Ti ho mostrato, carissima figliola, come la colpa non si possa scontare degnamente in questa vita con veruna pena, che si subisca puramente come pena. Si ha invece punizione sufficiente quando la pena viene sopportata col desiderio, con l’amore e con la contrizione del cuore, non per virtù della pena, ma del desiderio dell’anima, allo stesso modo che il desiderio ed ogni altra virtù traggono valore e vita soprannaturale da Cristo crocifisso, mio Figliuolo unigenito, in quanto che l’anima ha tratto da lui l’amore e con virtù segue le sue vestigia.
Solo in questo modo le pene hanno valore e non per altro; così soddisfano alla colpa col dolce ed unitivo amore acquistato nella dolce cognizione della mia bontà, insieme ad amarezza e contrizione di cuore, le quali scaturiscono dal conoscere se stessi e le proprie colpe. Tale cognizione genera odio e dispiacere, sia del peccato come della propria sensualità, onde l’uomo si reputa degno delle pene e indegno del frutto della redenzione.
Cosicché, mi diceva la dolce Verità, tu vedi come per la contrizione del cuore, unita all’amore della vera pazienza e alla vera umiltà, i peccatori, reputandosi degni della pena e indegni del frutto, sopportano con umiltà e pazienza; così si ha la riparazione necessaria.
Tu mi chiedi pene in espiazione delle offese, che mi sono fatte dalle mie creature, e domandi di conoscere ed amare me, che sono somma Verità. La via per giungere a conoscere e gustare perfettamente me, vita eterna, è che tu non esca mai dal vero conoscimento di tè stessa; e se tu ti abbasserai nella valle dell’umiltà, conoscerai me in te. Da questa conoscenza trarrai quanto ti è necessario.
Nessuna virtù può avere in sé vita, se non dalla carità; l’umiltà poi è balia e nutrice della carità. Nella conoscenza di te stessa ti umilierai, vedendo che tu non esisti per virtù tua, ma il tuo essere viene da me, che vi ho amati prima che veniste all’esistenza, e che volendovi di nuovo creare alla grazia, per l’amore ineffabile che vi ho portato, vi ho lavato e creato un’altra volta nel sangue dell’Unigenito mio Figliuolo, sparso con tanto fuoco d’amore.
Questo sangue fa conoscere la verità a colui che s’è levata  la nuvola dell’amor proprio col conoscere se stesso, poiché in altro modo non la conoscerebbe. Allora l’anima si accenderà nel conoscimento di me con un amore ineffabile, per il quale sta in continua pena, che non è tale da affliggere o disseccare l’anima, che anzi la impingua; ma avendo conosciuto la mia verità, la sua colpa, l’ingratitudine e cecità del suo prossimo,  prova pena intollerabile, e si duole appunto perché mi ama; perché se ella non mi amasse, non si dorrebbe.
Subito poi che tu e gli altri miei servi avrete conosciuto nel modo suddetto la mia verità, vi converrà sopportare fino alla morte molte tribolazioni, ingiurie e rimproveri, in parole e a fatti, per gloria e lode del mio nome; e così tu pure porterai e patirai pene.
Tu dunque e gli altri miei servi sopportate con vera pazienza, con dolore della colpa e con amore della virtù, per gloria e lode del mio nome. Così facendo, io rimetterò le colpe tue e degli altri miei servi, in maniera tale che le vostre pene saranno sufficienti per virtù della carità, a ottenere la soddisfazione ed il merito, in voi e negli altri. In voi riceverete il frutto di vita, saranno distrutte le macchie delle vostre ignoranze , ed Io non mi ricorderò più che voi mi offendeste. Agli altri darò il perdono a cagione della vostra carità ed affetto, nella misura dovuta alle loro disposizioni. 

[SANTA CATERINA DA SIENA, Il dialogo della Divina provvidenza, cap. IV, Ed. Cantagalli, Siena, 2001, pp. 32-34]
 

(4/2004)

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