A proposito del velo delle donne in chiesa

di A. Nonim

Ho letto il testo di D. Leonardo M. Pompei sul velo delle donne in chiesa. Tutto giusto e condivisibile, ma adesso purtroppo come si fa?...

Quello che invece credo sia possibile e assolutamente doveroso porre come regola severa e senza eccezioni, è che il velo lo debbano indossare le donne chiamate a svolgere il ministero di ministri straordinari della Comunione (anche se sarebbe meglio che questo ministero fosse riservato esclusivamente ai ministri ordinari), tanto più se si tratta di suore.

Oggi si vedono donne andare a svolgere questo ministero (anche quando non ce n’è bisogno) addirittura in maniche corte e preti che le lasciano tranquillamente andare da sole a prelevare il SS. Sacramento dal tabernacolo, sia per prendere le ostie, sia per trasportare il Santissimo dall’altare centrale a quello laterale dove si celebra nei giorni feriali. Ma ho visto anche giovanotti distribuire l’eucaristia in maglietta mezze maniche e attillatissimi jeans. Una volta solo per servire la messa i chierichetti indossavano tassativamente talare e cotta, e adesso si distribuisce la comunione in fogge da balera.

Mi sono permesso pochi giorni fa di far osservare a una suora che non doveva comportarsi come se fosse un diacono. Mi si è rivoltata contro. Un giorno, celebrando nell’ospedale dove quella suora aiuta il cappellano per portare la comunione agli ammalati, trovai sull’altare due contenitori (quei vasi sacri moderni, che non sono né pissidi né patene) con le particole. Pensai che nel tabernacolo non ci fossero ostie sufficienti e che quindi fosse stato preparato un secondo contenitore da riporre poi nel tabernacolo come riserva per gli ammalati. Tornato all’altare dopo aver distribuito la comunione, non trovai più il secondo contenitore con le ostie consacrate: era successo che la suora era tranquillamente andata a mia insaputa dietro le mie spalle all’altare e se l’era portato via. Nel riporre le ostie rimaste nel tabernacolo, notai che c’era già un altro contenitore, senza coperchio, pieno di particole, cosa che stava a dimostrare che non c’era nessuna necessità di consacrare altre ostie, quelle che poi la suora portò via dall’altare. Ho fatto le mie osservazioni a quella religiosa a seguito di altri suoi comportamenti anomali: si è ribellata, senza sentire ragioni e ora si rifiuta di venire alla mia messa e di servire in sacrestia (è infatti la sacrestana) quando sono di turno io a celebrare.

Chi dobbiamo ringraziare per tutto questo? Sicuramente non ci sono regole chiare e soprattutto non ci sono sanzioni per chi non le osserva e non le fa osservare. I preti sono i primi responsabili. Se si scrive in Vaticano per far presenti gli abusi, nemmeno ti rispondono.
Anni fa inviai alla Congregazione per il Culto divino una lettera in cui denunciavo il comportamento inqualificabile di un Parroco circa la disciplina per la comunione in mano: nessuna risposta.
Purtroppo non la ritrovo più, ma la sostanza era la seguente. Sentite sentite:
 
         Eccellenza Reverendissima,
         Ho potuto vedere una videocassetta con la registrazione di una Messa di Prima Comunione. Non credevo si potesse arrivare a tanto sul modo di comunicare i fanciulli.
         Al momento della Comunione, i bambini salivano all’altare e ricevevano l’Ostia sulle mani, ma anziché portare la particola alla bocca, tornavano al loro posto, rimanendo in piedi con l’Ostia in mano e tenendola fino a che non l’avesse ricevuta l’ultimo bambino. Erano trenta-quaranta bambini, immaginiamoci quindi per quanto tempo il primo bambino l’ha tenuta in mano. Poi i fanciulli, tenendo l’ostia in mano, risalivano all’altare sul quale c’era il Sangue di Cristo e da soli (!!!) lo intingevano nel calice, senza che nessuno, né il sacerdote, né un altro ministro, né un catechista stesse al loro fianco. Siamo alla follia.
         Non sarebbe ora di emanare norme ben precise e severe su questo punto? Io propongo che i bambini non possano ricevere la comunione in mano fino a che non abbiano raggiunto la maggiore età, o per lo meno fino a due anni dopo la Cresima.

La lettera era più lunga e articolata, ma purtroppo non la ritrovo più.

Ne ho inviata una, durante l’Anno Sacerdotale 2010, anche sul modo di vestire del sacerdote in confessionale. Questa l’ho ritrovata. Eccola:
 
         Eccellenza Reverendissima,
         Vorrei sottoporre alla Sua alta attenzione un tema che mi sta particolarmente a cuore. Siamo nell’Anno Sacerdotale: mi sembrerebbe quanto mai opportuno cogliere l’occasione per emanare un Documento sull’amministrazione del sacramento della Penitenza, che oltre agli aspetti teologici, liturgici, pastorali, morali e quant’altro, affronti anche quelli disciplinari. Mi riferisco particolarmente alle norme per una corretta e dignitosa celebrazione del sacramento che non mi pare di vedere ben stabilite, soprattutto per quanto riguarda il luogo, i tempi, le modalità e le vesti liturgiche del confessore. Sotto questo aspetto il Sacramento della Penitenza mi sembra il più bistrattato. Si vedono preti entrare in confessionale in tutte le fogge, persino in calzoni corti.
         Sono stato per un anno intero Rettore di una chiesa in cui, insieme ad altri due sacerdoti, ci rendevamo tutti i giorni, in determinate ore, disponibili per le confessioni. Un mio confratello, che vestiva sempre in abiti civili anche quando era di turno per le confessioni e al quale facevo osservare che non era giusto il suo comportamento, mi rispondeva che bastava solo la stola. Ma poi non metteva mai nemmeno quella. E io assistevo a scene davvero singolari: siccome il più delle volte quel tale confessava non in confessionale, ma su un banco o su un inginocchiatoio, vedevo suore e persino sacerdoti con la talare e religiosi con il proprio abito, inginocchiati davanti a un confessore in abiti civili. Non so che impressione ne potevano ricavare i fedeli che vedevano quella scena, né saprei dire se anche queste cose contribuiscono ad allontanare i fedeli dai confessionali, ma una cosa è certa: non è rispettoso né del sacramento che si sta amministrando, né dei penitenti, specie se ecclesiastici e religiosi, mettersi in confessionale in abiti civili o addirittura in jeans e persino in calzoni corti (con la scusa del caldo, della zona balneare, o di un meeting giovanile).
         Non sarebbe opportuno un severo regolamento, al quale poter fare riferimento nei confronti dei riottosi?
         Spero che da codesto sacro Dicastero si sia già pensato all’intervento da me ora suggerito, il quale non mi sembra più ulteriormente procrastinabile e che l’occasione dell’Anno Sacerdotale suggerirebbe come quanto mai auspicabile.
         L’Eccellenza Vostra Reverendissima vorrà perdonare l’ardimento con cui ho preteso farmi Suo suggeritore e ricevere il mio più umile e devoto ossequio.
 
         Anche qui nessuna risposta. A chi ci dobbiamo raccomandare?







marzo 2015