Potenza della democrazia

di Belvecchio



Pubblico confronto su verità, fede e ateismo, svoltosi a Roma, al teatro Quirino,
il 21 settembre del 2000,
tra l'allora cardinale Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede,
e Paolo Flores d'Arcais, direttore di MicroMega.


Ha suscitato un certo interesse critico un articolo pubblicato da “La Repubblica” e costituito da uno scritto di Paolo Flores d’Arcais. L’articolo, del 9 marzo 2015, aveva per titolo: “La democrazia deve chiedere l’esilio di Dio”.

Ovviamente tutta l’impalcatura del discorso poggiava sull’architrave Flores d’Arcais che, come è noto in Italia e all’estero e oltre, è quella entità suprema che ogni tanto, bontà sua, elargisce al mondo lumi abbaglianti, in grado di far nuova la vita di tanti e, si dice, di resuscitare i morti.
Questa volta, però, il supremo ha toppato – capita anche ai supremi, soprattutto se superlaici – tanto da chiederci come mai tanti cattolici abbiano dato tanta importanza a quel pasticcio confusionario che dimostra di essere questo risibile scritto col suo esilarante titolo.

Non entriamo nel merito dell’articolo in sé, cioè in quello che vorrebbe suggerire il nume supremo, ci limitiamo a cercare di capire cosa frulla in quella testa tanto eccelsa e tanto siderale, magari per poi suggerire allo stesso nume supremo di fare un bel ripasso di democrazia.

«la guerra del Sacro contro l'autosnomos, il “darsi da sé la legge”, la sovranità di Homo sapiens su sé stesso, che sostituisce su questa terra l’eterosnomos, la sovranità di Dio, come fonte di legittimità nel dettare gli ordinamenti, i valori, i diritti e i doveri di ciascuno.»

Ora, a parte le risate che suscita questa prosa da sessantottina balera di periferia, si rimane allibiti nel constatare che il nume supremo confessa che dopo cinque secoli – dicasi 500 anni – di diffusione del libero esame e del libero pensiero; e dopo due secoli – dicasi 200 anni – e otto generazioni e più – dicasi otto e più – di democrazia conclamata, diffusa, affermata e ove necessario imposta, questa splendida e onnipotente democrazia sarebbe insidiata da quel sacro che, avevano detto, è già stato vinto dal progresso e dalla rinnovata intelligenza dell’uomo nuovo nato dalla Rivoluzione.

Oh, caspita! Ma allora ci hanno solo raccontato delle balle, questa democrazia è un fallimento, e questi moderni uomini democratici che avrebbero soppiantato ogni divinità, liberato l’uomo dalla schiavitù e allargato le coscienze, sono solo dei fanfaroni, dei palloni gonfiati e dei ballisti.
Attenzione! Avverte allarmato il nume supremo: il sacro incombe! La laicità è in pericolo! Bisogna al più presto cacciare Dio!
Sarà il fiato sul collo delle conseguenze di tutte le fesserie che questi personaggi hanno raccontato a se stessi e agli altri?

Ci si chiede anche: ma negli scorsi 500 anni cos’hanno fatto i vari “martini”, “luteri”, “calvini”, “enrichi” con tutti i loro amabili pargoletti dediti alla caccia dei seguaci di Dio?
E in questi ultimi duecento anni cos’hanno fatto i pupetti partoriti da quella madre prolifica che è la Rivoluzione e che quasi ogni ventennio si esaltano nell’annunciarci che Dio è morto, bontà loro?
Cos’hanno fatto i loro emuli superlaici del calibro dei “flores”?

Vuoi vedere che mentre con voce roboante contavano della morte di Dio e intimidivano i suoi servitori, sotto sotto fornicavano con i baciapile?

Oppure c’è da temere che tutti gli sforzi per fare scomparire Dio non siano stati altro che una sorta di masturbazione intellettuale fine a se stessa, impossibilitata a mutare anche solo una virgola della vera realtà dell’esistenza, di quella stessa esistenza che non riescono minimamente a capire i “flores”, i “repubblichi”, i “demos”,  i “cratici”, e compagnia bella!


Ci permettiamo di suggerire, molto sommessamente, al divo Paolo, che forse Dio è una realtà molto più vera e molto più seria di quanto lui possa stentatamente immaginare, quella realtà che non riesce ad essere scalfita da democrazie, laicità, intellettualità, e che inevitabilmente si ripresenta all’esperienza dell’uomo, sia pure fatale, facendolo sentire un po’ impotente e un po’ meschino, seppure amareggiato perché il suo maleducato “io” non riesce a darsi pace per il palese fallimento di tutta la sua sapienza.

La cosa incredibile è che questo campione della laicità e della democrazia pretende di dare lumi a tutti rovesciando secchiate di puerilità, di contraddizioni e di oniriche fantasie auto-appaganti.
«La religione è compatibile con la democrazia solo se addomesticata, … Solo se [accetta] … la libertà del peccato come diritto di ogni cittadino: il peccato mortale garantito e protetto dalla legge, se così ha deciso la sovranità dell' autosnomos.
Le religioni compatibili con la democrazia sono dunque religioni docili, … Sono religioni sottomesse

Quindi, diciamo noi, dopo tanto strombazzare di democrazia e di laicità, di libertà e di autodeterminazione, il risultato eccelso è la sottomissione dell’altro. Tale che il nostro ineguagliabile Paolo conferma al mondo intero, dalle pagine della “gazzetta ufficiale” laica: “La Repubblica”, che la democrazia è quella cosa in base alla quale tutti devono essere liberi di essere se stessi, e per far questo è necessario che si sottomettano tutti alla democrazia che è il regno della libertà… tutti schiavi per essere tutti liberi.
Ecco dunque perché la democrazia deve esiliare Dio,  perché Dio è troppo semplice e vero e lineare e coerente per poter convivere con questo ammasso di contraddizioni e di auto-inganni che è la democrazia.

Ebbene, noi preferiamo rimanere col nostro piccolo cervello, funzionante, piuttosto che aderire a questa deriva demenziale che ha rinunciato all’uso della retta ragione in nome degli slogan e delle frasi fatte che da qualche secolo infettano e distruggono questo nostro mondo votato alla catastrofe.



marzo 2015