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Il Papa punta solo sul marketing Intervista
di Italia Oggi ad Alessandro Gnocchi, 30 settembre
2015
condotta da Goffredo Pistelli
![]() Un
viaggio trionfale, quello di Papa Jorge Bergoglio a Cuba e negli Stati
Uniti.
Il consenso, vastissimo, suscitato dai suoi discorsi, soprattutto quello all’Onu, dove il pontefice ha chiesto «casa, lavoro e terra per tutti», l’incetta di applausi, mediatici soprattutto, di Francesco, suggeriscono il controcanto, serio e appassionato, di Alessandro Gnocchi. Bergamasco, 55 anni, giornalista, Gnocchi ha scritto a lungo sul Foglio: una serie di articoli molto critici su questo pontefice finiti poi in un libro in cui anche Giuliano Ferrara, aggiunse un suo lungo intervento: Questo Papa piace troppo (Piemme). Con lui c’era il biotecista Mario Palmaro, scomparso nel 2014, a soli 46 anni. Oggi la severa analisi di Gnocchi sul Bergoglio e il bergoglismo si può leggere solo su un agguerrito sito di cattolici tradizionalisti, riscossacristiana.it, dove, tra l’altro, cura la rubrica settimanale di posta intitolata Fuori moda. Domanda. Gnocchi, questo viaggio americano dimostra che Francesco continua a piacere troppo? Risposta. Per capirlo bisogna
partire da una notizia di sabato scorso.
D. Prego. R. Il Senato americano ha
respinto un disegno di legge per impedire
l’aborto oltre la ventesima settimana di gravidanza. Una norma che,
secondo Life News avrebbe
salvato almeno diciottomila bambini ogni anno.
D. E dunque? R. Dunque, tre giorni dopo aver
applaudito il Papa in seduta congiunta,
i rappresentanti del popolo americano hanno mostrato di aver ben
compreso quanto i temi strettamente legati alla dottrina e alla morale
cattoliche stiano nel cuore di Bergoglio. Del resto, lo aveva detto lui
che non bisogna essere ossessionati da certi temi.
D. Cosa è contato, allora, secondo Lei, di questo viaggio? R. Guardi, ciò che conta
per questo pontificato e per questa
Chiesa è andare in prima pagina e nelle aperture dei tg.
Perché, a conti fatti, la pastorale, e specialmente questa
pastorale, è marketing. Ma c’è un altro aspetto di questo
viaggio su cui riflettere.
D. E cioè? R. Francesco non ha fatto che
parlare dell’enciclica Laudato Si'.
D. L’enciclica sull’ambiente. R. Non so quanti l’avranno letta,
essendo lunghissima, oltre 200
pagine: aspetto questo davvero poco misericordioso verso il fedele.
D. Questa è una battuta carina, vada avanti. R. Fatta salva la cornice
teologica, palesemente posticcia, con qualche
spruzzata di dottrina e di morale nominate invano, per il resto con
questa enciclica siamo in presenza di una piattaforma di trattativa col
mondo e con le sue potenze. Non a caso, la Laudato Si' è l’unico
documento che Bergoglio cita e utilizza, per parlare per esempio con
Barak Obama e per andare all’Onu. Insomma il terreno sui cui intende
muoversi è questo. Ma d’altra parte l’ha detto sin dal primo
giorno. Una cosa che non si può certo rimproverare al pontefice
è quella di non esser stato chiaro.
D. Che significa dialogare col mondo e coi potenti del mondo, Gnocchi? R. Non vorrei sembrare
irriverente, ma bisogna che mi spieghi con
un’immagine letteraria.
D. Siamo un giornale laico, non si preoccupi. R. Ciò che vedo oggi nella
Chiesa, attraverso questo
pontificato, è la strategia di Saruman. Ha letto Il Signore
degli Anelli, vero?
D. No, Tolkien mi manca e non ho visto neppure il film, ché il genere fantasy non mi piace. R. Beh, Saruman, il capo
religioso della Terra di Mezzo, preso atto che
il Male è troppo forte, che non ci si può opporre, decide
di allearcisi nell’illusione di governarlo. «Una nuova Potenza
emerge» dice Saruman. «Inutili sarebbero contro di essa i
vecchi alleati e l’antico modo di agire. Questa è dunque la
scelta che si offre a te, a noi: allearci alla Potenza».
D. Una Chiesa che viene a patti col Male, Lei dice? R. Una Chiesa, nella sua
componente umana e visibile, che sceglie di
giocare la partita del nemico. D’altra parte, come vede, l’agenda della
Chiesa è dettata da altri. I problemi sono quelli dell’ambiente,
della disoccupazione, dei rapporti con la politica in banalissimi
termini di potere. Questo Papa fa proprio ciò che il mondo
predica da sempre. Perciò il mondo lo sostiene.
D. In effetti ha colpito molti che nel discorso al Palazzo di Vetro, oltre a casa, lavoro, terra e libertà, non sia stato citato Gesù Cristo, che i bisogni dei popoli li incarna da 2000 anni. R. No, infatti. Il Papa dice
meglio, e con maggiore autorevolezza di
quella che potrebbe avere Ban Ki Moon, i valori delle Nazioni Unite.
È un annuncio un po’ da pop star, ma Bono Vox degli U2 non
saprebbe fare meglio. Credo che una buona definizione di Bergoglio sia
quella di Pope Star.
D. Senta, ma anche il Vangelo dice che la Chiesa deve farsi lievito del mondo. R. Già, ma il lievito non
si fa uguale alla pasta, sennò
la pasta non lievita.
D. Peraltro, al grande consenso di Bergoglio, non fa riscontro una conversione al cattolicesimo. Non si fa a cazzotti per entrare in Chiesa, mi pare. R. Semmai si fa a cazzotti per
uscire. Anzi, si farebbe a cazzotti per
uscire se le chiese fossero piene, ma non lo sono. L’effetto Bergoglio
dov’è? Dove sono i grandi convertiti? Raul Castro, quando venne
a Roma, disse: «Se il Papa
continua così, finirà
che mi rifaccio cattolico». E pure Al Gore, disse che
forse ci
avrebbe pensato. E poi i birignao con Pannella&Bonino. Questa
Chiesa si accontenta delle intenzioni di conversione. Ma tanto le basta
per andare sulle prime pagine dei giornali che, ormai, si accontentano
delle intenzioni di notizia.
D. È un Papa da Nobel. Un grande magazine s’è chiesto se è anche cattolico. Lei che ne pensa? R. La copertina di Newsweek non era campata in aria. E
non mi
interessano i dubbi sulla sua elezione, come quelli dello scrittore
Antonio Socci. Non posso dire se Bergoglio non è Papa
perché, come un qualsiasi laico, non ne ho i mezzi,
l’autorevolezza e l’autorità. Però, come qualsiasi laico,
posso dire dove e quando non è cattolico: in quasi tutti i suoi
atti.
D. Cioè? R. L’elenco è lungo,
l’ultimo esempio è il Motu
proprio
sulla nullità dei matrimoni.
D. Ossia il provvedimento con cui invita i tribunali diocesani a semplificare le procedure per rendere nulle le nozze celebrate religiosamente. R. Non si tratta solo di
snellimento delle procedure. Per la prima
volta, nero su bianco, con la firma di un pontefice, si cambia qualcosa
di fondamentale in un sacramento.
D. Spieghiamolo bene. R. Quando si dice che il
sacramento non è valido se non
c’è la fede in chi lo celebra, in questo caso i coniugi, si fa
un’affermazione quanto meno prossima all’eresia.
D. Addirittura. R. Sì perché la
validità di un sacramento non
dipende dalla fede di chi lo celebra, quando questi voglia comunque
fare ciò che fa la Chiesa. Il caso più evidente sta in
quei miracoli eucaristici in cui l’ostia si trasforma anche fisicamente
nel corpo di Cristo, pur essendo consacrata da un sacerdote che dubita
della presenza di Cristo sotto le specie del pane e del vino. Se ci
sono i ministri che vogliono fare ciò che fa la Chiesa, se
c’è la materia e se c’è la forma, Dio opera.
D. Torniamo al Motu proprio. R. Appunto, nel primo paragrafo
dell’articolo 14 si elenca come primo
esempio tra i motivi che permettono di trattare la nullità del
matrimonio proprio la mancanza di fede. Inoltre, l’elenco si conclude,
non so dire se tragicamente o comicamente, con un
«eccetera» nel quale, a questo punto, ci può stare
proprio tutto.
D. Questa opzione Saruman, come lei l’ha definita, c’entra? R. Certo, perché si
dà al mondo ciò che vuole con
l’intenzione di farselo amico, visto che si pensa di non poterlo
più combattere. E allora, proprio come Saruman, si rinnegano i
«vecchi alleati e l’antico modo
di agire». Il sacramento
viene ordinato alle voglie matte degli uomini e non più ai
diritti di Dio. Con la conseguenza che si snatura un sacramento, ossia
lo strumento ordinario col quale la Grazia di Dio raggiunge gli uomini.
D. Un mutamento d’epoca. R. Certo, l’orizzonte non
più un mondo che dipenda da Dio, ma
quello di una Chiesa che dipende dal mondo
D. Qualcuno pensa che questo Motu proprio sia stato il modo per bypassare un Sinodo sulla famiglia, che si apre a ottobre, e che non pare essere disposto a grandi aperture su questa materia. R. Prima del Motu proprio pensavo che non
sarebbe successo niente in
questo Sinodo, che la linea sarebbe stata quella della dottrina che non
muta ma cambia sostanzialmente la prassi pastorale. Ora, però,
vediamo mutare proprio la dottrina, ben prima del fatidico Sinodo, e
molti vescovi sono allarmati. Si dice che lo stesso cardinale Gerhard
Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede
(nominato da Benedetto XVI, ndr) abbia fatto le sue rimostranze al Papa.
D. Sul Motu proprio, come su tutto il resto, Bergoglio evoca la misericordia, cui è dedicato anche l’Anno santo che si aprirà l’8 dicembre. R. La misericordia si esercita in
questo mondo fino all’ultimo istante
nella vita della persone, ossia fino all’ultimo Dio concede di
convertirsi, di abbracciare la Croce, Gesù Cristo, la Chiesa. In
qualsiasi momento, uno, qualunque cosa abbia fatto, può pentirsi
e modificare la sua vita, conformandola alla verità. La
misericordia implica il primo movimento di Dio verso il peccatore e la
sua miseria, ma continua con un movimento di conversione della creatura
verso Dio.
D. E non è la stessa misericordia di cui parla il Papa? R. No, Dio ci ama anche quando
sbagliamo, ma ci chiede di cambiare
veramente la nostra vita attraverso il pentimento, la preghiera e la
penitenza. Non cambia la sua legge perché non ci può
essere accondiscendenza verso l’errore. La Chiesa ha sempre distinto
peccato e peccatore ma…
D. Ma? R. Ma non ha mai vezzeggiato il
peccatore confermandolo nel suo
peccato, non è mai stata una fiancheggiatrice del peccatore, non
ha mai giustificato i «cristiani che sbagliano».
D. E non ha abolito il peccato... R. Infatti la misericordia opera
fino all’ultimo secondo di vita, poi
c’è il giudizio.
D. Quindi i tribunali che giudicano con misericordia? R. Ma che significa? I tribunali
devono giudicare secondo giustizia.
D. L’Anno santo a che servirà? R. Come tutti gli avvenimenti
religiosi di questa Chiesa, in cui ormai
prevale l’aspetto mondano e mediatico, servirà a vendere un
gadget: servirà a diffondere la misericordia a prezzi di saldo,
a giustificare il cedimento e l’accordo con il mondo. Una tattica
intelligente e astuta: l’Anno santo sarà demandato a diocesi e
parrocchie, il messaggio verrà così radicato sul
territorio.
D. Si rischia uno scisma, come qualcuno ha già ricordato? R. È stato lo stesso
cardinal Müller a evocarne lo spettro
durante una sua visita in Germania. E mi pare uno scenario più
che realistico, perché lo scisma c’è già, è
in atto. Che ci siano due chiese è evidente. Sto aspettando un
pastore che abbia a cuore la Chiesa vera, quella cattolica, apostolica
e romana, e porti autorevolmente in luce ciò che i fedeli
provano già sulla loro pelle.
D. Ma nella Chiesa italiana, la situazione qual è? In primavera il Corriere della Sera aveva parlato di molti vescovi, la maggioranza, che, in cuor loro, sarebbero piuttosto contrari alla predicazione di Francesco. R. Non ho elementi per
confermarlo. Certo, in molte diocesi, sono
preoccupati, ma soprattutto per le ricadute pratiche di certi atti, ad
esempio per quello che i tribunali diocesani si troveranno a dover
gestire dopo questo Motu proprio di cui abbiamo parlato. Non certo per
ciò che ci sta dietro.
D. E nelle parrocchie? R. Trovo molti preti e anche
religiosi di congregazioni non
sospettabili di simpatie col tradizionalismo, che avvertono tutto il
mutamento radicale e doloroso, sul piano morale, imposto da questo
papato. Sono soprattutto quelli che stanno molto in confessionale e
sentono cosa questa apertura stia provocando fra i fedeli. Ha dato la
stura al peggio.
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