La
contemplazione di Dio
2. Signore, Dio delle
virtú,
convértici; mòstraci il tuo volto e noi saremo salvi (Ps.
79,20).
Ma, ahimé, Signore, ahimé, quanto è
precipitoso,
quanto è temerario, disordinato, presuntuoso ed estràneo
alla regola del Verbo di verità e della tua Sapienza voler
vedere
Dio con cuore impuro! Tuttavia, o sovrana bontà, sommo bene,
vita
dei cuori e luce degli occhi interiori, grazie alla tua benevolenza, o
Signore, abbi misericordia, poiché la contemplazione della tua
bontà,
o buon Signore, è la mia purificazione, è la fonte della
mia fiducia, è la causa della mia giustificazione.
Dunque, Signore Dio mio, tu che dici all’ànima mia, nel
modo
che tu sai: Sono io la tua salvezza (Ps. 34, 3),
Rabbunì, sommo maestro, l’único in grado di insegnarmi
a vedere, di’ a questo tuo cieco mendicante: Che vuoi che io ti
faccia?
(Mc, 10, 51).
E tu sai, tu che già mi doni ciò che bramo, con quanta
forza il mio cuore, gettate lontano tutte le altezze, le bellezze, le
dolcezze
di questo mondo e tutte le realtà che pòssono, anzi son
sòlite
suscitare la concupiscenza della carne o degli occhi o l’ambizione
dello
spírito, anche dagli àngoli piú riposti delle sue
fibre, ti gridi: Il mio volto ti ha cercato; il tuo volto,
Signore,
io cercherò. Non distogliere da me il tuo volto, non respingere
con collera il tuo servo (Ps. 26, 8-9).
Io sono certamente uno sfrontato e un insolente, o mio eterno
aiuto,
mio instancabile difensore, ma vedi che è per amore del tuo
amore
che lo faccio, cosí come vedi me, che pur non riesco a vederti,
e come mi hai infuso il desiderio di te; e se qualcosa di me ti
è
gradito, ecco che súbito perdoni a questo tuo cieco, che ti
corre
incontro e gli porgi la mano se, nella corsa, inciampa in qualche
ostàcolo.
3. Mi risponde, invero,
interiormente,
nell’ànima e nello spírito, tumultuando dentro di me e
scuotendo
tutte le mie fibre, la voce che attesta la tua presenza. I miei
occhi interiori sono abbagliati dal fulgore della tua verità,
che
mi rammenta come nessuno possa vederti e continuare a vivere. Infatti,
io sono davvero, fino ad ora, tutto sprofondato nei peccati e non sono
ancora riuscito a morire a me stesso, cosí da vivere per
te.
Tuttavia, per tuo comando e tuo dono, me ne sto salvo sulla roccia
della tua fede, della fede cristiana, nel luogo che è veramente
vicino a te, nel quale frattanto sopporto con pazienza, come posso, e
abbraccio
e bacio la tua destra, che mi ricopre e mi protegge; e talvolta, mentre
contemplo e bramo vedere almeno le terga di te che mi vedi, io scorgo
passare
l’umiltà stessa, cioè il mistero dell’umanità di
Cristo,
tuo Figlio.
Ma proprio quando non vedo l’ora di avvicinarmi a lui e, come
l’emorroissa,
ardo dal desiderio, per cosí dire, di carpire la guarigione per
l’inferma e miserabile ànima mia grazie al tocco benefico anche
solo di un lembo della sua veste; oppure quando, come Tommaso,
quest’uomo
pieno di desiderio, desídero vedermelo tutto íntegro
davanti
e toccarlo; non solo, ma quando penso di avvicinarmi alla santissima
ferita
del suo fianco, porta aperta su un lato dell’arca, non per
méttervi
un dito appena o tutta quanta la mano, ma per entrarvi tutto intero
fino
al cuore di Gesú, fin dentro il Santo dei Santi, l’arca
dell’alleanza,
l’urna d’oro, l’ànima della nostra umanità, che contiene
in sé stessa la manna della divinità: mi sento dire,
ahimé:
Non
toccarmi (Gv 20, 17). E anche quelle parole dell’Apocalisse
(22,
15): Fuori i cani.
Cosí, cacciato e respinto dalle nerbate della mia coscienza,
del resto meritate, sono costretto a scontare le pene della mia
malvagità
e presunzione.
Mi rifugio allora nuovamente sulla mia roccia, che è il rifugio
degli ístrici, ricoperti dalle spine dei loro peccati, e ancora
una volta abbraccio e bacio la tua destra, che mi ricopre e mi
protegge.
E da quello, che ho appena intravisto o percepito, con un desiderio
ancora
piú ardente e trattenendo a stento l’impazienza, aspetto che
tu tolga la mano che mi copre e che mi infonda la grazia che
illúmina,
cosicché finalmente, almeno ogni tanto, secondo il responso
della
tua verità, morto a me stesso e con la volontà di vivere
per te, io cominci a vedere scopertamente il tuo volto e a perdermi in
te in séguito a questa visione.
[GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY, La contemplazione
di Dio,
Ed. Piemme, Casale Monferrato, 1997, pp. 62-64]
(4/2002)
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