L’interiore pace ecologica
di papa Bergoglio


di Alessandro Gnocchi


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
 
  23 giugno 2015

Titolo, impaginazione, immagini e neretti sono nostri




Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.


martedì 23 giugno 2015

È pervenuta in Redazione:

Caro Alessandro,
esco un po’ frastornata dalla lettura della cosiddetta “enciclica verde” dove a colpirmi, più che l’argomento, forse degno più che altro di un libretto di buona educazione,  sono diverse  frasi sparse qua e là; ne trascrivo alcune:
1.    “Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo?  […] Siamo noi i primi interes¬sati a trasmettere un pianeta abitabile per l’umanità che verrà dopo di noi. È un dramma per noi stessi, perché ciò chiama in causa il significato del nostro passaggio su questa terra”  (n°160)
2.    “…l’esercizio di questi comportamenti ci restituisce il senso della nostra dignità, ci con¬duce ad una maggiore profondità esistenziale, ci permette di sperimentare che vale la pena passare per questo mondo”  (n° 212)

Rifletto su quella formuletta imparata da piccola, che tanto chiaramente rispondeva alla domanda “Perché Dio ci ha creato?”: -Per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e poi goderlo nell’altra in paradiso-; e guarda caso, mi viene fra le mani una piccola riflessione del Santo Curato d’Ars: “…il nostro primo scopo è andare verso Dio, siamo sulla terra solo per questo”. E mi dico: “questa davvero è una ‘profondità esistenziale’!”.
Mi dispiace, ma io non ce la faccio, caro Alessandro, ad intraprendere una “conversione ecologica” per dare dignità alla mia vita e nemmeno a convincermi che “La pace interiore delle persone è molto legata alla cura dell’ecologia” (n°225 ). Mi sembra tutto troppo riduttivo. E ne sono rattristata perché questo e tanto tanto altro  me lo vedo  consigliato proprio dal Vescovo di Roma.

Antonina






Cara Antonina,
questa lettera ne riassume tante altre su un argomento che, questa settimana, mi sembra ineludibile. E potrei anche fermarmi qua, perché dentro c’è tutto. Mi limito solo a qualche considerazione, come del resto richiede una rubrica di posta dei lettori, con la promessa che a parte ci torneremo sopra. E non parleremo solo dell’enciclica, di cui ho persino ritegno a citare il titolo per non essere complice dello scempio condotto sull’anima di San Francesco. Parleremo anche, come chiedono altri lettori, dell’esibizione del vescovo di Roma in visita al tempio valdese e della sconcertante preghiera ecumenica di Sarajevo.

Intanto, cara Antonina, vorrei portare l’attenzione sul numero 34 dell’enciclica, che dice:
Probabilmente ci turba venire a conoscenza dell’estinzione di un mammifero o di un volatile, per la loro maggiore visibilità. Ma per il buon funzionamento degli ecosistemi sono necessari anche i funghi, le alghe, i vermi, i piccoli insetti, i rettili e l’innumerevole varietà di microorganismi. Alcune specie poco numerose, che di solito passano inosservate, giocano un ruolo critico fondamentale per stabilizzare l’equilibrio di un luogo. È vero che l’essere umano deve intervenire quando un geosistema entra in uno stadio critico, ma oggi il livello di intervento umano in una realtà così complessa come la natura è tale, che i costanti disastri causati dall’essere umano provocano un suo nuovo intervento, in modo che l’attività umana diventa onnipresente, con tutti i rischi che questo comporta”.

Tanti hanno sorriso, e anche sghignazzato, davanti a simile prosa, e riesce persino difficile dar loro torto. Ma, subito dopo averlo letto, ho fatto questa considerazione: come sarebbe migliore questa Chiesa se la cura che, su indicazione del suo vertice supremo, vuole prodigare per mammiferi, volatili, funghi, alghe, vermi, piccoli insetti, rettili e l’innumerevole varietà di microorganismi, la usasse anche nei confronti di quei poveri cattolici che vogliono conservare la fede. Non si chiede molto: la stessa considerazione che merita un verme invece del disprezzo ghignante di chi è disposto a tollerare tutti, tranne coloro che, con la loro fede e le loro opere, gli ricordano come dovrebbe essere.

Ma io sono un verme e non un uomo, rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente”, dice il Salmo 21, prefigurando la condizione del Crocifisso, che è poi quella di qualunque cristiano che voglia essere autentico.
Non bisogna dunque mostrarsi sorpresi, poiché questa è la via stretta che porta verso la salvezza. Ma, allo stesso tempo, non si può ignorare che mai, nella Chiesa, questa fu la condizione di tanti cristiani per opera dei loro fratelli.
Qui, però, mi fermo poiché è necessaria una seria riflessione per capire cosa stia accadendo: se ci troviamo davanti a fratelli che soffrono per mano di altri fratelli oppure a una Chiesa che soffre per mano di un’altra chiesa. E le lettere maiuscola e minuscola, cara Antonina, non sono messe a caso. Ma, lo ripeto, è necessario riflettere ancora prima di giungere a una conclusione. Almeno per me.

Per quanto riguarda le considerazioni sull’enciclica faccio mia l’analisi di monsignor Mario Toso, vescovo di Faenza-Modigliana: “L’obiettivo del Papa, come emerge sin dalle prime battute dell’enciclica, è quello di farsi promotore di un movimento ecologico globale per la cura universale della casa comune”.

Ecco, io la vedo proprio così. Però, a differenza di monsignor Toso, penso che sia un disastro.


Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo




giugno 2015

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