa non resistevo più di dieci minuti. Ora ho visto un grande miracolo e posso raccontarlo, è cambiato tutto”.
«Piangevano anche i figli di Michelina, che avevano assistito per 11 anni la madre paralizzata. E lei, con mitezza, mostrava la sua stampella, sorreggendola con la mano guarita.
«I coniugi Passaro fecero coniare in argento una piccola gamba e un braccio che consegnarono alla Basilica di Pompei “per grazia ricevuta”, con la loro testimonianza stampata su una pergamena.




La beata Elena Aiello


La beata Elena Aiello, nata nel 1895, è stata una religiosa italiana che ha fondato la Congregazione delle Suore Minime della Passione di Cristo.

Elena Emilia Santa Aiello era nata a Montalto Uffugo, un paesino in provincia di Cosenza, il 10 aprile 1895, proprio durante la Settimana Santa. Suo padre, Pasquale, era un sarto stimato in tutto il circondario. Sua madre, Teresa Paglilla, ebbe otto figli ma morì quando Elena compì dieci anni, lasciando la famiglia nella tristezza più profonda e quasi nella disperazione.
Elena si prodigava nel crescere e accudire i fratelli, quando, in seguito ad un incidente cominciò ad essere vittima di una serie interminabile di malattie.
Ecco cosa accadde, secondo quanto si legge in uno scritto che è stato redatto sulla base degli appunti della suora calabrese.

Alla vigilia di Natale del 1906, Elena ed Evangelina sua sorella osservarono da casa una scena ridicola e la raccontarono al padre, per farlo distrarre dal pensiero della morte della loro madre avvenuta l’anno prima. Elena, mentre rideva, ebbe un colpo di tosse convulsa per un po’ di acqua che le era entrata nella trachea. Per circa un anno e mezzo, ebbe l’abbassamento della voce e una tosse continua, che cessava soltanto durante la notte.
Le cure del suo medico, Francesco Valentini di Cosenza, furono senza esito; e il medico le ordinò il lavaggio dello stomaco, con una sonda gastrica.
Per le sofferenze causatele da tali lavaggi e per il persistere del grave disturbo, una sera, dopo la recita del Santo Rosario che compiva ogni giorno, Elena fece voto alla Santissima Vergine di Pompei di farsi religiosa nel suo Santuario se l’avesse liberata da quel terribile male.
Dopo  la preghiera, era una notte del 1908, Elena Aiello ebbe la visione della Santissima Vergine di Pompei che le assicurava la guarigione.
Il mattino dopo, il grave disturbo era scomparso e Elena  poté tornare alla vita normale, che per lei consisteva nell’assistenza ai poveri, ai malati e ai moribondi, specialmente durante la terribile epidemia della cosiddetta “spagnola”, che la vide prodigarsi instancabilmente tanto da non ritirarsi in casa nemmeno la notte, anche per non contagiare la famiglia, preferendo stare al capezzale dei sofferenti.
Ottenuto dal padre il permesso di farsi suora, Elena nel 1920 entrò come novizia nell’Istituto delle Suore del Preziosissimo Sangue nella diocesi di Nocera-Pagani, dove si trova il Santuario della Beata Vergine di Pompei, adempiendo così la promessa fatta alla Vergine del Rosario.

Nel marzo del 1928 le apparve Cristo, che la invitò a partecipare alle Sue sofferenze. Da allora cominciò a sentire un dolore attorno alla testa e a sanguinare. Più tardi ricevette altre stimmate ai piedi e alle mani.
Ogni venerdì le sue piaghe sanguinavano abbondantemente, come attestato da diversi testimoni, tra cui diversi medici.


Lo scorso agosto 2010 mio nonno, ottantenne, venne ricoverato per insufficienza respiratoria all’ospedale di Castellammare di Stabia (NA). Dagli accertamenti risultò la presenza di liquido nella pleura, circa 600 ml, che impediva al cuore, già sofferente, di funzionare liberamente. Fu necessario il trasferimento a Napoli per procedere allo svuotamento tramite un ago infilato nel petto, intervento rischiosissimo per lui già carico di deficienze cardiache. Tutto, comunque, andò per il meglio permettendogli di ritornare all’ospedale di Castellamare, dove restò per una settimana in sala intensiva. Qui, però le cose incominciano a prendere una piega diversa. Le tracce di sangue riscontrate nel liquido misero in allarme i medici che sospettarono la presenza di un tumore.
A questo punto, con tutto il cuore sono ricorsa alla Vergine del Santo Rosario e mi sono recata quasi ogni giorno al Santuario. Non ho chiesto alla Madonna un miracolo, ma che potesse ottenere dal Signore almeno la grazia di lasciare che il nonno restasse con noi ancora qualche anno. Il ricovero durò quasi un mese e i medici continuavano a dare cattive notizie. Alla fine di agosto il nonno venne portato in un’altra struttura a Mercogliano (AV). Qui, venne sottoposto ad ecografia, da cui risultò che non c’era più traccia di liquido, cosa che permise l’estrazione dell’ago.
Ora sono passati più di due mesi e il nonno è tornato, nonostante i suoi acciacchi, alla vita di sempre. Avrei voluto aspettare ancora per dare una garanzia scientifica della sua guarigione, ma è giusto dare a Dio quello che è di Dio e non tardare più nel rendere il mio grazie alla Regina del Rosario per la gioia che ha restituito alla nostra famiglia. Spero che tutti possano sperimentare la potenza del Santo Rosario e la pace che Cristo Gesù ci dona ogni volta nella preghiera.
[Lucia Longobardi - Scafati (SA)]


Il dottor Vincenzo Mangia, di Policastro, narra la sua guarigione:

«La malattia da me sofferta cominciò a suppurare nella parte anteriore del collo, per cui mi sottoposi ad una dolorosa operazione... Ero in via di miglioramento, quando fui colto da pleurite essudativa. Vari professori consultati confermarono unanimi la “pleurite tubercolare”. Il male si propagò ben presto ai polmoni e dette luogo a febbre, emottisi, piaghe da decubito, dimagramento estremo: tutto faceva pronosticare la prossima la fine.
Il mio compagno di studi, il dottor Gregorio Falconi, disse pubblicamente agli amici: “Tutte le risorse della scienza sono esaurite: la morte è certa”.
«Giunse il 12 gennaio 1890: l’agonia avanzava a passi da gigante. Mia sorella Marianna leggeva nel periodico del Santuario di Pompei le grazie fatte dalla Vergine. Io baciavo di tratto in tratto le rose benedette nel Santuario medesimo. Improvvisamente cessarono tutte le mie sofferenze: la febbre, la tosse, l’espurgo, tutto era cessato in un baleno. Tutti gridarono al miracolo: la guarigione da una malattia dichiarata incurabile era stata piena e istantanea. La ragione umana non la poteva certo spingere a tanto».


Nella cittadina di Castro Marina, vicino ad Otranto, in provincia di Lecce, vi è un Santuario della Madonna di Pompei.
Era la notte del 30 dicembre 1896 e, approfittando del bel tempo. i pescatori decisero di uscire con le loro barche. Tuttavia, appena calate le reti, piombò su di loro una tempesta con venti fortissimi e pioggia scrosciante, e le imbarcazioni finirono così alla deriva, in balia delle onde.
I pescatori, temendo per la loro vita, volsero lo sguardo, imploranti, verso il Santuario della Madonna del Rosario, pregando fervidamente per la loro salvezza. In quello stesso momento tutta la popolazione di Castro andò in pellegrinaggio verso il Santuario: in mare, a lottare per la vita, c’erano gli uomini del paese e solo un miracolo poteva salvarli da quella bufera.
Chi pregava, chi supplicava, chi piangeva. Alcuni fedeli, forse nell’ingenuo tentativo di far sentire maggiormente la propria voce alla Madonna, si attaccarono alle corde delle campane e cominciarono a suonare a distesa. E avvenne il prodigio: a quel suono delle campane il vento calò improvvisamente, la tempesta si placò e le acque tornarono calme come erano state al momento della partenza delle barche.
Qualche ora più tardi si udì provenire dal mare un canto a più voci. Erano i pescatori, ignari di quello che era avvenuto a Castro, che facevano ritorno levando inni di ringraziamento alla Vergine del Rosario che aveva ascoltato le loro preghiere. In segno di conoscenza vollero che fosse costruita una statua della Madonna: e ciò fu fatto.




La statua raffigura la Madonna di Pompei secondo l’iconografia classica, ossia con la Vergine che porge una corona del Rosario a santa Caterina e il Bambino Gesù che ne porge un’altra a San Domenico. L’opera fu eseguita a Lecce dal maestro Achille De Lucretiis, ed è ritenuta raro esemplare di arte sacra.
Sopravvive ancora il ricordo dei protagonisti di quella avventura che per voto vollero portare a spalle la statua da Lecce a Castro il 23 luglio 1897.
Nei registri parrocchiali della Cattedrale di Castro si legge: «Si incominciò a cantare il Salterio mariano al suono di strumenti musicali e si venne in processione sino alla spiaggia per benedire così a Maria quell’infido elemento, che abbonacciavasi un dì al suono della campana».
In memoria di tale miracolo si celebra ogni anno una festa, il 12 e il 13 agosto, la più antica in Terra d’Otranto con una processione a mare.


Suor Silva Manzella racconta: «Il 3 Gennaio del 1906 fui colta da febbre accompagnata da sudori, tosse, dolori alle spalle e al petto, che dava a presagire qualcosa di grave, specie per una costituzione così gracile come la mia. Si volle fare analizzare lo sputo, e dall’analisi risultò che vi erano molti bacilli di Koch. Intanto la malattia faceva il suo corso, le consorelle mi esortavano a pregare la Vergine di Pompei per ottenere la guarigione. Incominciai allora i Quindici Sabati della Santissima Vergine di Pompei: le mie allieve pregavano anch’esse con fede vivissima e grande fervore. Si domandava una grazia straordinaria, un vero prodigio; ma ha forse limiti la misericordiosa potenza di Maria? In questo tempo la febbre andava cessando, la tosse diminuiva a poco a poco, l’espettorazione spariva del tutto.
Al termine dei Quindici Sabati si mandò nuovamente l’espettorato al gabinetto chimico e il risultato fu migliore, perché vi si trovarono rarissimi bacilli. Si ricominciarono i Quindici Sabati, compiuti i quali, la mia buona Superiora volle che fosse ancora per una terza volta analizzato lo sputo. Ed oh, consolante stupore! Il certificato questa volta fu completamente negativo. Per maggior sicurezza si chiese anche l’esame al gabinetto dell’Ospedale; si ebbe lo stesso responso del tutto negativo.
La prima Domenica di Ottobre, festa del Santissimo Rosario, completamente risanata, potei riunirmi alle consorelle e alle alunne per ringraziare, nella cappella, la benedetta Vergine del Rosario di Pompei. Ed ora non soffro più di nulla: ho superato un inverno rigidissimo in perfetta salute e così rifatta da recare stupore a chi mi vede.
Ne siano rese fervide, infinite grazie alla gloriosa Madre delle Misericordie e Regina delle Vittorie!
Palermo, 23 Gennaio 1909, Suor Silvia Manzella, Serva dei Poveri».
(Da Il Rosario e la Nuova Pompei, Anno XXVII).





Il Santuario visto dall'alto

La prima pietra del Santuario voluto da Bartolo Longo fu posta l’8 maggio 1876.
Alla costruzione del Santuario concorsero moltissime persone, in maniera particolare le famiglie dell’aristocrazia napoletana, coinvolte nell’impresa da Bartolo Longo e dalla contessa sua moglie. Vi concorsero anche tante persone semplici, raggiunte attraverso il periodico popolare «Il Rosario e la Nuova Pompei», fondato nel 1884.
Il 7 maggio 1887 fu consacrato l’Altare maggiore del Santuario, ove fu collocato il quadro della Madonna, alla presenza del Card. Raffaele Monaco La Valletta.
I lavori vennero completati nel 1901 e il 4 maggio dello stesso anno Papa Leone XIII elevò il Santuario al rango di Basilica Pontificia Maggiore.

Nel 1906, con  distacco e filiale obbedienza Bartolo Longo cedette alla Santa Sede il Santuario di Pompei con tutte le opere caritative che nel corso degli anni aveva fondato. La responsabilità della fondazione pompeiana fu affidata a un delegato pontificio sotto la vigilanza di una commissione cardinalizia.



Esterno del Santuario

Il Santuario ha subito numerosi riadattamenti nel corso dell’ultimo secolo. La facciata fu completata nel 1901 e il campanile nel 1925. La chiesa fu ampliata fra il 1934 e il 1939.




La facciata del Santuario

La facciata, iniziata nel 1894 ed inaugurata il 5 maggio 1901, fu disegnata dall’architetto Giovanni Rispoli, Professore onorario nel Reale Istituto di Belle Arti in Napoli, che ne fu anche progettista e direttore dei lavori: essa è dedicata alla Pace Universale.



La statua della Madonna in cima alla facciata del Santuario, con la scritta Pax


La facciata è stata edificata con il contributo di devoti di tutto il mondo che parteciparono entusiasti al plebiscito voluto dal Fondatore del Santuario, come testimoniano i vari volumi di firme, custoditi nell’Archivio Storico “Bartolo Longo”.
I primi ad inviare offerte furono i cinesi!
Fu realizzata in blocchi di travertino calcare del Monte Tifate, presso Sant’Angelo in Formis (CE). Ha l’aspetto basilicale ed è costituita da due ordini sovrapposti, con un corpo centrale leggermente sporgente per tutta l’altezza.
Nell’ordine inferiore, di stile ionico, si aprono le tre arcate del porticato. Le arcate sono precedute da un’ampia scalinata che collega il portico con il livello della piazza. Nella parte bassa del primo ordine corre un robusto basamento sul quale si elevano, al centro, quattro colonne monolitiche di granito rosa di Gravellona (VB); in corrispondenza delle arcate laterali si elevano quattro lesene. Sia le colonne sia le lesene hanno basi attiche e capitelli ionici in marmo bianco di Carrara.
Tra l’ordine inferiore e quello superiore sporge un cornicione in granito rosa, con la dedica in bronzo: VIRGINI SS. ROSARII DICATUM (Dedicato alla Vergine del Santo Rosario).

L’ordine superiore segue la disposizione di quello inferiore, nella distribuzione dei pilastri e delle colonne, ma in stile corinzio. Nella parte centrale dell’ordine superiore, ovvero al di sopra dell’arcata maggiore, è situata la Loggia Papale, caratterizzata da una balaustra di marmo bianco.

Nel portico della facciata sono collocate quattro nicchie ove sono poste le statue in marmo di Santi legati alla storia del Santuario: San Ludovico da Casoria, di San Luigi Guanella, di San Leonardo Murialdo e di Santa Francesca Saverio Cabrini.



La nicchia con la statua di Santa Francesca Saverio Cabrini




Il campanile del Santuario

La posa della prima pietra del campanile avvenne il 12 maggio 1912, l’inaugurazione avvenne tredici anni dopo, il 24 maggio 1925, con una solenne cerimonia in presenza di Bartolo Longo, che allora aveva 84 anni.
La struttura è costituita da tre parti: l’esterna, decorata di granito grigio; l’interna di mattoni pressati; una terza centrale composta da un’armatura a castello di travi metalliche che forma una torre di collegamento, dal peso di 100 tonnellate, che sostiene una scala in ferro che conduce fino alla sommità.
Il campanile è alto 82 metri ed è visibile anche a chilometri di distanza; al vertice è posta una croce in bronzo alta 7 metri e illuminata di notte.



La parte superiore del campanile con la croce


L’insieme del campanile è in stile corinzio ed è caratterizzato da cinque ordini sovrapposti, all’ultimo dei quali è presente una terrazza con balaustra, raggiungibile mediante un ascensore interno, visitabile tutti i giorni e dalla quale è possibile godere una notevole panoramica che va dalle isole del golfo fino all’Appennino, agli Scavi di Pompei, al Vesuvio e alla Valle del Sarno.

La porta bronzea frontale reca in altorilievo la scena dell’apparizione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque.

Al primo ordine è presente un monumentale portone splendidamente decorato.

Ai quattro angoli del terzo ordine sono invece posti quattro grandi angeli in bronzo che danno fiato alle trombe.

Una nicchia al quarto ordine racchiude una imponente statua di 6 metri e dal peso di 180 quintali in marmo di Carrara, rappresentante il Sacro Cuore di Gesù con sopra la scritta “VENITE AD ME OMNES” (Venite a me voi tutti).



La statua del Sacro Cuore di Gesù

Un sistema elettrico mette in funzione un concerto di otto campane, di differenti dimensioni e quindi di suono.



Una delle campane

La campana maggiore ha 2 metri di diametro e pesa 50 quintali. Tali campane, riccamente decorate, furono approntate dalla fonderia Marinelli in un cortile a poche decine di metri dal Santuario, usando 100 quintali di cannoni di guerra, cui si aggiunsero 50 quintali di rame e una quantità proporzionale di stagno per ottenere i 180 quintali di bronzo necessari.





L'interno del Santuario


La prima chiesa, costruita su disegno di Antonio Cua e Giovanni Rispoli, era a croce latina, con una sola navata, sormontata da una cupola. Dopo i lavori di ampliamento la chiesa è rimasta a croce latina, ma a tre navate. Le due navate laterali presentano tre altari per lato e proseguono dietro l’abside in un ambulacro semicircolare con quattro cappelle.




L'affresco della cupola

La cupola centrale si compone di due tamburi sovrapposti: quello inferiore termina a calotta con apertura centrale, quello superiore, su cui si aprono grandi finestre, è a doppia cupola e con cupolino. Fu affrescata nel 1940-1942 da Angelo Landi, che vi dipinse la visione di San Domenico, ossia il trionfo della Vergine, che attraverso la preghiera del Rosario accoglie sotto il suo manto i fedeli.

La navata centrale non subì grandi modifiche, presenta tutto intorno un grande cornicione corinzio. La volta, divisa in vari compartimenti riccamente decorati, presenta nel mezzo un grande affresco di Vincenzo Paliotti.
Ai lati della navata centrale si trovano le due statue bronzee dei Fondatori: Bartolo Longo e la contessa De Fusco.




La statua di Bartolo Longo nella navata


L’abside è sostenuta da due grandi colonne di marmo grigio e da 8 colonne più piccole in marmo colorato che sorreggono le 9 arcate su cui poggia la volta centrale.



L'abside

L’affresco della volta centrale rappresenta l’Assunzione della Vergine ed è stato realizzato da Pasquale Arzuffi. Una balaustra a semicerchio circonda il trono e l’Altare maggiore. Al centro di essa vi è un artistico cancello con cinque nicchie in ciascuna delle quali è collocata una statua d’argento che rappresentano la religione, la fede, la carità, la speranza e la purità.



L'Altare maggiore

Tra le fondazioni, fu ricavata una cripta, dove si celebrano delle Messe e si amministrano le confessioni.



La cripta

Al centro della cripta è collocato l’Altare maggiore, alle cui spalle vi sono altri Altari.
Dietro l’Altare centrale vi è una cappella in cui riposano i resti di Bartolo Longo, raccolti e ricomposti in un'urna esposta ai fedeli. 



L'urna con i resti di Bartolo Longo

Nella cripta riposano anche i resti della contessa De Fusco, di Padre Radente, di suor Maria Concetta De Litala, del vescovo di Nola mons. Formisano, del patriarca Anastasio Rossi, del vicario mons. Vincenzo Celli e di mons. Francesco Saverio Toppi, arcivescovo emerito di Pompei e frate cappuccino.



Ex voto in argento




Ex voto diversi




Ex voto in uno dei corridoi

I locali adiacenti il Santuario sono divisi in quattro corridoi, lungo i quali sono esposti, da oltre cento anni, gli ex-voto devozionali dedicati alla Santa Vergine.
L’espressione “Ex voto” deriva dal latino “ex voto suscepto” e significa letteralmente “secondo la promessa fatta”.
Gli ex voto sono delle testimonianze di fede espresse mediante doni – foto, testi, oggetti, dipinti – che vengono offerti a Dio, alla Vergine o ad un Santo come forma di ringraziamento per la grazia o il beneficio ottenuto.
I primi ex voto cominciarono ad occupare i corridoi nel momento in cui iniziò a diffondersi il culto della Madonna del Rosario, quindi proprio a partire dal 1875, data della costruzione del Santuario.




Auto in attesa della benedizione

Il Santuario è celebre anche per la benedizione dell’automobile affinché la Santa Vergine vegli con amore sulle persone che la utilizzeranno, proteggendole durante i viaggi.
È possibile benedire il proprio veicolo privato tutti i giorni, la mattina dalle 9.00 alle 13.00 e il pomeriggio dalle 17.00 alle 19.00.


La Madonna del Rosario di Pompei si festeggia il 7 ottobre e l’ 8 maggio con la recita della Supplica solenne.



Il dipinto della Madonna durante la festa

E’ anche praticata la devozione del bacio al dipinto della Madonna, appositamente predisposto all’interno del Santuario.



Il dipinto della Madonna predisposto per la devozione del bacio



SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI
Scritta dal beato Bartolo Longo

(da recitarsi l’8 maggio e la prima domenica di ottobre a mezzogiorno)





O Augusta Regina delle vittorie, o Vergine sovrana del Paradiso,
al cui nome potente si rallegrano i Cieli e tremano per terrore gli abissi,

o Regina gloriosa del Santissimo Rosario,
noi tutti, avventurati figli Vostri,
che la bontà Vostra ha prescelti in questo secolo
ad innalzarVi un Tempio in Pompei,
qui prostrati ai vostri piedi,
in questo giorno solennissimo della festa dei novelli Vostri trionfi sulla terra degl’idoli e dei demoni,
effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore, e con la confidenza di figli Vi esponiamo le nostre miserie.
Deh! da quel trono di clemenza ove sedete Regina,
volgete, o Maria, lo sguardo Vostro pietoso verso di noi,
su tutte le nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, su tutta la Chiesa;
e Vi prenda compassione degli affanni in cui volgiamo
e dei travagli che ne amareggiano la vita.
Vedete, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo ne circondano:
quante calamità e afflizioni ne costringono!
O Madre, trattenete il braccio della giustizia del Vostro Figliuolo sdegnato
e vincete colla clemenza il cuore dei peccatori:
sono pur nostri fratelli e figli Vostri,
che costarono sangue al dolce Gesù,
e trafitture di coltello al Vostro sensibilissimo Cuore.
Oggi mostrateVi a tutti, qual siete, Regina di pace e di perdono.

Ave Maria.
 
È vero, è vero che noi per primi, benché vostri figliuoli,
coi peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù,
e trafiggiamo novellamente il Vostro Cuore.
Sì, lo confessiamo, siamo meritevoli dei più aspri flagelli.
Ma Voi ricordatevi che sulla vetta del Golgota
raccoglieste le ultime stille di quel sangue divino
e l’ultimo testamento del Redentore moribondo.
E quel testamento di un Dio, suggellato col sangue di un Uomo-Dio,
Vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori.
Voi, dunque, come nostra Madre, siete la nostra Avvocata, la nostra Speranza.
E noi gementi stendiamo a Voi le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!
Pietà Vi prenda, o Madre buona, pietà di noi, delle anime nostre,
delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici,
dei nostri fratelli estinti, e soprattutto dei nostri nemici,
e di tanti che si dicono cristiani, e pur dilacerano il Cuore amabile del Vostro Figliuolo. Pietà, deh! pietà oggi imploriamo per le nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo, che torni pentito al cuor Vostro.
Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia.

Ave Maria.
 
Che Vi costa, o Maria, l’esaudirci?
Che Vi costa il salvarci?
Non ha Gesù riposto nelle Vostre mani tutti i tesori delle Sue grazie e delle Sue misericordie?
Voi sedete coronata Regina alla destra del Vostro Figliuolo,
circondata di gloria immortale su tutti i cori degli Angeli.
Voi distendete il Vostro dominio per quanto son distesi i cieli,
e a Voi la terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette.
Il Vostro dominio si estende fino all’inferno,
e Voi sola ci strappate dalle mani di Satana, o Maria.
Voi siete l’Onnipotente per grazia. Voi dunque potete salvarci.
Che se dite di non volerci aiutare,
perché figli ingrati ed immeritevoli della Vostra protezione,
diteci almeno a chi altri mai dobbiamo ricorrere per essere liberati da tanti flagelli.
Ah, no! Il Vostro Cuore di Madre non patirà di veder noi, Vostri figli, perduti.
Il Bambino che noi vediamo sulle Vostre ginocchia,
e la mistica corona che miriamo nella Vostra mano,
c’ispirano fiducia che noi saremo esauditi.
E noi confidiamo pienamente in Voi, ci gettiamo ai Vostri piedi,
ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri,
ed oggi stesso, sì, oggi da Voi aspettiamo le sospirate grazie.

Ave Maria.
 
Un’ultima grazia noi ora Vi chiediamo, o Regina,
che non potete negarci in questo giorno solennissimo.
Concedete a tutti noi l’amore Vostro costante,
e in modo speciale la Vostra materna benedizione.
No, non ci leveremo dai Vostri piedi,
non ci staccheremo dalle Vostre ginocchia, finché non ci avrete benedetti.

Benedite, o Maria, in questo momento, il Sommo Pontefice.
Ai prischi allori della Vostra Corona,
agli antichi trionfi del Vostro Rosario,
onde siete chiamata Regina delle vittorie,
deh! aggiungete ancor questo, o Madre:
concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società.
Benedite il nostro Vescovo, i Sacerdoti
e particolarmente tutti coloro che zelano l’onore del Vostro Santuario.
Benedite infine tutti gli Associati al Vostro novello Tempio di Pompei,
e quanti coltivano e promuovono la divozione al Vostro Santo Rosario.

O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio;
Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli;
Torre di salvezza negli assalti d’inferno;
Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia;
a te l’ultimo bacio della vita che si spegne.
E l’ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome Vostro soave,
Regina del Rosario della Valle di Pompei, o Madre nostra cara,
o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti.
Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo.
Così sia.

Salve Regina.


ALTRA SUPPLICA





Vergine del Santo Rosario,
Madre del Redentore,
donna della nostra terra
innalzata al di sopra dei Cieli,
umile serva del Signore
proclamata Regina del mondo,
dal profondo delle nostre miserie
noi ricorriamo a Te.

Con fiducia di figli guardiamo il Tuo viso dolcissimo.
Coronata di dodici stelle,
Tu ci porti al mistero del Padre,
Tu risplendi di Spirito Santo,
Tu ci doni il Tuo Bimbo divino, Gesù,
nostra speranza, unica salvezza del mondo.

Porgendoci il Tuo Rosario
Tu ci inviti a fissare il Suo volto.
Tu ci apri il Suo cuore,
abisso di gioia e di dolore, di luce e di gloria,
mistero del figlio di Dio, fatto uomo per noi.

Ai Tuoi piedi sulle orme dei Santi
ci sentiamo famiglia di Dio.
Madre e modello della Chiesa,
Tu sei guida e sostegno sicuro.
Réndici un cuor solo e un’anima sola,
popolo forte in cammino verso la Patria del Cielo.

Ti consegniamo le nostre miserie,
le tante strade dell’odio e del sangue,
le mille antiche e nuove povertà
e soprattutto il nostro peccato.

A Te ci affidiamo,
Madre di Misericordia:
ottiénici il perdono di Dio,
aiútaci a costruire un mondo secondo il Tuo cuore.

O Rosario benedetto di Maria,
catena dolce che ci annoda a Dio,
catena d’amore che ci fa fratelli,
noi non ti lasceremo mai più.
Nelle nostre mani sarai arma di pace e di perdono,
stella del nostro cammino.

E il bacio a Te con l’ultimo respiro
ci immergerà in un’onda di luce,
nella visione della Madre amata e del Figlio divino,
anelito e gioia del nostro cuore,
con il Padre e lo Spirito Santo.
Amen.