La via cattolica
alla distruzione della famiglia


Parte prima: “gli Unni e gli altri

di Patrizia Fermani





Articolo pubblicato su Riscossa Cristiana


La famiglia è stata sempre riconosciuta dal nostro ordinamento  quale cellula fondamentale della società. Il codice civile ne ha stabilito minuziosamente la disciplina interna, i rapporti patrimoniali e successori, mentre il codice penale ha fornito ad essa una tutela rafforzata tenendo conto soprattutto dei profili etici legati ai legami di parentela e del significato  solidaristico  della comunità famigliare (cause  di non punibilità legate ai rapporti di parentela, reato di maltrattamenti in famiglia etc.). La Costituzione l’ha  infine consacrata all’art. 29 quale ”società naturale fondata sul matrimonio”.

Il vincolo matrimoniale ha costituito il cemento che forniva alla società famigliare la stabilità, elemento capace di potenziarne al massimo la funzione etico sociale ed educativa.

Ma l’individualismo crescente, l’allentarsi della comune morale religiosa,  e le spinte del nichilismo contemporaneo, hanno attaccato la famiglia proprio in questo elemento che ne determinava il carattere unico ed irripetibile.  L’introduzione del divorzio ha  cominciato immediatamente ad appannare i contorni dell’istituzione, mentre altri fattori concomitanti quali la “liberazione” sessuale, e il timore della instabilità economica, favorivano il proliferare delle convivenze provvisorie in sostituzione o in attesa del matrimonio.

In ogni caso la scelta della convivenza, con la relativa creazione della “coppia di fatto”, implica naturalmente la rinuncia, sempre reversibile, alle prerogative e la elusione degli obblighi legati al matrimonio, e quindi una valutazione libera dei relativi rapporti costi benefici,  e in molti casi si rinuncia  a priori ai possibili vantaggi di questo, in cambio della libertà di un commodus discessus. Attualmente, bisogna riconoscere che  il matrimonio come vincolo di fronte allo Stato, cioè di fronte alla collettività, è ormai svuotato di significato dal divorzio ad libitum, e la volontà di rinunciare alla ufficializzazione di un vincolo diventato precario, risulta persino comprensibile. D’altra parte bisogna anche riconoscere che chi sceglie ancora il matrimonio religioso, spesso è soprattutto attratto dall’idea di imbastire per sé e per gli altri una cerimonia socialmente significativa,  quale  era un tempo il debutto in società delle diciottenni di condizione medio alta.

Intanto, su tutto questo sfondo, si è andato  insinuando il fenomeno  della pretesa “normalizzazione” dei rapporti omosessuali. A partire dal primo dopoguerra e movendosi dall’area nordamericana, hanno acquistato un potere e una visibilità sempre crescenti quei movimenti di omosessuali che, sfruttando le categorie marxiste della lotta di classe, miravano a costituirsi come minoranza oppressa impegnata a rivendicare diritti  diventati presto “diritti civili”. Attraverso la suggestione di formule come questa, e un potere sempre crescente,  le pretese avanzate da questi movimenti hanno cominciato a suggestionare la opinione pubblica,  per poi entrare nelle agende della politica. È cominciata in altre parole la marcia trionfale che porta la omosessualità a passare da vizio privato a pubblica virtù attraverso lo spostamento dei valori di riferimento della società. L’approdo ultimo di questa irresistibile carriera è adesso il tragico tentativo di appropriarsi della infanzia per inoculare già nei bambini l’idea che omosessuale è bello, forse anche un po’ più bello.

Ma un passaggio fondamentale per questa conquista di posizioni sempre più ambiziose, è stato lo sfruttamento delle “coppie di fatto”, cioè di un fenomeno già collaudato, e il mettersi sulla scia di pretese rivendicazioni di queste, artatamente  enfatizzate. Se passa l’idea secondo cui la convivenza è di per sé una realtà che può reclamare una regolamentazione giuridica ad hoc in quanto corroborata e santificata dal vincolo erotico affettivo che la sorregge, per analogia le stesse pretese potranno essere avanzate da due omosessuali  che hanno stabilito per un certo tempo una simile comunanza di vita “sentimentale”. Il passaggio successivo sarà quello di vedersi riconoscere tutto quello che è riconosciuto a coppie formate da un uomo e da una donna,  attraverso un concetto nuovo di famiglia che non potendo più fare riferimento alla stabilità del matrimonio monogamico indissolubile, può subire un allargamento costante del proprio significato e un mutamento della propria funzione originaria.

Dunque chi ripropone la necessità di dare uno status giuridico definito ai conviventi more uxorio, oggi, come ieri del resto, ha un solo intento: quello di promuovere la ufficializzazione delle convivenze tra gli omosessuali che qualche motivo per aspirare a quella ce l’hanno e ben dichiarato:  conquistare la propria normalizzazione e la possibilità di mettere su il teatrino grottesco della famigliola allietata dai “figli” fabbricati o adottati. Fine che smaschera il disprezzo profondo e inguaribile verso quei bambini ridotti a mero oggetto di un egotismo e di un cinismo fuori misura.

Fino ad un certo punto non è sfuggita a molti la pretestuosità della regolamentazione giuridica delle “coppie di fatto”, della quale si avvertiva l’inutilità sociale e l’irrilevanza dal punto di vista dell’interesse pubblico. Come si è cominciata ad avvertire, sulla scia delle esperienze francesi, che si trattava della testa di ponte per passare alla regolamentazione giuridica delle convivenze omosessuali che l’interesse pubblico lo soddisfano ancora meno mentre attentano con le pretese adottive al rispetto dovuto da tutti ai propri simili specie se innocenti indifesi. La Chiesa che avvertiva anche l’inganno, parlava ancora alto e forte in difesa della creazione e delle sue leggi eterne, e con la sapienza di sempre, vedendo in anticipo per mezzo dei papi, il male che si andava annidando nelle sirene della politica e nella spirale delle ideologie nichiliste. I documenti del Magistero in materia parlano con una chiarezza che solo una volontà truffaldina pretende ora di oscurare.

Dopo molti cambi di etichette i vari progetti di regolamentazione delle coppie di fatto che ora comprendevano ufficialmente quelle composte da omosessuali, approdarono ai Dico che la onorevole Bindi, cicero pro domo sua, andò propagandando per il territorio nazionale con la benedizione di gesuiti e parroci à la page oppure banalmente sprovveduti. Perché la politica che non riesce da decenni a partorire una idea seria, si autogiustifica con le favole imbastite mediaticamente dal migliore offerente. Una politica all’altezza di Dolce e Gabbana.

Sui Dico,  finì per cadere il governo Prodi. E per un certo periodo qualcuno pensò anche di trarre un sospiro di sollievo. Potevamo concederci un po’ di ricreazione? No di certo, perché ogni attentato agli assetti fondamentali della famiglia e alla trama dei suoi rapporti naturali implica una aggressione alla legge naturale che tutto regge. Migliaia di bambini hanno continuato ad essere dilaniati nel ventre materno dai ferri del medico non obiettore, Englaro ha continuato a proporsi come un padre amorevole e un  cittadino esemplare, i laboratori hanno continuato a fabbricare esseri umani selezionati e scongelati come le pere argentine, e piano piano ha cominciato a fare capolino l’idea che se omosessuale è bello, anzi è più bello, merita di essere insegnato a scuola insieme alla iniziazione erotica. E siccome, come è stato osservato sconsolatamente, l’uomo si abitua ad ogni mostruosità, basta somministrargliela a piccole dosi, ci hanno pensato Tv e giornalismo di regime a fornire la giusta dose quotidiana, mentre purtroppo a chi andava in Chiesa non venivano somministrati antidoti di sorta. Tuttavia a Roma la bandiera dei principi non negoziabili sventolava ben visibile a dispetto di quanti, preti e laici, avrebbero voluto ammainarla. Essa indicava che non si poteva venire ancora a patti con la realtà, bisognava tornare indietro, invertire la rotta e risalire la corrente.

Ma poi all’improvviso quella bandiera  è stata ammainata con un colpo secco sparato dalla loggia delle benedizioni ed è cominciato il secondo capitolo di questa storia della nostra storia.
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PS. Con ”Gli Unni e gli altri” il Cardinale Ottaviani faceva riferimento nei suoi diari alla  distruzioni spesso cieche operate dai bombardamenti alleati.




febbraio 2015

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