Un saggio di tecnica di comunicazione di massa
ovvero
Parole amorevoli per Padre Alfonso Bruno



di Un cattolico col “complesso della minoranza”




Padre Alfonso Bruno in gita a Rio de Janeiro


Quando ci è stato suggerito di leggere un articolo apparso sul sito dei Francescani dell’Immacolata (Per Crucem ad Lucem), siamo rimasti un po’ titubanti, poiché il tempo a nostra disposizione non è tanto da indulgere a perderne di prezioso. Tuttavia, quando siamo riusciti a leggere l’articolo siamo stati grati al suggeritore, perché è da un po’ che non leggevamo certe facezie.

L’articolo esordisce spiegando “magistralmente” che i siti web, in genere, usano “l’espediente” di appassionare l’utente medio, suscitando un’interessata “appiccicosità” e, quand’occorra, un coinvolgimento attivo: “dalla semplice raccolta di firme agli atti di violenza o alla discesa in piazza”.
Sacrosante parole, diciamo noi, che rivelano come i siti web facciano di tutto per far prevalere il loro punto di vista e i proprii interessi di parte, esattamente come si verifica nel caso di questo articolo, il cui autore persegue i suoi personali obiettivi, con l’aggravante che si presenta come un religioso e si appella al soprannaturale, usando frasi di comodo come questa: «Questo risultato è inevitabile quando non si tiene conto né della Provvidenza, né delle persone con la loro sacralità, la loro dignità, la loro libertà.».
Sacrosante parole, Padre Bruno, che sottoscriviamo in toto, soprattutto dopo aver letto questo suo articolo.

In effetti i malevoli sono tanti, e Lei fa bene ad additarli alla pubblica riprovazione, e fa bene a ricordare che il vittimismo sta agli antipodi dell’eroismo; non c’è infatti alcun eroismo, e c’è una nutrita dosa di vittimismo, nell’affermare, come fa Lei: «Non c’è bisogno di essere titolati e navigati analisti della comunicazione per affermare ex post che gli attacchi perpetrati a mezzo blog ai danni del Commissario Apostolico, dei suoi collaboratori e della sua azione di governo, hanno come obiettivo Papa Francesco in persona.»
Povero Commissario Apostolico, poveri collaboratori – Lei compreso, ovviamente, Padre Bruno -, e povera azione di governo, così ingiustamente bistrattati “a mezzo blog” – cosa francamente affatto elegante, né caritatevole -; poverini!
E poverini due volte, perché vengono “attaccati”, non solo di per sé, ma ingiustamente e strumentalmente per attaccare nientemeno che “Papa Francesco in persona”.

Che scorrettezza! Che mancanza di rispetto! Che cattiveria!
Davvero non se ne può più di questi personaggi che scrivono nei blog – che sono quei siti web come www.mediatrice.net, in cui è comparso questo articolo -.
Non se ne può più, perché è fin troppo facile fare i saccenti – come stiamo facendo noi, e come fa Lei, Padre Bruno – raccontando quello che vuole e come vuole, tanto per far quadrare i conti con se stesso e con i suoi sodali.
Basta! Non se ne può più! L’appoggiamo in pieno, caro Padre Bruno.

Ci permetta, però, di fare una domanda piccola piccola: cosa caspita c’entra “Papa Francesco in persona” col fatto che in tanti criticano il Commissario Apostolico, Lei e gli altri vostri sodali?
In questo Lei si dimostra poco preparato in tecniche di comunione di massa, nonostante la sua lezione magistrale offerta in questo articolo. Infatti, “l’espediente” di nascondersi dietro “Papa Francesco in persona” è vecchio come il cucu e un qualunque studente che lo presentasse al cospetto di un qualsiasi assistente in scienze della comunicazione, verrebbe rinviato senza valutazione alla prossima sessione d’esame.
Peccato che Lei inciampi in così poco, per la foga di bacchettare questo e quello: e ciao prudenza, ciao temperanza e soprattutto ciao giustizia!

E, dispiace dirlo, peccato che, sempre per la foga, inciampando, sbatte il muso sulla Messa Tridentina – che sa bene essere la Messa di sempre, usata dalla Chiesa da duemila anni e non dal 1500 al tempo di Trento.
Che significa infatti la sua infelice uscita: «In verità la questione della Messa Tridentina è stata da sempre solo un camouflage usato dagli attuali dissidenti dell’Istituto per nascondere i veri motivi del commissariamento e raccogliere alleanze di un mondo che risponde “al complesso della minoranza” con il classico meccanismo dell’arroganza
Ora, caro Padre Bruno, si dà il caso che noi facciamo parte di quel “mondo che risponde ‘al complesso della minoranza’ con il classico meccanismo dell’arroganza”, non solo, ma ne siamo orgogliosi, sia perché il nostro “complesso della minoranza” ci ha aiutato e ci aiuta, e ci aiuterà, a Dio piacendo, a tenerci distanti da certe maggioranze come quelle a cui appartiene Lei – quantomeno come si intende da quanto scrive e da come lo scrive; sia perché “il classico meccanismo dell’arroganza”, noi è da anni che lo subiamo, per il solo motivo che vogliamo rimanere fedeli alla dottrina cattolica di sempre, e lo continuiamo a subire, imperterriti e sorridenti, ancora oggi, come si evince facilmente dal suo presente caso.

Detto questo, perché a noi piace essere chiari fin dal principio, ci sembra che Lei, Padre Bruno, muoia dalla voglia di farsi riprendere da dei poveri fedeli come noi che, in confronto alla sua preparazione, sono dei pivelli di sagrestia.
Leggiamo, infatti, che Lei, dopo essere partito dalla “Messa Tridentina”, arriva a dare lezioni di vita vissuta premettendo: «Con l’autorevolezza di chi fino ad oggi celebra quasi sempre in latino in cappella privata conventuale».
Scusi, Padre Bruno, che significa?
Significa forse che Lei “fino ad oggi celebra quasi sempre in latino” oppure fino ad oggi celebra quasi sempre la Messa tradizionale – sì tradizionale, è così che chiama?
Perché, caro Padre Bruno, una cosa è la Messa in latino, come la Messa moderna, altra cosa è la Messa tradizionale, di cui Lei non parla affatto per quanto la riguarda, anche a volerla chiamare Tridentina.
E da questa premessa, quanto meno manchevole, Lei arriva a raccontare una piccola barzelletta, - roba da preti, intendiamoci -; quella che alla Messa tradizionale non ci va nessuno: «Grande fu la sorpresa nel constatare la presenza di sole sette persone, più le nostre cinque Suore».
Ma quale sorpresa, caro Padre Bruno, abbia il coraggio di confessare: “grande fu la soddisfazione”, sempre ammesso che questa barzelletta si basi su fatti veri.

E allora, ammettendo che Lei parli davvero di una sua esperienza, permetta anche a noi di parlare della nostra, che forse vale molto più della sua.
Noi è da vent’anni che frequentiamo le cappelle dove si celebra la Messa tradizionale e abbiamo visto che ad assistervi vi sono sempre decine e decine di fedeli, in diversi casi centinaia, i quali non solo sono tanti, ma perfino troppi, se non altro perché è da cinquant’anni che la Messa tradizionale è bistratta e combattuta dai chierici come Lei, e perché un gran numero di quei fedeli fa decine di chilometri per andare a Messa, in diversi casi anche qualche centinaio di chilometri.
Scusi, padre Bruno, scusi la nostra arroganza da “complesso della minoranza”, ma la domanda sorge spontanea: Lei, Padre Bruno, dove vive? O crede davvero che gli altri che non sono Padre Bruno siano degli imbecilli?

Sublime, poi, e soprattutto originale – da illuminazione –, quell’altro suo pezzo di “esperienza personale”: «Ancora più doloroso e sorprendente fu però l’incontro con due sposi che erano venuti a Messa con una figlia disabile. Con le lacrime agli occhi mi dissero: “Non abbiamo capito niente”».
Davvero incredibilmente illuminante, poiché mette in luce la sua profonda sensibilità, in grado di cogliere, non solo il vero sentire dei fedeli, ma soprattutto il vero sentire cum Ecclesiae che dovrebbe caratterizzare un chierico ordinato.
E ci si chiede ancora: ma Lei, Padre Bruno, lo sa che la Messa è celebrata per rendere culto a Dio?
E ancora, esperienza per esperienza, e considerata la sua relativamente giovane età, lasci che Le raccontiamo il vecchio aneddoto della vecchietta che recita il Santo Rosario in latino, come ha appreso da bambina, e che dopo il Vaticano II viene apostrofata da un canuto cattolico aggiornato divenuto ormai adulto dopo duemila anni di oscurantismo: «Nonnina, ma lo capisci quello che dici?», e la nonnina: «Non importa che lo capisca io, basta che lo capisca Lui!».
Ma, lei, la nonnina, che ne poteva sapere della Messa in volgare, dei nuovi chierici “aggiornati” e dei nuovi pullulanti “padri bruni”! Lei poverina era convinta di parlare con Dio e non con gli uomini – l’ingenua retrograda – era convinta di dover fare piacere a Dio e non agli uomini – la stolta – era convinta che Dio potesse leggere nel suo cuore; lungi da lei l’idea di dover riscuotere il plauso degli uomini e dei chierici moderni, schiavi dei sensi e dal cuore indurito.

Se Lei, Padre Bruno, avesse anche solo in parte la grande ricchezza spirituale di quella vecchietta, non arriverebbe a scrivere: «Sono questi degli esempi che non vogliono mettere in discussione la validità di una liturgia che trova tante persone sensibili, ma piuttosto l’onesta constatazione delle forzature e contraddizioni presenti in certe scelte che riguardavano il governo dell’Istituto».
Ci faccia capire, caro Padre Bruno, Lei vuole dire che “mette in discussione” “l’onesta constatazione delle forzature e contraddizioni presenti in certe scelte…”? Vuole forse dire che “mette in discussione” le sue stesse “oneste constatazioni”?
Si spieghi meglio, per favore – come sa, noi non eccelliamo in prontezza di spirito – ci faccia capire:
Lei afferma che i suoi Superiori avrebbero governato l’Istituto con forzature e contraddizioni?
Lei afferma che i suoi Superiori erano incapaci, se non addirittura in mala fede, e che adesso Lei starebbe mettendo tutto a posto?
Lei afferma che gli altri non capivano molto bene e che adesso Lei sta dando prova di capire tutto?
No, quasi sicuramente non è così, ci sbagliamo, perché, se così fosse, Lei dimostrerebbe una presunzione e un’“arroganza” indegni di un frate. Non può essere così – ci sbagliamo sicuramente – e Le chiediamo umilmente scusa. Perdoni la nostra irruenza da “complesso della minoranza”, e consideri che noi non godiamo del privilegio di essere guidati dal Commissario Apostolico, noi – poveri semplici fedeli – abbiamo solo il flebile richiamo del sensus fidei che, se capitasse che Lei non capisca, Padre Bruno, significa “senso della Fede”, quel senso della Fede che noi poveri semplici fedeli conserviamo dopo che esso ha guidato per millenni i cattolici, quel senso della Fede che è semplicemente ancorato all’insegnamento di Dio e della Santa Madre Chiesa.
Come vede, ben poca cosa rispetto alla guida illuminata di cui gode Lei!
Quella stessa guida illuminata che le fa lanciare strali di fuoco contro quelli che criticano Lei e il nuovo corso dell’Istituto: ce n’è per tutti, dalla Francia all’America, dai “blog” in generale a quello di Tosatti in particolare: “giornalista in pensione” da “ennesima boutade”!
Che stile, caro Padre Bruno, che eleganza! Che prova di carità! Che dimostrazione di dolcezza francescana!
Uno spasso… davvero uno spasso! Del tipo del bue che dice cornuto all’asino!

Un bue che, infiammato dalla foga, ritorna irruentemente e irrealisticamente toro, e non resiste ad attaccare a testa bassa, accecato dal sangue che gli sale imbestialito agli occhi: Magda Goebbels che si suicida con i figli (che come si sa è cosa attinente ai Francescani dell’Immacolata! Almeno secondo Padre Bruno); Hitler che sposa Eva Braun dopo avergli ucciso il fratello (che come si sa è cosa attinente ai Francescani dell’Immacolata! Almeno secondo Padre Bruno).
E tutte queste cornate per dire che: «La deificazione dell’uomo porta sempre prima o poi al suo annichilimento».
E c’era bisogno di Hitler e di Goebbels per dire una cosa così semplice?
Sì, forse ce n’era bisogno, ce n’era bisogno per Padre Bruno, che ha voluto così accostare coloro che criticano il nuovo corso dell’Istituto e coloro che lo hanno voluto, come lui stesso, a Hitler e al nazismo.
Un colpo da maestro! Non c’è che dire, una trovata geniale!
Certo, una trovata da “siti web” da quattro soldi. Ma pur sempre una trovata geniale… perché, come si sa dalla predicazione di San Francesco, “l’espediente” di ricorrere a Hitler e al nazismo è sempre di grande effetto: dimostra quanto sia particolarmente acuta l’intelligenza di chi lo usa.
Caro Padre Bruno, ma Lei, oltre a leggere i volantini di propaganda politica, ha mai letto il Vangelo?
Lì avrebbe trovato ben altro, e di ben altro spessore, per concludere che «La deificazione dell’uomo porta sempre prima o poi al suo annichilimento».
Ma stia tranquillo, caro Padre Bruno, noi la comprendiamo benissimo, ci rendiamo conto che il nuovo Segretario dei nuovi Francescani dell’Immacolata non ha poi tanto tempo da dedicare al Vangelo, preso com’è dal dire peste o corna di chi critica il Commissario Apostolico per attaccare “Papa Francesco in persona”; e tanto la comprendiamo che applaudiamo al suo richiamo a Papa Francesco, quando Lei lo cita facendolo suo: «Uscire per difendere un vero carisma che si crede che è un vero carisma non è soluzione; questo è dissoluzione. È dissoluzione! E questo è seguire una leadership che non è la leadership di Gesù Cristo. Ma andare via non è soluzione, è quello che vuole Satana: “Vai via, vai via, vai via… ».

Un chiarissimo richiamo a chi, dei suoi ex confratelli, abbandona il nuovo Istituto perché impossibilitato a continuare a professare i voti pronunciati. Un richiamo che esplicita bellamente la sua affermazione precedente: «Ogni situazione conflittiva termina quando una delle parti in opposizione inaugura un processo di riconciliazione».
Che retorica magistrale! “Una delle parti”!
Cioè quelli che non sono d’accordo con Lei e col Commissario Apostolico. Quelli che dovrebbero riconciliarsi, unilateralmente, con chi li ha accusati, giudicati e condannati in nome di un “vero carisma che si crede che è un vero carisma” e che quindi, come sentenzia Papa Francesco, non realizza una “soluzione”, ma la “dissoluzione, la dissoluzione!”. E “questa parte” dovrebbe quindi riconciliarsi per aiutare Lei e il Commissario Apostolico a realizzare la “dissoluzione, la dissoluzione!”.

E già, perché non bisogna dimenticare che – lo dice Lei -: «La crisi offre sempre nuove opportunità di crescita» e che quindi «per Crucem ad Lucem», cioè che più tartassiamo i frati che non sono d’accordo con noi – Padre Bruno e il Commissario Apostolico – più questi avranno modo di santificarsi!
Una solenne blasfemia che abbiamo sentito altre volte a proposito dell’ubbidienza cieca ed assoluta che si dovrebbe ai Superiori che ti maltrattano e che ti spingono a tradire i tuoi voti e il tuo dovere di stato.
Un’ubbidienza, anzi, una “devota obbedienza” che bisognerebbe vivere «più fattualmente e meno nominalmente», concetto questo che Lei dice di riprendere da Papa Francesco e che ci stiamo ancora chiedendo che cosa diavolo possa mai significare.
Proviamo a capire.
L’ubbidienza è una virtù, quindi, più difficile si rende l’obbedire, più si stimola l’esercizio di questa virtù, tale che i Superiori che vessano i proprii inferiori eserciterebbe la più sublime delle opere di carità fraterna!

Ora, caro Padre Bruno, in questo suo s-ragionare vi sono due cose che non tornano: la prima è che bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At. 5, 29), la seconda è che l’ubbidienza praticata fino al sacrificio – per Crucem ad Lucem – è l’ubbidienza ad imitatio Christi, il Quale fa sgorgare dal Suo Cuore l’imperativo che dovrebbe essere di ogni fedele e a più forte ragione di ogni consacrato: Padre! non sia fatta la mia, ma la tua volontà (Lc. 22, 42).
Insegnamenti che escludono a priori ogni ubbidienza cieca e che rendono blasfemo ogni tentativo di strumentalizzarli per obbligare gli inferiori a fare la mera volontà dei Superiori.

Caro Padre Alfonso M. A. Bruno FI, come vede, ci siamo sforzati per manifestare tutta la nostra “arroganza” derivata dal nostro “complesso della minoranza”, e lo abbiamo fatto proprio per confortarLa, per confermare la sua acuta analisi, ma soprattutto per amore della carità fraterna, perché un po’ di autocompiacimento non si nega a nessuno e più che mai a coloro che da esso traggono il principale motivo di esistenza.
Come vede, ci siamo anche sforzati di suscitare un’interessata “appiccicosità” e, se ci siamo riusciti, di promuovere un coinvolgimento attivo: invitando “agli atti di violenza o alla discesa in piazza”. Intendiamoci, tutte cose che forse non si notano con immediatezza, ma che, siamo certi, Lei saprà cogliere “magistralmente” col suo indiscutibile acume: e questo sempre per confortarLa, per confermare la sua acuta analisi, ma soprattutto per amore della carità fraterna, perché un po’ di autocompiacimento non si nega a nessuno e più che mai a coloro che da esso traggono il principale motivo di esistenza.

Certo, avremmo potuto rimproveraLa, magari, evangelicamente, riprenderLa e invitarLa a correggersi, ma, come dice Papa Francesco, alla coscienza non si comanda e chi siamo noi per giudicare la sua coscienza?

Lei, caro Padre Alfonso M. A. Bruno FI, è padrone di scavarsi la fossa che vuole, ma, di grazia, dia a noi la stessa possibilità che noi diamo a Lei e così vivremo tutti felici e contenti, poiché, come dice bene Lei: «Ogni situazione conflittiva termina quando una delle parti in opposizione inaugura un processo di riconciliazione».

Pace e bene.



ottobre 2014

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