Gli omosessuali d’Irlanda
e
l’apparente fine di Madre Chiesa

di Alessandro Gnocchi


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
 
  26 maggio 2015

Titolo, impaginazione e neretti sono nostri




Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.


martedì 26 maggio 2015

È pervenuta in Redazione:

Caro Alessandro,
dunque,  nozze gay anche in Irlanda, nella cattolica Irlanda. Che dire? Ci si sente come accasciati, ormai resi all’impotenza. Sosteniamo in pochi, pochissimi, un pensiero sorpassato e impresentabile. E la mente è sempre lì che ritorna: perché la Madre Chiesa non ci difende e non alza forte la sua voce per dire in semplicità che no, il mondo non può correre così verso il precipizio e verso la rovina? Questa corsa irrefrenabile  mi fa ricordare quell’episodio del Vangelo quando i demoni, scacciati da Gesù,  entrano nel branco di porci e precipitosamente cadono nell’abisso.  E noi, con la nostra “intolleranza”, “arretratezza”, “chiusura mentale”,  così disarmati come siamo, oltre alla preghiera, come attrezzarci in questa battaglia?
Antonina




La distruzione di Sodoma e Gomorra

Cara Antonina,
nella tua lettera ci sono due etichette sbagliate. Capisco che, come tanti altri, le appiccichi nella speranza di mantenere in piedi dei riferimenti nell’opposizione alla follia di questi tempi. Ma una simile operazione, anche se dà un momentaneo sollievo, alla lunga prostra ben più che affrontare subito la realtà. Lásciatelo dire da uno che ci è già passato e, a forza battere testate contro il muro, ha imparato a chiamare le cose con il loro nome.

Tu, cara Antonina, parli di “cattolica Irlanda”. Ma se l’Irlanda fosse cattolica non avrebbe votato come ha votato sul matrimonio omosessuale. E questa è la prima etichetta che non funziona più. Potremmo persino passarci sopra, se non fosse il simbolo di una catastrofe.
Ma c’è di peggio, e mi riferisco all’altra etichetta sbagliata, quella di “Madre Chiesa” applicato a un agglomerato umano che non intende esserlo. Quella “Madre Chiesa” che, secondo il tuo interrogativo doloroso, dovrebbe alzare forte la sua voce contro la follia del mondo non lo fa per il semplice motivo che non vuole farlo. Dimmi un po’, lo dovrebbe fare un Papa che se ne esce bel bello in un’intervista a dire che legge un solo giornale e quel giornale è “Repubblica”? E, detto per inciso tra noi, se vuol leggere qualcosa di serio e professionale, mi dici perché dovrebbe abbonarsi ad “Avvenire”?

Non so quante volte l’ho detto, ma non fa mai male ripeterlo: quella che tu chiami “Madre Chiesa” riferendoti alla gerarchia tutta, salvo rare eccezioni pratica un’altra religione rispetto a quella cattolica. Ha un’altra filosofia, un’altra teologia, un’altra morale, un altro rito e, dunque, un’altra religione e un’altra fede.
La “Madre Chiesa” a cui tu ti appelli, quella di sempre, non è morta perché “non praevelabunt”, ma in questo momento è nascosta e solo il Signore sa veramente come e dove sopravviva: il nostro compito non è quello di sezionare un cadavere per andare in cerca di qualcosa che temperi il nostro dolore, ma quello di credere che il Corpo Mistico di Cristo continua a essere vivo e volere con tutto il nostro essere di farne parte.

Al resto ci penserà la Provvidenza.

Ma, salvo miracoli, non facciamoci illusioni sul presente e su chi gli dà volto. Perché la Chiesa del “Chi sono io per giudicare un gay”, perché la Chiesa della Grazia rinvenuta nell’interreligiosità, perché la Chiesa che mostra di amare tutto e tutti tranne se stessa, perché la Chiesa che si prostituisce con il mondo dovrebbe, come chiedi tu, darsi la pena alzare “forte la sua voce per dire in semplicità che no, il mondo non può correre così verso il precipizio e verso la rovina”?

Cara Antonina, non lo fa perché non vuole e non può farlo.
Hai letto, immagino, le dichiarazioni dell’episcopato della “cattolica Irlanda” dopo quella che un cattolico dovrebbe considerare una tragedia. Ci hai trovato un rigo di dispiacere? Ci hai visto almeno una lacrima, anche finta, davanti a un mondo ormai crollato? Se avessero voluto opporsi alla corsa dei porci verso il baratro avrebbero combattuto. E, invece, l’episcopato irlandese ha pensato bene di chiamarsi fuori dalla lotta, ha rinunciato a difendere la verità sull’uomo predicata da Gesù Cristo: ha rinunciato a difendere Gesù Cristo.

C’è chi, giustamente, osserva che la sconfitta è certa per chi si estranea dalla lotta. “Se avessero voluto avere anche la lontana possibilità di vincere” dicono “dovevano  scendere nell’agone”. Ma il fatto è che non volevano avere neanche la lontana possibilità di vincere: sarebbe stato troppo faticoso, ma soprattutto troppo doloroso, continuare la lotta con il mondo per chi ha fatto del mondo il proprio idolo.

Qualche tempo fa, a proposito di qualche brutto ceffo che si spaccia per conservatore e regge la coda al peggio progressismo, un amico mi chiedeva: “Ma, allora, questi fanno la guerra nella speranza di perderla?”.
Beata ingenuità, questi come si è puntualmente mostrato anche con il referendum irlandese, non fanno la guerra nella speranza di perderla. Questi fanno la guerra nella speranza di vincerla: però stanno dall’altra parte.

Quindi, cara Antonina, che cosa fare oltre alla preghiera?
Ti confesso che, da qualche tempo, sono sempre più preso dall’idea di non fare altro. Allora prego di più e capisco che bisogna continuare a combattere là dove la Provvidenza ci ha voluto mettere. Ma non dobbiamo pensare di ottenere chissà quali vittorie umane e mondane. Siamo un piccolo resto che ha il dovere di rimanere dov’è e di credere e fare quello che ha sempre creduto e fatto. Qualunque cosa avvenga.

Come diceva Guareschi, cara Antonina, dobbiamo salvare il seme, la fede, per il tempo in cui il fango si ritirerà, anche se noi non potremo vederlo. E poi non è neppure vero che quel tempo non lo possiamo vedere. La fede ce lo mostra già chiaro e inequivocabile. Noi ora dobbiamo essere testimoni, e testimoni significa martiri.

Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo





maggio 2015

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