Cronaca di Roma occupata,
50 anni dopo il Vaticano II

di Jérôme Bourbon

8 ottobre 2015


Pubblicato sul settimanale Rivarol dell'8 ottobre 2015 - pag. 8




Alla vigilia del Sinodo sulla famiglia, che si è aperto il 4 ottobre, un segretario aggiunto – da 12 anni - della Commissione Teologica Internazionale, facente parte della Congregazione per la Dottrina della Fede: “Mons.” Krzysztof Charamsa, ha deciso di rivelare pubblicamente la sua omosessualità sulle colonne del Corriere della Sera, avanzando proposte scandalose.
Difficile immaginare che questo “coming out”, proposto solo alcune ore prima dell’apertura del Sinodo, non sia stato accuratamente programmato, e da lunga data, dalla lobby arcobaleno che vuole che la Chiesa conciliare nel suo insieme rinunci totalmente a giudicare l’omosessualità come “intrinsecamente disordinata”.

Padre Federico Lombardi, portavoce del Vaticano, ha fatto diffondere un comunicato per annunciare che “Mons.” Charamsa non potrà continuare a lavorare al suo posto attuale, ma non ha annunciato alcuna sanzione canonica contro il reprobo che ha avanzato molteplici provocazioni:
«La Bibbia non parla mai di omosessualità. Parla invece degli atti che io definirei “omogenitali”. Possono essere compiuti anche da persone eterosessuali, come succede in molte prigioni. In questo senso potrebbero essere un momento di infedeltà alla propria natura e quindi un peccato. Quegli stessi atti compiuti da una persona omosessuale esprimono invece la sua natura. Il sodomita biblico non ha niente a che fare con due omosessuali che oggi in Italia si amano e vogliono sposarsi. Non trovo nella scrittura nemmeno una pagina, neanche in San Paolo, che possa riferirsi alle persone omosessuali che chiedono di essere rispettate nel loro orientamento, un concetto sconosciuto all’epoca». 

E questo nonostante i passi che condannano fermamente l’omosessualità, sia nel Vecchio sia nel Nuovo Testamento, siano legioni. Ma cosa importa a questo “prelato” invertito che ha reso pubblica una foto in cui lo si vede in clergyman con la testa poggiata sulla spalla del suo concubino?

Un Sinodo che si apre con un “coming out”.

Si comprende perché gli occupanti del Vaticano siano a disagio sulla condanna dell’omosessualità e del “matrimonio” gay, visto che nei loro ranghi sono imboscati degli invertiti.
D’altronde, Bergoglio è da due anni che moltiplica i segni di compiacenza nei confronti degli omosessuali militanti e attivisti. Proprio da recente, in occasione del suo viaggio negli Stati Uniti, Francesco ha tenuto ad incontrare e ad abbracciare l’invertito Yayo Grassi, uno dei suoi vecchi allievi degli anni ‘60, accompagnato dal suo «piccolo amico».
Grassi ha raccontato a CNN:
«(Francesco) mi ha detto che sarebbe stato felice di abbracciarmi» «mi ha incontrato col mio piccolo amico – sapendo che io sono suo amico e che il mio piccolo amico è il mio piccolo amico. Ci tengo a testimoniare il fatto che (Francesco) non è la persona omofoba che si pensa. Noi siamo amici (von Bergoglio) da tantissimo tempo. Egli sa che sono gay ed ha molto rispetto per questo fatto e per il fatto che Iwan sia il mio compagno (sic!). Non ha mai assunto un atteggiamento giudicante. Non mi ha mai detto alcunché di negativo.»

È in questo contesto inquietante che Jorge Mario Bergoglio, in una lettera indirizzata il 1 settembre al Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha deciso che nel corso del Giubileo destinato a celebrare i cinquant’anni della chiusura del Vaticano II, dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016, le persone che «durante l’Anno Santo della Misericordia si accosteranno per celebrare il Sacramento della Riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati.»
Quest’abile decisione è stata presa il giorno stesso in cui Francesco ha ricevuto con effusione “Mons.” Jacques Gaillot e, secondo quanto da questi dichiarato, si è felicitato con lui per la sua benedizione religiosa delle coppie omosessuali e per la sua azione militante a favore dell’accoglienza in massa dei “migranti” maomettani in Francia.
Qui si vede tutta l’astuzia dei modernisti che fanno dell’ecumenismo a sinistra, ma anche a destra, allo scopo di neutralizzare la resistenza tradizionalista alla rivoluzione conciliare.
Già Benedetto XVI, nel 2005, aveva ricevuto in udienza Mons. Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità San Pio X, e pochi giorni dopo Hans Küng, teologo eretico e ultra-modernista. Mentre prima, nel settembre 2000, Giovanni Paolo II aveva “beatificato” nello stesso giorno Pio IX, il Papa avversario della libertà religiosa, e Giovanni XXIII, l’uomo del Vaticano II, della libertà religiosa e dell’“enciclica” massonica Pacem in terris.

Verso una “regolarizzazione canonica” della FSSPX

Questa tecnica dell’apertura a 360 gradi funziona sempre, come testimoniano i ricongiungimenti successivi operati negli ultimi trent’anni dai diversi gruppi tradizionalisti con i modernisti che occupano il Vaticano. È chiaro che l’obiettivo attuale di questi modernisti che occupano il Vaticano è di inghiottire e digerire la Fraternità San Pio X, e la manovra sembra che stia per riuscire.

Già, “regolarizzata canonicamente” in Argentina, dal 17 marzo 2015, la FSSPX, i cui seminaristi in tutto il mondo ultimamente sono stati oggetto di «visite canoniche» (camuffate tuttavia da semplici scambi informali su delle questioni dottrinali), sembra sul punto di essere definitivamente integrata nella struttura presieduta da Jorge Mario Bergoglio. Infatti, non solo il 5 giugno 2015 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha accordato a Mons. Fellay il potere di giudice nei processi canonici interni alla FSSPX, ma in sovrappiù l’assegno in bianco rilasciato da Francesco stesso alle assoluzioni conferite dai sacerdoti della FSSPX durante il Giubileo che celebrerà i cinquant’anni del Vaticano II, sembra un passo decisivo in quello che la direzione della Fraternità chiama “riconoscimento” da parte del Vaticano, una “regolarizzazione canonica” che gli oppositori di questo processo definiscono: «ricongiungimento apostatico con la chiesa conciliare».

Piuttosto che concludere un accordo più o meno dottrinale, come si augurava Benedetto XVI, con la firma da parte di Mons. Fellay della dichiarazione dottrinale del 15 aprile 2012, che riconosceva il Vaticano II e che non è mai stato rigettato nella sua essenza e che è stato combattuto all’interno (il Superiore Generale della FSSPX scriveva allora al paragrafo 4 che il Concilio Vaticano II «a sua volta, illumina – cioè approfondisce ed esplicita ulteriormente – certi aspetti della vita e della dottrina della Chiesa, implicitamente presenti in essa o non ancora formulati concettualmente»), si è chiaramente scelta la via meno conflittuale di un accordo “pratico”, di un’integrazione per tappe nella chiesa conciliare, come si vede dalle avvisaglie come la “normalizzazione canonica” in Argentina della primavera scorsa.

Questa regolarizzazione totale e definitiva della FSSPX avverrà alla conclusione dell’anno della misericordia, alla fine del 2016, quarant’anni dopo la sospensione a divinis di Mons. Lefebvre e 25 anni dopo la sua morte?
Avverrà nel 2017, vent’anni dopo la creazione del GREC (Gruppo di Ricerca tra Cattolici), molto attivo nel processo di riavvicinamento tra la Fraternità e la Roma modernista e cent’anni dopo le apparizioni di Fatima, anniversario che la Fraternità intende celebrare vistosamente?
E nel caso del “riconoscimento” della FSSPX da parte di Francesco, Mons. Fellay vi vedrà un miracolo della Madonna di Fatima, come per il “Motu proprio” del 2007 e la remissione delle scomuniche del 2009 che aveva visto come un miracolo della Madonna di Lourdes a seguito delle sue “crociate del Rosario”, e che il suo portavoce Don Alain Lorans aveva definito, in Nouvelles de Chétienté, come «la nuova battaglia di Lepanto»?
E in questa regolarizzazione, il Superiore Generale della FSSPX vedrà «un ritorno della Tradizione a Roma», come si è sforzato di far credere da anni alle sue truppe?

Oppure la regolarizzazione potrebbe avvenire nel 2018, anno del Capitolo Generale della Fraternità, che potrebbe vedere la rielezione di Mons. Fellay per ulteriori dodici anni. A meno che da qui ad allora, ed è l’ipotesi più probabile, quest’ultimo non abbia ottenuto dal Vaticano una prelatura personale a vita, come si ripete sempre più seriamente.

Quale che sia la data di questo epilogo, e salvo sorprese dell’ultimo momento, sembra che i giuochi siano fatti tra Roma ed Ecône. I ricongiunti e i fautori del ricongiungimento, evidentemente gioiscono per questa prospettiva che attendono da lungo tempo e alla quale Mons. Fellay e i suoi prossimi hanno lavorato da almeno vent’anni, per tappe progressive, secondo la tecnica del ladro cinese che ogni giorno sposta un oggetto in maniera impercettibile fino a farlo sparire.
Quanto a coloro che si oppongono a questo processo, essi vi vedranno una nuova avanzata della grande marea dell’apostasia.




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