Martirio moderno per i fedeli cattolici:
subire una nuova Chiesa e una nuova Fede
predicate e praticate dalla gerarchia

di Alessandro Gnocchi


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
 
  17 marzo 2015

Titolo, impaginazione, immagine
e neretti sono nostri



Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.


martedì 17 marzo 2015

È pervenuta in Redazione:

Caro Alessandro,
vorrei esternare i miei turbamenti e le mie dolorose perplessità di fronte a una Chiesa che non è più per me il punto di riferimento di un tempo.
Mi sento smarrita, mi mancano la determinazione e la sua antica forza difensiva, la sicurezza della verità, la sua consolazione, il suo consiglio; vorrei che mi scusasse meno e mi ammonisse di più e che la sua dottrina che è valsa per quasi un paio di millenni non si sfaldasse adesso in mille rivoli e interpretazioni o in contorsioni misericordiose che di misericordia hanno ben poco e anzi, inducono rovinosamente all’errore.
La Chiesa alza oggi la voce sulla moralità dell’ormai finito Berlusconi, ma è muta di fronte alle emergenze educative (aborto, fecondazione artificiale, teoria del gender, matrimonio gay, cosiddetta educazione all’affettività cominciando dall’infanzia, eutanasia, ecc).
Mi addolora la liturgia martoriata e con essa il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Nostro Signore; vedo le devozioni passare in secondo piano, compromessa la trasmissione della dottrina e della fede demandata a catechisti spesso non all’altezza.
Mi fa male vederla inginocchiata davanti al mondo e penso che sarebbe bene che si occupasse soprattutto della salvezza delle anime, com’era suo antico compito, perché è corpo mistico di Cristo e non comunità di corpi.
Ma confido in Gesù Cristo e nelle Sue promesse e nell’aiuto della Sua Santissima Madre, rifugio dei peccatori e consolatrice degli afflitti.

Sia lodato Gesù Cristo

Antonina Sicari




Compianto su Cristo morto, Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova
 

Cara Antonina,
in tempi normali, un doloroso lamento cattolico come questo non sarebbe neanche lontanamente concepibile. E, se anche lo fosse, avrebbe come destinatario un vescovo. Ma quelli in cui viviamo, appunto, non sono tempi normali.
Se un povero cristiano disorientato davanti alla furia autodissolutrice che si è impadronita della Chiesa, scrivesse al proprio vescovo, salvo rarissime e sante eccezioni, si sentirebbe dire che “la realtà dell’oggi” è cambiata, che il cristiano “la deve assumere come stimolo per la propria fede”, che i cattolici “devono imparare a essere discepoli e non ergersi a maestri del mondo” e che, naturalmente, tutto viene affidato alla “condivisione della fecondità della Parola”…

Come tutti sanno, l’elenco potrebbe continuare a lungo fino a raggiungere punte di umorismo involontario di rara efficacia, perché questi pastori, dopo l’inchino di rito al primato luterano della Parola con la “P” maiuscola, si dedicano volentieri al primato della loro parola, con la “p” minuscola.
Basta pensare ai chilometrici documenti stilati dalle migliaia di uffici che, per ogni diocesi, per ogni conferenza episcopale regionale, nazionale e internazionale, per i dicasteri  vaticani di ogni ordine e grado, si occupano di ogni genere di pastorale: da quella dei migranti a quella per la raccolta differenziata, da quella per le nuove tecnologie a quella per il sovraffollamento del pianeta.
L’unica, magra, consolazione sta nel fatto che, dopo aver disboscato qualche ettaro di foresta per la stampa di un documento sul dramma della desertificazione della Terra, nessuno si dà la pena di leggere simili scempiaggini. Forse neanche chi le ha scritte.

La Chiesa, cara Antonina, salvo un piccolo resto oggi è tutta qui, in questo gran parlare che sa di mondo ed è certamente più gradito al suo principe che a Gesù Cristo.
Un po’, forse troppo, per convinzione. E un po’, di sicuro molto, per comodità, perché il mondo non chiede la fatica della fede, ma si accontenta della semplice attestazione di conformità in cogitatione, verbo et opere, non chiede impegno ma adesione e, in cambio, offre una vita quieta, comoda e persino felice.

Così adesso, molti di coloro che continuano a dirsi cristiani si prostrano davanti al nuovo vitello d’oro e ossequiano il mondo come principio, mezzo e fine: divinità una e trina, scimmia dell’unico vero Dio uno e trino.

Qui si tocca veramente il nucleo originario del disastro: non più il mondo convertito a Cristo ma Cristo convertito al mondo. Questa è la Chiesa di oggi che, nella sua componente umana, ha ormai cessato di voler essere cattolica. E dico “cessato di voler essere cattolica” e non solo “cessato di essere” perché evidentemente una buona quota di chi ha preso la via mondana non lo ha fatto in buona fede.

E coloro che seguono i pifferai conquistati al mondo sono magari in “buona fede”, ma non sono certo in “fede buona”, tant’è vero che si stanno avviando verso il baratro.

Ma con  misericordia, che è divenuto il mantra dei tempi nuovi.

Un urlo che nulla ha di soave, poiché diventa la giustificazione di ogni sopruso. Uno sberleffo che ha come effetto più devastante quello di destituire l’autorità dal suo fondamento.
Ormai ci troviamo davanti a un padre, sia il Papa, il vescovo, il parroco o qualsiasi altra figura religiosa, che, davanti all’accusa di essere ingiusto lanciata da un figlio risponde che, però, lui è buono.
Ma questa, cara Antonina, è la parodia scimmiesca del padre che è chiamato a fare esattamente il contrario: davanti all’accusa di non essere buono, dovrebbe essere in condizione di poter almeno replicare che, però, è giusto.

Da questo punto di vista è istruttivo riflettere sulla nefasta mitologia del “Papa Buono” inventata da monsignor Loris Capovilla per costruire l’immagine di Giovanni XXIII ad uso del mondo e dei suoi derivati.

In questa chiave, si spiega la persecuzione di ogni dissidenza che, sotto la Chiesa della misericordia, si mostra più dura e inflessibile che in ogni altro frangente.
La voce critica che intende rimettere nella giusta sequenza giustizia e misericordia viene riconosciuta come un corpo estraneo da eliminare poiché appartiene a un mondo avverso, è una cellula residuale della “terribile Chiesa del passato”, cancellata una volta per tutte dall’annuncio della Nuova Pentecoste.

Il dissidente può essere tollerato solo se parla in nome del cuore, se ammette di far sentire la sua voce in virtù di un sentimento soggettivo, tutto suo. Ma non può farlo se dice di parlare in nome della giustizia, della ragione, di un principio oggettivo, immutabile e universale: si può criticare in nome della bontà, ma non in nome dell’intelligenza.


Per questo, oggi, è davvero fortunato chi abbia la grazia di trovare un curato, un parroco o un vescovo in grado di comprendere il turbamento e il dolore dei cattolici che vedono la Chiesa sgretolarsi in queste briciole di alimento mondano.

Cara Antonina, credo che uno degli aspetti del martirio a cui siamo chiamati stia nel prendere atto che, ordinariamente, i pastori lavorano per un’altra chiesa e diffondono un’altra fede.
Del resto basta un’onesta considerazione sui dati di fatto: insegnano una nuova dottrina, diffondono una nuova morale, celebrano un nuovo rito, si abbeverano di una nuova filosofia… Che cosa è tutto questo se non una nuova chiesa?

Certo, sarebbe molto facile e comodo cadere nella tentazione di andarsene da un’altra parte. Invece noi sappiamo che lì, sotto questa falsa chiesa, arde la brace della vera Chiesa.
Ci troviamo come Maria e Giovanni davanti a Cristo crocifisso: morto come uomo e vivo come Dio, anche se noi fatichiamo a comprenderlo. Siamo come Maria dopo la deposizione di Gesù dalla croce, che tiene suo Figlio morto tra le braccia eppure sa di potergli parlare perché Lui la ascolta.
Ma tutto questo, appunto, è dolorosamente nascosto. Peggio ancora, è colpevolmente offuscato da chi dovrebbe invece metterlo in luce.

Cara Antonina, perché il Signore permetta tutto questo non lo so, ma so che è per il nostro bene e che siamo chiamati a mantenere la fede nonostante tutto. Per questo avremo, anzi abbiamo, speciali grazie che noi stessi fatichiamo a vedere e comprendere, ma questo dipende dalle nostre infedeltà e dai nostri peccati. Dobbiamo pregare per meritare queste grazie, per mondarci dai nostri peccati e per sostenere quel piccolo resto che si sta battendo con armi che sembrano impari solo a chi si fa conquistare dalla logica del mondo. Non a noi.

Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo



marzo 2015

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