CELLULE DI VITA – CELLULE DI MORTE
  
di L. P.

La stampa nazionale e l’intero sistema mediatico della rete hanno riportato, il 13 gennaio 2015, una dichiarazione della signora Emma Bonino con cui ella rivela di essere colpita da un tumore ai polmoni, preoccupata sì ma tuttavia intenzionata con ferma volontà - così riportano le cronache -  ad affrontare la malattia e, soprattutto, di non smettere l’impegno politico.
   
I commenti a questa notizia sono stati tutti intonati a rispetto e a profonda considerazione – ci mancherebbe – rilevando come l’esponente radicale, anche in questa dolorosa circostanza, si palesi ancora come esempio di tenacia, di coraggio, di stile e di classe. Un messaggio, il suo, che ha dato motivo ed argomento per lunghe, commosse ed ammirate riflessioni nonché per un omaggio a chi, come lei, non si è risparmiata per affermare i diritti civili che ricordiamo, sono: aborto, divorzio, droghe leggere, eutanasìa, eugenetica, legalizzazione delle coppie omosessuali, laicismo assoluto.
   
Noi, che abbiamo subìto in famiglia, e più di una volta, il morso di questo male e il sapore terribile del dolore, conosciamo lo scenario che si apre ogni qualvolta una simile ferale diagnosi viene annunciata e, pertanto, rivolgiamo un solidale pensiero e un’esortazione augurale alla signora Bonino perché non smetta di sperare. Umana pietà, la nostra e, soprattutto, cristiana compassione verso qual che sia sofferente.
   
Ciò premesso, dacché la signora Bonino, da notissimo e “schierato” personaggio politico – deputata, commissaria europea, ministra degli esteri in nome del Partito Radicale Italiano – ha inteso dare all’opinione pubblica conoscenza della propria inquietante “scoperta”, noi, in quanto parte di questa opinione pubblica, vorremmo esporre una sola riflessione quasi risposta a talune cronache in cui si sottolinea l’aspetto pugnace a pro dei “diritti civili” con cui ella s’è spesa per tutta la sua vita – come afferma un noto politologo. Una riflessione, la nostra, che, oltre ad essere legittima per diritto civile di critica, non può tacersi per amor di verità storica e, soprattutto – sia detto sine ira ac studio -  per un certo significato di tipico contrappasso dantiano.
  
La signora Bonino – sono documenti, immagini e cronache a certificarlo – ha sostenuto da sempre l’impegno, diciamo così, per la legalizzazione dell’aborto da lei considerato un “diritto”. E per dimostrare quanto radicata e consapevole fosse questa sua volontà, si è pubblicamente esercitata nella pratica abortiva con procedure e mezzi che, come dicono le immagini di repertorio, gettano un’ombra dissacrante sul già esecrabile suo “apostolato”. Un cronista l’ha definita donna “di classe e di stile” ma, ne convenga l’autore, non crediamo che fosse stile e classe drenare l’utero delle gestanti con una “pompa” da bicicletta. Non crediamo che fosse classe e stile allietare quelle oscene “penetrazioni” con risate e battute goliardiche mentre i resti, di quelle che erano vite con “diritto” a nascere, venivano raccolti in barattoli di marmellata e inviati alla discarica. Classe e stile, certamente, ma della “sindrome di Erode” la stessa che anima tutti gli abortisti i quali, non si sa perché, loro che “sono nati” si arrogano il diritto di negarlo ad altri.
  
Non è nostra intenzione avviarci su una disputa ideologica e, soprattutto teologica dacché il cristiano cattolico non necessita di ricognizioni culturali per definire l’aborto un crimine, tanto spregevole e in odio a Dio in quanto compiuto su “persone” inermi, silenziose, indifese, colpevoli soltanto di non esser desiderate e, perciò, da potersi gettar via come un qualsiasi ammennicolo. No, la nostra riflessione è altra.
La signora Bonino, bandiera del femminismo abortista considerava  - e crediamo consideri ancora -  il feto quale “grumo” di cellule invasive, ingombranti, indesiderate, pesanti, inutili, semplici amorfi tessuti organici al pari di una polpetta. Stimava -  e crediamo stimi ancora – l’aborto come un “diritto” della donna quale assoluta padrona di sé e . . . degli altri. Eppure queste erano, e sono, cellule ordinate, strutturate nel disegno di uno sviluppo prodigioso, foriere di calda vita primigenia santificata dall’anima infusa da Dio, cellule che l’esponente radicale non ci pensava un attimo a gettare tra i rifiuti, compiaciuta di aver “aiutato” il prossimo.

Ora ella si trova a fronteggiare un altro “grumo” di cellule, e questa volta non in corpi altrui, ma nel suo, solo che queste sono cellule di segno opposto, disordinate, strutturate nella finalità di una degenerazione caotica e devastante, foriere del freddo della morte contro le quali non basterà certamente la volontà di opporsi.

Dio la perdoni e l’aiuti.



gennaio 2015

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