Scismatici ed eretici?

Un’accusa contro la Fraternità San Pio X

Prima parte



Articolo di Don Jean-Michel Gleize, FSSPX

Prima parte
Seconda parte


Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X

La Porte Latine

Fonte: Courrier de Rome, n° 674, aprile 2024





Altare della Cappella Notre Dame du Carmel



Atto di origine

1. L’atto di nascita della Fraternità San Pietro – e più in generale delle comunità dette di «tendenza tradizionale» - è inscritto nel Motu proprio Ecclesia Dei adflicta del 2 luglio 1988, che dichiara lo scisma di Mons. Lefebvre e lo condanna perché si sarebbe fatta «una incompleta e contraddittoria nozione della Tradizione» (1) e perché si sarebbe rifiutato di riconoscere «la continuità del Concilio Vaticano II con la Tradizione» (2).
Le dette Comunità sono quindi congenitamente condannate a denunciare lo stesso presunto scisma e a condannare la stessa presunta nozione incompleta e contraddittoria di Tradizione. Sono congenitamente condannate a farlo, per l’atto stesso della loro fondazione, pena la cessazione di essere ciò che sono e per tutto il tempo in cui affermano di essere uscite dalle misure prese da Giovanni Paolo II nel Motu proprio che ha dato loro il nome. Ed esse, altrettanto congenitamente, sono destinate a «evidenziare la continuità del Concilio con la Tradizione» (3).


Un predeterminismo teologico?

2. Non c’è da stupirsi, quindi, se in questi ultimi tempi il sito «Claves» della Fraternità San Pietro abbia sentito il dovere di denunciare una supposta mancanza di ecclesialità nella Fraternità San Pio X. In questi ultimi tempi: cioè da quasi tre anni, dopo alla pubblicazione del motu proprio Traditionis custodes
Il mantenimento dei privilegi concessi da Giovanni Paolo II richiederebbe una rinnovata professione di non lefebvrismo? In ogni caso, vediamo che padre de Blignières si è dato da fare per dimostrare che l’episcopato dei vescovi della Fraternità non sarebbe cattolico, insistendo sull’accusa di scisma (4).
Ed ecco che, l’estate scorsa (5), Don Hilaire Vernier, della Fraternità San Pietro, ha denunciato a sua volta «il vicolo cieco del sedevacantismo», ovviamente con un rimprovero implicito rivolto alla Fraternità San Pio X.
La conclusione dell’articolo ha la forma schietta di una torta alla crema: l’attitudine di Mons. Lefebvre e dei suoi continuatori è implicitamente stigmatizzata come un «sedevacantismo occulto, teorico o pratico», che porterebbe inevitabilmente a “un vero ecclesiovacantismo”. Infatti, «non è solo la sede di Pietro ad essere vacante da più di 50 anni, ma è la Chiesa cattolica stessa che ha cessato di essere ciò che era essenzialmente fin dalla sua fondazione!» Torta alla crema, nel senso che la violenza oltraggiosa dell’espressione dissimula male l’inconsistenza degli argomenti avanzati.
Prima di valutarne l’inconsistenza cominciamo con l’esaminare questi argomenti di per sé.


L’analisi teologica della Fraternità San Pietro

3. L’analisi di Don Vernier (6) pretende di presentarsi con un certo rigore, poggiato su delle distinzioni pertinenti e prendendo atto «di una grande diversità» […] «sull’oggetto dell’attaccamento e dell’obbedienza alla gerarchia ecclesiastica a partire dal concilio Vaticano II». Egli distingue tra coloro per i quali (posizione 1) «l’obbedienza ben compresa (o virtuosa, che esclude da sé la sottomissione agli abusi di potere) alla gerarchia è un principio fermo, anche in tempi di crisi»; e coloro per i quali lo stesso principio rimane in teoria ma non si applica nei fatti. Questi secondi di dividono ancora in due tendenze, a seconda che la detta non applicazione si giustifica ai loro occhi sia perché la gerarchia continua ad esistere quantunque sia alla base di una crisi (posizione 2), sia perché la gerarchia ha cessato di esistere (posizione 3) o quantomeno ha cessato di detenere il potere di giurisdizione (posizione 4).


Quarta posizione

4. La posizione 1, viene precisato, «è quella delle Comunità tradizionali rimaste legate alla Sede di Pietro (talvolta chiamate Comunità Ecclesia Dei)».

5. La posizione 4 è quella di coloro che Don Vernier indica, con un neologismo azzeccato, come «sedeprivazionisti» o «sedeprivatisti», che secondo l’uso seguito a Ecône erano designati finora come sedevacantisti mitigati. Si tratta di coloro che considerano che «il Papa – benché «apparentemente» (materialmente) Papa – in realtà non è investito dell’autorità che gli compete, in ragione di un rifiuto tacito del suo incarico, per difetto di intenzione di governare o di istruire cattolicamente la Chiesa (perché non ne cercherebbe il bene comune). Anche se la posizione è così riassunta in maniera un po’ rapida, si saranno riconosciuti i sostenitori della tesi detta di Cassiciacum, messa a punto a suo tempo dal Reverendo Padre (divenuto poi monsignore) Guérard des Lauriers, e che in maggioranza sono raggruppati nell’Istituto Mater Boni Consilii (7).

6. La posizione 3 è quella di coloro che Don Vernier indica come «sedevacantisti» e che secondo l’uso seguito a Ecône venivano indicati come sedevacantisti stretti. Si tratta di coloro che considerano che «la Sede apostolica è vacante, per alcuni dal 1965 (chiusura del concilio Vaticano II), per altri dalla elezione di Paolo VI o di Giovanni XXIII.
Questa posizione si basa su diversi motivi, che a seconda dei (numerosi) gruppi, sono «invalidità dei nuovi riti di ordinazione; eresie professate dal magistero del Vaticano II o dai Papi posteriori; eresia formale del candidato eletto al Sommo pontificato». Si tratta fra le altre della posizione oggi difesa da Maxence Hecquard nel suo ultimo libro: La crise de l’autorité dans l’Eglise – Les papes de Vatican II sont-ils légitimes ?, Edizioni Pierre-Guillaume de Roux, 2019, nuova edizione aumentata, 2023. Concezione già presentata nel 1990 dalla signorina Myra Davidoglou, principale redattrice del bollettino La Voi.


7. Resta la posizione 2. Don Vernier la descrive come quella di «certe Comunità tradizionali» che «considerano che l’obbedienza alla gerarchia ecclesiastica, che si manifesta tra l’altro con un riconoscimento canonico (l’integrazione ufficiale della loro Comunità nella gerarchia ecclesiastica) non deriva dalla fede nella Chiesa, ma invece dalla sua disciplina, che non è uno scopo in sé e se ne può uscire in caso di necessità.
Così che i loro membri affermano che per rimanere fedeli all’integralità della Rivelazione è necessario sottrarsi in pratica alla sottomissione abitualmente dovuta alla gerarchia ecclesiastica (Papa e Ordinari del luogo: vescovi diocesani) per esercitare pubblicamente un ministero sacerdotale».
Ed aggiunge che «molti di loro per giustificare una tale posizione arrivano a considerarsi come i soli detentori, almeno “ad interim”, della Tradizione, ritenendo che la gerarchia l’abbia abbandonata e che coloro che vi si sottomettono siano almeno complici di tale abbandono e non si mettono in condizione di fare la necessaria denuncia (8).
Chi scrive dovrebbe vedere in questo la posizione della Fraternità San Pio X? Ma essa non viene nominata. Don Vernier si limita a dire che questa posizione è «di fatto paragonabile a nostro avviso a quella dei sedeprivatisti, anche se i loro membri si vantano verbalmente di riconoscere il Papa e di pregare per lui o di accettare la sua giurisdizione per conferire l’assoluzione sacramentae» (9).
A credergli, questa posizione 2 sarebbe quindi una variante della posizione 4.


Una radice comune

8. Il caro reverendo ci gratifica in seguito di un bel richiamo teologico sulla indefettibilità e la perpetuità della Chiesa, richiamo su cui del resto nessuno troverà alcunché da ridire, e poi conclude che, ad eccezione della posizione 1, tutte le altre posizioni elencate «si oppongono alla fede nell’indefettibilità della Chiesa, poiché si riconducono ad un sedevacantismo occulto […] negano la necessità della giurisdizione ordinaria presente nella Chiesa, supponendo che Cristo supplisca direttamente a tutto ciò che è necessario, senza passare per il Papa e la gerarchia – come se queste istituzioni non fossero concretamente sempre necessarie» (10).

9. Giungendo alla fine della sua riflessione, Don Vernier mette in evidenza quelli che secondo lui sarebbero i presupposti radicali della tesi del sedevacantismo occulto. «A dispetto delle apparenze, non vi è più un Papa o un Papa investito della sua autorità pontificale, da più di sei decenni. Di conseguenza non vi è più successione apostolica formale, unità di governo ed esercizio della vera giurisdizione vincolante, vero magistero (per difetto di intenzione per gli uni, di soggetto per gli altri), veri cardinali che possono eleggere un vero Papa. Per peggiorare il tutto, in questo vicolo cieco, i soli sacramenti certamente validi nella Chiesa latina sono il matrimonio e il battesimo (a causa delle riforme liturgiche dei riti, o a causa dei dubbi sulle intenzioni dei Papi che hanno approvato tali cambiamenti)».

10. E’ a questo punto, nella nota 7, che il nostro autore fa infine allusione alla Fraternità San Pio X, rinviando al nostro articolo «Tous douteux (II) [Tutti dubbiosi] pubblicato nel Courrier de Rome del marzo 2023, da cui riporta la seguente citazione (n° 10): «E’ così che bisogna comprendere ciò che ha detto Mons. Lefebvre nel corso della cerimonia delle consacrazioni del 30 giugno 1988. Parlando dei vescovi conciliari, egli ha dichiarato che i loro sacramenti sono tutti dubbi» e la ragione che ne ha dato è che «non si sa esattamente quali sono le loro intenzioni». Precisamente, le loro intenzioni sono dubbie nella misura esatta in cui i nuovi riti riformati da Paolo VI sono dubbi. Noi sappiamo che vi è un dubbio, riguardante la validità, per i due sacramenti dell’estrema unzione e della cresima, a causa della materia. Vi è anche un dubbio per il sacramento dell’Eucarestia, per la Messa, a causa dell’ambiguità del nuovo rito, che può falsare l’intenzione del celebrante. Quanto al sacramento dell’Ordine, la problematica, se ve n’è una, è analoga a quella della Messa: la sua validità può essere giudicata solo caso per caso per specifiche celebrazioni».


Breve esame critico

11. In un secondo articolo (11), Don Vernier ritorna sul dogma dell’indefettibilità della Chiesa e intende dare la valutazione teologica che queste diverse posizioni meritano, in quanto presuppongono alla loro radice comune il detto sedevacantismo occulto. Questa valutazione si basa su tre argomenti che portano tutti alla conclusione che la tesi incriminata si oppone alla visibilità della Chiesa e quindi alla sua stessa natura, e quindi anche alla sua indefettibilità.

12. Conformemente alla stessa volontà di Dio, la Chiesa è una società perfetta e visibile.
Questa visibilità passa quindi necessariamente per quella di una gerarchia e dei suoi atti, che sono la predicazione delle verità di fede (derivante dal potere di Magistero), il governo dei fedeli (derivante dal potere di Giurisdizione) e l’amministrazione dei sacramenti (derivante dal potere dell’Ordine).
Il sedecantismo occulto nega questa visibilità nella misura in cui nega la realtà del triplice potere gerarchico – almeno così come appare – e nega parallelamente la validità dell’amministrazione dei sacramenti.
«La Chiesa» - dice il nostro autore - «non può essere governata solo da Cristo indipendentemente dalla gerarchia, o attendere indefinitamente un intervento miracoloso per essere restaurata: i suoi poteri di santificazione (sacramenti), di insegnamento (magistero) e di governo (giurisdizione ordinaria) devono essere conservati. Così, il sedevacantismo occulto e le posizioni che vi si richiamano esplicitamente o implicitamente conducono alla totale sparizione della Chiesa come società perfetta e visibile».
Questa visibilità sociale dell’ecclesialità universale non potrebbe essere realizzata da delle comunità che mantengono le suddette posizioni, da un lato perché esse non lo pretendono e dall’altro perché in esse in appaiono le note che devono attestarla.
La Chiesa visibile «non è neanche identificata da questi gruppi con le proprie comunità – più o meno ristrette. Inoltre è evidente che nessuna di esse ha le quattro note proprie della Chiesa: unità, santità, cattolicità, apostolicità; e nessuna ha un cardinale nominato dal vero Papa, e neanche un vescovo legittimamente ordinato e nominato».

13. D’altra parte, per riprendere l’espressione del nostro confratello della Fraternità San Pio X, Don Alvaro Calderon (12), «la non notorietà è qualcosa di notorio», e oggi è manifesto che la grande maggioranza dei cattolici psicologicamente equilibrati e dottrinalmente ben formati non considerano che i Papi abbiano cessato di essere Papi. Tale è l’argomento che vorrebbe far valere qui Don Vernier: la tesi del sedevacantismo occulto è improbabile, sia in quanto sedevacantismo sia in quanto occulto. «Il sedecantismo occulto equivale ad affermare che un fatto così eclatante come la vacanza della Sede apostolica è ignorato dalla quasi unanimità dei fedeli e dalla totalità dei vescovi attuali».
Il che è un altro modo di negare la visibilità della Chiesa.


14. Infine, - questo è il terzo e ultimo argomento – la pacifica accettazione dell’elezione di un Papa costituisce da parte della Chiesa universale un segno sufficientemente probante, contro il quale la tesi del sedevacantismo occulto non potrebbe rimanere valido.
«Il sedevacantismo occulto e le tesi che vi si richiamano sono di conseguenza ugualmente contrarie  alla dottrina cattolica della pacifica accettazione da parte della Chiesa universale come segno oggettivo e visibile dell’occupazione del Seggio di Pietro da parte di un vero Papa investito dell’autorità suprema per tutta la Chiesa. La pacifica accettazione universale significa che quando tutti vescovi legittimi della Chiesa riconoscono una persona come Papa, questi è il Papa legittimo: è impossibile che tutti i Pastori della Chiesa riconoscano, unanimamente, senza notevoli contestazioni, un antipapa».
Il nostro reverendo non ha alcuna difficoltà a rifarsi qui a sostegno delle sue affermazioni ai riferimenti più incontestabili dell’ecclesiologia: il cardinale Louis Billot e il cardinale Charles Journet.

15. In breve, l’argomentazione ruota interamente attorno a questa idea della visibilità della Chiesa, voluta da Dio attraverso la visibilità del suo Capo, il vescovo di Roma, Vicario di Gesù Cristo. La tesi del sedevacantismo occulto vi si oppone in tre modi: direttamente, in quanto nega la realtà di una gerarchia visibile; indirettamente, in quanto postula ciò di cui nessuno ha l’evidenza in seno alla Chiesa; e in quanto contraddice ciò di cui tutti hanno l’evidenza in seno alla stessa Chiesa.

16. La conclusione finale del nostro reverendo assume quindi la forma indicata sopra: il sedevacantismo occulto, pratico o teorico, rappresenta «una posizione contraria alla Rivelazione», una posizione «contraria alla fede nell’indefettibilità della Chiesa, nella sua unità, nella sua perennità, nella sua visibilità». Essa conduce «a un vero ecclesiovacantismo», in quanto negando la realtà visibile del Papa, per ciò stesso nega la realtà visibile della Chiesa. Negazione che, dal punto di vista di quello che sarebbe lo stato d’animo o l’attitudine psicologica dei suoi difensori, si caratterizza per «una irreparabile mancanza di realismo, di spirito di gradazione e di analogia, e di fiducia nella promessa di Cristo».

17. Una posizione contraria alla Rivelazione, contraria alla fede nei principali dogmi dell’ecclesiologia: propriamente parlando non è una posizione eretica? Dato che l’eresia si definisce esattamente come la negazione o la semplice messa in dubbio di una verità rivelata da Dio e proposta come tale dal Magistero della Chiesa, che le dà il valore di un dogma.
Il nostro Don Vernier non lo dice, ma questo risulta necessariamente dalle sue considerazioni: la tesi del sedevacantismo occulto, come la presenta lui, rappresenta né più né meno che un’eresia.
E la Fraternità San Pio X, di cui egli dice chiaramente – sia pure nella nota 7 – che basa la sua posizione sui presupposti radicali di questo «sedevacantismo occulto» farebbe poggiare tutta la sua attitudine su una tesi eretica, contraria alla fede nella indefettibilità della Chiesa.

18. Già agli occhi del Padre de Blignières noi eravamo dei veri scismatici (13). Ed ecco che adesso sotto la penna di un prete della Fraternità San Pietro siamo designati come dei veri eretici.



NOTE

1 – Motu proprio Ecclesia Dei adflicta, n° 4.
2 – Motu proprio Ecclesia Dei adflicta, n° 5.
3 – Motu proprio Ecclesia Dei adflicta, n° 5.
4 -  Si vedano i numeri di luglio agosto, ottobre e novembre 2022 del Courrier de Rome.
5 – Sulle pagine 13-19 luglio 2023 del sito « Claves », con un articolo in due parti, intitolato: « Une Eglise sans Pape ? (1) et (2) »
6 - « Une Eglise sans Pape ? (1) » sulla pag del 13 luglio del sito « Claves ».
7 - Don Vernier le identifica come tali nella nota 6 di « Une Eglise sans Pape ? (2) » sulla pag del 19 luglio del site « Claves ».
8Une Eglise sans Pape ? (1) » sulla pag del 13 luglio del sito « Claves ».
9 - « Une Eglise sans Pape ? (1) » sulla pag del 13 luglio del sito « Claves ».
10 - « Une Eglise sans Pape ? (1) » sulla pag del 13 luglio del sito « Claves ».
11 - « Une Eglise sans Pape ? (2) » sulla pag del 19 luglio del sito « Claves ».
12 - E’ il parere dato da Don Calderon in Le Sel de la terre, n° 47 (inverno 2003–2004), pp. 73–74.
13 - Si vedano i numeri di luglio-agosto, ottobre e novembre 2022 del Courrier de Rome.





Don Jean-Michel Gleize è professore di apologetica, di ecclesiologia e di dogma al Seminario San Pio X di Ecône. E’ il principale redattore del Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali fra Roma e la Fraternità San Pio X tra il 2009 e il 2011.




 
aprile 2024
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