IL LIBERISMO, OSSIA L’ANARCHIA DI DESTRA

SECONDA PARTE



di Don Curzio Nitoglia

Prima parte
Seconda parte


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Materialismo liberista e socialista

L’unica grande differenza che si scorge tra liberal/liberismo e materialismo storico-dialettico social/comunista è che vi sono due tipi di materialismo: l’uno, più grossier per i proletari e l’altro, più radical-chic per i capitalisti; ma entrambe le filosofie su cui si fondano sono false e conseguentemente lo sono anche le loro conclusioni economiche: il più non viene dal meno.

Inoltre, mentre il liberismo è animato da una forte propensione all’ingiustizia sociale, fondandosi sull’egoismo individualista; il social/comunismo dice di voler la giustizia sociale ma in realtà produce la miseria più nera, basandosi sull’odio, l’invidia e la gelosia tra le classi sociali.

Tra i due sistemi v’è una diversità accidentale e un’opposizione relativa come tra individualismo e collettivismo, con una sostanziale somiglianza quanto al primato dell’economia e del benessere materiale.

Pierre Lemieux chiama i liberisti “lasciar-faristi” (Du libéralisme à l’anarcho-capitalisme, cit., p. 21) e si potrebbe aggiungere: “lasciar-affaristi”, poi si pone la domanda retorica se si possa passare dal liberalismo all’anarchia e risponde citando Raymond Ruyer, il quale asserisce che “il vero anarchismo è il liberismo realizzato, mentre il socialismo si ferma al sentimentalismo e a metà strada” (Eloge de la société de la consommation, Parigi, Calmann-Lévy, 1969, p. 267).

Robert Nozick (Anarchy, State and Utopia, New York, Basic Books, 1974, pp. 290-292) radicalizza la teoria dello Stato “guardia-notturna” dei liberali classici del XIX secolo, teorizzando lo “Stato minimo” o la “mini-archia” e critica la democrazia come un falso liberalismo, che rende l’individuo schiavo della maggioranza, ossia della massa.

Infatti, mentre il liberalismo significa la libertà di tutti e di ciascuno, la democrazia non è la libertà del popolo ma è il potere della massa sull’individuo, di tutti su ciascuno; invece la vera libertà è quella dell’Individuo assoluto (“absolutus/sciolto”) da ogni ente e da ogni legge (Dio e la morale naturale oggettiva) e anche dalla maggioranza.

Il liberale, seguendo Alexis de Tocqueville, oppone la libertà dell’Individuo assoluto al potere del popolo o della massa e in ciò è profondamente elitario e anti-democratico. Dall’élite della nobiltà, egli passa all’élite del capitale (1) da quando il capitalista americano ha rimpiazzato il sacerdote/filosofo/cavaliere medievale.

Il liberismo, perciò, critica il democratismo di Rousseau come illiberale (2) . Infatti, secondo la democrazia moderna rousseauiana la maggioranza ha il potere di far tutto ciò che vuole ed è essa stessa fonte di “diritto”.

Emile Faguet, un critico letterario liberale dell’inizio del XX secolo, ha scritto: “Il liberale crede alla Libertà dell’Individuo assoluto, il democratico al potere della maggioranza, che può opprimere la Libertà dell’Individuo assoluto, così il beneplacito della massa ha preso il posto del beneplacito del re” (Le Libéralisme, Parigi, Société Française d’Imprimerie et de Librairie, 1902, p. 249).

Robert Nozick riprende questo tema e aggiunge che “la natura della democrazia consiste nel potere o addirittura nel diritto di proprietà del popolo o della massa sull’individuo. La democrazia diventa, così, una vera dittatura della maggioranza, che è analoga a quella del proletariato” (Anarchy, State and Utopia, cit., p. 282).

Un altro liberale critico della democrazia è Benjamin Constant (De la liberté chez les Modernes, Parigi, Livre de poche, 1980, p. 491), il quale crede ai diritti dell’individuo e pone dei  limiti assai vasti allo Stato, che risulta uno “Stato limitato al solo castigo dei delitti e alla resistenza alle aggressioni, solo così l’esistenza dello Stato non ostacolerebbe la libertà dell’individuo”.

Pierre Lemieux spiega bene che il neo-liberalismo concepisce lo Stato come un’entità, la quale deve impedire che le libertà di un individuo non siano violate da un altro. Dunque, la libertà viene considerata dal liberalismo soltanto negativamente: come assenza di coercizione e non positivamente: come facoltà di scegliere i mezzi migliori per cogliere il fine, che è il bene e non può essere il male, poiché l’oggetto della libera volontà umana è solo il bene e, se per sbaglio essa fa il male, lo fa pensando di ottenere un bene apparente, mentre sceglie un male reale; per esempio, colui che s’impicca ritiene di ottenere finalmente la sua “felicità” (San Tommaso d’Aquino, S. Th., I, q. 83; De malo, q. 6, a. 1; De veritate, q. 22).


La statolatria assolutistica


Contro la statolatria assolutistica, la sana filosofia insegna che la Società non è Fine assoluto, in cui i cittadini sono ordinati alla Società come loro Fine ultimo; invece, è la società a essere ordinata al bene comune dei cittadini considerati in quanto uomini dotati di anima spirituale e fatti a “immagine e somiglianza di Dio” e quindi ontologicamente superiori alla società (“civitas propter homines et non homines propter civitatem”).

Contro l’individualismo liberale, la retta ragione insegna che l’autorità politica ha il dovere di difendere i diritti dei cittadini e che l’uomo considerato come cittadino è una parte della Società e quindi moralmente o politicamente inferiore a essa (“civis propter civitatem”). L’autorità politica non deve assorbire, ma proteggere i diritti della persona e della famiglia; essa interviene solo ove la famiglia e il privato non riescono ad andare avanti da soli (principio di sussidiarietà).

L’individuo come parte della Società o come cittadino è moralmente o socialmente subordinato al tutto (specie umana e società civile), ma la Società è metafisicamente subordinata alla persona umana razionale, libera e immortale, che tende ed è ordinata a Dio. Perciò, la Società deve aiutare e non impedire alla persona umana di tendere a Dio tramite la conoscenza e l’amore e non intralciarla con ordini ingiusti e falsi. Civis est propter civitatem, sed civitas est propter hominem.

Il bene del tutto (Società) è moralmente, socialmente o politicamente superiore al bene della parte della Società (cittadino), ma se la parte è considerata come uomo creato a immagine e somiglianza di Dio e ordinato a Lui, allora la persona umana ontologicamente è più nobile della Società di cui fa parte (3).

La sana filosofia rigetta sia il liberalismo, che dando valore assoluto alla persona umana la rende superiore allo Stato, sia la statolatria totalitaristica, che afferma la superiorità del bene politico sul Fine ultimo soprannaturale, per cui la politica e lo Stato sarebbero il Fine ultimo dell’uomo che, in questo modo, verrebbe privato dell’ordine soprannaturale in cambio dello Stato assoluto.

Inoltre, il liberismo rigetta l’apologo di Menenio Agrippa, secondo il quale: “Una volta le membra dell’uomo, costatando che lo stomaco se ne stava ozioso, ruppero gli accordi con lui e cospirarono dicendo che le mani non avrebbero portato cibo alla bocca, né che la bocca lo accettasse, né che i denti lo masticassero a dovere. Ma, mentre cercavano di domare lo stomaco, s’indebolirono anche loro stesse, e il corpo intero deperì. Di qui si vede come il compito dello stomaco non è quello di un pigro, ma che esso distribuisce il cibo a tutti gli altri organi. Fu così che le varie membra del corpo tornarono in amicizia tra loro e con lo stomaco. Così Senato e Popolo, come se fossero un unico corpo, deperiscono con la discordia, mentre con la concordia restano in buona salute” (Tito Livio, Ab Urbe condita, II, 32).

San Paolo, divinamente ispirato, ha ripreso la dottrina sociale di Menenio Agrippa narrata da Tito Livio e l’ha applicata alla società religiosa, ossia alla Chiesa: «Molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Né l’occhio può dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi […]. Anzi quelle membra che sembrano più umili sono le più necessarie. […]. Dio ha composto il corpo affinché non vi fosse disunione in esso, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro sta bene, tutte le altre gioiscono con lui» (1 Cor., XII, 4-20).

Benjamin Constant, invece, (De la liberté chez les Modernes, Parigi, Livre de poche, 1980, citato da P. Lemieux, Du libéralisme…, cit., p. 43) nega che la società civile possa essere paragonata al corpo umano e parla sdegnosamente di “antropomorfismo sociale”.

Lo stesso Pierre Lemieux scrive che “la società civile non ha nulla a che spartire con un organismo animato. La società è solo un insieme d’inter-relazioni tra individui, i cui fondamenti sono puramente soggettivi” (Du libéralisme …, cit., p. 52).

In più, la coercizione di cui parlano i filosofi neo-liberali è la sola violenza fisica, non quella psicologica, la quale è vera e propria “manipolazione mentale” (4)  e che viene esercitata in maniera massiccia nelle società liberali ed edonistiche moderne e contemporanee, tramite la propaganda e la pubblicità “pacifica” dei media, della musica rock, dei rotocalchi rosa, della televisione e ultimamente di certa internetica, che ha cambiato realmente e intrinsecamente la mentalità dell’uomo contemporaneo in maniera parossistica a partire dal 1968.


Libertà mentale e fisica

Ora, la libertà mentale o psicologica è molto più importante di quella fisica. Infatti, si può venire rinchiusi in un gulag e mantenere la propria identità culturale, spirituale e morale; mentre la si può perdere anche totalmente stando a casa propria, bombardato dalla propaganda psicologica.

Il totalitarismo comunista ha prodotto i martiri e i filosofi (v. Solgenitsin), mentre l’edonismo liberista produce normalmente abbrutiti mentali e morali “in interiore homine”, che si trovano fisicamente a piede libero.

Robert Nozick (Philosophy, Science and Method, New York, St. Martin Press, 1969, “Coercion”, p. 440-472) spiega che non si può pretendere ragionevolmente di essere vittima di coercizione o violenza se si viene influenzati pacificamente nel modo di agire, di non agire, di far questo o quello. La libertà per i neo-liberisti è, quindi, soltanto assenza di violenza fisica. La violenza liberale (per esempio, convincere che l’aborto è un diritto della donna a non accettare una gravidanza indesiderata; che la droga, il suicidio, l’eutanasia sono un diritto di ciascuno per evadere dalla realtà), pluralista, pacifica, psicologica è buona e lecita; mentre quella autoritaria, che impedisce fisicamente di farsi o fare del male al prossimo (per esempio, il padre che blocca il figlio, il quale sta tagliandosi le vene o sta drogandosi o spaccia la droga) è condannabile. La legge italiana proibisce ai dottori e agli infermieri di ricoverare in ospedale un uomo che ha tentato il suicidio, se costui anche semi-coscientemente chiede di non essere ricoverato.

Questa è la conclusione assurda cui giunge lucidamente il neo-liberismo anarchico e queste son le leggi che vigono nella nostra società, le quali sembrano campate in aria, mentre sono la conseguenza logica di princìpi contraddittori com’è contraddittorio il liberalismo, che scambia il mezzo (libertà) per il fine (Bene), mentre la sana logica c’insegna, per il principio evidente di “identità e non-contraddizione”, che “il mezzo = mezzo, il fine = fine e il mezzo ≠ il fine” (5).

Invece, per i neo-liberisti la libertà è ciò che l’individuo vuol fare e che la società non ha il diritto d’impedire. Secondo Benjamin Constant “la libertà è il trionfo dell’individualità sia sull’autorità sia sulle masse” (citato in P. Lemieux, Du libéralisme…, p. 76).

In breve, il liberalismo individualista è contro l’autorità e la società civile com’è concepita dalla retta ragione elevata a sana filosofia da Aristotele e da S. Tommaso e pure contro la democrazia in quanto dispotismo della maggioranza sull’individuo.

Attenzione, perciò, a non confondere liberalismo con democratismo, si può essere anti-democratici e liberali senza nessun problema. Henri Arvon (Les libertariens américains. De l’anarchisme individu l’anarcho-capitalisme, Parigi, PUF, 1983, p. 23) scrive: «Anche Max Stirner (1806-1856), riguardo alla Rivoluzione francese, sembra paradossalmente vicino al conservatorismo controrivoluzionario di E. Burke (Riflessioni sulla Rivoluzione francese), di de Bonald (Théorie du Pouvoir) e di J. de Maistre (Etude sur la souveranité)».

Lemieux, inoltre, mette bene a fuoco l’elemento soggettivista e cartesiano del liberalismo: “La spiegazione della società richiede un approccio soggettivista, Hayek pensava che le azioni umane sono quel che gli uomini pensano che siano e non ciò che sono oggettivamente in realtà, come ritenevano i metafisici. Così dev’essere dell’economia: la sua fecondità dipende da un approccio soggettivista a questa materia; il libero mercato è regolato dalle idee soggettive che gli uomini si fanno delle cose e del loro prezzo, che varia col variare delle opinioni umane” (Du libéralisme…, cit., p. 51).

Quindi, non è l’ordine e l’ordinatore o l’intelligenza ordinatrice a generare la libertà, ma è la libertà a generare l’ordine. Hayek - alla scuola di David Hume, John Locke, Adam Smith e Edmund Burke - è forse il maggior rappresentante di questa corrente che Pierre Lemieux definisce “società auto-regolatrice” (Du libéralisme…, cit., p. 55), ossia di un “ordine sociale spontaneo o auto-regolatore e non regolato o ordinato” (ibid., p. 57).

Come si vede, la dottrina kantiana della morale individuale autonoma e soggettivista è applicata da Hayek alla società (“lasciar fare, lasciar correre e tutto andrà per il meglio”); cioè, come per Kant non è Dio che dà la morale individuale oggettiva all’uomo, ma l’individuo è legge a se stesso; così, per Hayek non è Dio che regola la città o la società civile con una morale sociale naturale in quanto l’uomo per natura è animale razionale e socievole, ma l’individuo assoluto o sciolto da ogni legge e entità trascendente si autoregola spontaneamente e liberamente e da questa spontaneità nasce la società ideale e ordinata. In breve, dal meno perfetto viene il più perfetto per evoluzione darwiniana “spontanea” e “creatrice”. Ma, la società ideata da Hayek somiglia fortemente ai quadri di Picasso, ove l’individuo che si fa chiamare pittore, gettando spontaneamente e liberamente vernice qua e là, genera un disegno molto ben dis-ordinato.

Lo stesso Hayek riconosce che “i teorici liberali come Adam Smith († 1790) furono darwiniani prima ancora di Darwin († 1882)” (Studies in Philosophy, Politics and Economics, Londra, Routledge & Kegan, 1967, p. 104).

San Tommaso d’Aquino spiega magistralmente che l’ordine implica sempre il riferimento a un principio o causa ordinatrice; ossia la subordinazione di priorità e di posteriorità (cronologica e ontologica) richiede immancabilmente il rapporto a un primo che funge da principio (S. Th., II-II, q. 26, a. 1; In X Metaph., lez. 4). L’ordine non è un’invenzione della fantasia, un capriccio artificioso aggiunto alla natura della creazione, la quale dipende dall’Intelligenza ordinatrice (In VIII Phys., lez. 6; In III De Coelo, lez. 6). La natura creata di per sé contiene l’ordine alla Causa prima incausata che l’ha prodotta o creata ex nihilo, la quale - essendo l’Ordine stesso per essenza senza alcun disordine - agisce come è (“agere sequitur esse”)  e pone l’ordine nella sua creatura (S. Th.,I, q., 2, a. 3, ad 5; C. Gent., lib. II, cap. 44). “Ciò che Dio ha a cuore principalmente nelle cose create è l’ordine universale” (C. Gent., lib. III, cap. 64). Perciò “tutte le parti sono in funzione della totalità” (S. Th., I, q. 65, a. 2). Il dis-ordine è essenzialmente male o privazione di ordine e di bene (In I Sent., dist. 44, q. 1, a. 2, ad 5).  L’ordine è una finalità che Dio ha posto nelle creature e non è il frutto della libera spontaneità umana.

Se la democrazia moderna si rifà ai “Diritti del cittadino” (Rivoluzione francese, 1789), il liberismo britannico si rifà ai “Diritti dell’Individuo assoluto” (Rivoluzioni inglesi, 1649 e 1688). La Rivoluzione francese, per i neo-liberisti, rappresenta una degenerazione totalitaria della massa o della maggioranza sulla minoranza e sull’Individuo, mentre le Rivoluzioni britanniche e quella statunitense (1776) sarebbero la vera Rivoluzione libertaria dell’Individuo rispetto al governo o all’autorità e alla maggioranza o alla massa (cfr. R. Nozick, Anarchy, State and Utopia, cit., p. 9).

Nozick, seguendo Locke, ritiene che ogni individuo non solo è distinto da tutti gli altri, come insegnano Aristotele e S. Tommaso (“individuum est indivisum in se et divisum a quolibet alio”), ma che, addirittura, è separato dagli altri, è  a-sociale e deve vivere solo la sua vita individuale senza mescolarsi in società con gli altri.

Inoltre, secondo Nozick e i mini-archisti, la ragion d’essere, il fine della vita dell’individuo è l’Individuo stesso e non l’Essere trascendente. Quindi, l’individuo umano ha una dignità assoluta e inviolabile, ossia infinita, ma ciò significa scambiare la creatura con il Creatore. In breve l’individualismo liberale è una sorta di panteismo libertario.

Stando così le cose, lo Stato, Dio e la Chiesa sono enti che non esistono o non si sa se esistano e dei quali non bisogna preoccuparsi, bisogna vivere come se non esistessero. Si scorge qui la origine nominalista e occamista dell’individualismo liberale.


NOTE

1 - B. Leoni, Freedom and the Law, New York, Nostrand, 1961; 2a ed., Los Angeles, Nash Publishing, 1972, (qui citata) pp. 119-120; tr. it., Macerata, Liberilibri, 1995; cfr. A. Masala, Il liberalismo di Bruno Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003.
2 - Cfr. August Friedrich von Hayek, The Constitution of Liberty, Chicago, University of Chicago Press, 1960.
3 - R. Garrigou-Lagrange, Essenza e attualità del tomismo, Brescia, La Scuola, 1947, p. 39.
4 -  Cfr. Vladìmir Volkoff, nato a Parigi il 7 novembre 1932 da genitori russi, emigrati nel 1917; nel 1966 si è trasferito in America, è morto il 14 settembre 2005. Secondo Volkoff la disinformazione cerca di sostituire delle idee false, come se fossero buone, ad altre - che in realtà sono vere - fatte ritenere come cattive. Si tratta di un condizionamento della mentalità degli individui, delle famiglie, dei gruppi e dei popoli. Per esempio, al tempo di Gesù il sinedrio fece accettare alla folla la falsa idea che Gesù fosse un criminale sovversivo e irreligioso, così da chiederne la crocifissione. I cosiddetti mass media e la carta stampata sono un potente strumento di dis-informazione. Essi oramai sono in gran parte privati e non più nazionali e dipendono (oltre che dallo Stato, che ne mantiene ancora una certa proprietà) soprattutto da alcune organizzazioni non governative (Ong), che costituiscono un potere autonomo, fondato sulla ricchezza finanziaria, la quale influenza la vita sociale, politica e anche religiosa. La disinformazione, quindi, prima intossica con una falsità (per es., Cristo è un malfattore e un eretico) una persona o un gruppo, poi influenza il loro agire. Si condizionano, in tal modo, gli spiriti e le mentalità, tramite i ‘mezzi di comunicazione’ (il passa parola, oppure l’informazione pubblica stampata o audio-visiva), secondo il desiderio del ‘padrone’ di essi e così si fabbrica l’opinione pubblica. In lingua francese e italiana si può leggere: V. Volkoff, La désinformation arme de guerre, Parigi, Julliard, 1986; Id., Petite histoire de la désinformation. Du cheval de Troie à l’Internet, Parigi, éd. du Rocher, 1999; Id., Il Montaggio, Napoli, Guida, 1993; Id., Il Re, Napoli, Guida, 1989; Id., L’interrogatorio, Napoli, Guida, 1990.
5 - Anche F. A. von Hayek (The Constitution of Liberty, Chicago, University of Chicago Press, 1960, pp. 106-107) sostiene che la libertà e la felicità son garantite solo da precetti negativi e fisici (per esempio, non uccidere o non rubare), i quali aiutano a stabilire nella società civile rapporti fisicamente non-conflittuali tra individui.

 
marzo 2024
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