di Giacomo Fedele

Ciò che è stato creduto dovunque, da sempre, da tutti: questa massima di San Vincenzo di Lerino (Commonitorium, 2) indica quello a cui deve attenersi, comunque e soprattutto nelle situazioni difficili, un vero cattolico; massima che si trova richiamata in innumerevoli documenti ufficiali della Chiesa e in tutti i testi di teologia, e che esprime in maniera lapidaria la “cattolicità” della Chiesa.

Perché ricordare questa massima?
Perché ai giorni nostri si diffonde sempre più l’idea che l’insegnamento e il credo cattolici debbano attingere prevalentemente e attualmente a ciò che dice e fa il Papa, a ciò che dicono e fanno i Vescovi. Idea questa che trova riscontro nella elementare logica che deve informare un cattolico, logica valida peraltro per qualunque persona di buon senso, religiosa o laica che sia: se c’è qualcuno che comanda e qualcun altro che ubbidisce… se c’è qualcuno che parla e qualcun altro che ascolta… se c’è qualcuno che insegna e qualcun’altro che apprende, non v’è dubbio che il minimo che si possa dire è che disconoscere questo rapporto elementare significa essere fuori di senno.
Ne consegue che se il Papa o il vescovo comanda, parla, insegna, il cattolico deve ubbidire, ascoltare e apprendere.
Ma la massima di San Vincenzo di Lerino riguarda il cattolico e quindi riguarda in primis il Papa e i Vescovi, che sono i principali rappresentanti del cattolicesimo, quegli stessi rappresentanti, autorevoli, a cui tutti i cattolici sono tenuti a riferirsi riguardo a ciò che si deve credere. Ragion per cui essi sono i primi a dover dimostrare di credere ciò che è stato creduto dovunque, da sempre e da tutti. Se si discostano da questo imperativo smettono di essere credibili e nessun cattolico è tenuto ad ubbidire, ad ascoltare, ad apprendere.
Tutt’altro. Allorché il cattolico si rende conto che costoro si discostano da questo imperativo, ha il dovere di rifiutare la loro autorità, di riprenderli e, se non si ravvedono, di considerarli non più cattolici, con tutto quello che ne consegue. Se il cattolico non lo facesse, per timore, per incuria o per connivenza, inevitabilmente dichiarerebbe a se stesso e al mondo di aver abiurato la Fede cattolica.

Per quanto questo ragionamento possa apparire drastico e insieme semplicistico, è innegabile che si fonda anch’esso sul semplice buon senso: ciò che Dio ha comandato, ciò che Egli ha insegnato, non può essere lasciato al libero arbitrio dell’uomo. E siccome tali insegnamenti di Dio, tali Suoi comandamenti, non riguardano questo o quell’uomo, ma tutti gli uomini, è altrettanto innegabile che essi sono cattolici, sono cioè validi e immutabili per sempre, dovunque e per tutti. Nessun papa e nessun vescovo possono prescindere da questa cattolicità, se lo fanno, non solo non sono più cattolici, ma non sono più neanche veri vescovi e veri papi.

Tutti gli altri richiami, soprattutto relativi al Papa, in base ai quali egli sarebbe assistito dallo Spirito Santo e i cattolici sarebbero tenuti all’assenso allorché egli si pronunci in forma solenne, definitoria e obbligante, discendono tutti dalla medesima massima, fino al punto che alcun pronunciamento papale o può contraddire tale massima o può essere enunciato in quest’ultima forma.
Il problema nasce quando, come oggi, ci si sofferma a considerare il rapporto tra il semplice fedele e il Papa che si pronuncia per mezzo dei moderni mezzi di comunicazione, direttamente o indirettamente. In questo caso non può essere più valida alcuna regola teologica, poiché il fedele è portato a considerare il pronunciamento papale come ispirato dallo Spirito Santo. E allorché tale pronunciamento contraddice ciò che è stato creduto dovunque, da sempre e da tutti, ecco che scatta il meccanismo della predicazione dell’apostasía, e nessuno può impedirsi di considerare che un papa che predichi l’apostasía lo faccia a ragion veduta.

Ma può un papa essere apóstata?
La domanda è senza risposta, poiché quando un papa contraddice ciò che è stato creduto dovunque, da sempre e da tutti, di fatto impedisce che ci si possa porre la domanda semplicemente perché ha già  apostatato.

Nessuna meraviglia che il Signore permetta tale stato di cose, perché Egli ci avvisò già duemila anni fa: “Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti” (Mt. 24, 24). Piuttosto, bisogna tenere sempre presente che più i tempi sono confusi, più il demonio attizza la confusione e alimenta l’errore, più il fedele deve attenersi alla massima di San Vincenzo di Lerino:
È da credere ciò che è stato creduto da sempre, dovunque, da tutti.

San Pietro, il primo Papa, raccomanda: “Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti, 5, 29).




dicembre 2014

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