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Il padre si è suicidato davanti ai figli in un tripudio gioioso di liberazione di Alessandro Gnocchi
Pubblicato
sul sito Riscossa Cristiananella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi 28 ottobre 2015 Titolo, impaginazione e neretti sono nostri Ogni martedì Alessandro
Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno
partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it,
con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri
amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune
interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una
risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere
risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare
risposte a tutti.
martedì 28 ottobre 2015È' pervenuta in Redazione: Gentile dottor Gnocchi,
non voglio occupare troppo il suo tempo e mi sbrigo subito con la domanda. Dopo il Sinodo, ognuno ha detto la sua e io non ci ho capito un gran che, ma adesso che cosa accadrà? Grazie per l’attenzione Ruggero Nava Caro Nava, per non perdere troppo tempo, potrei rimandarla al discorso conclusivo tenuto da Bergoglio sabato scorso. Lì, per usare un termine tanto in voga quanto pericoloso, trova l’ermeneutica della Relatio Finalis approvata dai padri sinodali. Nel suo intervento, il vescovo di Roma, che a suo dire presiede nella carità l’assemblea delle chiese sorelle, spiega caritatevolmente che la conclusione di questo Sinodo: «Significa anche aver spogliato i cuori
chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della
Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di
Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e
superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite.
«Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori. «Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della Novità cristiana,qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile». Poi, a scanso di equivoci, aggiunge che: «l’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche
capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che
difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le
formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono.
Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle
formule: sono necessarie; l’importanza delle leggi e dei comandamenti
divini, ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta
secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma
unicamente secondo la generosità illimitata della sua
Misericordia (cfr Rm3,21-30; Sal 129; Lc 11,37-54). Significa superare
le costanti tentazioni del fratello maggiore (cfr Lc 15,25-32) e degli
operai gelosi (cfr Mt 20,1-16). Anzi significa valorizzare di
più le leggi e i comandamenti creati per l’uomo e non viceversa
(cfr Mc 2,27)».
E, se qualcuno fosse così duro d’orecchi o di cervice da non sentire e da non intendere, Bergoglio gli dice che: «aldilà delle questioni dogmatiche
ben definite dal Magistero della Chiesa – abbiamo visto anche che
quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può
risultare strano, quasi come uno scandalo – quasi! – per il vescovo di
un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un
diritto in una società, può essere precetto ovvio e
intangibile in un’altra; ciò che per alcuni è
libertà di coscienza, per altri può essere solo
confusione. In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e
ogni principio generale – come ho detto, le questioni dogmatiche ben
definite dal Magistero della Chiesa – ogni principio generale ha
bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato.
Il Sinodo del 1985, che celebrava il 20° anniversario della
conclusione del Concilio Vaticano II, ha parlato dell’inculturazione
come dell’«intima trasformazione degli autentici valori culturali
mediante l’integrazione nel cristianesimo, e il radicamento del
cristianesimo nelle varie culture umane». L’inculturazione non
indebolisce i valori veri, ma dimostra la loro vera forza e la loro
autenticità, poiché essi si adattano senza mutarsi, anzi
essi trasformano pacificamente e gradualmente le varie culture».
Caro Nava, ha bisogno d’altro? Le serve una voce più autorevole per spiegarle che sbagliano o sono in malafede coloro i quali sostengono che tutto è andato bene, che la dottrina è salva, che nulla è cambiato? E che ancora più gonzo è chi, con vera pena intellettuale, sussurra che si può stare tranquilli perché ora tutto si svolgerà sotto l’autorità di papa Francesco? Mi chiede che cosa accadrà adesso. Mi pare da escludere l’eventualità che Bergoglio possa compiere un gesto o dire anche una sola parola per rimettere in onore la dottrina e la morale cattoliche. Sta facendo di tutto per distruggerle e, ora che ha quasi portato a termine il suo compito, non può certo buttare al vento tanto lavoro. Azzardo allora due ipotesi. Ipotesi
A. Dopo il Sinodo, tocca al Papa trarre le conclusioni e
tradurle in insegnamenti e norme di comportamento: tanto per
intenderci, dottrina e morale. A meno che Bergoglio non intenda
soffocare subito con i suoi diktat le ultime timide voci di dissenso,
per le conclusioni attenderà un po’. Il tempo necessario per cui
il sotteso anticristico venuto in luce nei punti chiave della Relatio Finalis diventi
naturalmente, o preternaturalmente, operativo senza che ci si debba
esporre pubblicamente con strappi definitivi alla dottrina. Non ci
vorrà molto perché ormai, nella mente di quasi tutti i
cattolici di ogni ordine e grado, questo Sinodo non è
considerato un’assemblea consultiva, ma legislativa: quanto è
stato approvato in quell’assise, nella mente dei cattolici è di
fatto già divenuto legge. Per i sovvertitori, si tratta solo di
aspettare che venga applicata ovunque. Una legge non legge, una legge
che instaura il caos, una legge in cui ognuno diventa norma a se
stesso, perché questo è il territorio del diavolo, ma pur
sempre un’indicazione che porta il sigillo, vero o presunto,
dell’autorità. Fatto questo, il vescovo di Roma, che presiede
nella carità le chiese sorelle, interverrà per codificare
caritativamente lo stato di fatto. Senza escludere nessuno, tranne,
naturalmente, “i cuori chiusi che
spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o
dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e
giudicare, qualche volta con superiorità e
superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”.
Ipotesi B. Non verrà tratta alcuna conclusione e non verrà data alcuna indicazione dottrinale o morale. Ormai tutto sta correndo verso il baratro a una velocità sempre più vorticosa e sarebbe un errore, per i rivoluzionari, mettervi un freno anche solo formale evocando il concetto di legge, di norma. La Chiesa gradita al Nemico è la Chiesa del caos, la Chiesa in cui l’autorità ha compiuto l’ultimo gesto di imperio dismettendo se stessa, la Chiesa in cui il padre si è suicidato davanti ai figli in un tripudio gioioso di liberazione. Caro Nava, in ognuna di queste ipotesi, si vede all’opera lo spirito modernista che ha fatto del Vaticano II, documenti e interpretazioni, una bomba nucleare posta nel cuore della cristianità. Ma oggi è ancora peggio perché il quadro in cui vengono letti i documenti, già tremendi per conto loro, è peggiorato di gran carriera. Non c’è neppure bisogno di forzare le interpretazioni rivoluzionarie. Come vede, ci pensa il Papa. Alessandro Gnocchi Sia lodato Gesù Cristo (torna
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ottobre 2015 AL SINODO DEI VESCOVI AL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO |