L’impotenza di Dio
Dio non condanna

Le sempre più profonde perplessità di un cattolico qualunque
(in attesa delle prossime novità) 

di Paolo Deotto


Pubblicato su Riscossa Cristiana

Immagine, impaginazione e neretti sono nostri






Il bollettino quotidiano da Santa Marta ci riporta l’omelia di Bergoglio di ieri, giovedì 29 ottobre 2015.
Appendiamo così, e potete leggere la notizia sull’Agenzia Zenit cliccando qui che Dio è un po’ meno Dio di prima, perché il Suo amore è al tempo stesso la sua “debolezza”. Dio è un po’ meno Dio di prima perché è anche “impotente” contro questo amore che ha per noi. E infatti, inutile dirlo, “Dio non condanna”.

Naturalmente non mancheranno le voci autorevoli che mi diranno che non sono in grado di capire, essendo un rozzo veterocattolico fermo a una Chiesa che insegnava anche i dogmi, che parlava di peccato e di inferno. Mi diranno che non sono in grado di capire che l’amore di Dio è così grande da limitare lo stesso Dio.

No, non sono in grado di capire, non foss’altro perché non ho ancora rinunciato a usare la testa e continuo a pensare che le parole che si pronunciano abbiano un senso, e continuo altresì a pensare che a certi livelli di magistero non sia lecito, ripeto: “non” sia lecito, tenere discorsi che non siano chiari e inequivocabili.

Questo Dio sembra un uomo debole travolto dal suo stesso amore per l’uomo, sembra che abbia “bisogno” dell’uomo in modo, mi si perdoni, quasi patologico. E poi, scusatemi, ma non è una contraddizione in termini parlare di Dio e al tempo stesso di “impotenza” di Dio?
Ripugna alla logica, ripugna all’elementare buon senso.

Ma questa singolarissima visione dell’amore di Dio per l’uomo non fa parola di ciò che l’uomo deve fare in risposta all’amore di Dio: osservare la Sua legge, e se non la osserva (peccato mortale) pentirsi, fare proposito di non peccare più, ricevere l’assoluzione col sacramento della Confessione.

È tutto sparito sotto questo amore travolgente. Non si fa parola del sacramento della Confessione, non si fa parola del pentimento e dell’impegno a non peccare più.

Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. (Mt 7, 21).

La Legge. Dov’è finita la Legge in questo diluvio incontrollato di amore, in questo amore che prescinde dalla conversione e dalla volontà del Padre?
A che serve ancora la Confessione se – testuale – “Dio non può non amare!” … “E questa è la nostra sicurezza”?

Evidentemente non serve più, e non a caso non se ne parla. Si parla di un amore di Dio che sembra un sentimentalismo sfrenato portato a livello cosmico.

Mi viene in mente l’iscrizione sulla porta dell’inferno dantesco:
Giustizia mosse il mio alto fattore / fecemi la divina Potestate / la somma Sapienza / e il primo Amore”.

Già. Ma l’inferno, secondo le ultime novità, pare che non esista più.
L’alto fattore (Iddio) è mosso dalla Giustizia, e la Sua Giustizia è perfetta, non può non essere tale. E crea anche la punizione eterna, che non è una contraddizione con l’amore di Dio, perché la punizione eterna non deriva da una “mancanza di amore” di Dio, bensì dalla libera volontà dell’uomo che sceglie per il peccato anziché per lo stato di Grazia.

Verrebbe da dire che l’ultimo guazzabuglio da Santa Marta ha per scopo – e se non lo ha per scopo, ha però l’effetto – di distruggere anche il sacramento della Confessione. Per la distruzione del sacramento del Matrimonio è già stato fatto un buon lavoro, tra motu proprio e sinodo. Siamo in attesa delle prossime demolizioni.

Il tutto verrà fatto, sia ben chiaro, con amore, misericordia e tenerezza.

Essendo i sacramenti strumenti per la nostra salvezza, resta da capire come si coniughi la misericordia con la distruzione degli strumenti di salvezza.

Ma forse io sono troppo limitato per capire.



ottobre 2015

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