BREVI OSSERVAZIONI CIRCA
LA VALUTAZIONE ARABO-ISLAMICA DELLE CROCIATE (*)
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Lo spunto per questa breve chiacchierata mi è stato dato da una frase nell'introduzione d'un famoso libro di propaganda islàmica scritto da Muhammad Qutb, Equivoci sull'Islam. La frase è la seguente:
Nel Medioevo si ebbero le Crociate, e divampàrono violentemente. Poi si interrúppero per un po', ma sbaglierebbe chi pensasse che siano finite allora. Ecco infatto Lord Allenby dire con tutta chiarezza, quando ebbe conquistato Gerusalemme nella I Guerra Mondiale: «Ora sono finite le Crociate» (1).

Mi sembra che da questo brano appaia chiaro che l'Autore pensa ad una sorta di continuità - se pur sopita per un certo período - tra l'offensiva cristiana delle Crociate e le offensive moderne delle Potenze occidentali. La frase ch'egli cita di Lord Allenby sembra a sua volta confermare - da parte occidentale - quest'interpretazione, che mi par d'altra parte abbastanza diffusa nel mondo àrabo-islàmico.
Mi permetto però a questo punto di sollevare una questione. Se tra questi due fenòmeni cosí importanti e cosí rappresentativi dei mondi da cui emanàrono esiste una continuità, la continuità dovrebbe ravvisarsi, anche soltanto parzialmente, nelle strutture sociali, polítiche, culturali dei mondi che le prodússero. Vediamo se è cosí.
Le Crociate, è un fatto riconosciuto da tutti gli stòrici, costituírono uno dei fenòmeni piú rappresentativi della riconquistata unità europea del Medio Evo, vale a dire di quella che si può chiamare la Res publica Christiana. Quali èrano dunque i fondamenti della Res publica Christiana? Secondo me non c'è miglior anàlisi di quella dell'illustre filòsofo tomista Dario Composta, secondo il quale la civiltà europea medievale è definita da tre valori essenziali: «la filosofia greca, rivelatrice di valori assoluti, il diritto romano costitutivo del retto ordine sociale, la religione cristiana portatrice della trascendenza» (2)Sarebbe bello poter citare qui altre fonti autorévoli che ànno magistralmente definito le caratteristiche di armonia e di unità fondamentali della civiltà medievale (3)ma la brevità di questa comunicazione non lo consente. Guardiamo ora, anche superficialmente, alle caratterístiche del mondo occidentale moderno, mettèndole in rapporto con quei tre elementi che abbiamo or ora citato: al posto dei valori della filosofìa clàssica abbiamo il materialismo tecnocràtico; al diritto romano, organizzatore di strutture sociali orgàniche, s'è sostituito l'individualismo borghese o il socialismo collettivístico; alla religione cristiana l'ateismo passivo dei Liberali o attivo dei Marxisti (4).
Diverse sono, ovviamente, le valutazioni circa le ragioni di questo vero e proprio rivolgimento, cosí come diversi sono gli atteggiamenti nei confronti del suo risultato, il mondo che ci troviamo davanti. Io accennerò rapidamente a quella che mi pare la spiegazione piú esauriente e che, come tutti gli atteggiamenti serii nei confronti del reale, è tendenzioso, cioè prende posizione: è la spiegazione offerta dal pensiero cattòlico contro-rivoluzionario, che oggi à il suo esponente di maggior rilievo nel filòsofo brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (5).
Il càrdine dell'interpretazione del mondo moderno secondo questa scuola di pensiero è il concetto di Rivoluzione. Attenzione, però: non si tratta d'una rivoluzione particolare (la rivoluzione francese, la rivoluzione industriale, et similia): la Rivoluzione è un processo, un movimento, che nasce dall'odio contro Dio e contro l'órdine della Sua Creazione, e che à non soltanto delle «profondità» diverse (cioè può agire sulle tendenze, rendèndole disordinate, sulle idee, organizzando «sistemi» di disórdine, sui fatti, corrompendo le istituzioni ordinate), ma à anche uno sviluppo cronològico, delle «tappe», l'una delle quali gènera l'altra: abbiamo cosí una I Rivoluzione, che distrugge i legami religiosi della società cristiana medievale (è la tappa del Protestantesimo e dell'Assolutismo); una II Rivoluzione, che distrugge i legami politici (la tappa liberale-illuminística); una III Rivoluzione, che distrugge i legami econòmici (la tappa comunística); una IV Rivoluzione, che è quella che viviamo, che distrugge i legami microsociali (la famiglia, le píccole solidarietà interpersonali e - si pensi alla droga - lo stesso io individuale).
Mi sembra quasi supèrfluo a questo punto ricordare che tutti gli Stati occidentali che partecipàrono in maggiore o minor misura all'offensiva imperialística contro l'Oriente (Vicino, Medio ed Estremo) avévano una struttura che derivava da un qualche stadio rivoluzionario: per quanto riguarda il Vicino Oriente, si pensi alla Francia, da Napoleone in poi, all'Inghilterra, liberale e mercan-tilística, all'Italia post-risorgimentale, liberale prima e fascista (cioè nazional-socialista, in senso etimològico) poi. Anche le varie dottrine che nàcquero per giustificare le polítiche imperialístiche sono tipicamente rivoluzionarie, in quanto nàscono da un'interpretazione del valore di «civiltà» distorta dalle deviazioni rivoluzionarie (cioè i valori supremi visti nella liberazione dal cosiddetto «fanatismo», nel distacco dalle tradizioni, nella tècnica, nella razza: pensiamo per esempio a quel capolavoro d'ipocrisia che fu il White Man's burden).
Se paragoniamo ora i contenuti spirituali di questo mondo occidentale moderno, il mondo dell'im-perialismo, con lo spírito che animò il grande movimento delle Crociate, si potrà osservare che, se in entrambi i casi si trattò di uno scontro, nel caso delle Crociate questo scontro avvenne per cosí dire alla pari, fra mondi che si consideràvano superiori l'uno all'altro solo per la fede, e che per altro non si disprezzàvano affatto (come dimostra la storia); nel caso dell'impe-rialismo, invece, l'Occidentale disprezza in fondo tutto ciò che è diverso, e il suo intento non è piú di riconquistare un territorio che, a torto o a ragione, crede suo, ma penetrare nell'íntimo dei pòpoli con cui viene a contatto e trasformarli secondo i suoi schemi. Non inganni dunque la frase di Lord Allenby, che dimostra soltanto la sua ignoranza (o il suo càlcolo): le Crociate non ànno niente da spartire con la presa di Gerusalemme nel 1917!
Ma è ora di trarre una conclusione da queste ràpide osservazioni. È chiaro che, con questo discorso, non pretendo che gli amici musulmani si méttano adesso ad esaltare le Crociate come una fortuna che capitò loro: è difficile che il bastonato ami il bastone e chi lo regge. È importante però a mio avviso che tèngano conto di una cosa: i primi a gettar discrèdito sulle Crociate e su ciò ch'esse rappresentàrono fúrono e sono, in Occidente, proprio i rivoluzionarii, che a partire dal Rinascimento non ànno cessato di denigrare il Medio Evo con ogni sorta di calunnie. È quindi proprio il mondo degl'impe-rialismi il nemico piú acre dello spírito delle Crociate, che rimane, non ostante tutto, uno spírito di unità, di órdine, di sincero desiderio di conformarsi alla volontà divina. Se gli amici musulmani comprenderanno questo, giungendo a riconóscere l'abisso che separa le Crociate dagl'imperialismi posteriori, saranno forse piú corazzati contro gli attacchi del nuovo imperialismo occidentale, che in forme diverse e con diverse màschere tenta di corrómpere la loro ànima. I nemici occidentali della concezione del mondo che produsse le Crociate méttono in luce i molti aspetti negativi che esse, come qualsíasi òpera umana, presentàrono. Vorrei allora conclúdere con le parole di quello che consídero il piú grande poeta del Novecento, Thomas Stearns Eliot (6):

 Only the faith could have done what was good of it,
 Whole faith of a few,
 Part faith of many.
 Not avarice, lechery, treachery,
 Envy, sloth, gluttony, jealousy, pride:
 It was not these that made the Crusades,
 But these that unmade them.
 

NOTE
(*) Comunicazione tenuta dal prof. Michele Vallaro al II Convegno dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli e dell'Istituto per l'Oriente di Roma, sul tema: La presenza culturale italiana nei paesi arabi: storia e prospettive, tenutosi a Sorrento il 18-20 novembre 1982; i cui Atti sono stati pubblicati dall'Istituto per l'Oriente di Roma, nel 1984. (su!)
(1) M. QUTB, Subahat hawla l-Islam, Beirut 1973, p. 6, Trad. it., Equivoci sull'Islam, Ancona 1980, p. 9. (su!)
(2) D. COMPOSTA, La dissoluzione della ‘Respublica Christiana’ e le sue conseguenze nella coscienza 
    politica europea, in Pio IX, IX, 2, 1980, p. 136. (su!)
(3) Basti ricordare il passo famoso sul Medio Evo dell'enciclica Immortale Dei di S. S. Leone XIII, in Acta 
     Sanctæ Sedis, XVIII, p. 169. (su!)
(4) Cfr. per es. D. COMPOSTA, op. cit. alla n. 2, p. 137. (su!)
(5) Cfr. P. C. DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, III ed. it., Piacenza 1977. (su!)
(6) Choruses from “The Rock”, VIII. In T. S. ELIOT, Collected Poems 1909-1962, Londra 1963, p. 180. (su!)

Solo la fede poteva aver fatto ciò che fu fatto bene, 
L'integra fede di pochi, 
La fede parziale di molti. 
Non avarizia, lascivia, tradimento, 
Invidia, indolenza, golosità, gelosia, orgoglio: 
Non queste cose fecero le Crociate, 
Ma furono queste cose che le disfecero.
 

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