Juan Donoso Cortes
Lettera al Cardinale Fornari
(sugli errori del nostro tempo)
ripresa dal sito Totus Tuus
Il Cardinal Fornari richiese questa "lettera" in preparazione del Sillabo
Parigi, 19 giugno 1852
Eminentissimo signore:
Prima di sottomettere all'alto giudizio dell'Eminenza Vostra
Reverendissima le brevi considerazioni che ebbe la bontà di
chiedermi con la sua lettera del maggio scorso, mi sembra conveniente
segnalare anzitutto i limiti che io stesso mi sono imposto nella
redazione di queste note.
Tra gli errori contemporanei non c'è alcuno che non si risolva
in una eresia; e tra le eresie contemporanee non ce n'è alcuna
che non si risolva in un'altra, già condannata ab antiquo dalla
Chiesa.
Negli errori passati, la Chiesa ha condannato gli errori presenti e
quelli futuri. Identici tra loro quando vengano considerati nella loro
natura e nella loro origine, gli errori offrono, tuttavia, lo
spettacolo di una varietà portentosa quando vengano considerati
nelle loro applicazioni. Il mio proposito oggi è di considerarli
nelle applicazioni piuttosto che nella loro natura e origine.
Voglio esaminarli dal punto di vista politico e sociale piuttosto che
da quello religioso; per ciò che hanno di vario piuttosto che
per ciò che hanno di identico; e infine per ciò che hanno
di mutevole anziché per ciò che hanno di assoluto.
Due potenti considerazioni mi hanno spinto a prendere questa strada,
l'una determinata da circostanze mie personali e l'altra dal carattere
proprio del secolo in cui viviamo. Per quel che mi riguarda, ho creduto
che nella mia qualità di diplomatico e di uomo pubblico dovessi
esimermi dal trattare le delicate questioni riguardanti la nostra fede
e i dogmi. Per quel che riguarda il secolo in cui viviamo basta
guardarlo per persuadersi che ciò che lo rende così
tristemente famoso fra tutti i secoli non è tanto l'arroganza
nel proclamare teoricamente le sue eresie ed i suoi errori, quanto
l'audacia satanica che mette nell'applicare alla società
presente le eresie e gli errori in cui caddero i secoli passati.
Ci fu un tempo in cui la ragione umana, compiacendosi di folli
speculazioni, si mostrava soddisfatta di sé quando era riuscita
ad opporre una negazione ad una affermazione nelle sfere intellettuali,
un errore ad una verità nelle idee metafisiche, una eresia ad un
dogma nelle sfere religiose. Oggi questa stessa ragione non rimane
soddisfatta se non scende alle sfere politiche e sociali, per turbare
tutto, facendo sbocciare, come per incanto, da ogni errore un
conflitto, da ogni eresia una rivoluzione e da ognuna delle sue superbe
negazioni una catastrofe gigantesca.
L’albero dell'errore sembra giunto oggi alla sua maturità
provvidenziale. Piantato dalla prima generazione di audaci eresiarchi.
irrigato poi da altre e altre generazioni, si è vestito di
foglie ai tempi dei nostri nonni, di fiori ai tempi dei nostri padri, e
oggi sta davanti a noi e alla portata della nostra mano carico di
frutta. I suoi frutti devono essere maledetti con una maledizione
speciale, come lo furono nei tempi antichi i fiori che lo adornarono,
le foglie che lo ricoprirono, il tronco che lo sostenne e gli uomini
che lo piantarono.
Non voglio dire con questo che ciò che è stato condannato
una volta non debba esserlo nuovamente : soltanto che mi sembra sotto
ogni punto di vista necessaria una condanna speciale, conforme alla
speciale trasformazione che sotto i nostri occhi si è fatta
degli antichi errori nel secolo presente; e che in ogni caso, questo
aspetto della questione è l'unico per il quale io riconosca di
avere un certo genere di competenza.
Scartate così le questioni puramente teologiche, ho fissato la
mia attenzione su quelle altre che, sebbene teologiche nella loro
origine e nella loro essenza, si sono mutate, in virtù di
trasformazioni lente e successive, in questioni politiche e sociali. E
pure tra queste mi sono visto costretto, per eccesso di occupazioni e
mancanza di tempo, a scartare quelle che mi sono sembrate meno gravi,
sebbene abbia creduto mio dovere toccare alcuni punti sui quali non
sono stato consultato.
Per gli stessi motivi di mancanza di tempo mi è stato
impossibile rileggere i libri degli eresiarchi moderni, per poter
indicare le proposizioni che devono essere combattute e condannate.
Tuttavia, meditando attentamente su questo particolare, sono arrivato a
convincermi che ciò era più necessario nei tempi passati
che nei presenti, essendoci tra gli uni e gli altri, se si guarda bene,
questa notevole differenza : che nel passato gli errori stavano solo
nei libri, cosicché, non cercandoli in essi, non potevano
incontrarsi in nessuna altra parte, mentre ai giorni nostri l'errore
non sta solo nei libri, (ma anche fuori di essi: sta nei libri, nelle
istituzioni, nelle leggi, nei giornali, nei discorsi, nelle
conversazioni, nelle aule, nei circoli, nei focolari, nel foro, in
ciò che si dice ed in ciò che si tace.
Gli errori contemporanei sono infiniti; ma tutti, a ben guardare, hanno
origine e fine in due negazioni supreme: una relativa a Dio, l'altra
relativa all'uomo.
La società nega che Dio abbia cura delle sue creature, e che
l'uomo sia concepito nel peccato. L'orgoglio sussurra due cose all'uomo
dei nostri tempi, ed egli crede ad entrambe : che non ha macchia e che
non ha bisogno di Dio; che è forte e bello. Per questo lo
vediamo insuperbito del suo potere ed innamorato della sua bellezza.
Supposta la negazione del peccato originale, si nega, tra l'altro : che
la vita temporale sia una vita d'espiazione; che il mondo nel quale si
vive debba essere una valle di lacrime: che la luce della ragione sia
fiacca e vacillante: che la volontà umana sia inferma; che il
piacere ci sia stato dato come tentazione; che il dolore sia un bene.
se lo si accetta, per un motivo soprannaturale, con una accettazione
volontaria; che il tempo ci sia stato dato per la nostra
santificazione; che l'uomo abbia bisogno di essere santificato.
Supposte queste negazioni si afferma, tra le tante altre cose: che la
vita temporale ci è stata data per elevarci con i nostri propri
sforzi, attraverso un progresso indefinito, alle più alte
perfezioni ; che il mondo, nel quale si trascorre questa vita.
può e deve essere radicalmente trasformato dall'uomo ; che la
ragione umana, essendo sana, può raggiungere tutte le
verità, nessuna eccettuata, e quindi che non è
verità quella che la ragione non afferra; che non c'è
altro male se non quello che la ragione considera tale, né altro
peccato se non quello che la ragione ci dice esser peccato, e
cioè che non c'è altro male né altro peccato se
non il male e il peccato filosofico; che la volontà umana
essendo retta di per sé stessa non ha bisogno di essere
rettificata; che dobbiamo sfuggire il dolore e cercare il piacere; che
il tempo ci è stato dato per goderlo, e che l'uomo è
buono e sano di per se stesso.
Queste negazioni e affermazioni rispetto all'uomo ci conducono ad altre
negazioni e affermazioni analoghe rispetto a Dio. Supporre che l'uomo
non sia caduto nel peccato originale significa negare, e si nega, che
l'uomo sia stato redento. Supporre che l'uomo non sia stato redento
significa negare, e si nega, il mistero della Redenzione e della
Incarnazione, il dogma della personalità esteriore del Verbo e
il Verbo stesso. Supporre l'integrità naturale della
volontà umana, da una parte, e non riconoscere, dall'altra,
l'esistenza di altro male e di altro peccato che il male ed il peccato
filosofico, significa negare, e si nega, l'azione santificante di Dio
sull'uomo, e con essa il dogma della personalità dello Spirito
Santo. Da tutte queste negazioni deriva la negazione del dogma sovrano
della Santissima Trinità, pietra angolare della nostra fede e
fondamento di tutti i dogmi cattolici.
Da qui ha origine un vasto sistema di naturalismo, che è la
contraddizione radicale, universale, assoluta di tutte le nostre
credenze. Noi cattolici crediamo e professiamo che il peccatore ha
continuamente bisogno di soccorso e che Dio glielo concede perennemente
per mezzo di una assistenza soprannaturale, opera meravigliosa del suo
immenso amore e della sua misericordia infinita. Per noi il
soprannaturale è l'atmosfera del naturale : vale a dire,
ciò che. senza farsi sentire, circonda e a un tempo stesso
sorregge il peccatore.
Tra Dio e l'uomo c'era un abisso insondabile : il Figlio di Dio si fece
uomo, e riunendo in sé le due nature, colmò l'abisso. Tra
il Verbo Divino, Dio e uomo a un tempo stesso, e l'uomo peccatore,
c'era tuttavia una immensa distanza; e Dio, per accorciare questa
immensa distanza, mise tra suo Figlio e la sua creatura la Santissima
Vergine, la donna senza peccato. Ma tra la donna senza peccato e l'uomo
peccatore la distanza era ancora grande; e Dio, nella sua misericordia
infinita, mise tra la Vergine Santissima e l'uomo peccatore i santi
penitenti.
Come non ammirare un così grande, sovrano, meraviglioso,
perfetto sistema! Al più grande peccatore è sufficiente
stendere la mano colpevole per incontrare chi lo aiuti a risalire,
scalino per scalino, dall'abisso del suo peccato fino alle cime del
cielo.
E tutto ciò non è altro che la forma visibile ed
esteriore, e, come esteriore e visibile, fino a un certo punto
imperfetta, degli effetti meravigliosi di quell'aiuto soprannaturale
con il quale Dio soccorre l'uomo, perché cammini con piede
sicuro per l'aspro sentiero della vita. Per formarsi un'idea di questo
soprannaturalismo meraviglioso è necessario penetrare con gli
occhi della fede in più alte e recondite regioni; è
necessario mettere gli occhi sulla Chiesa, mossa perpetuamente
dall'azione segretissima dello Spirito Santo; è necessario
penetrare nel segretissimo santuario delle anime e vedere come la
grazia di Dio le sollecita e le cerca, e come l'anima umana tende il
suo orecchio a quel divino richiamo, o lo rifiuta, ed in che modo
s'intavola e si prosegue continuamente tra la creatura ed il suo
Creatore un tacito colloquio; è necessario vedere, d'altra
parte, ciò che fa, che dice, e che cerca nell'anima umana lo
spirito delle tenebre, e come l'anima va e viene, e si agita e si
affanna tra due eternità, per immergersi alfine, o nelle regioni
della luce o in quelle delle tenebre.
È necessario guardare e vedere al nostro fianco l'angelo
custode, come alita con soffio leggero perché non ci molestino i
pensieri importuni, e come guida i nostri passi per non farci cadere.
È necessario meditare sulla Storia e vedere la meravigliosa
maniera con la quale Dio, a sua maggior gloria e per il bene dei suoi
eletti, regola e domina gli avvenimenti umani, senza che l'uomo cessi
di esser padrone delle sue azioni. È necessario vedere come nei
momenti opportuni permette guerre e conquiste, e come riordina e
rappacifica tutto in un momento, abbattendo i guerrieri e annientando
l'orgoglio dei conquistatori; come permette che si innalzino tiranni
contro un popolo peccatore, e come consente che i popoli ribelli siano
qualche volta la sferza dei tiranni; come riunisce le tribù,
separa le caste, o disperde le genti; come dà e toglie a suo
piacimento gli imperi dalla terra, come li abbatte, e come li innalza
fino alle nuvole. È necessario vedere, infine, come gli uomini
camminano perduti e ciechi in questo labirinto della Storia, che le
generazioni umane vanno costruendo, senza che nessuno sappia dire ne
qual è la sua struttura, né ove si trova la sua entrata,
né quale è la sua uscita.
Tutto questo vasto e splendido sistema del soprannaturale, chiave
universale ed universale spiegazione delle cose umane, è
implicitamente o esplicitamente negato da coloro che affermano
l'immacolato concepimento dell'uomo: e quelli che oggi affermano ci non
sono soltanto alcuni filosofi, ma i governatori dei popoli, le classi
influenti della società, ed anche la stessa società,
avvelenata dal veleno di questa eresia perturbatrice.
Qui sta la spiegazione di tutto ciò che vediamo e tocchiamo, ed
alla quale siamo giunti attraverso questa serie di argomenti. Se la
luce della nostra ragione non è stata oscurata, essa è
sufficiente, senza l'ausilio della fede, a scoprire la verità.
Se la fede non è necessaria, la ragione è sovrana e
indipendente. I progressi della verità dipendono dai progressi
della ragione, questi dal suo esercizio, che consiste nella
discussione; dunque la discussione è la vera legge fondamentale
delle società moderne e l'unico crogiolo in cui si separano,
dopo fuse, le verità dagli errori.
Da questo principio hanno la loro origine la libertà della
stampa, l'inviolabilità della tribuna, e la sovranità
reale delle assemblee deliberanti. Se la volontà dell'uomo non
è inferma, le basta il fascino del bene per seguirlo senza
l'ausilio soprannaturale della grazia. Se l'uomo non ha bisogno di
questo aiuto, non ha nemmeno bisogno che i sacramenti e le orazioni
glielo procurino; se l'orazione non è necessaria, è
oziosa; se è oziosa, è tale pure la vita contemplativa;
se la vita contemplativa è oziosa e inutile, allora lo sono
anche la maggior parte delle comunità religiose. Questo serve a
spiegare perché, dove sono penetrate queste idee, sono state
soppresse quelle comunità. Se l'uomo non ha bisogno dei
sacramenti, non ha bisogno nemmeno di chi glieli amministri : e se non
ha bisogno di Dio, non ha bisogno nemmeno dei suoi mediatori.
Da qui il disprezzo e la proscrizione del sacerdozio, ove queste idee
hanno messo radici. Il disprezzo del sacerdozio si risolve ovunque nel
disprezzo della Chiesa, e questo nel disprezzo di Dio.
Negata l'azione di Dio sopra l’uomo e aperto di nuovo tra il Creatore e
la sua creatura un abisso insondabile, da quel momento pure la
società si allontana istintivamente dalla Chiesa allo stesso
modo. Perciò, lì dove Dio è relegato nel cielo, la
Chiesa - relegata nel santuario ; e, al contrario, lì dove
l'uomo vive soggetto al dominio di Dio, egli si assoggetta anche
naturalmente ed istintivamente al dominio della Chiesa. Tutti i secoli,
il presente e i passati, attestano e comprovano questa verità.
Scartato così tutto ciò che è soprannaturale e
convertita la religione in un vero deismo, l'uomo che non ha bisogno
della Chiesa, confinata nel suo santuario, né di Dio, legato al
suo cielo come Encelado alla sua roccia, rivolge i suoi occhi verso la
terra e si consacra esclusivamente al culto degli interessi materiali.
Questa è l'opera dei sistemi utilitaristici, delle grandi
espansioni commerciali, della febbre dell'industria, dell'arroganza dei
ricchi e dell'impazienza dei poveri. Tale stato di ricchezza materiale
e d'indigenza religiosa è sempre seguito da una di quelle
catastrofi gigantesche che la tradizione e la Storia incidono
indelebilmente nella memoria degli uomini Per scongiurarla i prudenti e
gli abili si riuniscono in consiglio; ma l'uragano, che si avventa
mugghiando, disperde violentemente i loro consigli trascinandoli via
insieme alle loro suppliche.
È assolutamente impossibile, quando si è relegata la
Chiesa nel santuario e Dio nel cielo, impedire il propagarsi delle
rivoluzioni e l'avvento delle tirannie, fenomeni analoghi,
poiché ambedue si risolvono nella dominazione della forza.
L'intento di riempire il grande vuoto che l'assenza della Chiesa e di
Dio lascia nella società con una specie di distribuzione
artificiale ed equilibrata dei Poteri pubblici, è pazza
presunzione ed intento vano; simile al tentativo di colui che, venendo
a mancare gli spiriti vitali, volesse riprodurre a forza d'industria, e
con mezzi puramente meccanici. i fenomeni della vita. Poiché
né la Chiesa né Dio sono una forma, non c'è forma
alcuna che possa occupare il grande vuoto che lasciano quando si
ritraggono dalle società umane. Ed al contrario, non c'è
alcuna specie di governo che sia essenzialmente pericolosa quando Dio e
la sua Chiesa si muovono liberamente, purché gli siano amici i
costumi e favorevoli i tempi.
Certe scuole affermano che il cattolicesimo è favorevole al
governo delle moltitudini; altre, che impedisce l'avvento della
libertà e favorisce l'espansione delle grandi tirannidi. Ambedue
le accuse sono false e peregrine. Dove si può trovare una
assurdità maggiore della prima, quando il cattolicesimo è
perennemente rivolto a condannare le ribellioni ed a santificare
l'obbedienza come dovere comune a tutti gli uomini? Dove si può
trovare una assurdità maggiore della seconda, quando il
cattolicesimo è l'unica religione della terra che ha insegnato
alle genti che nessun uomo ha diritto sull'uomo, perché ogni
autorità viene da Dio; che nessuno sarà grande se non si
fa piccolo ai propri occhi; che le potestà sono istituite a fin
di bene; che comandare significa servire, che il principato è un
ministero, e di conseguenza un sacrificio? Questi principi rivelati da
Dio e mantenuti in tutta la loro integrità dalla santa Chiesa,
costituiscono il Diritto pubblico di tutte le nazioni cristiane. Questo
Diritto pubblico è l'affermazione perpetua della vera
libertà; perché esso è da
Un lato la perpetua negazione, la condanna continua del diritto dei
popoli di lasciare l'obbedienza per la ribellione, e dall'altro la
negazione del diritto dei prìncipi di convenire la loro
potestà in tirannide. La libertà consiste precisamente
nella negazione di questi diritti, ed è talmente indivisibile da
questa negazione che con essa la libertà è certa, senza
di essa impossibile. L'affermazione della libertà e la negazione
di questi diritti sono, se ben si guarda, la stessa cosa, espressa in
termini diversi e in diversa maniera. Ne consegue che il cattolicesimo
non soltanto non è amico delle tirannie e delle rivoluzioni, ma
che solo lui le ha negate; non soltanto che non è nemico della
libertà, ma che solo lui ha scoperto in quella stessa negazione
l'indole propria della vera libertà.
Né è meno assurdo supporre, come fanno alcuni, che la
santa religione che professiamo e la Chiesa che la possiede e la
predica, arrestino e guardino con indifferenza alla libera espansione
delle ricchezze pubbliche, alla buona soluzione delle questioni
economiche e all'aumento degli interessi materiali; perché se
è certo che la religione non si propone di fare i popoli
potenti, ma felici, ne gli uomini ricchi, ma santi, non è meno
certo che uno dei suoi nobili e grandi insegnamenti consiste nell'aver
rivelato all'uomo il suo compito provvidenziale di trasformare tutta la
Natura e di metterla al proprio servizio per mezzo della sua fatica.
Quello che la Chiesa cerca è un certo equilibrio tra gli
interessi materiali, morali e religiosi ; e che in questo equilibrio
ogni cosa stia al proprio posto e che ci sia posto per ognuna di esse.
Per ultimo la Chiesa vuole che il primo posto sia occupato dagli
interessi morali e religiosi e che quelli materiali vengano dopo. E
questo non solo perché lo esigono le nozioni più
elementari dell'ordine, ma anche perché la ragione ci dice e la
Storia ci insegna che tale priorità, condizione necessaria di
quell'equilibrio, è l'unica che possa sicuramente scongiurare le
grandi catastrofi, pronte sempre a sorgere lì dove la
preponderanza o l'aumento esclusivo degli interessi materiali mette in
moto le grandi concupiscenze.
Ci sono altri che; persuasi, da una parte, della necessità
dell'aiuto della nostra santa religione e della nostra santa Chiesa, ma
timorosi, dall'altra, di sottomettersi al suo giogo - il quale se
è soave per l'umiltà è pesantissimo per l'orgoglio
umano – perché il mondo non perisca vorrebbero una transazione,
accettando dalla religione e dalla Chiesa alcune cose e respingendo
altre che ritengono esagerate. Costoro sono tanto più pericolosi
in quanto assumono un certo sembiante d'imparzialità, proprio
per ingannare e sedurre le genti; con ciò si fanno giudici del
campo, obbligano a comparire davanti a loro l'errore e la
verità, e con falsa moderazione cercano tra i due non so quale
impossibile mezzo termine. La verità, questo è certo,
è solita trovarsi e si trova in mezzo agli errori; ma tra la
verità e l'errore non c'è nessuna via di mezzo, tra
questi due poli opposti, non c'è nulla se non un immenso vuoto.
Colui che si pone in questo vuoto è tanto lontano dalla
verità quanto colui che è nell'errore: nella
verità si trova solo colui che si abbraccia alla religione.
Questi sono i principali errori degli uomini e delle classi ai quali
è toccato in questi tempi il triste privilegio del governo delle
nazioni. Girando lo sguardo dall'altra parte, e posandolo su coloro che
avanzano reclamando la grande eredità del governo, la ragione si
turba e l'immaginazione si confonde perché ci troviamo davanti
ad errori ancora più dannosi e abominevoli. È degno di
osservazione, tuttavia, vedere che questi dannosissimi errori non sono
altro che la conseguenza logica, e come tale inevitabile, degli errori
sopra accennati.
Supposto l'immacolato concepimento dell'uomo, e con esso la bellezza
integrale della natura umana. alcuni hanno chiesto a se stessi ;
perché, se la nostra ragione è luminosa e la nostra
volontà retta ed eccellente, non debbono esser pure
eccellentissime le nostra passioni, che stanno dentro di noi come la
volontà e la ragione? Altri si chiedono: perché se la
discussione è buona come mezzo per arrivare alla verità,
e: devono essere cose sottratte alla sua sovrana giurisdizione? Altri
non riescono a capire perché la libertà di pensiero, di
volere e di operare non deve essere assoluta. Coloro che si dedicano
alle controversie religiose si propongono di accertare perché,
se Dio non è buono nella società, gli si concede il
Cielo, e perché, se la Chiesa non serve a niente, le si deve
consentire il santuario. Altri si domandano perché, essendo
indefinito il progresso verso il bene, non si debba dare libero corso
ai desideri della concupiscenza e trasformare quella valle di lacrime
in un giardino di delizie. I filantropi si mostrano scandalizzati
nell'incontrare un povero per la strada, non riuscendo a capire come un
povero, essendo così misero, possa essere uomo, né come
l'uomo, essendo così bello, possa essere povero. Tutti
però convengono, senza alcun dissenso, nella necessità
imperiosa di sovvertire la società, di sopprimere i governi, di
dividere le ricchezze e di troncare di colpo le istituzioni umane e
divine.
C'è ancora, sebbene sembri impossibile, un errore che, non
essendo nemmeno tanto detestabile considerato in sé, è
tuttavia più grave degli altri per le sue conseguenze:
cioè credere, come molti fanno, che questi errori non nascano
necessariamente ed inevitabilmente dagli altri. Se la società
non si libera rapidamente da questi errori, e non condanna gli uni come
conseguenza, e gli altri come premesse, con una condanna radicale e
sovrana, la società, umanamente parlando, è perduta.
Chi leggerà l'imperfettissimo elenco che ho fatto di questi
errori atroci, osserverà che alcuni di essi conducono a una
assoluta confusione e anarchia, mentre altri per la loro realizzazione
rendono necessario un dispotismo di proporzioni inaudite e gigantesche.
Corrispondono alla prima categoria quegli errori che si riferiscono
all'esaltazione della libertà individuale ed alla violentissima
distruzione di tutte le istituzioni; corrispondono alla seconda quegli
altri che suppongono una ambizione organizzatrice. Nelle scuole si
chiamano socialisti in generale quei settari che diffondono i primi, e
comunisti quello che diffondono i secondi. Ciò che i primi
cercano, soprattutto, è la espansione illimitata della
libertà individuale, a spese della autorità pubblica
soppressa : mentre al contrario, i secondi puntano alla completa
soppressione della libertà umana e all’espansione gigantesca
dell'autorità dello Stato. La formula più completa della
prima di queste dottrine si trova negli scritti di Girardin e
nell'ultimo libro di Proudhon. Il primo ha scoperto la forza
centrifuga, ed il secondo la forza centripeta della società
futura governata dalle idee socialiste, per le quali essa
obbedirà a due movimenti contrari. Uno di repulsione, prodotto
dalla libertà assoluta. un altro di attrazione, prodotto dal
turbine dei contrasti. L'essenza del comunismo consiste nella confisca
di tutte le libertà e di tutte le cose a vantaggio dello Stato.
La mostruosità di lutti questi errori sociali proviene dalla
mostruosità degli errori religiosi nei quali hanno la loro
spiegazione e origine. I socialisti non si accontentano di relegare Dio
in cielo, ma, andando oltre, fanno professione pubblica di ateismo e lo
negano decisamente. Supponendo la negazione di Dio, fonte e origine di
ogni autorità, la logica esige la negazione assoluta
dell'autorità stessa. La negazione della paternità
universale porta con sé la negazione della paternità
domestica; la negazione dell'autorità religiosa porta per
conseguenza la negazione dell'autorità politica. Rimasto l'uomo
senza Dio, il suddito rimane senza re, ed il figlio senza padre.
Per quel che riguarda il comunismo mi sembra evidente la sua
provenienza dalle eresie panteiste e da. tutte le altre imparentate con
esse. Se tutto è Dio e Dio è tutto, Egli è, in
primo luogo, democrazia e moltitudine; gli individui, atomi divini e
niente più, escono dal tutto che perpetuamente li genera, per
tornare al tutto, che perpetuamente li riassorbe. In questo sistema,
ciò che non è tutto non è Dio, anche se è
partecipe della divinità; e ciò che non è Dio,
è nulla, perché non c'è nulla fuori di Dio, che
è tutto. Da ciò, il superbo disprezzo dei comunisti per
l'uomo e la negazione insolente della libertà umana.
Da ciò, quelle aspirazioni immense ad un dominio universale per
mezzo della futura demagogia, che deve estendersi per tutti i
continenti, fino a toccare gli ultimi confini della terra. Da
ciò, quella furia insensata con la quale si propone di
confondere e distruggere tutte le famiglie, tutte le classi, tutti i
popoli, tutte le razze umane.
Da questo oscurissimo e sanguinosissimo caos deve uscire un giorno il
Dio unico, vincitore di tutto ciò che è vario; il Dio
universale, vincitore di tutto ciò che è particolare; il
Dio eterno, senza principio e senza fine; vincitore di tutto ciò
che nasce e muore. Questo Dio è la demagogia, quella annunciata
dagli ultimi profeti, l'unico sole del futuro firmamento, quella che
verrà portata dalla tempesta, coronata di raggi e servita dagli
uragani. Questo è il vero tutto, il vero Dio armato di un solo
attributo, l'onnipotenza, e vincitore delle tré grandi debolezze
del Dio cattolico: la bontà, l’amore e la misericordia. Chi non
riconoscerà in questo Dio Lucifero, il Dio dell'orgoglio?
Quando si considerino attentamente queste abominevoli dottrine è
impo'-ibile non ravvisare in esse il segno misterioso, ma visibile. che
gli errori debbono avere nei tempi apocalittici. Se un religioso timore
non impedisse di gettare uno sguardo su quei tempi tremendi, non mi
sarebbe difficile dimostrare con precise argomentazioni la tesi che il
grande impero anticristiano sarà un colossale impero demagogico,
retto da un popolano di satanica grandezza, che sarà l'uomo del
peccato.
Dopo aver considerato in generale i principali errori di questi tempi,
e aver dimostrato compiutamente che tutti hanno origine in qualche
errore religioso, mi sembra non solo conveniente- ma anche necessario,
scendere ad alcune esemplificazioni che dovranno mettere ancora
più in chiaro la dipendenza che c'è tra gli errori
religiosi e quelli politici e sociali.
Così, per esempio, mi sembra cosa fuor di dubbio che tutto
ciò che riguarda il governo di Dio sull'uomo riguarda nello
stesso grado e modo i Governi istituiti nelle società civili. Il
primo errore religiose. in questi ultimi tempi, è stato il
principio della indipendenza e della sovranità della ragione
umana. A questo errore religioso corrisponde il politico, che consiste
nell'affermare la sovranità dell'intelligenza : perciò
tale sovranità è stata il fondamento universale del
Diritto pubblico nelle società investite dalle prime
rivoluzioni. Da essa hanno origine le Monarchie parlamentari, con il
loro censo elettorale, la divisione dei Poteri, la libertà di
stampa e la inviolabilità della tribuna parlamentare.
Il secondo errore è relativo alla volontà, e consiste,
per quel che riguarda l'ordine religioso, nell'affermare che la
volontà, retta di per sé, non ha bisogno, per operare il
bene, né del richiamo né dell'impulso della grazia. A
questo errore nell'ordine religioso corrisponde nel politico
l'affermazione che ogni volontà è retta, cosicché
nessuna volontà deve essere governata, e ciascuna deve essere
direttrice. Su questo principio si fonda il suffragio universale ed ha
origine il sistema repubblicano.
II terzo errore si riferisce agli appetiti, e consiste nell'affermare,
per quel che riguarda l'ordine religioso, che, supposto l'immacolato
concepimento dell'uomo, i suoi appetiti sono eccellenti. A questo
errore religioso corrisponde in politica l'affermazione che tutti i
Governi devono ordinarsi a un solo fine, e cioè alla
soddisfazione di tutti i desideri. Su questo principio sono fondati
tutti i sistemi socialisti e demagogici, che oggi combattono per il
potere e che potranno raggiungerlo al più presto se le cose
seguiranno il loro corso naturale per la china su cui sono avviate.
In questa maniera l'eresia perturbatrice, che da una parte nega il
peccato originale, e dall'altra la necessità per l'uomo di una
direzione divina, conduce prima all'affermazione della sovranità
dell'intelligenza, poi all'affermazione della sovranità della
volontà, e, per ultimo, alla affermazione della sovranità
delle passioni; cioè, a tre sovranità perturbatrici.
Per sapere ciò che si afferma o si nega del governo nelle cose
politiche, basta vedere ciò che si afferma o si nega di Dio
nelle cose religiose. Quando in queste prevale un vago deismo, si
afferma che Dio regna su tutto il creato, ma si nega che lo governi. In
questi casi nelle cose politiche prevale la massima parlamentare che il
re regna ma non governa.
Quando si nega l'esistenza di Dio si nega tutto del Governo, persino la
sua esistenza. In questi periodi di maledizione sorgono e si propagano
con spaventosa rapidità le idee anarchiche delle scuole
socialiste.
Per ultimo, quando l’idea della divinità e quella della
creazione si confondono fino al punto di affermare che le cose create
sono Dio. e che Dio è l'universalità delle cose create,
allora il comunismo prevale nelle cose politiche, come il panteismo
nelle religiose; e Dio, stanco di soffrire. abbandona l'uomo in balia
degli abietti e abominevoli tiranni.
Girando lo sguardo verso la Chiesa, mi sarà facile dimostrare
che essa è stata oggetto degli stessi errori, i quali conservano
sempre la medesima indistruttibile identità, quando si applicano
a Dio o turbano la sua Chiesa, o scompigliano le società civili.
La Chiesa può essere considerata in due maniere diverse: in se
stessa, come una società indipendente e perfetta, che ha in
sé quanto le abbisogna per operare senza imbarazzo e per
muoversi con scioltezza; e nella sua relazione con le società
civili e con i Governi della terra.
Considerata dal punto di vista del suo organismo interiore, la Chiesa
si è vista nella necessità di resistere alla grande
irruzione di dannosissimi errori, dei quali, si badi bene, i più
pericolosi sono quelli che si dirigono contro l'istituzione che forma
la sua meravigliosa e perfetta unità, e cioè il
Pontificato, pietra fondamentale del prodigioso edificio. Nel numero di
questi errori c'è quello in virtù del quale si nega al
Vicario di Gesù Cristo in terra la successione unica e
indivisibile del potere apostolico in ciò che ebbe d'universale,
supponendo che i vescovi siano i suoi coeredi. Questo errore, se
potesse prevalere, introdurrebbe la confusione e lo sconcerto nella
Chiesa del Signore, convertendola, per la molteplicità del
Pontificato, che è l'autorità essenziale, indivisibile,
incomunicabile, in una aristocrazia turbolentissima. Lasciandogli
l'onore di una vana presidenza e togliendogli la giurisdizione reale ed
il governo effettivo, il Sommo Pontefice, sotto l'impero di questo
errore, rimane relegato inutilmente in Vaticano, come Dio, sotto
l'impero dell'errore deista, rimane relegato inutilmente in cielo, e,
come il re, sotto l'impero dell'errore parlamentare, resta relegato
inutilmente nel suo trono.
Coloro che non accettano l'impero della ragione, di per sé
aristocratica, e preferiscono quello della volontà, di per
sé democratica, incappano nel presbiterianesimo, che è la
Repubblica della Chiesa, come cadono nel suffragio universale, che
è la Repubblica nelle società civili.
Quelli che, innamorati della libertà individuale, l’esagerano
fino al punto di proclamare la sua onnipotente sovranità e la
distruzione di tutte le istituzioni repressive, vanno a cadere, per
quel che riguarda l'ordine civile, nella società contrattuale di
Proudhon, e per quel che riguarda la religione, nella ispirazione
individuale, proclamata come un dogma da alcuni fanatici settari nello
guerre religiose di Inghilterra e di Germania.
Per ultimo, i sedotti dagli errori panteistici vanno a finire,
nell'ordine ecclesiastico, alla sovranità indivisa delle
moltitudini dei fedeli ; nell'ordine divino alla deificazione di tutte
le cose; e nell'ordine civile alla costituzione della sovranità
universale ed assorbente della massa.
Tutti questi errori relativi all'ordine gerarchico stabilito da Dio
stesso nella sua Chiesa, importantissimi nel campo speculativo, perdono
gran parte della loro importanza all’atto pratico per l'assoluta
impossibilità che essi hanno di prevalere in una società
che le divine promesse mettono al coperto dai danni che la minacciano.
II contrario succede con quegli altri errori che concernono le
relazioni tra la Chiesa e la società civile, tra il sacerdozio e
l’Impero, errori che in altri tempi furono tanto potenti da turbare la
pace dei popoli e che ancora oggi valgono, se non a impedire
l'espansione irresistibile della Chiesa nel mondo, almeno a crearle
impacci e ostacoli ed a ritardare il giorno in cui i suoi confini
saranno i confini stessi della terra.
Questi errori sono di varie specie, secondo che si affermi che la
Chiesa è uguale allo Stato, o che gli è inferiore, o che
non ha nulla in comune con esso, o che non serve a nulla. La prima
è l'affermazione propria dei realisti più moderati; la
seconda dei realisti più ardenti; la terza dei rivoluzionari,
che assumono come premessa iniziale dei loro argomenti la conseguenza
più estrema dei realisti. L'ultima affermazione è dei
socialisti e dei comunisti, cioè di tutte le scuole radicali, le
quali prendono a premessa dei loro argomenti l'estrema conseguenza
della scuola rivoluzionaria.
La teoria dell'uguaglianza tra la Chiesa e lo Stato da occasione ai
più moderati realisti per proclamare di natura laicale
ciò che è di natura mista, e di natura mista ciò
che è di natura ecclesiastica, dovendo per forza ricorrere a
tali usurpazioni per costituire con esse la dote e il patrimonio che lo
Stato apporta in questa società ugualitaria. In questo sistema,
quasi tutti i punti possono essere oggetto di discussione, e tutto
ciò che è discutibile si risolve in transazioni; secondo
esso, è di diritto comune il permesso di usare delle Bolle e dei
Brevi apostolici, come pure la vigilanza, l'ispezione e la censura,
esercitata sulla Chiesa in nome dello Stato.
La teoria dell'inferiorità della Chiesa rispetto allo Stato da
occasione ai realisti ardenti di proclamare il principio delle Chiese
nazionali, il diritto della potestà civile di revocare i patti
concordati con il Sommo Pontefice, di disporre per sé dei beni
della Chiesa e, per ultimo, di governare la Chiesa con decreti e leggi
sanciti nelle assemblee deliberanti.
La teoria, poi, in base alla quale la Chiesa non ha nulla in comune con
lo Stato fa sì che la scuole rivoluzionaria proclami la
separazione assoluta tra Stato e Chiesa; e, come conseguenza forzosa di
questa separazione, proclami il principio che il mantenimento del clero
e la conservazione del culto debbano essere esclusivamente a carico dei
fedeli.
L'errore con cui si afferma che la Chiesa non serve a nulla,
costituisce la negazione della Chiesa stessa, e quindi da per risultato
la soppressione violenta dell'ordine sacerdotale per mezzo di un
decreto, che è naturalmente sanzionato con una persecuzione
religiosa.
Da ciò che si è detto si vede che questi errori non sono
che la riproduzione di quelli che abbiamo già visti in altre
sfere. Di modo che, come la coesistenza della Chiesa e dello Stato da
luogo ad affermazioni e negazioni erronee, così ad analoghe
affermazioni e negazioni erronee da luogo, nell'ordine politico, la
coesistenza della libertà individuale e dell'autorità
pubblica; nell'ordine morale, la coesistenza del libero arbitrio e
della grazia; nell'intellettuale, la coesistenza della ragione e della
fede; nello storico, la coesistenza della Provvidenza divina e della
libertà umana; e nelle più alte sfere della speculazione,
con la coesistenza dell'ordine naturale e del soprannaturale, la
coesistenza di due mondi.
Tutti questi errori, nella loro natura identici, anche se varii nelle
loro applicazioni, producono disgraziatamente gli stessi risultati. Se
si applicano alla coesistenza della libertà individuale e
dell'autorità pubblica producono la guerra, l'anarchia e le
rivoluzioni nello Stato. Se hanno per oggetto il libero arbitrio e la
grazia, cagionano anzitutto la discordia e la guerra interna, quindi,
l'esaltazione anarchica del libero arbitrio e poi la tirannide delle
concupiscenze nel cuore dell'uomo. Se si applicano alla ragione e alla
fede, causano dapprima la guerra tra di esse. poi il disordine,
l'anarchia e la vertigine nell'intelligenza umana. Se si applicano
all'intelligenza dell'uomo e alla Provvidenza di Dio, producono tutte
le catastrofi di cui sono seminati i campi della Storia. Infine se si
applicano alla coesistenza dell'ordine naturale e del soprannaturale,
allora l'anarchia, la confusione e la guerra dilagano dappertutto.
Da ciò che si è detto si vede che, in ultima analisi
tutti questi errori, pur nella loro varietà quasi infinita, si
risolvono in uno solo, vale a dire nell'aver disconosciuto e falsato
l'ordine gerarchico, immutabile per sua natura, che Dio ha stabilito
nelle cose. Questo ordine è posto nella superiorità
gerarchica di tutto ciò che è soprannaturale su tutto
ciò che è naturale; e, di conseguenza, nella
superiorità gerarchica della fede sulla ragione, della grazia
sul libero arbitrio, della Provvidenza divina sulla libertà
umana e della Chiesa sullo Stato. Per dirlo chiaramente e in una sola
frase, nella superiorità di Dio sull'uomo.
Il diritto reclamato dalla fede di illuminare la ragione e di guidarla
non è una usurpazione, ma una prerogativa conforme alla sua
natura eccelsa. Al contrario, la pretesa reclamata dalla ragione di
indicare alla fede i suoi limiti ed i suoi dominii, non è un
diritto, ma una pretesa ambiziosa, contraria alla natura inferiore e
subordinata della ragione stessa. La sottomissione alle segrete
ispirazioni della grazia è conforme all'ordine universale,
perché non è che la sottomissione alle sollecitazioni
divine e ai divini richiami. Al contrario, il disprezzo e la negazione
della grazia, la ribellione contro di essa, pongono il libero arbitrio
in uno stato interiore di miseria e in uno stato esteriore di
ribellione contro lo Spirito Santo. Il dominio assoluto di Dio sui
grandi avvenimenti storici che Lui opera e permette è una sua
prerogativa incomunicabile, come se la Storia fosse lo specchio in cui
Dio guarda esteriormente i suoi disegni.
Così, al contrario; la pretesa dell'uomo di essere egli stesso
causa degli avvenimenti e tessitore della trama meravigliosa della
Storia, è una pretesa insostenibile, giacché egli da solo
non può fare altro che tessere la trama di quelle delle sue
azioni che sono contrarie ai divini comandamenti, ed aiutare a tessere
la trama di quelle altre che sono conformi alla volontà divina.
La superiorità della Chiesa sulle società civili è
una cosa conforme alla retta ragione, la quale ci insegna che il
soprannaturale è sopra la natura e il divino sopra l'umano: ed
al contrario, ogni aspirazione da parte dello Stato ad assorbire la
Chiesa, o a separarsene, o a prevalere su di essa o ad eguagliarla,
è una aspirazione anarchica, piena di catastrofi e causa di
conflitti.
Dalla restaurazione di questi princìpi eterni dell'ordine
religioso, politico e sociale, dipende esclusivamente la salvezza delle
società umane. Questi princìpi, però, non possono
essere restaurati se non da chi li conosce, e nessuno li conosce fuori
dalla Chiesa cattolica; il suo diritto d'insegnare a tutte le genti,
trasmessole dal suo Fondatore e Maestro, non poggia solo in questa
origine divina, ma è giustificato anche da quel principio della
retta ragione, secondo il quale l'ignorante deve imparare e chi
più sa deve insegnare.
Di modo che seppure la Chiesa non avesse ricevuto dal Signore questo
sovrano magistero, sarebbe comunque autorizzata ad esercitarlo per il
solo fatto di essere la depositaria degli unici principi che hanno la
segreta e meravigliosa virtù di mantenere tutte le cose in
ordine e in armonia, e di mettere in tutte le cose ordine e armonia.
Affermare che la Chiesa ha il diritto d'insegnare è legittimo e
ragionevole, ma è una affermazione incompleta se non si
asserisce allo stesso tempo che il mondo ha il diritto di esser
istruito dalla Chiesa. Senza dubbio, le società civili sono in
possesso di quella tremenda libertà che le lascia arbitro anche
di non elevarsi agli altissimi monti delle verità eterne, e di
scivolare dolcemente fino a cadere nell'abisso attraverso i rapidi
pendii degli errori; la questione consiste nell'accertare se può
dirsi che eserciti un diritto colui che, persa la ragione, commette un
atto di pazzia; o, per dirlo più brevemente, se eserciti un
diritto colui che rinuncia a tutti i diritti per mezzo del suicidio.
La questione dell'insegnamento, agitata in questi ultimi tempi tra gli
universitari ed i cattolici francesi, non è stata affrontata da
questi ultimi nei suoi veri termini, e la Chiesa universale non
può accettarla nei termini sui quali è basata. Supposta,
da una parte, la libertà dei culti, e dall'altra le circostanze
particolarissime della nazione francese, è cosa chiarissima che
i cattolici francesi non potevano reclamare altro per la Chiesa se non
la libertà che ivi è di diritto comune, e poteva quindi
servire da difesa e da rifugio alla verità cattolica. Peraltro,
il principio della libertà d'insegnamento, considerato in se
stesso, e fatta astrazione dalle circostanze speciali nelle quali
è stato proclamato, è un principio falso e non
accettabile dalla Chiesa cattolica. Essa non può ammettere la
libertà d'insegnamento senza mettersi in aperta contraddizione
con tutte le sue dottrine. Infatti, proclamare che l'insegnamento deve
essere libero significa proclamare l'inesistenza di una verità
già conosciuta che deve essere insegnata, che la verità
non è stata ancora trovata e che la si può trovare
attraverso un'ampia discussione di tutte le opinioni. Proclamare che
l'insegnamento deve essere libero è come proclamare che la
verità e l'errore hanno uguali diritti. Orbene: la Chiesa
professa da un lato che la verità esiste senza bisogno di
cercarla, e dall'altro che l'errore nasce e muore senza diritti, e che
soltanto la verità è in possesso del diritto assoluto. La
Chiesa, quindi, pur ammettendo la libertà, lì dove non
ammetterla è impossibile, non può considerarla come
termine dei suoi desideri, ne salutarla come unico limite delle sue
aspirazioni.
Tali sono le indicazioni che credo mio dovere segnalare intorno ai
più perniciosi errori contemporanei. Da un tale esame imparziale
risultano, a mio giudizio, dimostrate due cose : la prima, che tutti
gli errori hanno una stessa origine e uno stesso scopo; la seconda, che
considerati nel loro scopo e nella loro origine, sono tutti errori
religiosi. È talmente certo, che la negazione di uno solo degli
attributi divini porta il disordine in tutte le sfere e mette in
pericolo di morte le società umane.
Se, per mia fortuna, queste indicazioni non sembrassero alla Eminenza
Vostra del tutto oziose, oserei pregarla di sottoporle a Sua
Santità, unitamente all'umile omaggio di profondissima
venerazione e di altissimo rispetto che come cattolico professo per la
Sua Sacra persona, per i Suoi giudizi infallibili e per le Sue sentenze
inappellabili.
Dio conceda lunga Vita a Vostra Eminenza.
Il marchese di Valdegamas
settembre 2014
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